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in questo blog metto un po di tutto se cerchi qualcosa che non trovi chiedimelo

giovedì 28 maggio 2020

Per coltivare la memoria prima del prossimo autunno



I lingotti di Gelli, Gladio, le Br: viaggio nell’Italia degli intrighi

Le stragi di piazza Fontana e di piazza della Loggia, il finto rapimento di Sindona, la strage di via Fani: Fabio Isman li ripercorre in «Andare per l’Italia degli intrighi» 

di Gian Antonio Stella





E chi se lo ricordava il «Comitato proletario eversivo per una vita migliore»? Eppure nella storia dei misteri italiani dell’ultimo mezzo secolo spuntò un giorno perfino questa misteriosa sigla a cavallo fra il burocratese brigatista e la new age. Se lo inventò il bancarottiere Michele Sindona giurando d’essere sparito non per scappare da chi lo voleva in galera ma perché sequestrato e ferito da quell’irreale gruppuscolo terrorista. Tutto finto: a sparargli una revolverata alla gamba (dopo avergli fatto l’anestesia!) era stato infatti il medico, massone e amico Joseph Miceli Crimi. Tutto fumo per coprire una fuga rocambolesca che si sarebbe conclusa con una condanna all’ergastolo e un caffè al cianuro in carcere a Voghera due giorni (due!) dopo la sentenza.

 La memoria cancellata
Ma quanti sono gli italiani che ricordano, a distanza di poche manciate di anni, la storia recente del nostro Paese? Quella che ha segnato le nostre spaccature politiche, i guai economici, l’indebitamento folle, il declino culturale, morale, industriale di oggi? Come potrebbe l’Italia di certi quiz televisivi, convinta che Hitler prese il potere nel 1964 (!) o che Mussolini invitò Ezra Pound a palazzo Venezia nel 1979 (!), ricordare tragedie quali la strage di piazza Fontana del 1969 se sei su dieci degli studenti milanesi già nel 2005 l’attribuiva alle Brigate Rosse e due alla mafia?
Il «contesto»
Va da sé che il nuovo libro di Fabio Isman «Andare per l’Italia degli intrighi», uscito ieri per il Mulino, offre una rilettura di una stagione di sangue, tradimenti, gialli irrisolti, violenze feroci e complicità infami che aiuta tutti a non dimenticare. Non solo perché il giornalista, come inviato del Messaggero, ha visto in presa diretta quasi tutti gli intrighi raccontati (fino a farsi 131 giorni a Regina Coeli per non aver rivelato chi gli aveva fornito i verbali dell’interrogatorio del primo br pentito, Patrizio Peci) ma perché ogni ricordo è accompagnato da dati, cifre, dettagli che oggi appaiono stupefacenti. A partire dal Contesto, per dirla con Leonardo Sciascia, nel quale si sviluppò quella stagione di violenza rossa e violenza nera sfociata in centinaia di attentati, bombe, agguati e morti: «Nel 1960 62 prefetti su 64 erano stati funzionari nel “ventennio”; e tutti i 241 loro vice, tra i quadri fascisti; 120 su 135 questori provenivano dalle carriere precedenti». Tra loro anche quello di Milano ai tempi di Piazza Fontana, Marcello Guida: coi fascisti dirigeva il confino di Ventotene e Sandro Pertini, da presidente, si rifiutò pubblicamente di stringergli la mano. 
Tra bombe e misteri
E tornano a galla dettagli lontani e sbiaditi, se non rimossi. L’ordigno alla Rinascente dell’agosto ‘68 inesploso per un difetto e finito negli archivi per la «singolarissima rivendicazione preventiva, che rappresenta un hapax, un unicum: due giorni prima, una lettera alla questura, addirittura affrancata a carico del destinatario, con il volantino di una sedicente “Brigata anarchica Ravachol”». I troppi dubbi sull’ipotesi che il presunto bombarolo Pietro Valpreda, arrivato da Roma a Milano perché convocato proprio quel giorno dalla magistratura per dei volantini, avesse preso un taxi (facendosi notare dal taxista Cornelio Rolandi: «L’è lü») per fare 252 metri. Lo smistamento assurdo del processo a Catanzaro, torrida l’estate e gelida d’inverno al punto che gli avvocati sbuffavano: «Un giorno senza vento è meno raro / di un amico sincero a Catanzaro».
La nascita delle BR
E poi la strage di Piazza della Loggia a Brescia: «L’unica di cui esista un documento sonoro: si odono il boato, i lamenti, le urla dal palco ai manifestanti perché si mettano al riparo…». E i giornali dai nomi bellicosi: «L’assalto», «Forza uomo», «La Legione», «In piedi!», «Combattentismo attivo», «Conquista dello Stato», «La voce della fogna»... E la cattura a un passaggio a livello di Pinerolo del ricercatissimo Renato Curcio, il fondatore delle BR, «grazie all’infiltrazione di Silvano Girotto, detto “frate Mitra” per le sue prodezze, più bellicose che religiose, in Sudamerica». E l’incredibile velina dei servizi segreti che già nel novembre 1969, come rivelerà un documento da poco desecretato, identifica tutti i 68 partecipanti a un convegno di possibili «catto-brigatisti» e le targhe di tutte le 32 auto con le quali hanno raggiunto l’hotel Stella Maris di Chiavari. E la non meno stupefacente associazione tra Aldo Moro e l’ignoto «Antelope Cobbler beneficiario di una tangente nello scandalo Lockheed» sparata in prima pagina da Repubblica (notizia «originata, pare, da un assistente di Henry Kissinger») proprio la mattina in cui lo statista democristiano stava per esser rapito dalle Br nella mattanza di via Fani. 
Argo 16, Gladio, Gelli
E poi il racconto dell’ultima cena in famiglia di Guido Rossa, l’operaio dell’Italsider di Genova, delegato sindacale, che aveva avuto il fegato di denunciare un compagno che distribuiva volantini brigatisti. «La figlia Sabina ricorda un dialogo in casa, tra madre e padre: “Perché tu solo hai firmato, perché ti sei dovuto esporre tanto?”. “Ognuno deve assumersi le proprie responsabilità; io ho fatto il mio dovere”». All’alba uscì per andare in fabbrica. Pochi passi e un sicario delle Br gli sparò quattro colpi alle gambe, un altro lo ammazzò: tre colpi di calibro 9. Alla schiena e alla testa. E poi ancora i silenzi su Gladio e sul Douglas C-47 Dakota in gergo «Argo 16» precipitato a Marghera che portava i «gladiatori» in Sardegna dove la struttura paramilitare appartenente alla rete internazionale Stay-behind aveva una base segretissima. Così protetta che l’Aga Khan, il quale voleva aprire al turismo l’area di Capo Caccia per la vicinanza ad Alghero, fu costretto a ripiegare sulla Costa Smeralda. E i misteri di Licio Gelli e di quella villa Wanda dove il «burattinaio» della P2 nascondeva 165 chili di lingotti d’oro nelle fioriere del giardino. 
Domande irrisolte
Troppe storie oscure, troppi depistaggi, troppi agenti dei servizi che facevano il doppio gioco, troppe domande irrisolte... Fra le tante, una quasi del tutto dimenticata: «Chi ha ucciso come un cane, per esempio, il 2 settembre 1980 a Roma, Maurizio Di Leo, tipografo del Messaggero, scambiato per un giornalista che non gli somigliava affatto? Un volantino dei Nar, due giorni dopo, ammette l’errore. Quarant’anni più tardi, nemmeno un indizio».

martedì 26 maggio 2020

Come sono nate la legge antidoping e delle belle amicizie

When we were warriors... campionati italiani Milano settembre 1997.
Visto il tanto interesse su questa gara...colgo l'occasione per fare una storytelling di quel 1997....
Novembre 1996, credo fosse la domenica 3 novembre....rilasciai una intervista ( una settimana prima la Josefa Idem si espresse sullo stesso quotidiano Gazzetta dello sport  con questo titolo: " fuori i farmaci dallo sport"! Una intera pagina, per chi ricorda) al giornalista Bondini sullo stato dell'arte della canoa, anche e soprattutto precisando il contenuto al quale , forse, si stava riferendo la campionessa Josefa, finalizzato a precisare alcuni punti. Non gradivo essere , come campione olimpico, generalizzato nel " gruppo" di chi praticasse lo sport fuori dalle regole.
Nel descrivere il contenuto,  leggendo l'intervista di Sefi, riportai alla luce un fatto che mi lasciò alquanto basito ( fatto che avevo riportato sia al Presidente dell'epoca Conforti e ancora prima ne avevo fatto accenno a Cremona alla festa della Bissolati, con O.P e un amico presente alla festa ...Ancora conservo la lettera/ riflessioni che lo stesso mi inviò successivamente... Domenico Bresciani ) sull'uso di un farmaco denominato Liposom  ( già ai mondiali Messico 1994 accennai ad alcuni componenti della squadra, tra questi Andrea Covi se erano a conoscenza a cosa servisse questo farmaco. )
Purtroppo e con il senno del poi...quella intervista fu strumentalizzata ad arte per screditare l'ambiente post olimpico, riportando i fatti da me descritti al fine di porre attenzione su  un'argomento SERISSIMO come aveva riportato Josefa...
Da una intervista inquirente...al fine di precisare e togliere dubbi, fu riportata come intervista dove il sottoscritto ACCUSAVA di essere stato dopato.
Potete immaginare il clamore e lo scandalo che quel titolo in prima pagina sollevò.
Un articolo costruito su una intervista rilasciata solo poche ore prima e senza che lo stesso giornalista verificasse e eventuali  refusi o l'attendibilità delle mie affermazioni.
Ricordo che io stesso rimasi assai incredulo su come fosse stato STRUMENTALIZZATO il contenuto della mia storia ( vera in tutto quello che avevo raccontato al fine di non creare situazioni che potessero essere fraintese dopo l'intervista della Idem) attribuendomi affermazioni MAI RILASCIATE e distorti al punto da far credere al lettore cose NON accadute.
Quello che mi fece sorprendere assai, fu la mancanza di CONFRONTO  tra i vertici federali,  gli stessi compagni di squadra che l'autore dell'intervista riportò e soprattutto quel titolo affermativo eloquente;Scarpa: mi dopavano così!!
Tutto questo solo per aver chiesto lumi sull'uso di un farmaco antidepressivo border line.( infatti ancor oggi si discute se fu usato la versione Liposom Norm o Liposom forte. Il norm era vietato, contenendo lidocaina.)
Riporto questo fatto come premessa, per dar modo a tutti di fare una riflessione su come la federcanoa del tempo ( presidente e vertici federali che da li ad una settimana si sarebbero trovati a Cagliari per l'assemblea ordinaria elettiva e dove alla stessa, ero candidato in quota consigliere) non seppe in nessun modo affrontare la " falla" nelle comunicazioni avvenuta a seguito dell'articolo della Gazzetta.
Fossi stato io il presidente federcanoa,  prima cosa che avrei fatto, mi sarei immediatamente messo in contatto con Scarpa e presidente FFOO ( visto anche il mio status di poliziotto) per capire cosa di vero era stato rilasciato in quella intervista per prendere eventuali decisioni su rettifica e precisazioni in merito.
Invece silenzio da parte della federcanoa,  il solo a replicare fu il componente della squadra olimpica ( venuto a mancare nel tragico incidente in moto a Milano 2003) Ivano L. il quale riportava che quanto detto da il sottoscritto non era corrispondente alla verità.
In effetti, Ivano leggendo il pezzo sulla rosa , aveva tutte le ragioni per replicare su alcuni punti , gli stessi che io prontamente precisai e SMENTII in innumerevoli interviste.
Poi , in quei giorni ricevetti una telefonata dal vertice del CONI ( PRESIDENTE) il quale mi voleva incontrare per capire la situazione e comprendere quanto accaduto in quella intervista.
Fu l'unico che mi contattò,  oltre al mio dirigente FFOO  ( vice questore) che mi convocò e pretese una relazione di servizio su quanto accaduto.
Purtroppo quell'incontro con il vertice del CONI non fu poi attuato. Rimasi in attesa, nei giorni di sapere dove e quando ci saremmo incontrati. Misterioso silenzio...e chissà a chi giovò questa strategia!!???
Relazione che feci al dirigente A. della polizia per ovvie ragioni procedurali,  fu messa a disposizione delle procure della Repubblica Italiana che cominciarono ad indagare.
Con il caso Scarpa, si istituì al CONI la procura antidoping...e sul mio caso e altri casi analoghi, cominciò ad interessarsi il sen. Fiorello Cortiana ( padre della 376/2000 la legge sul doping.  Prima non vi era alcuna legge che tutelasse lo sport pulito).
Torniamo al punto Campionati italiani milano...
Dopo assemblea ordinaria elettiva Cagliari 1996, furono presi provvedimenti disciplinari nei miei confronti , tra questi la sospensione del tesseramento etc etc.
Mi trovai travolto dai mei e da situazioni difficilmente gestibili.
A quel tempo a vivere con me questa vicenda inimmaginabile,  fu Stefania Toscano Mc Cormick che comprese le tante situazioni e cercò in tutti i modi possibili di tenermi a " galla" mentre la mia canoa stava affondando  nella più incredibile situazione messa in atto da " qualcuno" per screditare la verità.
Mi trovai innanzi a procure del CONI,  procure federali,  procedimenti disciplinari che determinarono addirittura la mia RADIAZIONE...poi in appello cancellata,  si avviò un nuovo procedimento...altra radiazione...anche questa cassata...
In pratica dal dopo Atlanta 1996, dopo esser sceso con la maglia azzura dal k2 dei record...mi trovai il mondo contro;
unica colpa: aver chiesto lumi su un farmaco.
Così fu che, grazie a Stefania e gli amici che avevano compreso la situazione in cui mi trovavo e si resero disponibili ad aiutarmi ( Alessio e Paolo Luschi ) ricominciai piano piano ad allenarmi.
Non fu facile, la depressione mi stava togliendo ogni speranza e volontà...
Ricominciai ad allenarmi senza quasi speranza, essendo stato sospeso e in attesa di potermi tesserare.
Finalmente,  grazie al mio avvocato Gentilini F. ( artefice del mio " salvataggio") riuscimmo a pretendere che la mia reintegrazione era nel mio diritto di tesserato,  nonostante il procedimento non fosse ancora stato concluso.
Fu così  che ebbi una speranza di poter partecipare ai campionati italiani di Milano ( ecco il video..) e dopo oltre un anno di stop gare, presentarmi in partenza.
Immaginate un anno senza gare...Immaginate l'allenamento senza motivazione....immaginate un ambiente dove quasi tutti , quando li incontravi, ti giravano le spalle....e altre cose poco gradevoli da raccontare.
Come direbbe Pino Scarpellino dovevo subire la Damnatio memoria...( Pino correggi).
Ricordo che nel mese di agosto frequentavo spesso il lago di Castel Gandolfo presso il circolo di Django,  dove conobbi per la prima  volta Reza Nasiri ...
Tornando a casa da Roma,  per non pedere la seduta allenamento quotidiana,  mi fermai anche a Ravenna per allenarmi...
Elisabetta Introini e Roberto Colli mi dettero una tabella di allenamento specifico, ma senza aver fatto i test ingresso....
Sembrava quasi impossibile che potessi riprendermi e tornare competitivo.
Invece, quando la determinazione sembrava abbandonarmi...riuscii a trovare le motivazioni e gli stimoli necessari.  Stefania ricorda bene il mio stato d'animo e devo riconoscere che, se non fosse stata vicino a me in quel momento,  molto probabilmente a quelle gare di Milano non ci sarei arrivato...e forse nemmeno alle succesive, quelle più importanti per sopravvivere...in quei momenti bui.
Ricordo che da me, prima dei campionati italiani,  vennero Alvise Ballarin e Francesco Maccari a fare dei test al laghetto Eur con la Elisabetta e Roberto.
Loro stavano preparando un k2 e feci qualche test allenamento con loro...
Antonio aveva un k1 americano Claudio Kaminsky ( quello che vedete nel video,  modello pesi medi)...e me lo prestò per allenarmi a casa a Cavallino Treporti e poi per fare le gare agli italiani.
All'epoca pesavo 93 kg...ero molto tirato. 2 kg in meno del mio peso di Atlanta 1996.
Fin dalle fasi eliminatorie ci fu molta tensione da parte di quasi tutto l'ambiente federale e componenti della squadra, reduce dai mondiali in Canada dove Antonio in coppia con Luca Negri si confermò campione del mondo k2 1000 e conquistò un bronzo nel k1 500.
Questi due fuoriclasse, miei ex compagni di nazionale  erano sottoposti al ritorno di Scarpa.
Se Scarpa avesse vinto...sarebbe stato assai imbarazzante,  oltretutto,  visti poi i risultati finali, potevo essere convocato in nazionale e andare a difendere i titoli mondiali di Duisburg 95 , k2 mille e k2 500 con Bebo Bonomi.
Invece ero stato messo al bando...senza alcuna ragionevole speranza di poter recuperare amicizia e interesse per quello che era utile a tutti il movimento della canoa italiana.  Cui prodest direbbe Pino!?
Morale, arrivai a disputare la finale del k1 500 ( vedi video) e fui molto contento perché dimostrai di essere ancora meritevole di una posizione nazionale di vertice...
Poco dopo i 500 si disputarono i mille.
In semifinale trovai Antonio il quale fece un testa a testa per vincerla...ma io non mollai e volendo fargli capire che i 500 era giusto fossero andati in quel modo...i mille sarebbero stati altra storia.
Infatti nella finale dei mille, mi trovai al centro gara, avendo  vinto la mia semi, e accanto a me era posizionato Luca Negri, vincitore dell'altra semifinale.
Partimmo forte...molto forte. Antonio era davanti...ai 500 lo raggiunsi e pensai dentro di me: se non ora, quando!
Vediamo se la semifinale fu una sua strategia..
In finale credo fosse acqua 2...
Ai 600 ripartii...ci fu un testa a testa, dissi tra me...: " questa è la mia finale olimpica e la dimostrazione che quel k2 di Atlanta,  come disse Bisteccone, aveva il turbo...Rieccheggerano in me le parole di Galeazzi...Scarpa mette il turbo...Rossi risponde. Vaii Danieleeee vaii..."!
Ai 700 metri...Antonio molla...io rimango incredulo, mi giro a dx e sx...nessuno accanto...
A circa 50 metri da trionfo...intravedo la prua del k1 di Luca che avanza...avanza....avanza.
Sono allo stremo,  pensai tra me: " cavoli...sarà stanco...mollerà"!
Invece Luca,  così come riuscì sui 500, mi sfilò il titolo negli ultimi 10 metri o forse meno.
Aveva vinto lui su di me. Avevo vinto io su Antonio.
Sarebbe bello rivedere il video di quella finale.
Ero tornato! Il k2 1000 era ancora meritevole della mia presenza!!
A novembre di quell'anno,  mi candidai al consiglio comunale di Venezia.  Venni eletto.
Peccato...se da una parte avevo raggiunto un altro importante traguardo...dall'altra pregiudicai la mia carriera di poter difendere il titolo olimpico a Sydney 2000.
Ma questa è un'altra storia...che vi racconterò in seguito.

Daniele Scarpa

venerdì 22 maggio 2020

Pandemia e Lombardia, facciamo il punto

La pandemia nasce in Cina e non sappiamo come. In Lombardia non viene contenuta per 2 motivi: 1. la riduzione sistematica della medicina territoriale e della sanità pubblica 2. la scellerata decisione di trasferire i contagiati nelle RSA. Queste le cause strutturali e politiche. Su questo si inseriscono i comportamenti individuali, che hanno influito eccome, basti leggere i dati epidemiologici in relazione a fatti precisi: "Milanononsiferma", aperitivi sui Navigli (di cui è stato vittima anche qualche illustre fenomeno nazionale), cene al ristorante a BG, sciatori in vacanza, assembramenti sui Navigli. Tutto ciò nel nome di un presunto diritto all'esercizio della libertà individuale che se ne fotte sia delle indicazioni scientifiche che del diritto alla salute degli altri, a partire da quella del personale sanitario che deve curare i contagiati rischiando e anche perdendo la propria vita. Il centro destra lombardo ha palesato, se mai ce ne fosse stato bisogno, tutta la sua pochezza e la subordinazione agli interessi della sanità convenzionata, il centro sinistra i limiti di una narrazione subalterna agli interessi consociativi che maldestramente cerca di coprire con la richiesta di dimissioni di Gallera senza mettere in discussione il sistema, per il quale si propone di essere l'interlocutore in luogo di Fontana e Gallera. Esattamente come ha già fatto dove ha potuto nel settore immobiliare e socio-assistenziale, con il passaggio al privato sociale di una serie di eccellenze pubbliche, vedi il Centro Assistenza Minori. È una classe dirigente intera che mostra tutti i suoi limiti, gli stessi limiti dei suoi elettori. È la tragedia di questo Paese.

giovedì 14 maggio 2020

#Fase 25 un dialogo fertile


#Fase 25 il Governo necessario
Un dialogo fertile e sintonico
https://www.facebook.com/HumanEcosystems/videos/2863333840461271/

domenica 10 maggio 2020

Ecomafie e rifiuti sanitari al tempo del Coronavirus

Questo è il mio contributo al libro curato da Eugenio Costa "Coronavirus Stile di vita e dispositivi di sicurezza ai tempi della pandemia"

Tra i prodotti che a fine ciclo diventano scarto o materia seconda da trattare, i rifiuti speciali, di origine sanitaria e industriale, hanno particolari implicazioni di carattere ambientale. Nella quotidianità non emergenziale, in Italia si producono, giornalmente, circa 1.000 tonnellate di rifiuti sanitari pericolosi, gestiti e smaltiti non sempre in modo adeguato. Nelle strutture di 24 paesi verificate nel 2015 dall'Oms e dall'Unicef, ciò si è verificato nel 58% dei casi. Parliamo di circa 200 mila tonnellate prodotte ogni anno. Per buona parte di queste Asl e Aziende Ospedaliere, tramite gare pubbliche, affidano la raccolta, il trasporto, lo stoccaggio e lo smaltimento dei rifiuti presso impianti di proprietà degli affidatari o convenzionati con essi. Dentro l'emergenza coronavirus, i rifiuti ospedalieri sono aumentati del 20% e gli operatori del settore sono sotto pressione. Percentuale in aumento se solo pensiamo ai presidi sanitari dei quali tutti devono disporre e alle opere di sanificazione legati alla Fase 2  alla nuova normalità che seguirà.
I Dispositivi di sicurezza individuale-DPI: mascherine, camici, guanti e occhiali sono monouso e dopo il loro utilizzo devono essere gettati, le strutture sanitarie, i luoghi di lavoro, i mezzi pubblici, devono essere costantemente sanificate e igienizzate e i prodotti e gli stracci utilizzati devono poi essere smaltiti. Il COVID-19, permane, con tempi differenti, su oggetti e superfici con cui viene a contatto è quindi fondamentale procedere a una loro corretta gestione, se si vuole evitare il contagio.
La gestione e lo smaltimento dei rifiuti sanitari in Italia è stato regolamentato dal DPR 254/03. I rifiuti prodotti dalle strutture sanitarie sono classificati in:
1) rifiuti assimilati agli urbani;
2) rifiuti sanitari non pericolosi;
3) rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo;
4) rifiuti sanitari pericolosi a rischio chimico;
5) rifiuti sanitari che richiedono particolari modalità di smaltimento;
6) rifiuti da esumazione e estumulazioni e da altre attività cimiteriali.
Non sono considerati qui i rifiuti radioattivi e gli scarichi fognari in quanto disciplinati da altre normative. Si tratta quindi di una delicata gestione dei prodotti che diventano rifiuti da separare, raccogliere e conferire con attenzione. Per questo sono previsti dei corsi di formazione per il personale addetto alla gestione dei rifiuti prodotti da strutture sanitarie pubbliche e private, come ospedali, case di cura, laboratori, banche del sangue, unità riabilitative, ambulatori veterinari, studi medici. Tutta la gerarchia della struttura sanitaria è interessata, a partire dal direttore generale, come rappresentante legale della struttura, responsabile degli atti amministrativi per la gestione dei rifiuti sanitari. Suo è il compito di emanare le direttive relative alla corretta gestione dei rifiuti, così come la stipula di convenzioni o di contratti di servizio con ditte autorizzate alle attività di smaltimento. Il direttore generale si avvale di un direttore sanitario cui competono la sorveglianza ed il rispetto delle normative sul deposito temporaneo dei rifiuti sanitari pericolosi. Funzioni di responsabilità che terminano con il conferimento dei rifiuti all’operatore autorizzato al trasporto verso l’impianto di smaltimento.  I direttori si devono assicurare che chi effettua l’attività di raccolta e trasporto sia iscritto all’Albo e devono ricevere copia del formulario di identificazione datata e firmata che certifichi l’arrivo e/o l’avvenuto smaltimento del rifiuto. Le strutture che producono rifiuti pericolosi sono obbligate alla comunicazione al catasto dei rifiuti e soggette all’obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico. In Italia sono presenti qualificate esperienze industriali per la raccolta, il trasporto, il trattamento e la successiva valorizzazione energetica dei rifiuti speciali ospedalieri.  Il problema ambientale, industriale, e di salute pubblica, deriva dalla presenza di un sistema parallelo, con operatori legati alla malavita organizzata, che agisce e smaltisce fuori dalla legalità e dalla sostenibilità ambientale del processo di gestione, con intrecci tra Nord e Sud del Paese. In relazione al territorio di Lamezia Terme è chiara la descrizione del capo della direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, Nicola Gratteri"Nel Lametino sono stati sversati prodotti ospedalieri. Questo ci preoccupa molto perché i rifiuti sono stati interrati in aree prossime ad abitazioni e colture». Medicinali scaduti provenienti da ospedali campani, ma i rifiuti interrati in due distinti siti di Lamezia Terme provenivano da tutta Italia attraverso un sistema ben oleato gestito da due società, la Eco.Loda con sede a Gizzeria e la Crm con sede a Dozza nella provincia di Bologna, attraverso un intermediario, vero punto di raccordo tra le imprese che avevano necessità di smaltire rifiuti e chi nei fatti svolgeva il servizio ma in maniera illecita interrandoli in cave o in buche scavate di notte con l'ausilio di mezzi meccanici." Si tratta del sistema delle ecomafie che la politica pubblica ha faticato a definire e a contrastare, sia sul piano normativo preventivo, sia sul piano del controllo e sanzione delle trasgressioni. Le dimensioni di questo sistema, le conseguenti alterazioni ambientali e dentro l'articolazione amministrativa istituzionale, nonché nella qualità e nelle condizioni di mercato per gli imprenditori, richiedono una sua piena comprensione al fine di proseguire la messa a punto di adeguate politiche pubbliche.
Le denunce delle associazioni ambientaliste, le indagini della magistratura, le relazioni delle commissioni parlamentari e i rapporti dei carabinieri, fanno partire la sistematicità del malaffare del ciclo dei rifiuti dal 1975.  È del 5 Febbraio 1997, il  Decreto Legislativo n° 22,  “Decreto Ronchi”, emanato per rendere efficaci le direttive europee sui rifiuti urbani, sui rifiuti pericolosi e sugli imballaggi. Nella 'Relazione finale della Commissione parlamentare bicamerale d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse' dell'Aprile 2001, ha constatato che è 'mutato l’approccio dei gruppi criminali rispetto ai tradizionali metodi violenti.' ora 'l’organizzazione criminale offre un efficiente servizio alternativo che abbatte i costi e garantisce la continuita` nello smaltimento dei rifiuti, poiche ́ assicura il superamento di qualunque ostacolo di tipo burocratico e consente l’immediato deflusso degli scarti di produzione, senza andare troppo per il sottile nel rispetto della normativa vigente.'  e ha messo in luce l'estensione diversificata che definisce il sistema parallelo di smaltimento 'La Commissione ritiene di dover sottolineare come tali traffici illegali di rifiuti siano significativi non solo — o non tanto — dal punto di vista della gestione illecita dei rifiuti, ma soprattutto per ciò che rappresentano in termini di infiltrazioni mafiose nelle aree «non tradizionali ». Infatti l’ingresso delle societa` mafiose nell’affare, o comunque l’utilizzo di metodiche e strumenti tipici della cultura mafiosa, ingenera inevitabilmente la nascita di gruppi criminali organizzati satelliti che operano nel nord Italia, magari non ancora classificabili come veri e propri sodalizi delinquenziali di stampo mafioso, ma che possono avviarsi a diventarlo, e le vicende piemontesi piu` recenti, di cui diremo appresso, ne sono un segnale evidente.' così è evidente una relazione di modificazione del territorio  'l’utilizzo delle cave come discariche e` un fenomeno comune'. Lo svolgimento della relazione disegna il sistema come un puzzle, un pezzo dopo l'altro il sistema illecito comprende l'intera filiera 'Gli smaltimenti illeciti, poi, avrebbero avuto la regia di un solo personaggio del milanese, che gestirebbe l’intero mercato parallelo ed illegale di rifiuti pericolosi nel nord Italia, avendo sotto il proprio controllo sia le imprese dedite alla produzione e stoccaggio dei rifiuti, che i siti destinati allo smaltimento illecito. Tale personaggio — secondo quanto sin qui emerso — « reclutava » fra gli stessi imprenditori in difficolta`, commissionando trasporti e stoccaggi di rifiuti pericolosi, naturalmente illeciti, ed indicando altresì le località in cui i rifiuti dovevano essere prelevati e successivamente occultati ed abbandonati; in cambio dell’attività d’intermediazione svolta, il predetto riceveva consistenti somme di danaro « in nero » sia dallo smaltitore dei rifiuti che dal produttore degli stessi.'. Al contempo si affina la pratica di falsificazione dei documenti relativi ai rifiuti trattati 'l’attività illecita consisteva nella sistematica falsificazione di documenti di accompagnamento (tesi a consentire l’ingresso in discarica di materiali non autorizzati) e nella falsificazione di dichiarazioni di avvenuto smaltimento di rifiuti; nella commissione di truffe a danno di enti pubblici e privati, ai quali venivano fatturati costi di smaltimento non affrontati; infine, nel sistematico illecito smaltimento di rifiuti tossico-nocivi provenienti dal territorio nazionale e dall’estero.'. Ecco il tassello che completa il sistema 'tali condotte illecite (...) erano agevolate dalla notevole capacità penetrativa dei soggetti coinvolti (...) negli enti pubblici di varia natura preposti al controllo.'  'l’attività crescente delle organizzazioni criminali anche di stampo mafioso sembra potersi individuare nella gestione del sistema amministrativo locale che, dovendo funzionare come controllo autorizzatorio, in realta` sembra non svolgere con la dovuta intensita` tale compito.'   Per questo 'la Commissione ha dovuto più volte registrare nel corso della sua attività condotte gravi tenute da amministratori locali, esemplificative di detto coinvolgimento, a vario titolo, di funzionari del settore, in particolare nelle aree del Mezzogiorno e del sud, ma da cui non sono risultate affatto immuni regioni del centro e del nord del Paese'. Il sistema illecito ha altresì trovato una facilitazione quando la gestione dei rifiuti da parte delle amministrazioni locali avveniva 'in economia' e non attraverso la pubblicazione di bandi pubblici.Tra le ragioni più rilevanti che hanno portato a questa situazione quella che 'sembra essere la più rilevante e pregna di significato, e` relativa al controllo degli appalti della pubblica amministrazione. Proprio l’assenza dei dovuti, necessari controlli delle amministrazioni pubbliche favorisce e rafforza l’intro-missione delle organizzazioni criminali, aprendo il campo alla possibile attività di imprese prive di specifica organizzazione ed esperienza nel settore dei rifiuti e magari costituite artatamente, per lucrare gli enormi guadagni connessi agli smaltimenti illeciti. Si assiste perciò, sovente, alla presentazione di offerte anomale o comunque non fondate su una reale analisi del rapporto costi-profitti, ovvero alla partecipazione alle gare di una pluralità di ditte che sono, tra loro,direttamente collegate, al di la` della titolarità  formale, in quanto fanno capo alla medesima compagine, che e` solita operare con modalità  illecite; in alcuni casi, addirittura, le imprese aggiudicatarie dell’appalto si servono, per l’intero svolgimento del servizio, di altri soggetti, che operano in modo illecito, dando luogo a smaltimenti incontrollati, con gravissime ripercussioni sulla situazione ambientale e danno per la salute pubblica.'.  Un ulteriore limite nell'azione della Pubblica Amministrazione è dovuto 'al mancato o scarso controllo che gli enti locali — produttori dei rifiuti — effettuano sulla destinazione dei rifiuti prodotti. Da un’indagine svolta dalla Commissione su tutti i comuni italiani e` infatti risultato che questi, nel 47,2 per cento dei casi, richiedono il certificato di avvenuto smaltimento, mentre alcuni comuni si accontentano del duplicato del documento di trasporto.'. La malavita organizzata si muove al meglio nelle situazioni di chiaroscuro dove 'il panorama delle società che operano in questo settore presenta elementi di distorsione (compartecipazioni tra grandi gruppi, potenziali partners in realtà alleati) e di scarsa trasparenza (società con 20 milioni di capitale sociale che controllano aziende con miliardi di capitale sociale, giochi di « scatole cinesi » che riconducono a società con sede in Svizzera o Liechtenstein).'.
Un mondo criminale speculativo e approfittatore 'La debolezza del sistema contribuisce di fatto a che mafia, ’ndrangheta, camorra e le altre organizzazioni similari occupino — anche in questo settore — tutti gli spazi da cui e` possibile trarre una utilita`, ponendosi come forza mediatrice fra autorita` locali e societa`, tra mercato e Stato. Questa    « vocazione imprenditoriale » delle organizzazioni mafiose spiega perché esse orientino il loro campo di azione sulle opportunità che, nel tempo, i vari mercati offrono. Così la mafia approda ai rifiuti non appena si manifesta una crescita economica del settore, impadronendosi di alcuni snodi fondamentali ed impedendo che tale crescita si trasformi in sviluppo vero e proprio, poiché va a stravolgere le regole del mercato legale.'
Il sistema delle ecomafie  configurava nel 2001 un mercato parallelo per '15 mila miliardi di lire l’anno, provocando danni all’erario per circa 2 mila miliardi di lire l’anno.'.
Questa situazione mette in luce un vulnus normativo 'le difficolta` che angustiano l’operato degli organi investigativi impegnati nella lotta ai crimini contro l’ambiente, difficolta` che la Commissione intende continuamente ricordare. Anzitutto, l incompatibilità strutturale tra la fattispecie associativa ed i reati in materia ambientale, che sono prevalentemente di natura contravvenzionale, tranne i casi in cui ricorrono altre ipotesi delittuose, come la truffa, le false fatturazioni, il disastro ambientale o l’avvelenamento delle acque; il fatto che tali indagini richiedono tempi lunghi e l’utilizzo di una serie di strumenti investigativi non conciliabili con la natura contravvenzionale delle fattispecie sanzionate, caratterizzate dalla brevità del termine di prescrizione e dall’impossibilita`, appunto, di accedere a strumenti investigativi particolarmente utili, come le intercettazioni telefoniche ed ambientali; la necessita` di cogliere, al di la` della singola vicenda di questa o quella discarica abusiva, aspetti di connessione e collegamenti con società e/o persone che spesso travalicano la competenza territoriale di un singolo ufficio giudiziario e, quindi, richiedono forme stabili di collegamento tra uffici giudiziari, nonché delle forze dell’ordine; l’assoluta inidoneità sotto il profilo sanzionatorio delle condotte incriminate in materia, perché le pene, davvero assai blande a fronte, poi, di profitti considerevoli e del breve termine di prescrizione, da un lato non fungono da deterrente ai comportamenti illeciti e, dall’altra, non sembrano giustificare l’impiego di mezzi e risorse investigative così consistenti e costose.'.     Questo vulnus è stato colmato nel 2015 con l'approvazione della legge relativa al reato ambientale.
Una crescita che non conosce crisi, nel Rapporto 2018 sulle ecomafie Legambiente ha registrato una impennata dei reati nel ciclo del cemento, nell’agroalimentare e contro gli animali. In aumento anche quelli nel settore dei rifiuti: il business dell’ecomafia raggiunge quota 16,6 miliardi di euro. 368 il numero dei clan censiti. Trova intanto conferma la validità della legge sugli ecoreati. Nel 2018 usata per 1.108 volte e applicata in 88 casi di disastro ambientale.
Tra gli illeciti ambientali, nel 2018 quelli legati al ciclo illegale dei rifiuti si avvicinano alla soglia degli 8mila ,quasi 22 al giorno.
Per altro la competenza in ordine al controllo di tutte le attività di gestione dei rifiuti e l’accertamento delle violazioni, spetta alle Province e alle Città Metropolitane e qui c'è un paradosso invalidante la stessa legge sul reato ambientale. La cosiddetta 'Legge Del Rio', approvata prefigurando una modifica della Costituzione poi non approvata dai cittadini, ha ridotto le Province e le Città Metropolitane a un residuo istituzionale, senza organi eletti dai cittadini, differentemente da ciò che vorrebbe la Carta, senza poteri e senza finanziamenti. Di più, a fronte della approvazione della legge sul reato penale, la Polizia Provinciale che rilevava il 60/70% degli illeciti ambientali è stata smobilitata. In questa situazione di diminuzione di funzioni amministrative, di riduzione significativa di personale, di neutralizzazione operativa dell'organismo di accertamento e sanzione, il sistema di autorizzazione/controllo degli impianti di raccolta e stoccaggio risulta quantomeno inadeguato.                                                                                                             In questo quadro amministrativo e funzionale, le prescrizioni normative sulla sterilizzazione dei rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 254/2003, indicano come opzione la sterilizzazione in situ. Questa a cura dal produttore dei rifiuti sanitari pericolosi a solo rischio infettivo, così da semplificare le fasi di gestione precedenti lo smaltimento, riducendo quindi i rischi per gli operatori e per l’ambiente durante le fasi di trasporto, stoccaggio e manipolazione, riducendo altresì i costi di gestione. Però in Calabria solo a Lamezia Terme e Crotone sono presenti impianti di termodistruzione autorizzati a smaltire rifiuti sanitari infetti. Inoltre ai rifiuti sanitari, che sono classificati come rifiuti speciali, non viene applicato il divieto di smaltimento fuori regione. In una situazione così determinata c'è il rischio, già rilevato da indagini giudiziarie, di un traffico di rifiuti ospedalieri e sanitari infetti, con problemi per la salute degli operatori addetti alla raccolta, al trasporto e allo smaltimento, come della salute pubblica.
• L'operazione "Crimine/Infinito", condotta nel luglio 2010 dalla magistratura di Milano e Reggio Calabria, ha evidenziato  che la 'ndrangheta aveva già da tempo 'colonizzato' molte zone del Nord. Indagini e processi hanno confermato, nei dieci anni a seguire, che nelle regioni del Centro-nord c'è la presenza delle mafie tradizionali, la 'ndrangheta in primo luogo, dedite al traffico di stupefacenti, estorsioni, usura, recupero crediti. Nelle operazioni di movimento terra, legate alla estensione della urbanizzazione, così come per il fondo degli assi stradali nelle infrastrutture per la mobilità nel territorio, la distribuzione, miscelazione e interramento,  di rifiuti tossici e speciali, ha connotato l'Italia come Paese dei fuochi. Parallelamente al dibattito sull’autonomia differenziata regionale, emerge con evidenza il tratto unificante dell’Italia come il Paese dei fuochi. Con l’incendio di un capannone per stoccaggio, distrutto dal rogo appiccato il 14 ottobre 2018 si sollevò una colonna di fumo nera visibile da chilometri, e l’aria nella zona fu irrespirabile per giorni. Così lo smaltimento illecito di rifiuti è entrato nella cinta daziaria di Milano dopo averne definito in modo puntuale, incendio dopo incendio, la cintura, nera, della Città Metropolitana. I quindici arresti, a seguito dell’indagine che ha toccato anche Verona e i capannoni affittati al quartiere San Massimo, rispondono alle accuse di traffico illecito di rifiuti, attività di gestione non autorizzata e intestazione fittizia di beni. Calchi Taeggi, Bisceglie, Santa Giulia, le sentenze “Cerberus” e “Parco Sud”, avevano già messo in luce l’attenzione della malavita organizzata, in particolare della ‘Ndrangheta, per lo smaltimento illecito di rifiuti attraverso il movimento terra. Ora è chiaro che anche la rete dello stoccaggio dei rifiuti e delle società che se ne occupano, è parte dell’articolazione dell’economia criminale e della sua presenza reticolare nel territorio. Nella Milano che si vuole guida di un processo politico democratico non è più eludibile la questione della responsabilità amministrativa delle pubbliche amministrazioni nel rilascio delle autorizzazioni ambientali, dai rifiuti alle acque, dalle autorizzazioni uniche alla bonifica dei siti contaminati, e nei controlli relativi. La Città Metropolitana, nella sua XII newsletter del 2016, vantava una riorganizzazione improntata alla semplificazione, trasparenza, efficienza, capace di una riduzione, in un anno, dell’85% dell’arretrato di 2498 pratiche relative ai precedenti 14 anni 2001-2014. Alla luce degli incendi succedutisi in questi anni ci si deve chiedere quale coerenza c’è stata tra i provvedimenti per l’efficienza di procedure e organizzazione e la loro l’efficacia nella tutela della salute e del territorio nel rispetto della legge. Le imprese della green economy, che coniugano innovazione e rispetto dell’ambiente, i cittadini e i sindaci dei suoi 134 comuni, possono contare su un sistema di autorizzazioni e di controlli che garantiscano condizioni di mercato e di concorrenza comuni a tutte le imprese, esistenti e possibili? Ad esempio, nella semplificazione delle procedure la Città Metropolitana si è deciso di ‘mantenere valida l’eventuale comunicazione di cessazione dell’attività inviata dall’azienda e non procedere a ulteriori verifiche’. Così si sono ignorate le conseguenze di lasciare senza controllo attività potenzialmente problematiche per l’ambiente e la legalità, anche alla luce dell’azione della criminalità organizzata nel territorio milanese che le sentenze Cerberus e Parco Sud hanno ben chiarito. Quale modalità organizzativa è stata messa in atto per i controlli degli impianti di trattamento dei rifiuti? Quale criterio d’individuazione degli impianti da controllare è stato adottato? Quali i criteri per le procedure autorizzative della VIA? Qual è il numero di sopralluoghi effettuato annualmente? Nel 2016 i dipendenti della Città metropolitana di Milano che si occupavano di impianti di trattamento rifiuti erano 30. La Polizia Locale dell’ex Provincia rilevava tra il 60 e il 70% degli illeciti ambientali ora che la Legge 68/2015 ha definito i reati ambientali è stata pressoché smantellata. Il Corpo di Polizia Locale della Città metropolitana di Milano, a seguito dell’evoluzione normativa (legge 56/2014, legge 190/2014, legge 125/2015, Circolare Madia), ha subito un drastico ridimensionamento: dagli oltre 80 operativi, fra ufficiali e agenti, coadiuvati da oltre dieci amministrativi, suddivisi in cinque Comandi territoriali, si è passati a un organico di soli 16 operatori, 5 amministrativi, cui va aggiunto un nucleo ittico venatorio, destinato in via esclusiva alle funzioni di vigilanza delegate dalla Regione Lombardia. Il ruolo principale della Centrale operativa si è trasformato dalla gestione delle pattuglie di Polizia locale e dei collegamenti con i vari comandi territoriali, al coordinamento delle comunicazioni con GEV (Guardie ecologiche volontarie, che la Città Metropolitana ha privato della figura di coordinamento esercitata da una Posizione Organizzativa) e GVV (Guardie ittico venatorie volontarie), alla risposta costante al pubblico e, in caso di emergenze di Protezione Civile, alla gestione dei contatti tra Comando e funzionari o volontari dislocati sul territorio. 50 sindaci dell’Alto Milanese, appartenenti a tutti gli schieramenti, hanno condiviso un pronunciamento negativo nei confronti della VIA concessa dalla Città Metropolitana per la discarica della società SOLTER che interessa il comune di Casorezzo e quelli confinanti. Nella VIA sono indicate 37 condizioni obbligatorie per ripensare il progetto è una condizione, in particolare, è ostativa alla concessione della VIA: la mancanza della distanza di 50 metri tra la discarica già esistente e quella in progetto. Ciò si aggiunge alla clausola ostativa del mancato rispetto delle convenzioni precedenti. La Regione ha indicato le modalità di misurazione dei 50 metri di distanza, tutte le forze presenti nel Consiglio Regionale hanno votato contro la localizzazione di una nuova discarica a Casorezzo, eppure l’efficienza semplificante della Città Metropolitana ha concesso la VIA. All’orizzonte nessun raccordo tra la Polizia Locale Metropolitana e la Polizia Locale dei 134 comuni organizzati in zone omogenee. Di quale “modello Milano” stiamo parlando? Qui si butta il pattume sotto il tappeto e quando scotta prende fuoco.
Così per il Centro-Nord, nel 2018 a partire dalla Valle d'Aosta, la Presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi, ha dato una descrizione calzante della situazione che si era venuta a definire negli anni: un equilibrio pluridecennale fondato "sulla compiacenza di operatori economici, classe dirigente e mafiosi". Dal rapporto 2019 di Legambiente sulle ecomafie, con dati raccolti, come sempre, in collaborazione con forze dell'ordine, capitanerie di porto e tutti i corpi con funzioni di rilevazione delle attività illecite, si delinea una classifica significativa. 12.597 infrazioni, pari al 45% nazionale, sono state compiute nelle regioni a tradizionale insediamento mafioso:Campania, Calabria, Puglia e Sicilia. La Campania conduce la classifica regionale delle illegalità ambientali con 3.862 illeciti, il 14,4% del totale nazionale , segue la Calabria con 3.240, che registra il numero più alto di arresti, 35 , poi la Puglia con 2.854 e quindi la Sicilia 2.641. Quinta il Lazio con più di 2.000 reati, poi, seconda regione del Centro Italia, la Toscana  con 1.836, seguita dalla Lombardia, al settimo posto nazionale e al primo nel Nord.
Negli anni le cosche hanno occupato molti settori dell'economia legale con le imprese acquisite, di forma o di fatto, inquinando il mercato e la libera concorrenza per la enorme disponibilità di capitali combinata ai metodi illegali: violazione delle leggi fiscali, della sicurezza sul lavoro, dei meccanismi di attribuzione degli appalti, alle intimidazioni e attentati. Le mafie occupano settori a bassa intensità di tecnologia come l'edilizia,con movimento terra, cave, cemento, i rifiuti, la contraffazione. A seguito dell'emergenza Covid 19 le cosche certamente si interesseranno allo smaltimento dei rifiuti ospedalieri, aumentati in modo significativo, all'aumento del trasporto su gomma, alla ripresa di produzioni dismesse in Italia. Grazie alla enorme liquidità, le cosche approfitteranno della crisi economica per esercitare usura, quindi ingresso societario per impadronirsi, di nome o di fatto, di molte imprese nei settori tradizionali e, come hanno messo in luce le indagini della magistratura in Lombardia,  nella sanità. Saranno cruciali i provvedimenti di controllo e deterrenza annunciati dalle autorità italiane e internazionali. Un esempio efficace, in questo senso, è stato l'Expo a Milano, sotto il monitoraggio dell'ANAC, così sembra la ricostruzione del ponte di Genova, grazie ad una legge speciale in cui, insieme alla semplificazione delle procedure sono stati mantenuti i controlli antimafia.
Sul piano nazionale la Legge 68/2015 sugli ecoreati ha un ruolo chiave nella lotta alla criminalità ambientale sul fronte repressivo, così come su quello della prevenzione. Nel 2018 la legge è stata applicata 1.108 volte, più di tre al giorno, una crescita pari a +129%. Sono state 86 le contestazioni per il reato di traffico organizzato di rifiuti, 15 i casi di traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, 6 i delitti colposi contro l’ambiente, 6 quelli di impedimento al controllo e i 2 di omessa bonifica. Nel 2019 90 procure che si sono messe sulle tracce dei trafficanti, con la denuncia di 9.027 persone e l’arresto di 2.023, 54 milioni di tonnellate di rifiuti sequestrati. 1.195 aziende coinvolte in 46 stati esteri, per questo Legambiente auspica che il Parlamento istituisca al più presto la Commissione d’inchiesta sulla vicenda dell’uccisione della giornalista Ilaria Alpi e dell’operatore Miran Hrovatin.
Le sentenze hanno dimostrato l'influenza delle cosche con la classe dirigente della Pubblica Amministrazione, locale e regionale, amministratori e funzionari. Coloro che decidono su indirizzi politici, procedure e capitoli di bilancio della spesa pubblica. Uno scambio di favori: incarichi professionali con aiuti elettorali, tangenti con assunzioni e promozioni. Così facendo non si ha solo una alterazione della legalità, quindi della concorrenza, della qualità delle infrastrutture, dello smaltimento dei rifiuti, della qualità delle acque di falda, dei terreni, dell'aria, della sicurezza e dei diritti dei lavoratori. Nel tempo si alterano la qualità e i profili della stessa classe dirigente della PA, delle politiche adottate e degli interlocutori cui questa deve rispondere e rendicontare: non più gli elettori ma i padrini. La corruzione si conferma lo strumento più efficace, per aggirare ed eludere le regole per la tutela dell’ambiente e generare profitti illeciti. Dal Tra il 1 giugno 2018 e il 31 maggio 2019 sono ben 100 le inchieste censite da Legambiente ha censito 100 inchieste svolte da  36 procure: 597 persone denunciate, 395 arrestate, 143 sequestri. La classifica della corruzione 2019 vede in testa le quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso con 43 inchieste, il 43%, ma è il Lazio la regione con il numero più alto di inchieste, 23, segue la Sicilia con 21, terza la  Lombardia con 12 , che precede la Campania con 9, chiude la Calabria con 8.
Certamente è necessaria una cultura condivisa della legalità come fondamento del patto sociale, con la consapevolezza diffusa del danno arrecato alla società, alla democrazia, all'economia, dalla presenza delle mafie con la loro attività di contagio mortale. Trasparenza e rendicontazione della Pubblica Amministrazione, effettiva partecipazione informata dei cittadini, esercizio diffuso ed effettivamente abilitato dagli strumenti di partecipazione della cittadinanza attiva, per cui l’accesso alla giustizia da parte delle associazioni dovrebbe essere gratuito ed effettivamente accessibile. Queste sono le condizioni per produrre una cultura condivisa della legalità. In questo senso c'è una concreta prova della relazione tra amministrazioni locali e senso civico diffuso. Per quanto riguarda i rifiuti sanitari, le fasi di riduzione del contagio, con adozione di pratiche di sanificazione degli ambienti di relazione collettiva e distanziamento individuale, con l'uso necessario di dispositivi sanitari a cadenza limitata necessitano di strumentazione/raccoglitori e pratiche diffuse per la raccolta di quelli che, come mascherine e guanti, diventano rifiuti sanitari. Per essere efficace ciò  interessa la relazione tra l'organizzazione amministrativa, gli spazi urbani, gli ambienti collettivi, i costumi sociali.
Ma, combinato con questi aspetti di comunità territoriale fondata sulla responsabilizzazione diffusa, occorre mettere mano all'elemento cruciale che consente di alimentare questo anti stato, parassitario e parallelo: quello costituito dalla struttura normativa, procedurale, regolativa, organizzativa, di controllo e sanzione, della articolazione istituzionale ed amministrativa.
In questo senso è stata importante l'esempio di una amministrazione locale, della prima cintura di Milano, con l'approvazione di una serie di modifiche a Statuto, regolamenti e procedure al fine di contrastare efficacemente la corruzione amministrativa. Significativa l'approvazione unanime, di ciò che ho proposto come Presidente della Commissione di Indagine Consiliare in relazione agli aspetti di criticità amministrativa messi in luce dalle sentenze Cerberus e Parco Sud, da parte del Consiglio Comunale di Buccinasco, che era stata definita dal capo cosca Barbaro 'la Platì del Nord'.
Così per lo Statuto 'Il Sindaco non può nominare componenti della Giunta comunale o rappresentanti del Comune presso Enti, Aziende ed Istituzioni i soggetti che abbiano rivestito la carica di amministratore del Comune e che, nel periodo di svolgimento della carica o nel biennio successivo, abbiano stipulato contratti di compravendita di beni immobili, di lavoro, di servizio o di consulenza con i soggetti destinatari dell’attività amministrativa svolta.       Il suddetto divieto si applica anche nel caso in cui i contratti sopra citati siano stati stipulati dal coniuge o da parenti fino al primo grado.'
Per il Controllo degli atti  'Nella fase successiva all’adozione degli atti amministrativi, il controllo di regolarità amministrativa è svolto dalla struttura preposta ai controlli interni, coordinata dal Segretario Generale. Esso viene esercitato sulle deliberazioni e sulle determinazioni, nonché sui relativi allegati, ed ha gli stessi contenuti previsti del controllo di regolarità amministrativa nella fase preventiva a cui si aggiunge il rispetto dei termini per la conclusione dei procedimenti amministrativi. Con particolare riferimento agli atti di affidamento di appalti di lavori, servizi e forniture, nonché agli atti di erogazione di contributi economici a favore di soggetti terzi, il controllo prevede la verifica della correttezza e legittimità dell’intero procedimento cui l’atto stesso si riferisce.'  Per limitare possibile discrezionalità nei controlli, fino al 30% degli atti vengono selezionati per sorteggio e il controllo ha cadenza semestrale con verbale relativo.
Un Protocollo per il Patto di Integrità con obblighi per l'Amministrazione appaltante e i suoi dipendenti e per gli operatori economici, per il quale 'È, dunque, legittima la previsione del bando che richiede l’accettazione dei protocolli di legalità e dei patti di integrità quale possibile causa di esclusione “in quanto tali mezzi sono posti a tutela di interessi di rango sovraordinato e gli obblighi in tal modo assunti discendono dall’applicazione di norme imperative di ordine pubblico, con particolare riguardo alla legislazione in materia di prevenzione e contrasto della criminalità organizzata nel settore degli appalti” '
Nel Codice di Comportamento  'I dipendenti assegnati ai Settori Lavori pubblici e Manutenzioni, Urbanistica ed Edilizia privata ed Ambiente e controllo del territorio, forniscono annualmente, con riferimento al quinquennio precedente, per iscritto al proprio Responsabile di Posizione Organizzativa apposita  comunicazione riguardante le attività professionali o economiche svolte dalle persone con loro conviventi, dagli ascendenti e discendenti e dai parenti e affini entro il secondo grado'
Oltre  a stringenti obblighi per urbanizzazione primaria e secondaria, qualità equiparata agli obblighi di urbanizzazione, acquisizione e cessione, di aree, fideiussioni per inadempimento obbligatorie, 

 ART. 16 – ALTA VIGILANZA
1. Il Comune, in ragione delle proprie competenze istituzionali, esercita l’alta vigilanza su tutte le fasi di progettazione, affidamento e realizzazione delle opere di urbanizzazione.
2. In particolare, il Comune rimane titolare del potere di impartire direttive circa gli atti e le procedure da compiere, di sostituire l’operatore in caso di inerzia, di annullare in sede di autotutela di atti illegittimamente posti in essere, ex articolo 21-nonies, e revocare nei casi previsti dall’articolo 21-quinquies della legge n. 241 del 1990 e, più in generale, del potere di revocare l’esercizio dei poteri attribuiti all’operatore mediante la presente convenzione .
3. Il Comune si riserva il diritto di effettuare controlli sul cantiere, anche senza preavviso, al fine di valutare l’andamento dei lavori ed il rispetto dei termini previsti per la realizzazione delle opere di urbanizzazione.
4. Ai fini dell’esercizio delle funzioni di cui ai precedenti commi, il Comune nomina ai sensi della l. n. 241 del 1990 s.m. il responsabile del procedimento per la realizzazione delle opere di urbanizzazione14, il quale esercita, fra l’altro, i seguenti compiti: 
Istituzione del Nucleo Operativo Controllo Cantieri. Che comprende i Settori: Polizia Locale, Protezione Civile, Lavori Pubblici e Manutenzione, Urbanistica ed Edilizia Privata.  Gli obiettivi sono 'Assicurare che la realizzazione dei lavori pubblici comunali sia effettivamente eseguita dai soggetti debitamente autorizzati dal comune.Assicurare che il personale e i mezzi impiegati dalle imprese non siano riferibili  in alcun modo a soggetti non autorizzati. Assicurare che le opere di urbanizzazione realizzate dai privati siano effettivamente eseguite dai soggetti preventivamente comunicati al comune. Assicurare la conformità alla normativa urbanistico – edilizia dei opere private anche in corso d’opera.'. Alla Polizia Locale è affidato il compito della rendicontazione periodica sull'operato del NOCC.

ART. 17 – NORMA ANTI MAFIA
1 Le parti si impegnano ad assumere ogni utile iniziativa affinché sia assicurato, all’affidamento dei lavori pubblici e delle forniture di beni e servizi, lo scrupoloso rispetto delle prescrizioni di cautela dettate dalla normativa antimafia, di cui al D.L.vo n. 159/2011.
2 Il Soggetto Attuatore si impegna ad inserire nei bandi per l' affidamento di appalti di opere e lavori pubblici da cui possono derivare le seguenti attività imprenditoriali:
• TRASPORTO DI MATERIALI A DISCARICA • TRASPORTO E SMALTIMENTO DI RIFIUTI;

• FORNITURA E TRASPORTO DI TERRA E MATERIALI INERTI;
• FORNITURA E TRASPORTO DI CALCESTRUZZO FORNITURA E TRASPORTO DI BITUME; AUTOTRASPORTI; GUARDIANIA AI CANTIERI.

. 

Tra le clausole previste clausole:
. a)  obbligo per la stazione appaltante di comunicare al Prefetto le imprese aggiudicatarie di appalti, subappalti e altri subcontratti derivanti dall'appalto, relativi all’attività sopraindicate; b)  tutti gli affidamenti a valle dell'aggiudicazione principale devono essere subordinati all'acquisizione delle informazioni antimafia di cui all'articolo 91 del decreto legislativo n. 159/2011;c)  le verifiche e l'acquisizione delle informazioni antimafia devono essere estese anche alle tipologie di prestazioni non inquadrabili nel subappalto sempre in riferimento alle attività sopraindicate; 
Per il soggetto Attuatore:

. a)  previsione dell'obbligo a carico dell'appaltatore, di comunicare alla stazione appaltante l' elencodelle imprese coinvolte nel piano di affidamento con riguardo alle forniture e ai servizi di cui al comma precedente nonché ogni eventuale variazione dello stesso elenco, successivamente intervenuta per qualsiasi motivo; b)  previsione dell'obbligo, a carico della stazione appaltante, di comunicare al Prefetto l’elenco delle imprese di cui al punto precedente, al fine di consentire le necessarie verifiche antimafia da espletarsi anche attraverso il ricorso al potere di accesso ai cantieri;  c)  previsione della clausola risolutiva espressa - da attivare in caso di informazioni positive al fine di procedere automaticamente alla revoca dell'autorizzazione del sub-contratto e alla automatica risoluzione del vincolo; d)  in caso di automatica risoluzione del vincolo, previsione di una penale, pari al 10% del valore del sub-contratto, a titolo di liquidazione forfetaria dei danni, salvo il maggior danno. 

Il Protocollo con la Prefettura  prevede:

- “Il contraente appaltatore si impegna a dare comunicazione tempestiva alla Prefettura ed all’Autorità giudiziaria di tentativi di concussione che si siano, in qualsiasi modo, manifestati nei confronti dell’imprenditore, degli organi sociali o dei dirigenti di impresa. Il predetto adempimento ha natura essenziale ai fini della esecuzione del contratto e il relativo inadempimento darà luogo alla risoluzione espressa del contratto stesso, ai sensi dell’art. 1456 del c.c., ogni qualvolta nei confronti di pubblici amministratori che abbiano esercitato funzioni relative alla stipula ed esecuzione del contratto, sia stata disposta misura cautelare o sia intervenuto rinvio a giudizio per il delitto previsto dall’art 317 del codice penale” ; 
-"La Stazione appaltante si impegna ad avvalersi della clausola risolutiva espressa, di cui all’art. 1456 del codice civile ogni qualvolta nei confronti dell’imprenditore o dei componenti la compagine sociale, o dei dirigenti dell’impresa, sia stata disposta misura cautelare o sia intervenuto rinvio a giudizio per taluno dei delitti di cui agli artt. 317,318, 3l9,3l9-bis, 3l9-ter,3l9-quater,320,322 , 322-bis, 346 bis ,353 e 353 bis del codice penale"

Queste misure, basate sulle criticità rilevate dai magistrati, sono finalizzate sia alla creazione di un ambiente chiaro di informazioni, procedure e regole, sia nel coinvolgimento e nella responsabilizzazione di più figure e funzioni pubbliche, creando così una comunità amministrativa con un indirizzo inequivocabile. Un deterrente ma altresì una funzione di prevenzione e contrasto del l'operato delle ecomafie sul territorio: quello figurato e quello sostanziale, delle escavazioni, del movimento terra, degli interramenti e degli sversamenti dei rifiuti speciali, tra questi quelli sanitari.
Spetta quindi alla politica, sul piano Nazionale come su quello Delle Amministrazione Locali, evitare che leggi, regolamenti e procedure amministrative, consentano la pratica della corruzione, che apre spazi di azione per le mafie. Così come sarà indispensabile un modello di  concertazione con il mondo del lavoro perché la crisi economica e il conseguente disagio sociale non diventino una questione di ordine pubblico bensì di un cambio di modello basato sulla innovazione per la sostenibilità ambientale e un welfare sociosanitario che non scarichi negli ospedali il disagio sociale come questione di ordine terapeutico. Solo così l'azione della magistratura e delle forze dell'ordine, già gravate di nuovi compiti post pandemia, potrà dedicarsi principalmente a debellare il cancro mafioso che inficia la qualità del vivere sociale.

 
 

Silvia Romano convertita e libera.

Mi dicono che Silvia Romano è tornata convertita all'Islam. Con il rispetto  che da non credente devo a chi ha l'illuminazione della fede, vado oltre le considerazioni sul contesto detentivo e costrittivo, nel quale questa storia assume il carattere triste di una costrizione che è anche un espediente. Mi auguro che ora si spenda per un Islam di pace e tolleranza. Almeno questo, perché è troppo aspettarsi qualcosa di simile al Concilio Vaticano II in quel sistema teologico.

venerdì 8 maggio 2020

Processi cognitivi e identità nell'era digitale


Newton da quella mela ha elaborato la teoria della gravitazione universale. Se una mela cadesse su un computer rimbalzerebbe. Qui occorre capire come relazionarci con l’Intelligenza Artificiale e i suoi algoritmi per elaborare il nostro rapporto con il vivente. Si tratta dell’espressione delle libertà individuali e della sostenibilità, per la nostra specie, delle azioni e degli effetti del modello di sviluppo su questa piccola Terra nel pieno dispiegarsi dell’era digitale che presenta una natura costitutiva con una doppia ambivalenza.

La rete digitale interconnessa e le sue reti sociali costituiscono un ecosistema cognitivo collettivo che ha esteso lo spazio pubblico, ha disintermediato la relazione tra fonti istituzionali e accesso/produzione/condivisione di informazione. La sua pervasività permette la tracciabilità dei comportamenti e la profilazione dei consumi, con possibilità previsionali delle scelte economiche, politiche, religiose, sessuali, sindacali.
Si tratta della definizione della possibile etero-definizione della nostra identità. Sorveglianza, orientamento, senso comune dell’agire collettivo, diversivi della partecipazione ai processi deliberativi, controllo dei dati digitali. Gli algoritmi permettono l’elaborazione orientata dei dati. Sono procedure logiche che, attraverso istruzioni con una sequenza di passi finiti elementari e non ambigui, risolvono dei problemi relativi a strutture di organizzazione e rappresentazione di dati. La potenza di calcolo computerizzato permette l’analisi e la comparazione di una quantità di dati prima impossibile. Se la questione riguarda la definizione di orientamento di genere, la predisposizione genetica a certe patologie e la possibile probabilità invalidante, possono prendere corpo indicazioni, valutazioni e scelte a carattere discriminatorio nei confronti delle singole persone. La natura costitutiva del vivente è informazionale, a partire dalle cellule, e alla loro differenziazione nel moltiplicarsi. Le stringhe di algoritmi saranno sempre più il registro di codificazione con il quale ci relazioneremo alla sfera biologica e alle sequenze geniche esistenti e possibili.
Al centro di ricerca di Facebook è accaduto un episodio curioso a proposito di sistemi- macchine che auto-apprendono. Il centro ha un acronimo significativo ‘FAIR’- Facebook Artificial Intelligence Research: sta per ‘GIUSTO’. Un anno fa i ricercatori hanno sviluppato sistemi di intelligenza artificiale in grado di dialogare tra loro per trattare la divisione, sempre tra loro, di alcuni libri e palloni da basket. Ad un tratto Bob e Alice, i due ‘bot’ hanno iniziato a parlarsi con un nuovo linguaggio. Bob «I can can I I everything else» Alice «Balls have zero to me to me to me to me to me to me to me to me to». Per noi umani senza un senso, ma non era casuale. I ricercatori hanno capito che li avevano programmati in modo che dialogassero non solo in inglese così loro hanno usato le parole in un modo ritenuto più efficiente. Il codice è poi stato modificato e i due bot hanno ripreso a parlarsi solo in inglese.
Ciò pone interrogativi ineludibili sulle forme e sull’esercizio del potere economico, politico e sociale. La disponibilità, la trasparenza, l’accesso, la conoscenza delle funzioni svolte dalle stringhe di algoritmi alle sequenze geniche, equivale a quello degli alfabeti e delle grammatiche, delle note e degli accordi, dei colori e dei segni. Essenziali per la definizione dei piani di vita di ogni essere umano in condizioni di libertà.
Per questo la loro disponibilità deve restare pubblica. Il principio di precauzione per l’analisi dei possibili effetti nello spazio e nel tempo non è una interdizione oscurantista dell’innovazione, bensì l’esercizio informato di una soggettività responsabile. Qui c’è la seconda ambivalenza della pervasività digitale e delle procedure analitiche degli algoritmi. Possiamo esternalizzare i processi cognitivi e tutte le scelte conseguenti? Possiamo affidare scelte relative a diritti fondamentali della persona ad algoritmi? Possiamo ridurre le intuizioni, l’empatia e la percezione come esito combinato di sensi/saperi/sapienza, alla calcolabiltà pre-definita?
Questo dentro a sistemi digitali capaci di apprendere e che, in ogni caso, si devono relazionare con il principio di sostenibilità dei loro effetti sulla natura. Perciò è vitale la persistenza della piena relazione mente-corpo-natura, la relazione equilibrata tra sfera antropologica e sfera biologica, tra sapere e sapienza.
La connessione permanente e ubiqua attraverso gli Smart Phone, i codici condivisi di significato, acronimi, emoticon, nelle reti di comunicazione collettiva, definiscono uno spazio comune antropologico asincrono dentro il Villaggio Globale.
L’intelligenza collettiva attraverso la connessione di esperienze, competenze, consente una condivisione della conoscenza mia esperita prima e con essa una opinione pubblica quanto mai avvertita, ad un tempo consumatrice e produttrice di sapere. Questo scenario appare come il cambiamento sociale più importante di questo inizio di millennio.
Dobbiamo chiederci se la natura dei processi relazionali e cognitivi propri di questo contesto consentono di coglierne le inedite opportunità. Questo perché le tecnologie digitali, gli strumenti che utilizziamo, le reti sociali e i loro processi di relazione precostituiti con informazione, comunicazione, conoscenza, stanno riconfigurando drammaticamente i processi neurali, le nostre possibilità cerebrali e i processi cognitivi. Il nostro sistema nervoso centrale si modifica lungo tutta la vita. Nel cervello si formano continuamente nuove sinapsi, mentre quelle che non sono più utilizzate degenerano. Questo sofisticato processo, noto come neuroplasticità, riveste un ruolo cruciale nei processi di apprendimento, con cambiamenti funzionali e anatomici.
Le logiche di controllo computazionale, le potenzialità comparative e predittive, le potenzialità generative della condivisione per l’intelligenza collettiva interconnessa, costituiscono una estensione della mente, individuale e sociale. Laddove, invece, c’è l’esteriorizzazione della memoria, dell’intelligenza, dell’organizzazione del pensiero, della classificazione dei dati, del trattamento dell’informazione, diventiamo dei simbionti cognitivi e, insieme alla responsabilità delle scelte, rinunciamo all’esercizio di una libera soggettività, individuale e sociale, rinunciamo quindi alla cittadinanza.
Ancora una volta siamo chiamati da una sfida inedita a porci in modo non rinviabile la questione del significato e del senso dell’essere umani, animali umani. Dopo i disastri della velleità e della presunzione di una Hybrys antropocentrica oggi rischiamo la relativizzazione della nostra pienezza esistenziale attraverso la cessione di sovranità all’Intelligenza Artificiale e ai controllori di algoritmi che non rispondono ad alcun interesse generale e ad alcun mandato e rendicontazione democratici.
Lo spazio pubblico definito dalle reti di reti digitali dei nuovi media si propone quindi come uno spazio di nuove opportunità democratiche e di nuove minorità e diseguaglianze. Ad un tempo aumentano la socialità e il divario sociale e culturale, la disintermediazione dell’informazione e la sua opacità, che accompagna quella del potere.
Abbiamo bisogno di consapevolezza affinché la nostra relazione con l’estensione digitale sia funzionale alla nostra dimensione umana per lo sviluppo di una cultura della cittadinanza condivisa nello spazio pubblico digitale, per una consapevole netizenship. Occorrono una coscienza di specie, una connessione responsabile per dare vita e capacità di indirizzo pubblico a un blocco sociale dell’innovazione qualitativa, quindi socialmente e ambientalmente abilitante e sostenibile.
È essenziale il pieno coinvolgimento e la responsabilizzazione dei protagonisti sociali: le imprese, le organizzazioni dei consumatori, i sindacati e i rappresentanti degli organismi della società civile.

mercoledì 6 maggio 2020

Fase 25 il Governo necessario

I giochi belli si prendono sul serio ;)


Amazzonia nostro respiro

Con Salgado con gli indios che custodiscono per tutti noi l'Amazzonia

https://www.rollingstone.it/black-camera/autori-fotografia/salgado-scrive-a-bolsonaro-gli-indigeni-dellamazzonia-sono-a-rischio-genocidio/515610/