Arcipelago Milano
10 settembre 2020
IL PROBLEMA NON È SOSTENERE LA RICANDIDATURA DI SALA
Considerazioni per le prossime “comunali”
Può la città di Milano, con il suo tessuto metropolitano, legare la sua direzione amministrativa e la sua guida alle scelte professionali del sindaco uscente? Scelte più che legittime ma personali. Può la comunità milanese decidere la modifica della rappresentanza parlamentare in relazione alle esigenze contingenti di un partito e del suo segretario? Esigenze comprensibili di carattere tattico ma che non c’entrano nulla con la Costituzione, con la qualità della rappresentanza, con la crisi in atto del modello di sviluppo vigente. Eppure è di qualità della politica pubblica e della adeguatezza della proposta politica del/per il campo democratico, a livello locale e globale, che sarebbe necessario parlare. La questione referendaria imminente e l’appuntamento elettorale milanese del 2021 sono intimamente legati.
Si tratta della natura della nostra democrazia repubblicana: la soggettività politica pubblica legata agli interessi generali, alla partecipazione informata al processo deliberativo, alle prerogative efficaci per l’esercizio della cittadinanza attiva, alla qualità e ai poteri della rappresentanza o, in alternativa, relativizzazione delle assemblee elettive, delle amministrazioni locali, degli istituti di partecipazione, con la loro riduzione a una funzione di ratifica di decisioni prese e avocate centralmente, con le politiche pubbliche esercitate delle società partecipate nazionali e locali, nonché dalle Corporation globali del digitale.
Questa è la questione in campo, dal Brasile agli States, dall’Ungheria alla Turchia, dalla Polonia all’Italia, ma non è su questo cambio di natura della democrazia che siamo chiamati a discutere, confrontarci e a decidere.
Si tratta di un processo in atto da decenni che ha visto la politica italiana svolgere una funzione attuativa consociativa, che Salvini sia al governo o all’opposizione.
È la non partecipazione al voto, o quello ‘vaffà’, che richiedono la riflessione e la proposta, non il richiamo al fronte comune contro il centrodestra.
A Milano tutto ciò spiega il disagio di una cultura riformista, radicale ed ecologista, che ha informato di sé un’opinione pubblica avvertita che ha espresso, lungo i decenni, indirizzi politici, proposte referendarie e reiterata rappresentanza nel Consiglio Metropolitano, che ai cittadini non è permesso eleggere. Proposte cui i cittadini hanno espresso pieno consenso, confermato anche nelle richieste al comune rese pubbliche dall’amministrazione due mesi fa: una città sostenibile, con l’innovazione funzione della qualità sociale.
Tutto ciò non trova risposte nelle strategie di fondi immobiliari che risiedono nei paradisi fiscali, cui si assegna la decisione sul futuro della città, dagli scali ex FS allo stadio e al quartiere di San Siro. Ai cittadini è chiesto di essere spettatori plaudenti, ma una parte della città rifiuta questo ruolo e la sua funzionalità con il Modello Milano in atto. Il problema non è sostenere la ricandidatura di Sala o no, man che meno assecondare i tatticismi e gli scambi degli oppositori vocazionali. Ciò che è necessario è definire in modo partecipato e condiviso una visione articolata per l’identità, il ruolo e la funzione, di Milano città metropolitana nella dimensione glocale e nella gestione dell’opportunità Recovery Fund. Ci vuole empatia verso la propria comunità di territorio per sentire la città, per ascoltare la città, per amare Milano.
Abbiamo tre esigenze nel mettere in discussione il Modello Milano:
– inscrivere Milano dentro il contesto metropolitano, quale nodo di relazione e di passaggio della definizione delle politiche economiche e territoriali della globalizzazione;
– analizzare la natura e gli attori, protagonisti e caratteristi, del Modello Milano;
– proporre uno sguardo e una visione per una metropoli generativa di innovazione, vivibile, socialmente accessibile, ambientalmente sostenibile, partecipata da una cittadinanza attiva e informata.
Il tutto con elementi di analisi circostanziati e indirizzi chiari e inequivocabili.
La prima questione è preliminare, non riguarda la sola area metropolitana milanese e può coinvolgere anche competenze che vivono in altri contesti. Essendo Milano uno dei nodi globali del sistema finanziario e immobiliare, l’analisi e la decodifica del ‘Modello’ e la forma del confronto che attiveremo diverranno un riferimento.
L’autorevolezza di Arcipelago Milano, per alcuni scomoda come un grillo parlante, per migliaia un efficace sguardo oltre ogni possibile apparenza, può trovare nell’attivazione multifunzionale di più piattaforme la condensazione di una mappa per un urbanesimo desiderabile. Tutto ciò connettendo altre esperienze giornalistiche/culturali/sociali. Stabilizzare così un format darebbe a quell’autorevolezza una cogenza, di valutazione e di partecipazione, immediatamente politica. Questo sia per la massa critica ‘pensante e proponente’ attivata come comunità, che per il numero di persone che possono seguire e partecipare attraverso le differenti modalità consentite dalle piattaforme attivate.La seconda questione è cruciale per capire con chi e con quali pratiche abbiamo a che fare. Gli editoriali di Luca Beltrami Gadola sono illuminanti, come lo è l’inchiesta dell’Espresso o la puntata RAI di Report su Olimpiadi ed Ex Scali FS.
La terza richiede di condividere alcuni concetti:
– quello delle reti, con la loro bidirezionalità, siano quelle idriche/idrauliche, siano quelle delle infrastrutture per i trasporti, di persone/merci/informazioni/energia;
– quello della circolarità e dei suoi equilibri;
– quello delle filiere e delle loro relazioni qualitative e spazio/temporali;
– quello del quadro riassuntivo per un territorio abilitante per l’innovazione qualitativa e la cittadinanza consapevole. Cioè un Sistema Territoriale Qualitativo: qualità ambientale, qualità abitativa, qualità dei servizi, qualità delle infrastrutture, qualità culturale, qualità della ricerca, qualità sociale, qualità della democrazia.
Senza dimenticare, nel trattare la seconda e la terza questione, il ruolo e le funzioni delle Società Partecipate: cosa sono diventate, come sono gestite e per quale missione; come dovrebbero essere per il modello sostenibile e partecipato di cui vogliamo essere protagonisti.
Così com’è necessario analizzare, valutare e modificare, gli istituti di partecipazione perché siano effettivi ed efficaci, ciò vale tanto per i Municipi quanto per l’esercizio della Cittadinanza Attiva. Non è accettabile che degli incontri informativi, organizzati dall’Amministrazione Comunale affinché le imprese illustrino la (loro) riorganizzazione di parti della città, vengano spacciati per ‘débat public’. Occorrono procedure e luoghi che rendano effettiva la partecipazione informata ai processi deliberativi.
Il caso del comitato dei cittadini di San Siro, così come quello sul ricorso per gli ex Scali FS, hanno evidenziato l’efficacia qualitativa della connessione dell’intelligenza diffusa presente a Milano.
Sarà la tessitura di una visione comune metropolitana a costituire il terreno di confronto per il campo democratico in vista delle prossime amministrative, non lo spauracchio Salvini né le differenziazioni simboliche da marketing elettorale.
Che ne pensate?
Fiorello Cortiana