ciao, welcome :-)

in questo blog metto un po di tutto se cerchi qualcosa che non trovi chiedimelo

giovedì 30 settembre 2010

500 volontari per l'ambiente a Milano

Ogg: 500 volontari per l'ambiente a Milano
Mittente: Milanosìmuove

Autunno: cadono le foglie e... si alza lo smog.
Ecco perché... Milano ha bisogno di te!

Oltre 5.000 cittadini milanesi hanno finora sottoscritto i cinque referendum per la qualità della vita e dell'ambiente promossi da Milanosìmuove, Comitato traversale di cittadini e associazioni.

Nel fine settimana del 15-16-17 ottobre si terranno i "Referendum days" , con l'obiettivo di raccogliere le 15.000 firme necessarie perché i referendum si tengano davvero.

C'è bisogno di 500 volontari disposti a offrire qualche ora del loro tempo per raccogliere firme ai punti di raccolta in tutta la città.

Segnalaci subito la tua disponibilità, rispondendo a questa email (referendum.milano@gmail.com) oppure chiamando questi numeri:
335-6256732
340-4607189

Ti chiediamo anche di far girare la voce il più possibile coinvolgendo amici e conoscenti (ad esempio girando questa email a tutti i tuoi contatti)

Milanosìmuove.it

mercoledì 29 settembre 2010

la società liquida al Festival del Diritto

Questo il pezzo per WIRED sul Festival di Piacenza



http://www.wired.it/news/archivio/2010-09/28/servono-nuovi-diritti-nella-societa-della-conoscenza.aspx
Servono nuovi diritti nella società della conoscenza
Di Fiorello Cortiana |28 settembre 2010 |Categorie: Cultura, Politica

Con il tema "L'uguaglianza e la sfida delle differenze" Giuliano Amato ha aperto il 23 settembre la quattro giorni della terza edizione del Festival del Diritto di Piacenza dedicata alle “Disuguaglianze”, che vede Stefano Rodotà come direttore scientifico.
Oltre 16 mila presenze registrate, 83 eventi in calendario, di cui ben 14 curati dalle scuole, presenti anche con dieci testate studentesche e settanta redattori che collaboravano anche al sito, sul quale sono disponibili tulle le registrazioni e che ha già registrato 3.000 ore di fruizione dei filmati. I 270 volontari, i tanti ristoranti convenzionati, i palazzi, i teatri, le piazze, tra i più significativi del centro storico della città, scelti come luoghi del festival, confermano il coinvolgimento di un’intera città.
Piacenza ha messo a disposizione la giusta misura per le relazioni sociali in coerenza con l’ambizione del Festival di trattare questioni che chiamano in causa il diritto ( 2008 “Questioni di vita”, 2009 “Pubblico/privato”) attraverso un processo di approfondimento e di condivisione di prospettive diverse, trattate da studiosi di diversa provenienza disciplinare, geografica e culturale con un comune filo conduttore.
I risultati di questo metodo di confronto sono confortanti, non solo per il numero dei partecipanti e per la soddisfazione manifestata, ma per la densità delle riflessioni prodotte. Confermando così gli auspici del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il quale nel suo messaggio ha ricordato che “tornare a proporre un orizzonte d'uguaglianza, riportare nel dibattito pubblico l'obiettivo di contrastare pesanti disuguaglianze costituisce di per sé un risultato degno di nota” e che “Il gusto dell'uguaglianza, il fastidio per disuguaglianze immeritate, prim'ancora che nell'agenda politica dovrebbe tornare negli animi dei cittadini".
Giuliano Amato ha espresso questo gusto già all’apertura "La vera diseguaglianza è il non essere liberi di essere ciò che si è" quindi "lo stato moderno è nato facendo dei propri cittadini delle persone dotate dello stesso status un’opera in cui si cimenta lo stato nazionale, più per affermare il proprio potere che per garantire a tutti uguali diritti". Avere il gusto dell’uguaglianza richiede la capacità di posizioni inedite e spregiudicate a fronte delle nuove sfide poste dalle innovazioni scientifiche e tecnologiche in un contesto economico globalizzato.
Per cui "chiudersi nel proprio particolare" non costituisce una soluzione efficacie per il Presidente della Camera Gianfranco Fini: “L'identità nazionale rende l'Europa più forte ma guai a pensare che di fronte alla crisi ci si possa chiudere nel proprio particolare. Se va in crisi la Grecia, la Germania trema. Ma si può pensare, come qualcuno forse pensa, che se va in crisi la Grecia, ci si può rinchiudere nel ridotto padano? Se va in crisi la Grecia, non è il ridotto padano, bisogna potenziare l'Italia in blocco, dobbiamo credere di più all'integrazione europea” perché "oggi la politica ha il respiro corto, guarda il contingente anziché delineare lo scenario di media lunga prospettiva" oggi la politica "sembra più attenta a incassare subito un consenso non strutturale".
Sul distacco tra cittadini e politica pubblica il Presidente della Camera è stato esplicito "La legge e' uguale per tutti, nessuno si deve chiamare fuori, questo vale chiaramente anche per il ceto politico. Non si deve avere l'impressione, non sempre sbagliata purtroppo, che si predichi e si razzoli male. Questo può piacere o non piacere, ma il tema non può essere eluso". Un'altra ospite è stata il premio Nobel Shirin Ebadi, che ha affermato: "Il burqua non è legale neppure per l'islam. Non è previsto dalla religione islamica, per la quale le donne, invece, durante le preghiere devono tenere il volto ben visibile. L'indossare il velo integrale fa parte della tradizione di alcune tribù dell'Afghanistan. Chi si copre il volto non consente la propria identificazione, perché è impossibile vederle il viso. Chi vive in Europa non dovrebbe portare il burqa. Diverso il discorso per l'hijab, che copre solo il capo e la nuca".
Non stupisce che Shirin Ebadi - che oggi sostiene la campagna per il nobel per la Pace a Internet - insieme a me e ad altri parlamentari europei, al WSIS del 2004 di Tunisi abbia garantito a diverse ONG e associazioni per i diritti la possibilità di tenere una conferenza stampa, nonostante la presenza intimidatoria della polizia del regime. Lungo le quattro giornate e attraverso la città si è discusso delle diseguaglianze dell’agricoltura nel mondo globale, di parità o disuguaglianza nella realtà virtuale, di disuguaglianze informative, economiche e censitarie o di quelle digitali, del passaggio da disuguaglianze a differenze e dalla contestuale negazione della neutralità del diritto, prodotti dall’irrompere della coscienza di genere grazie al protagonismo femminista.
Stefano Rodotà ha invitato ognuno a non vedere le persone che ci circondano come “altro da sé” e propone l’eguaglianza come “possibilità di essere diversi nella costruzione della propria personalità e con l’obbligo di reciprocità”. La globalizzazione dei mercati, dopo il secolo delle ideologie, è stata spesso presentata come l’avverarsi del sogno liberatorio della modernità, al momento, in verità, essa ha messo in luce i limiti della politica nell’azione di governance dei grandi problemi che essa ha svelato. Insicurezza, migrazioni disperate, integralismi, tribalismi e autoreferenzialità xenofoba, omologazione consumistica , cambiamenti climatici e limiti delle risorse naturali disponibili si presentano come un tragico risveglio.
Il quadro che ne esce presenta un’amara verità agli uomini: la riduzione a essere una rotella degli ingranaggi, dove, dalle innovazioni bioetiche a quelle digitali, l’accesso alle conoscenze se discriminato dalle disponibilità economiche e dal censo costituirebbe nel tempo una casta superiore, per questo Rodotà ha citato i film Metropolis di Fritz Lang o Tempi Moderni di Charlie Chaplin, mentre Zygmunt Bauman ha ricordato che il consumismo è "un sistema che rende l’uomo inevitabilmente un miserabile scarto, un escluso, a causa della mercificazione delle esistenze e dell’omologazione planetaria che non ammette eccezioni”. Quindi la declinazione proposta da Stefano Rodotà dell’eguaglianza come libertà e dignità delle persone di fronte alla vita, a fronte di un mondo frammentato, che vive tempi difficili necessita che coloro che hanno il “gusto” diventino, come in una vecchia canzone francese, “partigiani dell’eguaglianza”.
E’ toccato ad uno di questi, ad uno dei pensatori europei più autorevoli della crisi della modernità come Bauman, raccogliere questo insieme di problemi e di speranze nell’intervento conclusivo, nel quale l’analisi delle “disuguaglianze nel mondo liquido” e la regressione di civiltà non si propongono come esito pessimista, bensì come solo un appello a prendere coscienza della situazione. Bauman vede nella manipolazione dell’insicurezza, attraverso l’incertezza, lo strumento e la natura stessa della “istituzionalizzazione della disuguaglianza di potere, madre di tutte le disuguaglianze”. Per Bauman le strutture della burocrazia costituiscono organizzazioni in seno alle quali “una categoria di funzionari fa di tutto per imporre all’altra, quella che vuole assoggettare a sé stessa, un codice di comportamento il più possibile pervasivo e dettagliato, che idealmente dovrebbe rendere monotamente regolare, e quindi del tutto prevedibile, la condotta dei gruppi così fissati”. La stessa categoria, per contro, si sforza di tenersi libere le mani (e le gambe…), cosicché le sue mosse rimangono impossibili da prevedere e continuano a sfidare ogni calcolo e pronostico della categoria condannata alla subordinazione. Strutturare la condizione dell’avversario e destrutturare la propria: in ciò consiste ogni strategia di ogni lotta di potere. Ma, nota Bauman, con il passaggio nell’era moderna dalla fase “solida” all’attuale “liquida”, la situazione cambia. Nella società in rete un mondo “molteplice, complesso, in rapido movimento, ambiguo, vago, plastico, incerto, paradossale, persino caotico”, aggregazioni, collaborazioni, alleanze, si costituiscono ad hoc, come richiedono le circostanze. "Qui i manager hanno abbandonato la “scienza gestionale” che suggerisce regole di comportamento permanenti e stabili: non vedono l’ora di giocare al gioco dell’incertezza; preferiscono il caos all’ordine”.
Bauman sembra descrivere la sfida dei produttori di valore nell’economia della conoscenza e lo scontro tra i modelli reticolari e variabili che essi praticano e quelli gerarchici e verticali propri di quelli tradizionali, riferimento per il sistema normativo e di rappresentanza sociale. Qui sta tutta l’implicazione politica per una nuova cittadinanza e la definizione di nuovi diritti nella società della conoscenza, nella quale ogni netizen esige una rete neutrale, la disponibilità libera degli alfabeti digitali, la libera condivisione della conoscenza, la consapevole e controllata gestione della propria identità, nell’era della tracciabilità pervasiva, della profilazione e della previsionalità dei comportamenti. Nei contesti relazionalmente predefiniti dei social network, sono proprio gli utenti, i diversi stakeholder, ad avere interesse a partecipare alla definizione di regole di garanzia costitutive per la libertà della rete, del pensiero e delle identità che in essa si definiscono. Qui entriamo nel tema del prossimo appuntamento del Festival del Diritto, annunciato in chiusura da Rodotà, "L'umanità e la tecnica".

martedì 28 settembre 2010

Obiettivi del Millennio

Molti avranno ascoltato con perplessità e diffidenza le notizie provenienti da New York, dove è in corso il vertice delle Nazioni Unite sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio: 40 miliardi di dollari per la salute di donne e bambini nel mondo. E’ un atteggiamento comprensibile visto quello che la BP ha combinato nel Golfo del Messico e i limiti dell’azione democratica internazionale in Afghanistan, ma non è giustificato. Nella difficoltà della politica di esercitare una governance mondiale dei processi della globalizzazione, dove i flussi finanziari sono accompagnati da quelli migratori e dai cambiamenti climatici prodotti dall’uso di combustibili fossili, questo stanziamento è significativo non solo per il suo ammontare. Il summit sugli obiettivi del Millennio si chiude con l'annuncio dello stanziamento record. Secondo il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, permetterà di salvare 16 milioni di vite entro il 2015. Il vertice dell'Onu sulla povertà si chiude con l'annuncio di uno stanziamento record: 40 miliardi di dollari per migliorare la salute delle donne e dei bambini nel mondo. Lo ha annunciato il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon. Il provvedimento permetterà di salvare, secondo Ban, 16 milioni di vite entro il 2015: "Conosciamo ciò che serve per salvare la vita delle donne e dei bambini - ha detto il segretario generale al termine del vertice Onu a New York- e sappiamo che le donne e i bambini sono un elemento determinante per raggiungere gli obiettivi del millennio per lo sviluppo". Tra i paesi donatori ci sono tutti quelli protagonisti dei nuovi equilibri della geo-politica mondiale, tra gli altri l'Australia, la Gran Bretagna, la Cina, la Francia, l'India, il Giappone, la Russia e gli Stati Uniti. Ci sono le più grandi ONG come Amnesty International, diverse corporation multinazionali e diversi tra gli uomini più ricchi del mondo, a partire da Bill Gates. In una situazione che vede l’ONU incapace di riformarsi per rappresentare a pieno tutti i nuovi paesi protagonisti della globalizzazione, questa cooperazione tra dimensione istituzionale, stati, imprese e società civile, è un segno importante per le sfide che l’umanità si trova ad affrontare. Già nella Conferenza sul Clima di Copenhagen, al di là dei limiti evidenti degli impegni presi, si era registrata una comune consapevolezza dei problemi generati dal surriscaldamento del pianeta.
Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha detto che lo stanziamento record permetterà di salvare 16 milioni di vite entro il 2015 e che adoperarsi per la salute di donne e bambini ridurrà la povertà, stimolerà la crescita economica è un diritto fondamentale dell'uomo. Il ministro degli esteri italiano, Franco Frattini, ha coordinato un incontro con i vari ministri degli esteri sul dossier per la messa al bando delle mutilazioni genitalia femminili, al fine di riuscire a far approvare la prima risoluzione per l’abolizione di questa pratica criminale entro il 2015. Gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite sono otto obiettivi che tutti i 191 stati membri dell'ONU si sono impegnati a raggiungere per l'anno 2015. 1. Sradicare la povertà estrema e la fame, 2. Garantire l'educazione primaria universale,3. Promuovere la parità dei sessi e l'autonomia delle donne, 4. Ridurre la mortalità infantile,5. Migliorare la salute materna, 6. Combattere l'HIV/AIDS, la malaria ed altre malattie, 7. Garantire la sostenibilità ambientale, 8. Sviluppare un partenariato mondiale per lo sviluppo. Due buone notizie hanno preceduto il summit di New York, la prima: meno donne muoiono di parto nel mondo, il numero di decessi dovuti a complicazioni legate alla gravidanza e al parto è diminuito del 34%, secondo il rapporto “Trends in maternal mortality“ realizzato da OMS, UNICEF, UNFPA e Banca Mondiale. La seconda è stata comunicata dalla Fao: il numero delle persone affamate nel mondo è di nuovo sceso sotto il miliardo. Sarebbe comunque superficiale pensare che le cose si siano messe per il meglio per la terra e i più disgraziati tra i suoi abitanti. Secondo il rapporto “Trends in maternal mortality”, in Africa sub-saharianala mortalità materna è diminuita del 26% e in Asia il numero di decessi materni si stima sia sceso da 315 000 a 139 000 tra il 1990 e il 2008, con un calo del 52%.

L’Unicef sottolinea il miglioramento, ma fa notare che il tasso di diminuzione è meno della metà di ciò che è necessario per conseguire l’Obiettivo di Sviluppo del Millennio di ridurre il tasso di mortalità materna del 75% tra il 1990 e il 2015, che richiede una diminuzione annua del 5,5%, mentre il calo del 34% rispetto al 1990 equivale ad una diminuzione media annua di solo il 2,3%. Teniamo presente che il 99% di tutti i decessi materni nel 2008 si è verificato nei paesi in via di sviluppo, 57% nell’Africa sub Sahariana e il 30% nell’Asia meridionale. In Asia occorre tener conto che una cosa è la situazione in Cina e un’altra in Pakistan. Così occorre guardare con attenzione i dati relativi alla fame. Secondo il rapporto Sofi 2010, la regione con più sottonutriti resta l’Asia con 578 milioni di individui. Ma è l’Africa sub sahariana la regione con la proporzione più alta di affamati: il 30%, con 239 milioni di individui. Se Mali, Ghana e Nigeria avevano già raggiunto il primo obiettivo del millennio (sradicare la povertà estrema e la fame), e l’Etiopia è vicina, nella Repubblica democratica del Congo la proporzione dei sottonutriti è aumentata del 69%. Conflitti locali, spesso combattuti con armi vendute dalle industrie occidentali, sui quali e dietro i quali ci sono interessi economici e politici dei diversi stati, pensiamo alla Cina in Africa, richiamano l’attenzione su come e da chi sarà speso il notevole contributo raccolto dall’ONU. Per questo è importante il richiamo dell’Unep, il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, che con il suo direttore Achim Steiner ha detto che «La green economy è la strategia migliore per ridurre la povertà e il mezzo per raggiungere tutti gli Obiettivi del Millennio per lo sviluppo». Con un miliardo di persone senza accesso all’acqua potabile e danni delle carestie e delle inondazioni dovuti al cambiamento climatico è chiaro il valore dell’economia verde come strategia per porre fine alla povertà e al sottosviluppo. Per l’Unep la Green economy non solo serve alla sostenibilità ambientale dello sviluppo, che è l’Obiettivo N. 7 dei Millenium goal, ma è fondamentale nella lotta alla povertà. Investire in energie rinnovabili, con pannelli per produrre energia localmente, mezzi di trasporto efficienti, riciclo dei materiali, in metodi di agricoltura a basso consumo d’acqua e attenta al consumo di suolo, in sistemi di trasporto sostenibile e in riforestazione. Con una agricoltura sostenibile che fa uso di concimi naturali e non spreca acqua, si salva denaro e si contribuisce ad uno sviluppo ecologico. Ad esempio: invece della climate finance, gli investimenti basati sul mercato delle emissioni, carbon market, dove chi taglia emissioni può vendere la quota tagliata a chi sfora i tetti di CO2, è più utile soprattutto il Redd plus (Reducing Emissions from Deforestation and Forest Degradation) il meccanismo dell’Onu per ridurre le emissioni attraverso la riduzione della deforestazione e del degrado forestale. Quete sono politiche che meritano l’attribuzione dei finanziamenti stanziati a New York.

la rete dopo Vilnius

Il quinto Internet Governance Forum delle Nazioni Unite si è concluso a Vilnius: 2000 partecipanti, 105 paesi.

L'inclusione di tutti i portatori di interesse dei settori di Internet, e l'adozione di pratiche condivise, sono i due elementi costitutivi per la Internet Governance. Internet ha aperto nuovi spazi di comunicazione e condivisione della conoscenza, ha allargato la «public sphere» creando le condizioni per la partecipazione informata dei cittadini del mondo, dai primi newsgroup alle comunità online, fino ai social network.

Una evoluzione dovuta ad alcune caratteristiche - apertura, neutralità - che ne costituiscono ragione della forza. C'è chi vede nell'immediatezza della Rete digitale, che non conosce confini di spazio e di tempo, una delle principali ragioni dell'indebolimento della sovranità del regime democratico e della sua rappresentanza, messi in discussione dalla riduzione del rapporto spazio/tempo nell'istantaneità e nella disintermediazione delle informazioni.

Invece la rete digitale si presenta come una impresa cognitiva collettiva, il più grande spazio pubblico fino ad ora conosciuto per la creazione di un'opinione pubblica avvertita, che verifica la veridicità di affermazioni e fatti. Questo ecosistema cognitivo non ha una soggettività in sé, pensarlo diventa un alibi che impedisce di aggiornare le categorie culturali del secolo scorso.

Il vero pericolo è più sottile, i social media hanno contribuito a popolare la rete di miliardi di persone, ma l'hanno anche resa luogo di confronto di colossi multinazionali e di regimi autoritari che ne vogliono il controllo. Per questo occorre difendere la sua internazionalità, la neutralità, il diritto di accesso, la condivisione della conoscenza, la tutela congiunta della libertà di espressione e della privacy di fronte alle possibilità di tracciabilità dei percorsi, delle opinioni e delle informazioni di tutti i navigatori.

L'Italia negli scorsi anni, con governi opposti, propose un Internet Bill of Rights (la Carta dei Diritti di Internet). Un impegno oggi inspiegabilmente interrotto, ma che ha generato una dynamic coalition (gruppo di lavoro con partecipanti da tutto il mondo) su “Internet rights and principles” che ha presentato una prima proposta proprio a Vilnius.

venerdì 17 settembre 2010

MEDIA SOCIALI, CONDIVISIONE E PARTECIPAZIONE INFORMATA

Un appuntamento utile all'interno del quale con Fiorella De Cindio abbiamo ripreso il filo di Condividi la Conoscenza con un impegno diretto dell'Università.Dopo le circa 400.000 firme raccolte in poche settimane in rete con l'appello No Bavaglio e il conseguente binario morto per la legge sulle intercettazioni, dopo le uscite di Giorello e Galli Della Loggia sulle implicazioni della rete per la sovranità politica del regime democratico, dopo le dichiarazioni dell'assessore all'Urbanistica di Milano Masseroli sulla partecipazione dei cittadini alle osservazioni sul Piano Regolatore Generale, c'è una significativa occasione di confronto e chiarimento sulle possibilità di una partecipazione informata alla vita pubblica. Il fatto che docenti di diverse università italiane partecipini al confronto, insieme ad una delle animatrici di Wikipedia e al rappresentante italiano dei Creative Commons, ad un dirigente della Regione Puglia, che si è distinta sul versante dell'economia della conoscenza e del lavoro cognitivo/creativo, soprattutto l'intervento di Stefano Rodotà rendono l'appuntamento pomeridiano del 20 settembre degno di essere seguito e segnalato.

Monday, September 20, 2010 from 2:30 PM - 6:00 PM Università degli Studi di MilanoVia Festa del Perdono, 7 20122 Milano

Trovate tutte le informazioni, i link per le iscrizioni e il programma, sul sito di UniMI http://www.unimi.it/news/44920.htm

giovedì 16 settembre 2010

Brunetta e l'IGF

A conclusione dei lavori dell'IGF tenutosi a Rio nel 2007, Markus Kummer, Coordinatore esecutivo del Segretariato ONU per l'IGF, a seguito dell'intenso confronto dei diversi workshop, che aveva riportato nella sessione plenaria le difficoltà del processo di regolazione di un media globale come Internet, disse che la proposta di un Internet Bill of Rights poteva costituire una soluzione. Una proposta multistakeholder e multilevel nata in Italia, lanciata al WSIS di Tunisi con il Ministro Stanca discussa in un appuntamento internazionale ospitato a Roma dal Governo Prodi, sviluppata in un workshop specifico all'IGF di Atene e che proprio in Brasile dava corpo ad una coalizione dinamica, come previsto dall'IGF, oltre ad un impegno congiunto dei governi di Italia e Brasile. Cosa è accaduto in seguito? Il governo brasiliano attraverso il Comitato di Gestione di Internet ha approvato i "Principi per la Governance e l'Uso di Internet in Brasile", che hanno recepito quanto detto nella dichiarazione congiunta italo-brasiliana su diritti, libertà, privacy, accesso, consumatori ecc. La Coalizione Dinamica si è unita ad altre centrate sul tema dei diritti dando vita ad una ampia Coalizione Dinamica sui Principi e i Diritti di Internet che in occasione dell'IGF di Vilnius ha presentato la "Carta dei Diritti Umani e dei Principi di Internet" , frutto di una intensa e inclusiva discussione in rete e non. La Commissione per le Libertà Civili del Parlamento Europeo ha proposto al Parlamento Europeo una risoluzione, approvata, che invita il Consiglio a "esortare tutti gli attori di Internet a impegnarsi nel processo in corso della "Carta dei diritti di Internet", che si basa sui diritti fondamentali esistenti, promuove il loro rispetto e incoraggia il riconoscimento dei principi emergenti; al riguardo, un ruolo di primo piano incombe alla coalizione dinamica sulla Carta dei diritti di Internet".
L'attuale governo italiano ed il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione Renato Brunetta hanno completamente ignorato questo processo, così hanno lasciato cadere la consulta, presieduta da Stefano Rodotà, che lo animava, senza alcun passaggio di consegne o continuità. Oggi all'IGF di Vilnius, che vede la questione dei diritti umani nella dimensione digitale al centro di tutti gli interventi di apertura, l'Italia presenta il "metodo Azuni" come conseguenza coerente con quanto negli anni scorsi aveva contribuito a mettere in moto. Ora, occorre avere del fegato e una bella faccia tosta per sostenere che una iniziativa di palazzo, il cui obiettivo, parole del ministro Brunetta "non è fare nuove norme ma costruire una tassonomia dei problemi percepiti e delle opportunità che offre la rete e successivamente una mappatura delle relative best practices mondiali", abbia una coerenza con una pratica di partecipazione inclusiva propria dell'IGF, con un'azione su più livelli istituzionali, con la valorizzazione dell'attività sussidiaria dei imprese e associazioni attraverso i codici di autoregolamentazione, con la definizione evolutiva, diremmo "wiki", di una carta dei diritti capace di evolvere insieme alla rete e alle questioni inedite che essa propone e proporrà.
Forse non ci si poteva attendere di più da chi ha cercato di fermare l'irruzione dei cittadini nella comunicazione con la legge sulle intercettazioni, che anche le 400.000 firme raccolte in rete ed il dibattito su di essa e da essa sviluppatesi hanno al momento fermato. Sarà proprio da lì e da quella sensibilità che occorre ripartire per riconnettere, con metodi e temi coerenti, il Paese ai processi internazionali che riconoscono nella rete digitale interattiva non una minaccia ma il più ampio spazio pubblico mai conosciuto dall'umanità. Una prima occasione di confronto è promossa dall'Università Statale di Milano il 20 settembre: "Media sociali, condivisione e partecipazione informata" è il tema della sessione pomeridiana, curata da DICo e dal social network Condividi la Conoscenza. Trovate tutte le informazioni, i link per le iscrizioni e il programma, sul sito di UniMI http://www.unimi.it/news/44920.html Qualcuno dovrebbe spiegare al ministro che tanto le simulazioni, quanto le bufale in rete, dove agisce un'opinione pubblica avvertita, hanno le gambe corte.

Media sociali, condivisione e partecipazione informata

Vi segnalo un appuntamento utile all'interno del quale abbiamo ripreso il filo di Condividi la Conoscenza con un impegno diretto dell'Università.Dopo le circa 400.000 firme raccolte in poche settimane in rete con l'appello No Bavaglio e il conseguente binario morto per la legge sulle intercettazioni, dopo le uscite di Giorello e Galli Della Loggia sulle implicazioni della rete per la sovranità politica del regime democratico, dopo le dichiarazioni dell'assessore all'Urbanistica di Milano Masseroli sulla partecipazione dei cittadini alle osservazioni sul Piano Regolatore Generale, c'è una significativa occasione di confronto e chiarimento sulle possibilità di una partecipazione informata alla vita pubblica. Il fatto che docenti di diverse università italiane partecipini al confronto, insieme ad una delle animatrici di Wikipedia, ad un dirigente della Regione Puglia che si è distinta sul versante dell'economia della conoscenza e del lavoro cognitivo/creativo, soprattutto l'intervento di Stefano Rodotà rendono l'appuntamento pomeridiano del 20 settembre degno di essere seguito e segnalato.Trovate tutte le informazioni, i link per le iscrizioni e il programma, sul sito di UniMI.
http://www.unimi.it/news/44920.html

La Social Media Week arriva in Italia e apre in Statale
www.unimi.it
La Social Media Week arriva per la prima volta in Italia e si svolgerà contemporaneamente a Bogotà, Buenos Aires, Città del Messico e Los Angeles dal 20 al 24 settembre.

martedì 14 settembre 2010

La Rete non è un alibi

Internet non può essere un alibi che copre la mancanza di elaborazione intellettuale per la cultura politica. Giulio Giorello ed Ernesto Galli della Loggia, sulle pagine del Corriere hanno svolto alcune riflessioni a seguito delle tensioni internazionali generate dal proposito del reverendo statunitense Jones di bruciare il Corano nell’anniversario dell’attentato alle Torri Gemelle. Entrambi vedono nell’immediatezza della Rete digitale una delle principali ragioni dell’indebolimento della sovranità del regime democratico e della sua rappresentanza messi in discussione dalla riduzione del rapporto spazio/tempo nell’istantaneità di internet e dalla disintermediazione delle informazioni che in esso circolano. Ciò che Giorello definisce come lo “speaker’s corner.com” nel quale “l’annuncio della notizia è già notizia” indipendentemente dalla autorevolezza della fonte. Per la verità, a differenza di quanto sostenuto da Giorello, non è riscontrabile alcuna correlazione immediata tra la notizia del proposito stampalato ed irresponsabile e la natura della rete internet.

Il reverendo Jones aveva reso nota la sua intenzione a fine luglio e a darne la notizia fu la CNN e non un bloggere dello “speaker’s corner.com”. Infatti le rilevazioni relative alle ricerche su GOOGLE per “quran burning” negli ultimi trenta giorni sono state pressoché inesistenti fino a che non ne hanno parlato il generale Petreus il 6 settembre e poi Hillary Clinton e lo stesso Obama.

Galli Della Loggia va oltre e pone il “ problema del rapporto tra il regime democratico e l'estensione dello spazio. Quanto spazio si conviene alla democrazia perché essa possa funzionare?” Per Galli Della Loggia il caso del reverendo Jones evidenzia una difficoltà per l’ambito della relazione tra stato e spazio nella globalizzazione, una difficoltà più grave di quella legata all’esercizio di sovranità statale in rapporto all’estensione dello stato. Cioè “la difficoltà legata alla ridotta estensione dello spazio statale, al suo restringimento di fatto, dovuto principalmente alla velocità ormai fantastica di ogni genere di comunicazione, vicina ormai al traguardo dell’istantaneità.” E’ il tecno-spazio virtuale che segna l’ingresso in un’”di epoca della prossimità totale. Che peraltro ha la sua negazione/antitesi nella crescente lontananza che invece, all’interno degli Stati, si è creata in un gran numero di casi tra centro e periferie.” In luogo di “inesistenti e fantasmatiche sovranità sovra o internazionali”, Galli Della Loggia vede la possibile messa in mora del regime democratico a causa delle “leggi senza volto della tecnologia, che operano nell’interesse esclusivo di sé medesime e/o degli incontrollabili interessi economici (per esempio della finanza o della grande informazione commerciale globale) che se ne servono”. Anche qui: non è Internet, sono le reazioni neotribali all’integrazione della globalizzazione degli integralisti come il reverendo Jones e dei Talebani a costituire il problema. E’ l’incapacità di riformare l’ONU in chiave multilaterale ad impedire l’azione di una sovranità politica democratica. Piuttosto la rete digitale si presenta come una impresa cognitiva collettiva, come il più grande spazio pubblico fino ad ora conosciuto dall’umanità, uno spazio dove la creazione di un’opinione pubblica avvertita è resa possibile dall’accesso disintermediato alle informazioni e dalla condivisione della conoscenza, nonché dalla possibilità di verificare la veridicità di possibili bufale o luoghi comuni a carattere ideologico o religioso. Attribuire a questo ecosistema cognitivo una soggettività in sé, non solo non corrisponde al vero, ma diventa un alibi che impedisce di aggiornare le categorie della politica legate ad una geografia bipolare o imperiale del secolo scorso. La questione vera che sta dietro le preoccupazioni di Giorello e Galli Della Loggia rimanda piuttosto alla necessità che le democrazie hanno di rigenerarsi dopo i blocchi, dopo Yalta e dopo le ideologie. Se non vogliamo il neotribalismo locale delle piccole patrie padane o le derive plebiscitarie del personalismo mediatico, non è sufficiente alcuna soluzione simbolica attraverso recuperi aggiornati di identità passate. Occorre favorire processi di partecipazione informata tanto alla politica pubblica quanto alle forme organizzate della partecipazione politica per la definizione di identità inedite ed originali condivise: occorre adeguare la riflessione intellettuale. In questo senso la rete digitale, come estensione dello spazio e delle risorse di comunicazione, si propone come una straordinaria opportunità, un valore aggiunto per un regime democratico vissuto da una comunità consapevole che si confronta sui nodi della realtà locale e globale che la riguarda. E per questo non si astiene dalla partecipazione concreta.

venerdì 10 settembre 2010

l'ecologia parte costitutiva di una nuova politica

L’ignoranza e lo sfregio della Carta e delle sue istituzioni già oggi alimenta una deriva dissolutiva dell’idea di comunità nazionale, della sua identità e dei suoi compiti dentro il quadro europeo ed internazionale. L’equivalenza tra federalismo e “piccole patrie” rappresenta la prospettiva più plastica di questa condizione. Il fango delle diffamazioni copre la mancanza di una politica pubblica per i beni culturali e l’ambiente, relegati a lussi cui ci si può dedicare nei tempi di crescita economica. Eppure mai come oggi la crescita economica di un paese si fonda sulla unitarietà e la qualità di un ecosistema culturale ed ambientale. L’Italia custodisce la metà del patrimonio artistico mondiale. L'arte figurativa, la musica, l'architettura, la poesia,la letteratura, l’opera lirica, teatrale e cinematografica, hanno contribuito a dare forma e anima alle nostre città. La stesa identità nazionale degli italiani si fonda su questa consapevolezza di “bellezza”. Una consapevolezza che è parte della nostra Costituzione repubblicana, nell’articolo 9 essa afferma:” La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.” Nella Carta la funzione di tutela, lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica costituiscono un’unica matrice che impegna la politica pubblica. Il dimezzamento dei fondi ai parchi, i tagli alla cultura, il trasferimento indiscriminato di beni dello stato ai comuni non sembrano assolvere questo compito. Così come le azioni messe in atto da molti italiani, da Nord a Sud,. Le Forze dell’Ordine, anch’esse vittime di tagli, hanno segnalato nel 2009 un aumento annuale dei reati di abusivismo edilizio del 7,6% e di quelli legati a depuratori, scarichi e inquinamento da idrocarburi del 44,8%. Se a Milano vi è il più alto tasso di affezioni alle vie respiratorie tra i bambini e ad Ischia le richieste di sanatoria di edifici abusivi ha avuto 25.000 domande, appare chiaro che la questione ecologica deve essere una parte costitutiva di un rinnovato patriottismo costituzionale repubblicano. Non solo l’efficienza e l’efficacia energetica, dalle fonti rinnovabili alla innovazione tecnologica e nell’edilizia, la tipicità, la qualità e la sicurezza nella filiera agroalimentare, la manutenzione e l’accesso ai beni culturali, gli investimenti e i crediti d’imposta per la ricerca, sono parti centrali di un nuovo Patto Sociale. Lo sviluppo e la competitività di un paese nella globalizzazione o è economico, sociale e ambientale o non è. Un’azione politica innovativa richiede il coinvolgimento del mondo della produzione, della ricerca, delle amministrazioni pubbliche, della sussidiarietà e della comunicazione per definire e condividere un Patto per la Sostenibilità. Questo significa chiamare una comunità nazionale alla costruzione comune di un futuro di qualità e ad un protagonismo utile al futuro del pianeta. Questo è il Made in Italy che deve caratterizzare il Made in Europe dentro le difficili sfide della globalizzazione. "Lo sviluppo sostenibile è quello che soddisfa le necessità delle attuali generazioni senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare le proprie" (Commissione mondiale sull'ambiente e lo sviluppo dell'ONU, 1987). Oggi viviamo su un pianeta con un numero di esseri umani che ha già superato i 6 miliardi e ci dobbiamo chiedere se non rischiamo di oltrepassare la sua capacità di reggere le emissioni in atmosfera, le acque reflue inquinate, i rifiuti legati al nostro modo di produrre e di consumare. Sono questioni che non ci riguardano perché Minzolini e Feltri non ne parlano? Occorre essere millenaristi per preoccuparsi di come questa umanità proverà a vivere contendendosi le risorse disponibili senza distruggere i sistemi naturali? No, occorre essere persone consapevoli. Nel 2008 si è tenuta a Roma una conferenza internazionale nel centenario della nascita di Aurelio Peccei, il fondatore del Club di Roma che negli anni ’60 pose al mondo il problema dei limiti dello sviluppo e autorevoli scienziati internazionali si sono confrontati a partire da questa consapevolezza.Steven E. Koonin, Chief Scientist della BP, sì la BP, presentò dati chiari: i tre grandi mercati energetici, Nord America, Europa e Asia Pacifico( India,Cina, Oceania) consumano il 78% del petrolio e dispongono solo del 10% delle riserve, così per il gas consumano il 61% e hanno l’85% delle riserve, per il carbone le percentuali sono l’88% ed il 35%. Mentre le emissioni di Co2 crescono del 1,2% annuo nei paesi in via di sviluppo la crescita è del 2,8%. Se la Cina e l’india avessero le emissioni pro capite del Giappone la concentrazione di CO2 nell’atmosfera aumenterebbe del 40%. Gli scienziati BP prevedono che saranno ancora gli idrocarburi ed i combustibili fossili le fonti energetiche del futuro, con grandi problemi per le emissioni. Anche Martin Rees, Presidente Royal Society Britannica, conferma che al 2010 sarà intorno all’80% la percentuale delle fonti fossili tra tutte quelle energetiche. Rees ha illustrato le tendenze della crescita demografica che accompagnano la ridefinizione degli equilibri economici, politici mondiali. L’aumento della popolazione che ha visto una progressione di circa 200.000 anni per arrivare ad un miliardo nel1800, 130 anni per arrivare a 2 miliardi nel 1939, 30 per arrivare a 3 nel ’60, 15 per arrivare a 4 nel ’75, 12 per arrivare a 5 nel 1987 e altri 12, per fortuna non meno, per arrivare a 6 nel ’99. La parte urbanizzata della popolazione mondiale era meno del 10% nel 1700, è salita al 25% nel ‘900 arrivando oggi al 50% e si prevede al 67% nel 2050. La nuova geopolitica si evince anche da quelle che saranno le 12 megalopoli nel 2015, domani. Tokyo, che si sta contenendo, arriverà a 36,2 milioni di abitanti, Mumbai a 22,6, triplicata in 30 anni, Delhi quadruplicata a 20,9 , Città del Messico è raddoppiata in 30 anni e avrà 20,6 milioni di abitanti. L’unica città occidentale è New York a 19,7, l’Europa ha 400 milioni di abitanti e le top 12 sommano da sole 291 milioni di abitanti! Tanta pressione spiega perché nel 2000, 29 Paesi, con mezzo miliardo di abitanti, avevano carenza idriche, mentre si prevede per il 2025 che saranno 50 i paesi con deficit idrico con 3 miliardi di abitanti. I problemi per le emissioni e per l’acqua nel 21° secolo saranno molto più grandi nei pesi emergenti che in quelli che erano i paesi industrializzati. Sia gli scienziati della BP che quelli della Royal Society concordano sui passi da fare per una sfida globale complessa. Occorre una politica pubblica scientificamente e tecnicamente informata, coerente e stabile e capace di coordinare scienza, tecnologia ed economia. La Corte Costituzionale nella sentenza 151/186 sancisce ”la primarietà del valore estetico-culturale” il quale non può essere “subordinato ad altri valori, ivi compresi quelli economici”, al contrario deve essere “capace di influire profondamente sull'ordine economico-sociale”. Un chiaro indirizzo per la capacità di un paese di produrre valore dentro l’economia della conoscenza, quella su cui basano le proprie possibilità di ripresa e di competitività le democrazie nel mondo.