mercoledì 18 dicembre 2024
MILANO PARADISO FISCALE DOVE AUMENTANO I POVERI
ArcipelagoMilano
17 dicembre 2024
MILANO PARADISO FISCALE DOVE AUMENTANO I POVERI
Le contraddizioni che il potere non vede
di Fiorello Cortiana
Si dice che Milano anticipa le tendenze che interesseranno l’Italia intera. Nel caso delle dinamiche economiche che la interessano, Milano, la città che riconosce la milanesità a chi vuol fare e vuole imparare, indipendentemente dalla provenienza, oggi è un riflesso della deriva finanziaria dell’economia globale in tempo di guerra.
La città costituisce una piattaforma inerte per il mercato finanziario internazionale legato agli andamenti del valore fondiario e immobiliare. C’è speculazione, non c’è imprenditorialità economico-industriale.
La classe dirigente, in particolare quella che ha la responsabilità delle politiche pubbliche e della comunicazione che le riguarda, sembra connotata da un disturbo nella percezione dei processi in atto, con fenomeni di allucinazione e wishful thinking. Questo a pensar bene, perché a pensar male si potrebbe dire che ce la raccontano e hanno l’unica ambizione di essere funzionali a quel tipo di mercato e ai suoi attori. Non è un caso se il sindaco non ha ritenuto di chiedere e comunicare al Consiglio la composizione azionaria delle società proprietarie di Inter e Milan, che sembrano molto interessate al mercato fondiario e immobiliare, in particolare se di proprietà pubblica.
La successione dei titoli del Corriere della Sera sono indicativi di questa condizione allucinata: 1 ottobre ‘Perché l’Italia ha (tanto) bisogno degli investimenti esteri. E perché non arrivano’, 25 novembre ‘Investimenti diretti esteri: sostenibilità, innovazione e competitività per vincere la sfida’, 11 dicembre ‘Flat tax, case su cui investire: ecco perché Milano sta diventando un paradiso fiscale’.
Ecco il punto: certamente la circolazione di capitali, di competenze e di tecnologie, è un ingrediente fondamentale per lo sviluppo, ma ora, qui a Milano, di quali investimenti stiamo parlando? Sono passati alcuni anni dalle battaglie e dalle iniziative sugli Scali ex FS, pubblici, che hanno interessato le sedi istituzionali e la giustizia amministrativa con esito negativo, oggi iniziamo a vederne alcune conseguenze. Ciò in attesa di quelle su San Siro e i 29 ettari pubblici circostanti.
Nel 2023 ha preso residenza a Milano il più alto numero di sempre di persone provenienti da rifugi fiscali: Antigua, Bahamas, Barbados, Panama, Cipro. Oltre ai 281 dal Canada, 395 dal Belgio, 567 dall’Olanda, 1627 dagli USA, 2130 dalla Gran Bretagna, 3121 dalla Spagna e 4862 dalla Francia.
La ragione di questa immigrazione benestante non risiede nella qualità dell’aria di Milano ma nel fatto che con lo spostamento della residenza fiscale in Italia, tutti i redditi prodotti all’estero godono di una ‘flat tax’ di 200 mila euro, indipendentemente dal loro ammontare. Pensiamo cosa ciò significa per i redditi da milioni di euro. Di più: acquistando un immobile in Italia la durata della flat tax passa da 5 a 10 anni.
Ecco spiegato il ‘tutto venduto’ degli appartamenti extra lusso in costruzione, nonché l’aumento vertiginoso di valore di quelli esistenti. Certamente si tratta di investimenti esteri, ma legati a ragioni fiscali e finanziarie speculative, che possono alimentare forse bolle finanziarie, di certo non un mercato ed una occupazione qualificati e sostenibili. Questa distorsione fondiaria e immobiliare genera processi che alterano la composizione sociale e urbanistica della città.
L’Istat ha registrato un calo dei residenti a Milano del 10% rispetto a 5 anni fa: gli abitanti ora sono 1.370.536. Molti ,15400, si sono trasferiti nell’hinterland metropolitano generando un aumento di oltre l’11% del mercato immobiliare e del suo valore, ma la Città Metropolitana è una presenza nominale residuo della Provincia senza qualificazione infrastrutturale.
I Cap 20121 zona Duomo e il 20122, tra San Babila e la Guastalla, sono i quartieri con i redditi medi più alti. Il Cap 20121 ha avuto un reddito medio di 94.369 euro, un aumento del 2,8% sul 2021. Il 20122 ha registrato un aumento del 3,1%: da 58.125 euro a 59.923 euro.
Il Cap 20124, Porta Nuova ha aumentato il reddito medio da 48.000 euro a 51.433 euro nel 2022 ,+7,2% sul 2021 e il 20145, CityLife,4,7%, è passato da 80.000 euro a 83.767 euro con un incremento del 4,7%.
La collocazione della percentuale dei redditi disegna una assoluta cesura sociale nella mappa dei quartieri. Anno 2022: nel Cap 20121, il 15,77% dei contribuenti dichiara redditi superiori a 120.000 euro, con un aumento del 1,7% sul 2021, all’opposto nell’area periferica 20157, Quarto Oggiaro, la percentuale diminuisce al 0,36%.
L’analisi dei dati sui redditi imponibili per Cap di Milano negli anni 2021 e 2022 è chiara e preoccupante per la qualità del vivere sociale in città per chi la abita, così per il sentirsi parte di un’unica comunità.
Pur registrando una crescita dei redditi medi la disparità tra centro e periferie evidenzia uno squilibrio socialmente non sostenibile perché l’aumento del costo della vita in città erode i redditi e la qualità della vita per troppi milanesi. A Milano diminuisce il numero dei disoccupati ma non riescono ad arrivare comunque alla fine mese.
A registrare questo dato sul fenomeno del ‘lavoro povero’ è Il rapporto 2023 dell’Osservatorio Caritas sulle povertà nella diocesi ambrosiana , basato sui 3 servizi diocesani dedicati a migranti, senza tetto e orientamento al lavoro e sui 168 centri di ascolto, dei 400 operanti. 59.354 richieste di aiuto, con un aumento del 24% sul 2022.
Un lavoro povero si accompagna ad una estensione del numero di coloro che sono strutturalmente bisognosi. I quartieri centrali sono abitati da una popolazione economicamente agiata, con un divario in aumento con le periferie dove aumentano notevolmente le fasce di reddito più basse. Questo divario rende Milano più vulnerabile ai contrasti, dove le sacche di marginalità sociale e il divario emergono come questione di ordine pubblico: ciò che avevamo visto nella contenzione del Beccaria si è dispiegato nelle strade del Corvetto dopo la morte di Ramy.
Il quadro che ne risulta vede una città per ricchi e molto ricchi, una città costosa, con i quartieri che si vanno a definire molto rigidamente nella loro composizione sociale a partire dai quartieri centrali e semicentrali della città , con una forte agglomerazione di immigrati extraeuropei attorno all’asse Porta Venezia-Corso Buenos Aires-Loreto, come intorno al quartiere Canonica-Sarpi, per arrivare al quartiere che si distribuisce intorno a piazza Selinunte e a periferie storiche come Quarto Oggiaro, Baggio, Comasina, Corvetto.
Quartieri di periferia, con importanti concentrazioni di case popolari che ospitano e producono il disagio sociale. Tanti appartamenti sfitti e tanti occupati abusivamente sotto il controllo di gruppi etnici, subalterni alla malavita organizzata italiana che, insieme a quello delle occupazioni abusive, curano anche il racket dello spaccio.
Da anni il Tribunale dei Minori riscontra gli effetti di un’integrazione malfatta e peggio riuscita, in particolare per la seconda generazione di chi è immigrato nel territorio milanese. I quartieri luoghi interessati da forte immigrazione hanno visto la formazione di bande a carattere criminale, questo a Milano e nell’area suburbana, dove fragilità ed emarginazione sociale sono esasperati rafforzati dal divario culturale e da una cittadinanza non esercitata che interessa particolarmente gli adolescenti stranieri di seconda generazione. Non che i loro coetanei figli di famiglie italiane non siano interessati ad aspetti di disagio e devianza.
Così, dopo che il fenomeno delle baby gang ha riguardato negli anni scorsi principalmente gruppi di adolescenti e giovani adulti stranieri, negli ultimi tempi si assiste sia alla presenza di italiani che stranieri nelle bande che dal disagio hanno prodotto devianza. Si è prodotto un paradosso civilmente insostenibile: un incrocio di culture interetnico all’insegna della alterità alle istituzioni e dell’elogio della marginalità e della illegalità. Lo Stato, con l’esercizio giudiziario dell’ordine pubblico, funge da certificatore ufficiale di questa alterità e dei suoi protagonisti e cantori, i quali riempiono di follower i social e di spettatori plaudenti il Forum di Assago e le classifiche di vendita cantando le gesta machiste e ribelli.
E’ di tutta evidenza la distanza siderale tra questi ribelli e i loro coetanei nel ’68 e nel ’77: in quegli anni, al di là di velleità e distorsioni, ci fu una tensione all’emancipazione sociale e culturale non alla conferma della marginalità. La differenza tra la sostanza la scrittura della musica, del teatro, e degli altri linguaggi espressivi di allora e i campionamenti e la musica da algoritmi di oggi è di preoccupante evidenza.
Il Vescovo Delpini, a Sant’Ambrogio, ha criticato il Modello Milano proposto da media e classe dirigente: “La gente non è stanca della comunicazione, perché la comunicazione è il servizio necessario per avere un’idea del mondo. Invece la gente è stanca di quella comunicazione che raccoglie la spazzatura della vita e la esibisce come se fosse la vita, stanca della cronaca che ingigantisce il male e ignora il bene”.
Milano, con il suo ruolo, la sua funzione, la sua identità storica, vive un passaggio cruciale nella nuova produzione di valore della globalizzazione in tempo di guerra e della necessaria sostenibilità ambientale. Deve passare dall’essere una piattaforma finanziario-immobiliare inerte a una Città Metropolitana abilitante e protagonista, dove la partecipazione sociale, politica e culturale consenta di nuovo una relazione e scambio tra classi, che accompagni la possibile emancipazione sociale. Questo è il riformismo a Milano il resto è vuoto packaging da salotto.
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