Superate abbondantemente le 18.000 sottoscrizioni i “Cinque referendum per Milano” passano ora dai tavoli della raccolta delle firme a quelli della raccolta dei voti dei candidati sindaco. Rispetto al referendum del 1985 sulla limitazione di ingresso alle auto nel centro storico questa volta, ai tavoli e dai tavoli, ho potuto notare o tanta indifferenza o una consapevole determinazione. Nel 1985 c’era una diffusa disponibilità, ora si rilevano lo sconcerto e la sfiducia nella possibilità che l’amministrazione comunale voglia e possa fare qualcosa di utile per la città ed i suoi cittadini.
Per questo le firme raccolte sono così significative, ognuno doveva firmare cinque volte e voleva sapere perché. Il perché è costituito da cinque proposte che, laddove la maggioranza dei milanesi che voteranno, quorum al 30%, le confermerà, diventeranno questioni e soluzioni che il Consiglio Comunale dovrà trattare come se fossero espressi da un gruppo consiliare. Una prima considerazione riguarda la capacità dei milanesi di reagire ad ogni possibile fatalistico destino di degrado della città e dell’idea stessa di cittadinanza. Migliaia di milanesi hanno trovato i tavoli e il tempo per firmare ed esprimere un recupero ed una riqualificazione della città. Questa opportunità è stata offerta loro da un gruppo di promotori trasversale : Marco Cappato, radicale, Edoardo Croci, già assessore della giunta Moratti, Enrico Fedrighini, verde. I promotori hanno trovato il sostegno di associazioni, accademici, politici che hanno messo al centro le cinque proposte per Milano e non la propria appartenenza e la propria simpatia politica. Questa volontà di andare oltre ogni recinto ideologico e partitico costituisce una straordinaria risorsa per la res publica, non solo milanese. Le amministrazioni di comune, provincia e regione, insieme a quella centrale, pur essendo dello stesso schieramento politico, non trovavano l’accordo sulle aree per l’EXPO e nessuno capiva perché e quale fosse il motivo reale della contesa: fondiario, immobiliare, qui o altrove? Nelle strade e nelle piazze della città, invece, i milanesi capivano perfettamente il senso delle proposte da sottoscrivere ai tavoli. I milanesi, non solo i residenti all’interno della cinta daziaria, infatti avrebbero volentieri firmato molti milanesi della Grande Milano che un tempo avremmo chiamato “milanes arius” ma oggi sono parte della stessa realtà, come ci ricordano il Seveso con le sue esondazioni, il Parco Sud ed il Parco Nord, la rete comune dei trasporti (la rete, non le tariffe) e la qualità dell’aria comune come la congestione del traffico. 1- Ridurre il traffico, con il potenziamento dei mezzi pubblici, l’estensione dell’”Ecopass”, la pedonalizzazione del centro.2- Raddoppiare gli alberi ed il verde pubblico e ridurre il consumo del suolo. 3-Conservare il futuro parco dell’area Expo.4- Risparmio energetico e riduzione dell’emissione di gas serra. 5-Ripristino della Darsena e riapertura dei Navigli Milanesi. Sono cinque questioni, cinque propositi non solo comuni all’area metropolitana milanese ma che ne orienterebbero il senso e la qualità.
Non si tratta solo di una indicazione della bocciatura delle politiche ambientali, del territorio e del traffico della Giunta Moratti, il messaggio dei milanesi è chiaro “ Voglio partecipare, se mi date una quota, minima ma certa, di sovranità rispetto al processo deliberativo, io partecipo e impiego il tempo necessario”. E’ un segno importantissimo nella città che vede i federalisti padani al governo da 15 anni e un decentramenti farsa, privo di poteri, utile alla distribuzione di gettoni a chi è nella cordata del consigliere comunale, dell’assessore, del consigliere regionale, del parlamentare e così via verso il baratro. Proviamo a pensare che quantità di partecipazione ci potrebbe essere se sulla piattaforma della Rete Civica PartecipaMI fossero a disposizione i materiali istruttori delle diverse deliberazioni ( come previsto dalla vigente riforma degli enti locali, ma ignorato da tutti) e se i cittadini potessero fare osservazioni e condividere proposte. Altroché “Effetto NIMBY” Not In My Backyard-Non Nel Mio Giardino, altroché comitati per il no, avremmo piuttosto il ritorno di un’opinione pubblica avvertita che pretende giustificazioni credibili delle decisioni pubbliche,nell’interesse della città. L’indizione dei referendum renderà ineludibili i loro temi ed il loro senso.
venerdì 5 novembre 2010
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