E’ quanto
mai attuale e carica di significato la ricorrenza dei 50 anni trascorsi
dall’11 ottobre 19 62 quando il pontefice alla sera si affacciò alla finestra per
salutare i fedeli che riempivano piazza S. Pietro. Le telecamere della Rai
trasmisero al mondo il celebre Discorso della Luna. Erano passati pochi mesi dal lancio del satellite
Telstar nel
luglio del 1962 e insieme al Concilio Vaticano II°, con quel discorso e quella
trasmissione, il mondo diventava più piccolo.
La mondovisione venne ufficialmente
inaugurata con la trasmissione della giornata di apertura del Vaticano II. Già
alle 13,50 il pontefice si affacciò alla finestra per salutare i fedeli e la RAI
riprese il saluto. Ma il saluto della sera, ripreso ancora dalle telecamere
della Rai, si configura come un passaggio cruciale nella comunicazione.
Mondovisione, 66 reti radiotelevisive collegate, il pontefice che trascura il
messaggio scritto preparatogli e parla a braccio con un carico di autenticità e
semplicità umana che annulla la distanza tra la sua finestra e la piazza
proponendosi come pastore.
La
piazza dei fedeli che manifesta simpatia ed empatia verso Giovanni XXIII° e ne
sottolinea i passaggi con il riferimento alla luna e poi ai bambini
.
Il
cameramen della RAI che, a sua volta, trascura le prescrizioni e, invece di
tenere la telecamera fissa sul pontefice incorniciato dalla finestra, volge la
telecamera verso la luna come/quando i fedeli volgono il loro sguardo, nonché
inquadra le persone protagoniste di quell’emozione condivisa, che illuminano la
piazza con migliaia di candele, così come loro si guardano consapevoli di
partecipare a qualcosa di unico.
Tante novità insieme, segnate dalla
trasgressione dei protocolli e significate da una immediatezza che è arrivata
nelle case di milioni di persone al di qua e al di là dell’atlantico.
Una immediatezza con la quale oggi ci
sentiamo in consuetudine ma che da allora operò come un seme
fecondo.
Già nel Decreto del Concilio
Ecumenico Vaticano II Inter
mirifica, promulgato da Paolo
VI, il 4 dicembre 19 63 si afferma: «Tra le meravigliose invenzioni tecniche
che, soprattutto ai nostri giorni, l'ingegno umano, con l'aiuto di Dio, ha
tratto dal creato, la Madre Chiesa accoglie e segue con speciale cura quelle che
più direttamente riguardano lo spirito dell'uomo e che hanno aperto nuove vie
per comunicare, con massima facilità, notizie, idee e insegnamenti d'ogni
genere» e molti anni dopo, il 24 gennaio
2005 , “Giovanni Paolo II concludeva la sua Lettera Apostolica
“Il Rapido Sviluppo”con questa esortazione: “Non abbiate paura! Non
abbiate paura delle nuove tecnologie! … Non abbiate paura dell’opposizione del
mondo! … Non abbiate paura nemmeno della vostra debolezza e
della vostra inadeguatezza! … Comunicate il
messaggio di speranza, di grazia e di amore di Cristo, mantenendo
sempre viva, in questo mondo che passa, l’eterna prospettiva del Cielo,
prospettiva che nessun mezzo di comunicazione potrà mai
direttamente raggiungere.”
Oggi viviamo nel secolo della Rete nell’epoca
di internet caratterizzato dalla disintermediazione della comunicazione e dalla
piena interazione tra tutti coloro che comunicano. Il succedersi delle
innovazioni tecnologiche e delle applicazioni digitali hanno esteso lo spazio
pubblico nel quale ci relazioniamo ma non sostituiranno mai il senso della
comunicazione che è legato alla natura della relazione chiamandola ad essere
libera e per questo responsabile. Il cardinale
John P. Foley, allora monsignore e
presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, raccogliendo il
mio invito quando ero delegato al WSIS-World Summit on Information Society
dell’ONU per presentare in Parlamento la Lettera Apostolica fece queste
considerazioni:“Questa meravigliosa conquista del progresso umano pone la
comunità di fronte a nuove sfide in questo mondo che è sempre più un villaggio
globale, ricco di potenzialità comunicative, in cui i processi mediatici segnano
tanti momenti dell’esistenza umana, condizionando usi e costumi, modi di pensare
e stili di vita” e ancora “La centralità dell’uomo in questo universo pieno di
potenzialità che impone che venga rispettata la dignità umana e venga preservato
il bene comune” ”Il criterio guida nell’utilizzo dei media deve dunque fondarsi su saldi
principi etici, chiamando tutti, responsabili e fruitori dei mezzi,
all’esercizio della responsabilità personale, verso il singolo e verso la
società medesima.”
Quella combinazione carica di
poesia e profezia che si era creata quella sera del 1962 grazie al Discorso alla
Luna di Papa Roncalli metteva in gioco tutti coloro che prendevano parte a
quella relazione, in piazza o a casa che fossero, come persone attive non come
spettatori o telespettatori “…Tornando a casa, troverete i bambini. Date loro
una carezza e dite: “Questa è la carezza del Papa”. Troverete forse qualche
lacrima da asciugare. Abbiate per chi soffre una
parola di conforto…”.
Credo che sia bello e utile ricordare
quella serata riflettendo sull’oggi e sul futuro che si definisce nelle nostre
azioni e nei nostri sguardi, che spesso non si alzano alla luna come quello del
pontefice.
“Cari figlioli, sento le vostre voci. La mia
è una sola, ma riassume tutte le voci del mondo; e qui di fatto il mondo è
rappresentato. Si direbbe che persino la luna si è affrettata stasera…
Osservatela in alto, a guardare questo spettacolo… Noi chiudiamo una grande
giornata di pace… Sì, di pace: ‘Gloria a Dio, e pace agli uomini di buona
volontà’.
Se domandassi, se potessi chiedere ora a
ciascuno: voi da che parte venite? I figli di Roma, che sono qui specialmente
rappresentati, risponderebbero: ah, noi siamo i figli più vicini, e voi siete il
nostro vescovo. Ebbene, figlioli di Roma, voi sentite veramente di rappresentare
la ‘Roma caput mundi’, la capitale del mondo, così come per disegno della
Provvidenza è stata chiamata ad essere attraverso i
secoli.
La mia persona conta niente: è un fratello
che parla a voi, un fratello divenuto padre per volontà di Nostro Signore…
Continuiamo dunque a volerci bene, a volerci bene così; guardandoci così
nell’incontro: cogliere quello che ci unisce, lasciar da parte, se c’è, qualche
cosa che ci può tenere un po’ in difficoltà… Tornando a casa, troverete i
bambini. Date loro una carezza e dite: “Questa è la carezza del Papa”. Troverete
forse qualche lacrima da asciugare. Abbiate per chi soffre una parola di
conforto. Sappiano gli afflitti che il Papa è con i suoi figli specie nelle ore
della mestizia e dell’amarezza… E poi tutti insieme ci animiamo: cantando,
sospirando, piangendo, ma sempre pieni di fiducia nel Cristo che ci aiuta e che
ci ascolta, continuiamo a riprendere il nostro cammino. Addio, figlioli. Alla
benedizione aggiungo l’augurio della buona
notte”.
La diretta RAI:
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