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domenica 28 luglio 2019

Milano-Italia, scali ex FS: a che punto siamo?

L'Accordo di programma relativo all’impiego e alla destinazione delle aree degli ex-Scali ferroviari milanesi di oltre 1.250.000 mq sui 4 mln in Italia, è fonte di sconcerto per tutti coloro che hanno a cuore la salvaguardia dei beni comuni la tutela degli interessi della collettività.
Un Accordo di programma, che interessa Milano e i 133 Comuni della Città Metropolitana, in violazione della normativa vigente, vede la presenza di un Fondo di investimento estero, scelto altresì senza alcuna evidenza pubblica, mentre non ne fa parte la Città Metropolitana milanese, in relazione radiale con la città di Milano, con la quale dovrebbe collaborare per i problemi complessi che la caratterizzano.
Dopo esserci costituiti come associazione e aver tentato, invano, di esporre le nostre ragioni nell'Udienza Pubblica attivata in Consiglio Comunale e con una lettera aperta, senza risposta, firmata da decine di professionisti e accademici, a Sindaco e Presidente Regionale, siamo stati costretti ad esprimere il nostro dissenso nell’unico modo consentito dalla legge: due ricorsi davanti al Tribunale amministrativo della Lombardia e una serie di denunce e di esposti presentati alle diverse Autorità competenti.
Azioni difensive per prevenire e contrastare il verificarsi di danni certi e molto gravi, ma il nostro intendimento, come esponenti della cittadinanza attiva, è quello di offrire la nostra collaborazione per risolvere in modo razionale ed equilibrato gli importanti problemi che riguardano la città di Milano. Per questo abbiamo dato appuntamento ai cittadini, alla giunta e ai consiglieri, in un incontro affollato tenutosi a Palazzo Marino il 3 luglio, ospiti della Presidente della Commissione Partecipazione.
Come sperimentato in altri Paesi europei, la riqualificazione degli ex Scali ferroviari milanesi non deve costituire solo un progetto urbanistico o di valorizzazione immobiliare, si calcolano 2,5 miliardi per soli 50 milioni per il Comune, ma deve rappresentare soprattutto un’occasione per contribuire a disegnare una strategia di sviluppo economico e sociale offrendo una risposta innovativa ai nuovi bisogni quantitativi e qualitativi dei cittadini di Milano, della città metropolitana e dell’intera Regione Lombardia.
Per questo il progetto non può che essere di iniziativa pubblica e sottoposto a metodi di evidenza pubblica. Se, infatti, il perseguimento esclusivo di un interesse particolare (quello della proprietà) può portare alla contaminazione e financo alla distruzione del territorio nel suo insieme, l’assunzione di un punto di vista di interesse pubblico mira a individuare una sintesi, capace di supportare sia la funzione di regolazione diretta (command and control) che quella di impulso e direzione dello sviluppo.
Il che esige una forte regia pubblica, spinta da un’idea condivisa di sviluppo del territorio e delle sue potenzialità (economiche, culturali, ambientali, turistiche, etc.) e la messa in campo di tutto lo strumentario sperimentato e collaudato anche all’estero negli ultimi 50 anni per i grandi interventi di riqualificazione e rilancio delle città e dei territori.
Le aree ferroviarie, parte del demanio ferroviario e statale, sono state espropriate e acquisite dallo Stato per motivi di pubblica utilità. Se ora non sono più funzionali allo scopo per il quale sono state espropriate, vanno restituite allo Stato che provvederà ad una loro nuova destinazione e ad una nuova funzione, come è avvenuto per il demanio militare e penitenziario, con il trasferimento dei beni ai Comuni, alle Province e alle Regioni. 
Di fatto, le aree ex ferroviarie sono un “bene comune”, che ha un elevato valore economico in una prospettiva di medio periodo per il sistema economico-sociale-territoriale della città e della regione, diverso dal valore di bilancio, che un “bene privato” potrebbe avere nell’immediato per il rispettivo proprietario.
La riqualificazione delle aree ferroviarie abbandonate deve quindi mirare a creare “valore aggiunto” per i cittadini e non “valore finanziario” per gli azionisti che formalmente le posseggono.
Diversamente da quanto auspicato, l’Accordo di programma persegue un obiettivo che rappresenta una privatizzazione surrettizia di un bene pubblico da parte di un’impresa privata. 
L'associazione Lombardia Sostenibile, parte della società civile, ha proposto il modello della partecipazione informata analogo al débat publique francese e una consultazione popolare dei cittadini nei Municipi delle singole aree interessate “seria”, cioè correttamente informata e capace di riflettersi sulle scelte dell’amministrazione. La fretta è stata però cattiva consigliera con un metodo di intervento a “mano libera sulla città” estraneo alle tradizioni civiche milanesi, in contrasto con il principio della concorrenza e della partecipazione democratica, dato che impedisce l’attività di molti altri operatori privati e non assicura la partecipazione dei cittadini nella definizione della strategia generale di sviluppo e delle scelte operative, urbanistiche e industriali, nelle singole aree che di fatto verrebbero lasciate alle decisioni di un’impresa privata. Che infatti le ha accennate nella presentazione del Masterplan a Palazzo Marino, con il Consiglio Comunale esautorato dopo l'approvazione dell'ADP. 
Non c’è un solo caso di città europea che abbia adottato il modello milanese dell’Accordo di programma, secondo il quale chi conduce l’operazione è, in effetti, una società controllata da FS. In nome di chi? In sostituzione di chi? Nell’interesse di chi?
A metà del secolo il 70% della popolazione mondiale vivrà in centri urbani.
Le informazioni unilaterali possono essere proposte come un processo partecipato di confronto adeguato alla straordinaria sfida e opportunità di rigenerazione degli ex scali?

Per dare la possibilità di partecipazione pubblica e trasparenza Lombardia Sostenibile ha presentato, quindi, una serie di ricorsi ed esposti, uno dei quali avrà la prima udienza al TAR della Lombardia il 15 ottobre. Per sostenere le spese legali e di comunicazione c’è bisogno di tutti i cittadini che non rinunciano e contribuiscono al crowdfunding  sulla piattaforma 'produzioni dal basso  http://sostieni.link/21939  così da rendicontare il bilancio  pubblicamente. 

mercoledì 10 luglio 2019

Pensieri per le vacanze


C'è una gran parte dei cittadini di cultura democratica che vive una situazione di straniamento, degli afasici e disadattati del contesto politico della globalizzazione digitalizzata. Con Bolsonaro, Trump, Orban, Salvini, i suoi alleati stellati con le semplificazioni eterodirette dall'algoritmo semantico e ora vedremo in Grecia con Mitsotakis, l'istituto della democrazia vive una crisi evidente. A partire dalla dimensione italiana, è illusorio pensare che a fronte del consenso a sovranisti e populisti, con il 50% degli elettori che diserta le urne, sia sufficiente ridefinire l'offerta in luogo di riflettere sulla natura del mercato elettorale/istituzionale che si è venuto a determinare. Si tratta di una illusione che riflette una autoreferenzialità e una mancanza di empatia sociale. Il fatto che il segretario del principale partito democratico pensi che sia sufficiente rilanciare la modalità coalizionale con la disponibilità dei cespugli da' la misura dei limiti della direzione politica. La rigenerazione di un campo democratico è quanto mai necessaria ma non conosce scorciatoie da operazioni di marketing. Quella cui allude il sindaco di Milano è la più raffinata, ma non per questo la più adeguata a rovesciare una inerzia culturale che riversa paure, preoccupazioni e insicurezza nel rancore elettorale. Beppe Sala nell'intervista all'espresso la presenta così: "O il PD riesce a cambiare rapidamente pelle e a presentarsi come un partito più moderno che affronta seriamente i temi più sensibili, dall'ambiente alla giustizia sociale, oppure ci penserà qualcun altro" e ancora: "Dobbiamo riportare gli astensionisti alle urne e parlare ai delusi del M5S". Lucido ed ineccepibile,  ma con quale progetto politico?Sono due le chiavi da utilizzare per uscire dalle strettoie della deriva finanziaria dell'economia e dalla tribalità populista e sovranista: un cambio di paradigma nel modello di sviluppo, per indirizzarlo ad essere sostenibile e socialmente inclusivo; il pieno inveramento della Costituzione democratica, con la partecipazione informata dei cittadini al processo deliberativo e l'estensione dell'esercizio della Cittadinanza Attiva.

L'operazione politica ipotizzata da Sala risponde a questi requisiti?
La politica amministrativa della città di Milano, proposta come brand di un'oasi democratica, quasi una meravigliosa anomalia, non segna alcuna discontinuità, se non in efficientismo decisionale, da quella nazionale relativa all'ILVA o alla TAP o alla TAV. È emblematico il caso degli ex scali FS e del relativo Accordo di Programma, per la natura degli spazi interessati, per la sua dimensione, per la collocazione ed infrastrutturazione e per le implicazioni nello spazio e nel tempo delle funzioni lì allocate. Qui, in luogo dell'esercizio pieno di una soggettività politica, capace di visione dentro il contesto metropolitano, la funzione dell'amministrazione è stata quella di facilitazione e semplificazione per le operazioni dei fondi di investimento internazionali, con potenziali bolle incluse. Per consentire una partecipazione informata, anche dei comuni metropolitani, il progetto non può che essere di iniziativa pubblica e sottoposto a metodi di evidenza pubblica. Il perseguimento esclusivo di un interesse particolare (quello della proprietà) può portare alla contaminazione e financo alla distruzione del territorio nel suo insieme, l’assunzione di un punto di vista di interesse pubblico deve individuare una sintesi, capace di supportare sia la funzione di regolazione diretta (command and control) che quella di impulso e direzione dello sviluppo. Una regia pubblica, con un’idea condivisa di sviluppo del territorio e delle sue potenzialità (economiche, culturali, ambientali, turistiche, etc.). Con l'attivazione dello strumentario sperimentato e collaudato anche all’estero negli ultimi 50 anni per i grandi interventi di riqualificazione e rilancio delle città e dei territori. Se Greta e i suoi coetanei ci chiedono conto del deterioramento delle condizioni della Terra, che ci hanno dato in prestito, ed esigono tempestività e concretezza per gli impegni assunti o proclamati, qui a Milano non ci siamo. L'estensione Milano-Italia non può essere l'ennesima operazione di marketing ma richiede un progetto politico che non consideri l'esercizio partecipato della democrazia, a partire dalla legge elettorale per arrivare ai corpi intermedi come le organizzazioni dei lavoratori, delle zavorre. Il progetto politico per la ricostituzione del campo democratico non può avere come blocco sociale di riferimento i manager e gli interessi dei fondi finanziari internazionali e i nominati nelle società partecipate, occorre riconoscere una cittadinanza politica più ampia, da non coinvolgere solo con la socialità delle primarie ma con modalità, anche digitali, di partecipazione alla definizione delle proposte e alla indicazione dei dirigenti e dei candidati vari. Un campo federativo popolare. È indicativo che la rete di competenze che a Milano ha dato vita al caparbio esercizio della cittadinanza attiva, dai referendum, all'Udienza Pubblica sugli ex scali, ai ricorsi e alla Lista Civica in Consiglio Metropolitano, sia vissuta come un fastidio come un elemento di disturbo. Questo sia dagli antagonisti che aspirano all'opposizione, sia in coloro che chiedono di fare argine alla deriva populista. Nel commentare la sentenza, che lo ha riguardato nell'incarico Expo, Sala ha detto che essa "allontanerà tanta gente per bene dall'occuparsi della cosa pubblica" cioè da incarichi e nomine, per cui il 'lasciateci lavorare' di Berlusconiana memoria. Occorre osare di più, occorre ciò che Alex Langer proponeva con il 'Solve et coagula', qualcosa che si era affacciato con successo nel '96 e che ci si è affrettati a ricondurre al blocco sociale dei funzionari e dei nominati. A metà secolo il 70% della popolazione mondiale sarà inurbata, Greta e i suoi fratelli chiedono il conto, speriamo che non si rassegnino e ci permettano così di non essere apolidi in casa democratica.

lunedì 1 luglio 2019

Diamoci una mossa il futuro è adesso

Per salvare gli ex scali FS ci vogliono testa, cuore e mano al portafoglio. Diamoci una mossa ;) Il 3 alle 17,30 a Palazzo Marino le ragioni della campagna per salvare un bene pubblico: http://sostieni.link/21939