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domenica 29 dicembre 2013

Philomena o della dignità




Philomena  è un film intenso e a tratti struggente,  con una grande interpretazione di Judi Dench.  Una storia che presenta il crudo esito delle degenerazioni  delle fedi assolute, siano ideologiche o religiose poco importa. Ogni adepto e/o sottomesso deve solo ottemperare ai dettami delle regole, attraverso le quali vestali e custodi traducono/interpretano. È quindi normale che una giovane, abbandonata come tante in un convento, dove le suore si guardano bene da darle elementi di consapevolezza sessuale, scopra in un momento di libertà l’'emozione ed il piacere della conoscenza carnale conservandone la gioiosa memoria e la gravidanza conseguente. È normale per le suore, che vivono la castità come sacrificio, considerarla due volte peccatrice: perché ha fatto sesso e perché ne ha goduto. La gravidanza è quindi figlia di queste colpe e i rischi del parto ne sono la conseguente espiazione terrena. Chi di queste giovani ospiti/schiave sopravviveva al parto insieme al figlio/a doveva continuare una vita in condizione  servile alla lavanderia del convento e i bambini e bambine diventavano merce da strappare a quelle peccatrici straccione e da vendere a coloro che, con l’eleganza delle loro macchine e dei loro vestiti, cercavano bambini da adottare. Negazione di sé, della propria dimensione sessuale, coercizione quotidiana, negazione della dimensione materna e mercato dei figli: un sistema che richiede omissioni e falsità come normali accorgimenti, con la maschera della benevola comprensione verso chi cerca la verità per una memoria di sé come madre abbandonata o come figlio venduto e adottato. È bella la figura del giornalista non credente e laico che accompagna la ex schiava madre-bambina lungo la ricostruzione di un percorso di identità.  In lui si affiancano la necessità della speculazione sulla cronaca del dolore, la decodificazione  dell'’ipocrisia di un sistema  crudele  e il rispetto per la scoperta e l’'affermazione della dignità di una anziana donna-madre-bambina .   Sarà il rispetto per quest’'ultima a prevalere. Così in Philomena  il perdono  come assenza di rancore, considerato una inutile dissipazione di energie,   non diventa cancellazione di violenza e oblio di una verità e di una memoria che invece vuole che vengano raccontate dal giornalista, insieme alla sua affermazione di dignità.   Bel film, bella storia quella di Philomena.

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