VERSO
GREEN ITALIA
– Fiorello Cortiana
-Note sulla necessità e sulle condizioni per la ripresa dell'ecologismo
politico in Italia, Paese d'Europa
“Una società è una comunità politica in misura
del rapporto tra le sue
istituzioni politiche e le forze sociali che essa include”
Samuel P.
Huntington “Ordine Politico e Cambiamento sociale, 1968
LA
CRISI COME OPPORTUNITA’ NON COME CATASTROFE
Viviamo
giorni difficili come cittadini europei ed italiani, giorni che evidenziano
tutto il disordine di un mondo liberato dall’equilibrio del terrore bipolare e
perciò squilibrato in quanto il nuovo assetto è ancora contendibile.
La
dimensione e la modalità multipolari possono divenire un esito alternativo alle
guerre striscianti come in Medio Oriente, a quelle per interposti attori come
in Africa, solo se una realtà plurale come quella Europea è in grado di avere
una voce e una iniziativa uniche in sede ONU.
Si
tratta di mettere al centro la costruzione dell’Europa politica come dimensione
glocale, come processo condiviso capace di un’azione multilaterale e come
espressione locale di un nuovo urbanesimo dove i sistemi-città, le reti
metropolitane diventino dei laboratori creativi capaci di coinvolgere
industria, professioni, accademia, cittadini, in attività legate
all’innovazione, alla sostenibilità, alla qualità. Si tratta di un GREEN DEAL
economico-sociale che accompagna chi svolgeva attività obsolete, dissipative,
inquinanti, stranianti ed alienanti, proprie degli uffici e delle fabbriche
tradizionali, ad imparare/esercitare lavoro e produzione di valore in una nuova
direzione.
In
Italia il Patto Civile e il Patto Sociale vivono la prolungata agonia della
Prima Repubblica, segnata dalla pratica consociativa come patologia da
adattamento dei partiti e delle parti sociali alla spartizione bipolare di
Yalta e al “fattore K”.
Non
abbiamo conosciuto una effettiva competizione tra forze alternative, così la
modernizzazione politica non ha fatto i conti con la crisi delle narrazioni
ideologiche del ‘900. Invece si è concretizzata in una deriva plebiscitaria e
personalistica attraverso le elezioni dirette delle cariche apicali
accompagnate dallo svuotamento delle assemblee elettive. Il “fattore B.” è
stato un prodotto non la causa di questa deriva.
Il
governo delle “Larghe intese” è l’epilogo del vuoto di proposta e di azione
politica cui supplisce/nel quale agisce il presidenzialismo de facto con le sue
forzature costituzionali proposte come moral suasion. A partire dal secondo
incarico presidenziale.
Se
si vuole turbare l’omeostasi consociativa e attuare pienamente la Costituzione
non è possibile evitare di misurarsi con questa patologia democratica e con le
sue rappresentanze parlamentari imposte dai “partiti personali” o dai “partiti
cordate”.
L’arretratezza
statuale italiana può essere di grande vantaggio per superare le resistenze
nazionaliste nella costruzione di un’Europa politica federale. Così la
costruzione delle Città Metropolitane lungo la penisola può definire i
sistemi-città come ecosistemi ambientali e cognitivi nei quali la
partecipazione al processo deliberativo sia effettiva a partire dall’elezione
diretta degli organi istituzionali.
Non
si esce da questa situazione rinunciando a quote di libertà e di democrazia ma
impegnando direttamente la propria testa e il proprio cuore, esercitando una
azione condivisa per una cittadinanza attiva sociale-culturale-politica.
Occorre
assumersi l’onore e l’onere di un ruolo dirigente nell’individuare e
coinvolgere i nodi delle reti di qualità, in Italia ed in Europa,
nell’implementare piattaforme utili agli scambi, nel costruire uno sguardo
culturale comune mentre si valorizzano e rispettano le specifiche
esperienze-identità.
Il
soggetto/organizzazione/forma che proponiamo alla partecipazione politica è
olistico e complesso, come ogni ecosistema, in modo aperto più esperienze
concorrono e contribuiscono alla sua azione e alla definizione di conoscenza
condivisa.
Sono
la pluralità, l’inclusività e la condivisione, glocali-Europee e urbane, che
devono trovare nome, rappresentanti, forma, simbolo nuovi e coerenti.
La
diffidenza diffusa è pari all’esigenza di un soggetto/offerta che renda
piacevole perché utile e costruttivo l’esercizio del voto “per”. Un soggetto
capace di azione coalizionale perché autonomo e in netta discontinuità con le
inerzie della consociazione e della spartizione post-industriale del ‘900.
Non
è tempo di aggiornamenti e mitigazioni interne all’agonia del vecchio, si
tratta di avere volontà e impegno per fare un salto affinché il nuovo possa
pienamente esprimersi e liberarsi.
L’ECOLOGISMO
CHE C’E’
Trent'anni
fa l'ecologismo, nella sua connotazione cromatica "verde", si
proponeva come metafora originale e innovativa, ora troverebbe in quella
definizione una riduzione sterile, compresa tra la cultura dell'antagonismo e
la pratica del presidio e dello scambio di temi settoriali.
Nella
nostra società già vivono ed operano esperienze legate alla qualità ambientale
e sociale e quindi sono esperienze sostenibili e solidali. Si tratta di
imprese, di imprese sociali, di reti della cittadinanza attiva come i
GAS-Gruppi di Acquisto Solidale, di cittadini e condomini che diventano
prosumer ad un tempo produttori e consumatori di energia rinnovabile, delle
reti di condivisione della conoscenza omeopatica o del software libero. Le
imprese più innovative sono energeticamente risparmiose e rinnovabili, con una
impronta ambientale leggera, con una relazione sociale con il territorio, con
una organizzazione del lavoro motivazionale, con un costante investimento nella
ricerca, tutto questo non per costrizione o per scelte di marketing di
comunicazione, sono tali per natura costitutiva altrimenti non sarebbero
competitive. Ci sono campagne cui hanno concorso le esperienze più disparate e
i livelli sociali ed istituzionali più ampi come quelle per la conoscenza come
bene comune contro la brevettabilità del software e/o delle sequenze geniche.
Sono esperienze, sono reti di carattere locale ed internazionale che già vivono
la dimensione europea non solo per la moneta unica ma per la cultura del
welfare e del diritto, desiderando una sua soggettività politica piena.
Al
centro della nostra azione, accessori a nessuna forza politica in campo,
riconosciamo valori come la libertà, la responsabilità, l'uguaglianza, la
reciprocità, che decliniamo attraverso l'affermazione e la salvaguardia dei
Beni Comuni, naturali e culturali. L'acqua è un bene comune, così come la
conoscenza, il paesaggio, la bellezza artistica e architettonica, il segno
dell'incontro fecondo tra sfera antropologica e sfera biologica.
Il
dovere di preservarli, riconoscerli come diritti, non significa esercitare la
cultura del dono o della carità bensì l'esercizio del valore della
condivisione. Una coscienza di specie, l'etica della responsabilità verso
queste e le future generazioni.
La
società della qualità e dell’innovazione, la società che produce valore dentro
ai mercati globali è sottorappresentata o per nulla rappresentata.
L’ESEMPIO
DEL NON PROFIT
Gli ecologisti sono
stati da sempre abbinati al concetto di sviluppo sostenibile, ma la questione
ecologica porta con sé anche l’implicazione di una società sostenibile, di
un’etica della responsabilità, di nuovi diritti di cittadinanza, di una
valorizzazione delle differenze, per questo l’emergere anche simbolico, oltre
che molto concreto, del mondo del non profit e dell’economia sociale è
stato vissuto da noi (che spesso ne facciamo parte) come la possibilità di
superare uno stereotipo relativizzante che ci vuole esclusivamente come
difensori degli alberelli e degli uccellini.
Ma c’è di più.
In un periodo della vita del nostro paese ancora segnato da un deficit di politica, che in modo semplificato od interessato alcuni addebitano ad uno squilibrio tra i poteri costitutivi della Repubblica il multiverso evolutivo costituito dalle esperienze associative e non profit assume una funzione importante nella ricostituzione della polis, ma per ora non è stato invitato al tavolo di ridefinizione del welfare italiano. Così come il mondo delle Partite IVA.
Un multi verso che costituisce un settore aggiuntivo nel mercato con una interazione e combinazione con i due settori tradizionali,sia il pubblico che il privato. Un multi verso che va oltre: la rete di esperienze dell’associazionismo, del volontariato e della cooperazione sociale costituisce una novità politica non riducibile ad una funzione residuale, compensativa del disagio prodotto dalla crisi dello stato sociale e organica alle geografie partitiche e sindacali del’900 perché nel suo concretizzarsi mette in discussione il modello di sviluppo della crescita quantitativa illimitata contribuendo a ridefinire il senso comune dell’agire collettivo in società.
Nella transizione post-fordista una politica pubblica capace di rispondere ad interessi generali, anche delle future generazioni, non si può affidare solo alla globalizzazione del mercato e a parametri puramente finanziari e ha bisogno di consentire e di favorire questa interazione e, come ha affermato Stefano Zamagni, ne abbiamo la necessità “ se vogliamo ricercare i modi per “civilizzare” la competizione, per superare quella visione polemologica del mercato che, a fronte di costi umani e sociali (noi aggiungiamo anche ambientali) insostenibili, non riesce a soddisfare i canoni della stessa razionalità economica.”
Il recupero del tessuto urbano ed il riuso del patrimonio edificato sfitto ed abbandonato, il recupero e la valorizzazione dei beni ambientali e culturali, i lavori di cura, i servizi di riconnessione in comunità aperte dell’atomizzazione sociale delle città e dei loro problemi di sicurezza, la straordinaria sfida cognitiva che vedrà le scuole diventare presidi civili multimediali e non solo formativi, l’uso della telematica sociale come strumento di partecipazione, la riduzione e la flessibilità degli orari di lavoro: è facile riconoscere in questo elenco non solo delle ipotesi per rispondere alla crisi occupazionale ma alcune delle articolazioni concrete delle esperienze del non profit.
Siamo ben oltre la modernizzazione dello stato sociale.
Ma c’è di più.
In un periodo della vita del nostro paese ancora segnato da un deficit di politica, che in modo semplificato od interessato alcuni addebitano ad uno squilibrio tra i poteri costitutivi della Repubblica il multiverso evolutivo costituito dalle esperienze associative e non profit assume una funzione importante nella ricostituzione della polis, ma per ora non è stato invitato al tavolo di ridefinizione del welfare italiano. Così come il mondo delle Partite IVA.
Un multi verso che costituisce un settore aggiuntivo nel mercato con una interazione e combinazione con i due settori tradizionali,sia il pubblico che il privato. Un multi verso che va oltre: la rete di esperienze dell’associazionismo, del volontariato e della cooperazione sociale costituisce una novità politica non riducibile ad una funzione residuale, compensativa del disagio prodotto dalla crisi dello stato sociale e organica alle geografie partitiche e sindacali del’900 perché nel suo concretizzarsi mette in discussione il modello di sviluppo della crescita quantitativa illimitata contribuendo a ridefinire il senso comune dell’agire collettivo in società.
Nella transizione post-fordista una politica pubblica capace di rispondere ad interessi generali, anche delle future generazioni, non si può affidare solo alla globalizzazione del mercato e a parametri puramente finanziari e ha bisogno di consentire e di favorire questa interazione e, come ha affermato Stefano Zamagni, ne abbiamo la necessità “ se vogliamo ricercare i modi per “civilizzare” la competizione, per superare quella visione polemologica del mercato che, a fronte di costi umani e sociali (noi aggiungiamo anche ambientali) insostenibili, non riesce a soddisfare i canoni della stessa razionalità economica.”
Il recupero del tessuto urbano ed il riuso del patrimonio edificato sfitto ed abbandonato, il recupero e la valorizzazione dei beni ambientali e culturali, i lavori di cura, i servizi di riconnessione in comunità aperte dell’atomizzazione sociale delle città e dei loro problemi di sicurezza, la straordinaria sfida cognitiva che vedrà le scuole diventare presidi civili multimediali e non solo formativi, l’uso della telematica sociale come strumento di partecipazione, la riduzione e la flessibilità degli orari di lavoro: è facile riconoscere in questo elenco non solo delle ipotesi per rispondere alla crisi occupazionale ma alcune delle articolazioni concrete delle esperienze del non profit.
Siamo ben oltre la modernizzazione dello stato sociale.
Perché Beni Comuni
come l’acqua non devono trovare nel non profit, nelle sue modalità di
condivisione sociale delle responsabilità, uno del fondamenti di Public Company
come gestione non di una merce ma di un bene scarso?
Se la natura costitutiva del non profit è così carica di senso, se la riconosciamo come una risorsa per la costituzione della nostra società come comunità aperta, occorre che gli interventi legislativi, le modalità di regolazione e le politiche pubbliche siano coerenti e attente a favorirne uno sviluppo libero e differenziato senza esiti precostituiti ed ingessati.
La questione principale è il riconoscimento della rappresentatività e quindi di rappresentanza, a pari dignità, a partire dalla concertazione del “patto per il lavoro”.
Occorre garantire certezza ed autenticità al non profit, con una disciplina della raccolta di fondi a fini benefici, individuando responsabilità, finalità e rendicontazione sulla effettiva destinazione dei contributi.
In collaborazione con gli enti locali oltre all’aspetto formativo vanno definiti supporti in termini di servizi di consulenza: dal project financing per un orientamento ed utilizzo dei finanziamenti europei, agli aspetti amministrativi, commerciali e di comunicazione, in questo senso appare evidente la necessità di mettere in condizione il non profit di cogliere l’opportunità offerta dalle reti telematiche, a partire da quelle locali. e quindi corsi di alfabetizzazione telematica e stanze dell’accesso telematiche.
La spesa pubblica in questa direzione, per altro a bassissima intensità di capitale, è da ritenersi un investimento con inaspettate possibilità moltiplicative.
Ma la spesa pubblica da sola non basta a creare un circuito virtuoso e non assistito, occorre trasformare le fondazioni italiane, una volta dismesse le partecipazioni bancarie e recuperando una effettiva autonoma vocazione (fondazioni da una parte e banche dall’altra) possano trasformarsi in veri e propri imprenditori sociali e culturali con interventi in settori di interesse pubblico e di utilità sociale. Il riconoscimento del non profit come risorsa non solo economica ma sociale, culturale e politica, il riconoscimento della necessità di rispettarne una libera e diversificata evoluzione, devono trovare una coerenza anche sul piano metodologico nella definizione di una legge quadro. Per questo è importante la co-progettazione a suo tempo avviata tra rappresentanze politico/istituzionali ed esperienze non profit.
Qualcuno potrà pensare che questo quadro di proposte sia troppo ambizioso, credo invece che sia all’altezza di una forza ecologista che partecipa al governo per cambiare e non per imbellettare l’attuale modello di sviluppo rassegnandosi a vivere negli interstizi.
Se la natura costitutiva del non profit è così carica di senso, se la riconosciamo come una risorsa per la costituzione della nostra società come comunità aperta, occorre che gli interventi legislativi, le modalità di regolazione e le politiche pubbliche siano coerenti e attente a favorirne uno sviluppo libero e differenziato senza esiti precostituiti ed ingessati.
La questione principale è il riconoscimento della rappresentatività e quindi di rappresentanza, a pari dignità, a partire dalla concertazione del “patto per il lavoro”.
Occorre garantire certezza ed autenticità al non profit, con una disciplina della raccolta di fondi a fini benefici, individuando responsabilità, finalità e rendicontazione sulla effettiva destinazione dei contributi.
In collaborazione con gli enti locali oltre all’aspetto formativo vanno definiti supporti in termini di servizi di consulenza: dal project financing per un orientamento ed utilizzo dei finanziamenti europei, agli aspetti amministrativi, commerciali e di comunicazione, in questo senso appare evidente la necessità di mettere in condizione il non profit di cogliere l’opportunità offerta dalle reti telematiche, a partire da quelle locali. e quindi corsi di alfabetizzazione telematica e stanze dell’accesso telematiche.
La spesa pubblica in questa direzione, per altro a bassissima intensità di capitale, è da ritenersi un investimento con inaspettate possibilità moltiplicative.
Ma la spesa pubblica da sola non basta a creare un circuito virtuoso e non assistito, occorre trasformare le fondazioni italiane, una volta dismesse le partecipazioni bancarie e recuperando una effettiva autonoma vocazione (fondazioni da una parte e banche dall’altra) possano trasformarsi in veri e propri imprenditori sociali e culturali con interventi in settori di interesse pubblico e di utilità sociale. Il riconoscimento del non profit come risorsa non solo economica ma sociale, culturale e politica, il riconoscimento della necessità di rispettarne una libera e diversificata evoluzione, devono trovare una coerenza anche sul piano metodologico nella definizione di una legge quadro. Per questo è importante la co-progettazione a suo tempo avviata tra rappresentanze politico/istituzionali ed esperienze non profit.
Qualcuno potrà pensare che questo quadro di proposte sia troppo ambizioso, credo invece che sia all’altezza di una forza ecologista che partecipa al governo per cambiare e non per imbellettare l’attuale modello di sviluppo rassegnandosi a vivere negli interstizi.
L’ECOLOGISMO
CHE MANCA
Trent’anni
fa dicevamo che non ci saremmo salvati per una coscienza di specie sviluppata a
seguito di una catastrofe irrimediabile ma in virtù di una scelta di valore.
Oggi quella scelta di valore è più diffusa che mai. Gli scaffali dei market ci
mostrano un mercato nel quale la relazione tra domanda e offerta include anche
la sensibilità per gli interessi naturali, quelli sociali e relazionali. Alla
quantità tangibile si affiancano e si sostituiscono la qualità e beni
intangibili, come il paesaggio, la cultura, la relazione spazio-temporale: la
bellezza. La decrescita non si propone come prospettiva penitenziale ma come de-materializzazione.
Il
modello a rete alternativo a quello broadcasting riguarda informazione,
conoscenza, consumi, natura e tipologia dei prodotti. Riguarda la costruzione
di comunità a responsabilità diffusa e condivisa.
Oggi
non è necessaria alcuna suggestione da proporre a tutta la società, oggi è
necessaria un’azione di connessione tra questi nodi della rete, tra questi
stakeholders, tra i diversi piani interessati: istituzioni, associazioni,
imprese.
Non
occorre una metafora suggestiva, occorre la proposta, la definizione, il
riconoscimento, la consapevolezza, della presenza di un blocco sociale
dell’innovazione qualitativa. Questa deve essere la scelta di campo.
Occorre
la sua rappresentanza sul piano della decisione della politica pubblica:
normative, risorse, modelli costituzionali ed istituzionali che consentano una
piena espressione del blocco sociale dell’innovazione qualitativa. Qui le forme
di partecipazione politica esistenti, le loro ragioni sociali autoreferenziali,
le loro modalità di rappresentazione e negoziazione, costituiscono un
prepotente fattore di conservazione. Sono miopi e insofferenti nei confronti di
quelle reti e di quelle comunità come hanno evidenziato i due milioni di firme
per la presentazione del referendum sull’acqua come bene comune e i venticinque
milioni di sostenitori.
L’assunzione
collettiva della responsabilità di definire e praticare una proposta politica
adeguata diventa perciò una condizione necessaria per una sensibilità quanto
mai diffusa. E’ quanto mai prezioso l’incontro tra una serie di persone che
hanno esercitato attività politico-istituzionale accumulando competenze ed esperienze
preziose al fine di dare vita ad una intrapresa, ad una rete che connetta i
tanti nodi, le diverse reti, al fine di prendere la parola, definire azioni e
campagne, proporre un’offerta politica ed elettorale capace di motivare all’azione collettiva le esperienze
dell’innovazione, della sostenibilità, della cittadinanza attiva e capace di dare ai giovani le ragioni per
contendere il futuro, qui ed ora. Qui ed ora dove la loro vita è tutta un quiz,
dove le loro ambizioni sono misurate fuori da ogni verifica psico-attitudinale
dei loro talenti.
Qui
c’è la responsabilità di esercitare una soggettività politica.
Ecco
quindi l'ecologismo proporsi come relazione utile per la definizione di un
equilibrio evolutivo tra differenze.
Non
c'è futuro per un Paese che definisce le sue scelte politico-elettorali nel
nome di una affermazione di identità DX vs SX o nel nome dell'insofferenza per
la dimensione istituzionale o in nome di uno scambio di interessi e favori
personali, quale che sia la dimensione della sua occupazione/spartizione
partitocratica.
Non
c’è alcun bisogno, e alcuno spazio, per nove organizzazioni cattedrali che
contengono tutto, dal sindacato alle banche, dalle assicurazioni alle
associazioni, dalle imprese pubbliche ai nominati negli enti e nei CRAL. Si
tratta di definire e praticare per aggiustamenti successivi delle
organizzazioni capaci di dare servizi di supporto all’azione collettiva e
contenuti, indirizzi, competenze di relazione e di azione che mettano insieme
le ragioni di innovazione, sostenibilità, qualità sociale, bellezza, proprie di
soggetti e settori differenti industriali, professionali, associativi.
NEL
SOGNO HA INIZIO LA RESPONSABILITÀ’
Non
possiamo essere definiti dell'insofferenza, dall'indifferenza o dagli
stereotipi dell'appartenenza.
Non
si esce da questa situazione esercitando il ruolo di osservatori critici e
aspettandone l’implosione istituzionale e sociale. Non se ne esce neanche
allungandone l’agonia con certificazioni
scambiate con briciole della torta consociativa. Non se ne esce accettando il
ruolo di federazione giovanile della partitocrazia, nella quale essere
accreditati da “grandi”. Solo una effettiva discontinuità consente la
costruzione di un patto solidale, dove innovazione, sostenibilità, qualità,
bellezza ed inclusione non siano elementi accessori ma fondanti tanto per la
politica pubblica proposta, quanto per l’architettura politico-costituzionale
Europea e locale. L’inerzia del processo da innescare deve avere una direzione
chiara e una cogenza non relativizzabile.
I
dirigenti adeguati a questa sfida sono quelli capaci di connettere i nodi delle
reti dei portatori di interessi, di competenze, di esperienze, dei diversi
settori imprenditoriali, accademici, associativi, istituzionali. Sono quelli
capaci di dare una forma propositiva ai bisogni di queste reti, quelli capaci
di attivare una opinione pubblica avvertita, capaci di impegnare le agende
istituzionali con le proprie proposte/azioni.
Chi
pensa che la capacità di un dirigente sia quella della relazione con i
salotti/presìdi della spartizione/scambio consociativi è fuori luogo.
Una
tale capacità può essere utile a chi la esercita ma non risponde alle domande
di novità e discontinuità. Piuttosto confermano la diffidenza e il distacco
verso l’impegno politico in coloro che le esprimono.
Invece
è quella diffidenza che occorre coinvolgere nell’assunzione di responsabilità.
AGIRE
E PENSARE LOCALMENTE E GLOBALMENTE NELLO SPAZIO PUBBLICO ESTESO: ESSERE GLOCALI
Innovazione,
qualità, sostenibilità,bellezza, conoscenza, costituiscono il circolo virtuoso
per la produzione di valore "glocalizzata". È il paradigma autopoietico
della collaborazione a rete/in rete ad avere l'efficacia per rispondere alle
sfide ambientali, economiche e alle domande di senso della condizione
istituzionale, locale e globale.
Noi
prefiguriamo scenari inediti entro i quali si possa esprimere l'efficacia
sociale-economica-ambientale delle esperienze imprenditoriali-sociali-culturali
legate alla ricerca, alla innovazione, alla qualità, alla sostenibilità,
all'intrapresa, alla cittadinanza attiva informata e consapevole.
Una
relazione piena con il presente, perciò una relazione politica nel nostro
contesto "glocale": l'Europa come continente/nazione e l'Italia come
stato/rete del nuovo urbanesimo.
Gli
sviluppi tenico-scientifici e la definizione di un nuovo equilibrio
internazionale pongono questioni ineludibili alla relazione corpo-mente-natura.
C’è una realtà informazionale che trova nella potenza di calcolo digitale e
nella sua pervasività, potenzialità importanti per la qualità del vivere
sociale, dalla domotica all’infomobilità, dall’insegnamento a distanza alla
telemedicina, dalla de-materializzazione alla condivisione della conoscenza. Ci
sono altre potenzialità problematiche per la libertà e la dignità di ognuno:
dal fine vita all’inseminazione per generarla la vita, dalla tracciabilità dei
nostri consumi/costumi/orientamenti/patologie con la conseguente profilazione
politica/religiosa/consumeristica. Su Fukushima la TELCO ha omesso informazioni
e non c’è alcuna agenzia ONU che possa pretenderle mentre è Wikileaks che
rivela l’azione privatistica o in outsourcing della schedatura del mondo. La
definizione di diritti e doveri nella realtà informazionale diventa centrale
per ogni cittadino, per ogni proposta politica.
Oggi
gli effetti dei mutamenti climatici, dei tragici flussi migratori, dei
conflitti per le energie in via di esaurimento e per risorse come l'acqua,
rendono quanto mai evidenti i limiti del modello di sviluppo che caratterizza la
globalizzazione.
Dai
campi, alle industrie, alle banche, ora sono evidenti i limiti di un modello di
sviluppo legato ad una crescita quantitativa illimitata, in una condizione di
scarsità di risorse, quanto la sua trasposizione virtuale nella dimensione
finanziaria, nei suoi valori nominali e nelle sue bolle speculative.
È
quanto mai necessario ritrovare un rapporto armonico tra la sfera
antropologica, con le sue accelerazioni scientifiche e tecnologiche, e la sfera
biologica, con i suoi cicli e i suoi tempi, direttamente interessata da quelle
accelerazioni: dalle sequenze geniche, alla nascita, al fine vita. Ritrovare un
dialogo tra sapere scientifico e sapienza esperienziale per capire i cicli
naturali del vivente e potersi relazionare al meglio con loro. Questa è la
peculiarità cognitiva dell'animale umano, oltre ogni pretesa di hybris
antropocentrica da apprendisti stregoni.
Fuori
da ogni riduzionismo simbolico l’ecologismo va proposto e praticato nella
pienezza delle sue relazioni culturali, sociali, ambientali, economiche,
antropologiche, urbanistiche, tecnologiche, religiose e scientifiche.
Per
questo una proposta ecologista innovativa inizia dal praticare modalità di
partecipazione, azione, decisione politiche che vorrebbe che ci fossero.
In
uno spazio pubblico che si è enormemente esteso grazie alla rete digitale è
evidente la possibilità di usare la sua natura disintermediata non per proporre
derive personalistico-plebiscitarie ma piattaforme di partecipazione,
confronto, elaborazione che non sono sostitutive dell’incontro bensì
propedeutiche ad una partecipazione informata. Nella campagna del Patto Civico
con Ambrosoli abbiamo usato Liquid Feedback come piattaforma per il programma
con risultati eccellenti sia per la qualità delle proposte sia per la quantità
dei partecipanti.
La
rete digitale così non è uno spazio virtuale, piuttosto fa della viralità uno
dei suoi punti di forza. Non ci interessa costruire una cattedrale e tante
chiese ma una rete di ponti che uniscono un arcipelago di esperienze legate da
costumi e consumi, da inquietudini e ricerca curiosa.
UN
MOVIMENTO PER IL CAMBIAMENTO SI COSTRUISCE NON SI GENERA
Questo
lavoro di connessione è in sé progetto e condizione per la definizione del progetto/proposta
politico-elettorale. Esso richiede la verifica e definizione di una visione
comune, una convergenza di obiettivi e di azioni in una agenda glocal condivisa
(Europa, Città Metropolitane, Reti di Città). Un movimento di cambiamento
politico-sociale-culturale è tale quando la sua massa critica produce una
consapevolezza di sé come proposta per tutta la società. Ecco perché le
piattaforme digitali e l’uso significante dei social network diventano
importanti per rendere visibili e possibili gli incontri nelle piazze, nelle
sale pubbliche, nei circoli e nelle associazioni ecc.
Una
matrice aperta con un senso definito, alimentata da un insieme solidale di
persone, capace di tessere connessioni, produrre azioni, dare una
consapevolezza collettiva. Questo è ciò che occorre, qualsiasi evento inaspettato
o meno, di carattere elettorale o di forzatura costituzionale cui reagire ci
troverà in grado di agire in modo adeguato.
I
SETTORI/NODI/RETI DA COINVOLGERE
--Educazione/Formazione/Ricerca --Trasporto pubblico/Reti Ferroviarie
–Economia della Conoscenza/Reti Digitali --Filiera AgroAlimentare/Dal Campo al Piatto
– Energia/Abitare/Rifiuti – Cultura/Paesaggio – Cittadinanza Attiva/Partecipazione
Informata –Città Metropolitane
Partecipate/Reti Urbane -Il Diritto ad
avere Diritti
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