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giovedì 3 febbraio 2022

Cosa ci insegna la rielezione di Mattarella

 

Lo spettacolo offerto dai partiti politici e dai Grandi Elettori è stato mortificante e la rielezione, per necessità e per disperazione, di Sergio Mattarella non può essere spacciata per virtuosa prova della coalizione che esprime il Governo Draghi.
Chi porta a giustificazione del ballo delle autoreferenzialità messo in scena, l’elezione di Giovanni  Leone, eletto nel 1972 alla 23ma votazione, o quella di Sandro Pertini nel 1978, eletto alla 16ma votazione dimentica di correlare questi dati al contesto partecipativo e di relazione con le istituzioni di allora. La Democrazia Cristiana nel 1976 aveva 1.365.187 iscritti e nel 1979 1.384.148, il Partico Comunista Italiano nel 1976 aveva 1.814.262 iscritti e nel 1979 1.761.297, il Partito Socialista Italiano nel 1976 aveva 509.388 iscritti e nel 1979 472.544. Gli italiani erano 55.588.966 nel 1976 e 56.247.017 nel 1979, cresciuti fino a 59.258.000 nel 2021 quando Fratelli d’Italia aveva 130.000 iscritti e la Lega 100.000. il Partito Democratico, che nel 2019 aveva 412.675 iscritti, si è dato con Letta l’obiettivo di 500.000.  Alle elezioni politiche del 1976 l’affluenza fu del 93,4%, in quelle del 2018 è scesa al 72,93 %. Venti punti in quarant’anni, con la più bassa affluenza elettorale nella storia repubblicana italiana dal 1948.  E’ evidente che il confronto tra ora e allora nel rapporto tra popolazione, votanti e iscritti ai tre principali partiti popolari, risulta impietoso, ma tant’è. Le cose vanno anche peggio nelle elezioni amministrative, che dovrebbero vedere una maggiore prossimità, tra amministrazione, candidati e cittadini. A Milano, città della Liberazione dal nazifascismo, la designazione di Giuliano Pisapia e di Letizia Moratti come sfidanti al ballottaggio ha visto una affluenza alle  elezioni  amministrative  2011 del 67,6%, scesa al  47,72% alla riconferma al primo turno di Beppe Sala. 20 punti in dieci anni.
Continuare a spacciare questi dati come segno di una modernità acquisita è strabismo politico. Guardiamo i dati negli States, considerandoli un indicatore dei comportamenti della società di massa che poi attraversano il mondo. Vediamo che, con una popolazione di 323.100.000 nel 2016, 62.984.828 votarono Donald Trump e 65.853.514 Hillary Clinton, con una affluenza del 55,7%.  Nel 2020 la popolazione degli Stati Uniti d’America era di 329.500.000  e alle elezioni 81.268.924 votò Joe Biden e 74.216.154 per Trump, con una affluenza del 66,7%, 12 punti in più in quattro anni. Alla luce del braccio di ferro interno alle forze armate durante le 24 ore di Capitol Hill, nel quale hanno prevalso i fedeli alla Costituzione, appare ancor più significativo che Trump ha perso prendendo 11 milioni di voti in più di quelli con i quali aveva battuto Hillary Clinton quattro anni prima. Quindi è ancor più preoccupante, e ci riguarda, il protrarsi dell’azione eversiva di Trump e di gran parte dei repubblicani. Guardiamo vicino a noi, in uno stato europeo che quasi cinquant’anni fa, grazie alla Rivoluzione dei Garofani guidata da Otelo de Carvalho e dai militari, il 25 aprile 1974 fu deposto il dittatore Marcello Caetano e prese il via la democrazia e l’abbandono del secolare colonialismo lusitano. In Portogallo il premier socialista Costa dopo il risultato delle elezioni del gennaio 2022 ha dichiarato che “Una maggioranza assoluta non è il potere assoluto, ma uno accresciuto”. Non si tratta solo della riaffermazione di una cultura democratica ma di un richiamo a tutta la politica perché l’estrema destra è passata da uno a tredici deputati. Nessuno può quindi nascondere dietro la rielezione di Sergio Mattarella una crisi evidente dell’Istituto della Democrazia che interessa i paesi atlantici che l’hanno conosciuta. La narrazione semplificata ‘Contro il Palazzo,Contro le Istituzioni’, che segna la deriva democratica che qui stiamo vivendo, viene da lontano, dalla occupazione da parte della partitocrazia di ogni articolazione istituzionale, in una conferma di autoreferenzialità sottratta a qualsiasi rendicontazione, attraverso le leggi elettorali che si sono susseguite insieme all’aumento del debito pubblico. Mettiamo in fila il prodotto di tanta dissolutezza. Molti ricordano il 18 novembre 2007, domenica, ore 18 a Milano, piazza San Babila, Berlusconi sale sul predellino di un’auto, niente camicia e cravatta ma un costume adatto alla commedia: la giacca sopra un maglioncino girocollo. Arringa la calca «Oggi nasce ufficialmente un nuovo grande partito del popolo delle libertà: il partito del popolo italiano. Anche Forza Italia si scioglierà in questo movimento. Invitiamo tutti a venire con noi contro i parrucconi della politica in un nuovo grande partito del popolo». 5Stelle, Salvini e il Papete, di quale populismo parliamo? Non c’è gara, il discorso del popolo contro i parrucconi della politica è del 2007, ma la discesa in campo a reti unificate, con video pre-registrato, è del gennaio 1994, tredici anni prima e tutte le leggi ad personam sono state presentate ed approvate dai ‘parrucconi della politica’ lungo 13 anni. I V-Day appunto, 8 settembre 2007 in diverse affollate piazze italiane e all’estero vengono raccolte 336.144 firme a sostegno una legge di iniziativa popolare sui criteri di candidabilità ed eleggibilità dei parlamentari, molte più delle 50.000 firme previste. Con i loro algoritmi semantici a selezionare chi candidare e chi tagliare, insieme al ritornello anti casta e anti Parlamento, i notabili delle partecipate sono stati confermati dai ministri dei governi, gialloverdi o semaforo, succedutisi. In compenso in luogo di qualificare il Parlamento con leggi elettorali che consentissero agli elettori di scegliere, come chiesto dalla Corte Costituzionale, si è preferito tagliare la rappresentanza aumentando ulteriormente il controllo delle Camere da parte delle segreteria di partito, compreso il loro Movimento. Lungo questa china ha preso corpo la semplificazione negazionista dei No Vax che ha avuto l’apice il 9 ott 2021 con diverse città interessate dalle manifestazioni. A Roma in Piazza del Popolo in 10.000 hanno ascoltato le arringhe degli squadristi e, quando questi hanno proposto di assaltare la sede della CGIL, non li hanno seguiti ma li hanno applauditi. Ecco perché lo spettacolo offerto dai partiti costituisce una ulteriore discesa all’abisso della distruzione del Patto Civile, una discesa che sembra non aver fine. Se si hanno a cuore la libertà, i diritti civili,il diritto alla salute, la dignità sociale e la vivibilità su questa Terra, tocca rimboccarsi le maniche e aprire gli occhi, partecipare e capire, assumersi la responsabilità di trovare modi e soluzioni verificandone l’efficacia. Tutto ciò implementando e rispettando il Dettato Costituzionale e il Trattato Costituzionale Europeo, oltre gli specchietti per le allodole di una contrapposizione destra/sinistra smentita dalla consociazione degli affari e dalla deriva finanziaria dell’economia cui sottostanno tutti i partiti. Occorre essere esigenti, non per partito preso ma per la necessità di vivificare la democrazia, che è un regime strano: se non vissuto, se non partecipato, se non allargato e condiviso nell’esercizio della cittadinanza, non si conserva ma, al contrario, si consuma e viene meno. Tutta la storia è segnata in questo senso, dall’Europa nel ‘900 all’America Latina, all’America dei Kennedy e di Martin Luther King, passando per Piazza Fontana, Italicus, Piazza della Loggia, Stazione di Bologna, omicidio di Moro, Ustica. Se la democrazia non vive della partecipazione informata al processo deliberativo e con l’esercizio di sovranità anche da parte della Cittadinanza Attiva, prendono corpo processi regressivi, anche autoritari, e si arriva al paradosso di salutare come condizione fortunata il commissariamento della politica italiana per conto della tecnofinanza europea o la rielezione per un altro settennato del Presidente Mattarella, che aveva richiamato con forza il rispetto della Costituzione, che non lo vieta ma non lo prevede. A fronte della crisi degli istituti della rappresentanza democratica non è pensabile di risolverla riducendo le istanze della rappresentanza democratica nel nome di un decisionismo purchessia. Così come avevano provato a fare prima Berlusconi poi Renzi, con riforme riduttive della democrazia repubblicana poi bocciate dai cittadini. Ognuno faccia la sua parte dunque, a partire dal Presidente della Repubblica. Con l’autorevolezza affermata dalla inettitudine dei partiti ci aspettiamo che esiga che il Parlamento rispetti i richiami della Corte Costituzionale, sia per quel che riguarda la legge elettorale nazionale, sia per quel che riguarda l’elezione dei sindaci e degli organismi delle Città Metropolitane, quindi delle Province che, nel rispetto del Titolo Quinto della Costituzione devono essere eletti a suffragio universale. La Consulta è stata esplicita “Legge Delrio illegittima. Dopo il fallimento del referendum costituzionale serve un riassetto normativo”. Il Presidente Mattarella dovrebbe sollecitare l’istituzione di una Assemblea Costituente per un riassetto istituzionale adeguato alla unificazione europea e alla responsabilizzazione delle autonomie dei territori senza sacrificare l’efficacia della Costituzione all’efficienza senza visione e precauzione. Le espressioni della cittadinanza attiva e della effettiva autonomia dei territori devono prendere l’iniziativa condividendo le innovazioni statutarie e organizzative che aumentano la partecipazione informata e l’esercizio della Cittadinanza Attiva, dai Referendum Propositivi alle convocazioni dei Consigli Comunali in Udienza Pubblica su richiesta dei cittadini. Il PNRR è, qui ed ora, il campo dove mettere alla prova la partecipazione come esercizio responsabile della libertà, mettendo in rete amministrazioni, associazioni e proposte per i bandi, chiedendo e praticando una valutazione della effettiva sostenibilità delle proposte, quindi una loro rendicontazione puntuale sostanziale e non solo formalmente rispettosa delle procedure. C’è la necessità della concretezza dei processi e delle azioni se non si vuole essere parte dell’imbonimento mediatico del Greenwashing. Per questo noi mettiamo in rete competenze ed esperienze, per condividere buone pratiche e conoscenza. Così si vivifica la democrazia, così si rigenera il e si allarga il Campo Democratico.

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