26 giugno 2020
LE ELEZIONI AMMINISTRATIVE FRANCESI
Un elettorato post ideologico fluttuante
I risultati delle municipali francesi hanno dato delle indicazioni importanti. Certamente un astensionismo record del 60%, che conferma la crisi dell’istituto della democrazia che accompagna la globalizzazione. Però gli effetti di una globalizzazione all’insegna di uno sviluppo quantitativo illimitato, energivoro e a spese delle risorse naturali e della biodiversità, sono anche altri.
La reazione tribale di un sovranismo razzista da Piccola Patria autarchica non è un effetto scontato: il consenso per la proposta ecologista è stato un effetto tanto diffuso quanto sorprendente. Questo avviene quando essa intreccia la sostenibilità ambientale con quella sociale e della partecipazione democratica, quando indica che si può fare bene e diversamente, con benefici per l’economia, il lavoro, la salute e la qualità del vivere sociale. La sensibilità per l’emergenza climatica globale cerca risposte coerenti nella prossimità locale, questo è il messaggio degli elettori francesi.
Risposte coerenti ed efficaci qui e ora: l’elettorato post ideologico è fluttuante, sceglie, prova e, nel caso, cambia. Così se, dopo le europee, la République en Marche di Macron sembrava dominare le grandi città, oggi Lione, Besançon, Poitiers, Bordeaux, Strasburgo, Grenoble, probabilmente Marsiglia, sono affidate a Europe Ecologie. Anche la capitale ha visto la conferma della sindaca Hidalgo grazie al chiaro accordo programmatico con gli ecologisti. La destra francese prende Perpignan e la maggioranza dei piccoli comuni oltre i 9000 abitanti. Si traccia così un confronto, una contrapposizione che vede nell’effettiva conversione ecologica la capacità competitiva del campo democratico.
Macron ha annunciato uno straordinario investimento per la Green Economy e non mi stupirei se provasse a coinvolgere da subito Dany Cohen Bendit. Ciò risulterebbe un artifizio spuntato se non preludesse e accompagnasse un effettivo cambio di paradigma per il paese del nucleare, dello sciovinismo e dei Territori di Oltremare. La scelta di un’Europa effettivamente politica, federale, democratica, per il diritto al welfare, all’ambiente, alla trasparenza digitale, capace di una cooperazione internazionale in luogo del colonialismo. Basti pensare che per quanto riguarda l’acqua potabile troviamo solo conferme della disparità Nord/Sud: in Africa circa il 75% della popolazione rurale non ha acqua potabile; in America Latina sono il 77%; in Estremo Oriente circa il 70%. Sono più di 600 milioni le persone al mondo prive di acqua potabile.
La proposta degli ecologisti è stata chiara. Più possibilità di partecipazione informata per i cittadini, un decisivo passaggio dalla deriva finanziaria a un’economia sostenibile, con certificazione di filiera energetica, chimica e territoriale. Un mercato immobiliare che punti sulla qualità e sul risanamento energetico. Per un ecologista la questione dell’identità, dentro le incertezze omologanti della globalizzazione, non si lega a fedi religiose, caratteri etnici, dialetti di provenienza. L’identità è legata all’abitare consapevolmente un territorio, quindi a esercitare una cittadinanza attiva che alimenti una comunità capace di esprimere un’opinione pubblica avvertita. Si pensi che fino a un secolo fa si nasceva, si viveva e si moriva in un intorno molto piccolo, di non più di 50 chilometri.
Oggi ogni individuo nella sua vita interagisce con qualcosa di ben più grande del mondo in cui vive. All’inizio del secolo scorso gran parte dell’umanità, sostanzialmente contadini, viveva in campagna. Oggi la gran parte dell’umanità, e toccherà il 70% in questo secolo, vive inurbata, con un doppio rapporto: di desertificazione di buona parte della superficie terrestre, e di cementificazione energivora di quei luoghi che erano e possono tornare a essere le città: luoghi di un nuovo urbanesimo, capace di esercitare funzioni di sintesi e innovazione, localmente e globalmente.
La sfida ecologica, se è da un lato ineluttabile, dall’altro è una metafora importante per leggere insieme tanti problemi del pianeta; l’ecologia non deve essere tanto un punto di vista complessivo, quanto il tentativo di riannodare insieme molti punti di vista.
A fianco della continuità strutturale tedesca dei governi ecologisti, moltissimi elettori francesi, tra i quali tanti giovani, hanno indicato questa via. Ancora una volta gli ecologisti francesi trovano conferma elettorale quando costruiscono un’offerta fondata sulle competenze, su proposte credibili e attuabili, su un profilo politico europeo, libero da qualsivoglia sudditanza da cespuglio che si accontenta di sopravvivere. Germania, Francia… manca l’Italia, è una questione da affrontare.
Fiorello Cortiana
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