Governance di internet, tutti si muovono tranne noi
Basta con i poteri attribuiti ad Agcom: governo e parlamento riprendano un’azione da protagonisti
Il 25mo compleanno del World Wide Web è stato celebrato il 23 e 24 aprile scorso, in Brasile, con il Net Mundial-Global Multistakeholder Meeting on the future of Internet Governance. 1229 partecipanti da 96 paesi, con 77 delegazioni governative. Dopo aver ospitato nel 2007 l’Igf dell’Onu, il forum aperto alla società civile sulla governance di internet che è seguito alle due sessioni del summit mondiale Wsis di Ginevra 2004 e Tunisi 2005. L’appuntamento di San Paolo testimonia del protagonismo del Brasile nello spazio pubblico esteso del villaggio globale, quale è la rete digitale.
I temi al centro del confronto sono i temi cruciali già evidenziati nella risoluzione finale del Wsis a Tunisi ma definiti con la consapevolezza delle implicazioni che la tracciabilità e la profilazione delle identità in rete hanno sull’esercizio della libertà di espressione e di indipendenza. Dopo le rivelazioni di Snowden sull’azione sistematica di spionaggio della Nsa statunitense è toccato a una delle persone spiate, la presidente Dilma Rousseff, aprire l’incontro sui principi della governance di internet e sulla roadmap per l’evoluzione futura dell’ecosistema della governance di internet.
Il Brasile esercita un protagonismo autorevole avendo costruito la propria reputazione con azioni di inclusione digitale, a partire dai Puentos de Cultura presenti anche in Amazzonia, fino ad arrivare alla valorizzazione costituzionale e normativa, attraverso l’azione multistakeholder del Comitato di gestione di Internet, con l’approvazione dei “Principi per la governance e l’uso di internet in Brasile” .
Non stupisce quindi il commento di Virgilio Almeida, ministro brasiliano per la Scienza-Tecnologia-Innovazione, alla proposta avanzata da Cina, Russia, Tajikistan e Uzbekistan per la definizione di un Codice di condotta per internet da definire in sede Onu: «La maggioranza dei partecipanti a questa conferenza vuole un modello multistakeholder per internet. La Cina vuole un trattato interno alle Nazioni unite, ma lì sono rappresentati solo i governi». Appunto, proprio l’Onu ha promosso un processo partecipato e aperto, che vede diversi livelli di definizione. C’è l’azione, anche costituzionale, dei governi, come Brasile e Finlandia, delle Corporation, dell’Unione europea con le risoluzioni parlamentari e del Consiglio d’Europa. Così come ci sono i controlli e la censura in Cina o quelli tentati in Turchia.
Un processo contraddittorio e sfaccettato come quello della politica nella globalizzazione, altroché virtualità della rete. I 27 membri del Comitatomultistakeholder del Net mundial, 12 stati, tra cui India e Stati Uniti, dall’Europa Francia e Germania, 3 della società civile, 3 per il settore privato, 3 per l’accademia, 3 per la comunità tecnologica, hanno vagliato e discusso i 188 contributi, da 46 paesi, alla bozza messa online, da febbraio, per le raccomandazioni finali. Tra loro Tim Berners Lee, il padre del web, Vint Cerf, vice presidente di Google, le agenzie Onu Itu e Desa, Icann e la Commissione europea.
Accessibilità, neutralità della rete, trasparenza, inclusività, partecipazione, competizione e scelte dei consumatori, collaborazione, rendicontazione, apertura. Queste alcune delle raccomandazioni finali. In particolare è stata focalizzata la relazione tra libertà di espressione e di organizzazione e le garanzie di privacy rispetto alla arbitraria sorveglianza di massa con la raccolta indefinita di dati personali. Per questo si chiede che il Consiglio dei diritti umani e gli Internet governance forum dell’Onu mettano la questione al centro del confronto globale.
La consapevolezza della necessità di dare corpo alle raccomandazioni è diventata stringente a partire dalle evoluzioni annunciate dagli Stati Uniti per le funzioni della Iana e per l’internazionalizzazione dell’Icann, attraverso meccanismi trasparenti di rendicontazione che mantengano le modalitàbottom up di partecipazione aperta, assicurando la stabilità e la resilienza di Internet. Per fare ciò è desiderabile discutere l’adeguata relazione tra le azioni politiche e gli aspetti concretamente operazionali.
Si chiede che tutte le organizzazioni internazionali che hanno responsabilità nell’ecosistema della governance di internet sviluppino principi di trasparenza, rendicontazione e inclusività. Preparando rapporti periodici, pubblicamente disponibili, sulla loro implementazione. Si raccomanda che i principi condivisi per la governance di internet siano interni a tutti i confronti delle differenti organizzazioni a tutti i livelli, a partire dal Wsis+10 e dagli Igf dell’Onu. Per consentire comparazioni e valutazioni efficaci si propone l’attivazione di un sistema di benchmarking con i relativi indicatori dell’applicazione dei principi per la governance di internet.
L’Italia ha avuto un ruolo attivo di stimolo e suggestione a partire dalla seconda sessione del summit dell’Onu sulla Società dell’informazione-Wsis a Tunisi con la proposta di una Carta dei diritti della rete e con la promozione a Roma dell’incontro internazionale sui diritti e la rete, con 70 delegazioni governative e quindi all’Igf di Rio, dove firmò una specifica dichiarazione congiunta sui principi di internet con il governo brasiliano e ha contribuito a costituire la Coalizione dinamica per i diritti e i principi di internet dell’Igf-Onu.
La Commissione per le libertà civili del parlamento europeo ha proposto al parlamento europeo una risoluzione, poi approvata, che invitava il Consiglio a «esortare tutti gli attori di internet a impegnarsi nel processo in corso della “Carta dei diritti di Internet”, che si basa sui diritti fondamentali esistenti, promuove il loro rispetto e incoraggia il riconoscimento dei principi emergenti; al riguardo, un ruolo di primo piano incombe alla coalizione dinamica sulla Carta dei diritti di internet».
Il Brasile ha poi avviato il percorso di modifica costituzionale mentre il governo Berlusconi metteva fine all’azione internazionale della commissione presieduta da Stefano Rodotà e ignorava la sua proposta di integrazione dell’art. 21 della Costituzione «Tutti hanno eguale diritto di accedere alla rete internet, in condizione di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale».
Oggi in un rimbalzo schizofrenico siamo relegati ad osservatori con l’attribuzione ad Agcom di poteri di regolamentazione, inquisizione e sanzione, che normalmente hanno il parlamento e la magistratura, nulla vieta al governo Renzi e al parlamento di riprendere un’azione protagonista per la quale la nostra reputazione sugli indirizzi di governance per la rete è meritata e solo sbiadita.
*Green Italia
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