mercoledì 2 febbraio 2011
Calderoli cancella anche la sicurezza alimentare?
L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha sede a Parma e l’Italia ospiterà a Milano l’Expo 2015 dedicato al tema “Nutrire il Pianeta- Energia per la Vita”. Ci troviamo, quindi, nel cuore produttivo agroalimentare della presunta Padania, una filiera che va dal campo all’industria di trasformazione, alla distribuzione, al piatto dei consumatori e prosegue per la Borsa e le imprese di comunicazione del “Made in Italy”. L'ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) nel rapporto su "La competitività dell'agroalimentare italiano Check up 2010" ha mostrato che l'industria alimentare italiana ha retto meglio degli altri settori l'urto della crisi, con una tenuta anche sul piano europeo e la fiducia degli operatori ha ceduto in misura notevolmente più bassa rispetto al resto del manifatturiero. Cala l'export verso i Paesi terzi (-6%) e tra i comparti più penalizzati ci sono: pasta, frutta, succhi di frutta e olio di oliva. Si rileva una quota dell'export agroalimentare mondiale in linea con quella di Cina, Brasile, Argentina e Canada: competitor che evidenziano una maggiore dinamicità nel lungo periodo, con la preoccupazione della nostra Bilancia dei Pagamenti. Nomisma ha comunicato che la spesa degli italiani per alimenti e bevande è di 215,3 miliardi di euro all'anno, il 23,3 per cento sul totale dei consumi. L’intera filiera agroalimentare contribuisce al Pil per l'8,4 per cento e all'occupazione per il 12,6 per cento. Noi sappiamo bene che un altro contributo del mondo dell’agricoltura riguarda l’ambiente, il paesaggio, il presidio e la custodia delle colline e dei monti della dorsale appenninica, dell’arco alpino e la relazione di tutto ciò con il turismo e le sue implicazioni gastronomiche. La sfida della globalizzazione diventa perciò stringente e per noi è legata alla qualità alimentare, alle sue garanzie, alla lotta alla contraffazione. I 37 Nuclei dei Nas sul territorio italiano e le altre Forze dell’Ordine preposte hanno filtrato alla frontiera molta contraffazione proveniente dall’estero. Nel 2009 l’Agenzia delle Dogane ha scoperto oltre 25 mila barattoli di pomodori “San Marzano” falsamente etichettati e oltre 24 mila chili di formaggio a pasta filata dichiarata “MOZZARELLA”, proveniente da una azienda tedesca e destinata alla Libia. Il sistema di allerta comunitario RASFF ha indicato Cina e Turchia come i paesi dai quali provengono gran parte delle irregolarità. I controlli hanno evitato l’arrivo sulle nostre tavole di 41 mila tonnellate di prodotti contraffatti o avariati, non provenienti solo dall’estero. I carabinieri dei Nas hanno scoperto 23.342 infrazioni su 34.675 ispezioni effettuate, sequestrando in 12 mesi ben 39,3 milioni di chili di merce. E’ l’affidabilità e la credibilità del Made in Italy ad essere minacciata. Questo quadro di insieme ha ricevuto una spallata di incuria e trascuratezza normativa dal ministero guidato da Roberto Calderoli che parla di quella padana come di una nazione. La legge sulla Tutela degli alimenti 283 del 30 aprile 1962 è stata in tutti questi hanno lo strumento che ha permesso alle procure, ai carabinieri dei NAS, alle Capitanerie di Porto, al Corpo Forestale ai Carabinieri per le Politiche Agricole, di svolgere una funzione straordinaria di salvaguardia della salute pubblica, oltre ché del Made in Italy. Sì, si tratta anche di questo perché la salute vien mangiando. Ebbene il provvedimento messo a punto da Calderoli, con tanto di rogo delle leggi inutili esibito in piazza, ha cancellato indiscriminatamente le norme risalenti a prima del 1970. Per evitare che finissero al macero delle leggi di cui si riteneva "indispensabile la permanenza in vigore" il decreto 179/2009 prevedeva che entro un anno venissero corretti "eventuali errori e omissioni", individuando un elenco di leggi da salvare: per oscuri motivi la 263/62 non vi compare e quindi deve essere considerata abrogata a partire dall’11 dicembre 2010. Un pubblico ministero tra i più attivi sul fronte della sicurezza alimentare quale è Raffaele Guariniello, a Torino, è stato costretto a bloccare alcune sue inchieste su casi di adulterazione come quella sulle "mozzarelle blu" e così hanno fatto altri Magistrati in tutta Italia impegnati in inchieste simili. Un’abrogazione di fatto. E’ da arrampicamento sui vetri la precisazione del governo per cui il decreto di Calderoli fa salvi proprio codici e testi unici e dunque la norma 263/62 “ recando in epigrafe la denominazione "testo unico", non deve ritenersi cancellata". Proprio Guariniello ha fatto alcune osservazioni che rimandano ad un chiarimento normativo più che interpretativo:"C'è una sentenza della Corte di Cassazione (la 12572 del 31 marzo 2010) che conferma l'effetto abrogativo del "Taglia leggi" sulla 283/62. E come si sa il Parlamento fa le leggi, ma la Cassazione le interpreta.” Il magistrato chiama in causa il legislatore:"L'articolo 6 della legge 283/62, quello che prevede le sanzioni, è stato interamente sostituito dalla legge 441/1963 e in quest'ultima la parola 'Testo unico' non compare mai, per cui è sicuramente stata abrogata dal 'Taglia leggi'. Cosa succede dunque delle sanzioni penali? E' evidente che è necessaria una norma di interpretazione autentica". Questo brutto pasticcio non viene da via Merulana ma dalle valli bergamasche e dovrebbe costituire una buona lezione sulla non dipendenza della competenza politica e amministrativa da una base etnico/territoriale. Sarà per questo che il Ddl 2260, che prevede l’obbligo di indicare sull'etichetta la provenienza degli alimenti lungo tutta la filiera e l'eventuale presenza di OGM, anche per i singoli ingredienti, è divenuto legge con voto unanime in Commissione agricoltura della Camera in sede deliberante. Il Disegno di Legge "Disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari" è una concreta tutela dei prodotti Made in Italy di qualità: prevede l'obbligo di indicare la provenienza dei cibi per i prodotti trasformati e non, lungo tutta la filiera e quindi in ogni fase della produzione, dai campi agli scaffali. Fino ad oggi, le etichette d'origine in Italia era obbligatorie solo per uova, latte fresco, carne bovina, carne di pollo, passata di pomodoro, olio extra vergine di oliva e miele. Lo saranno per tutti gli alimenti appena saranno approvati i decreti attuativi: finirà la pubblicità con le immagini della Sicilia per il succo d'arancia se la materia prima arriva dal Brasile, così come per le mozzarelle associate al Golfo di Napoli, se arrivano dalla Germania. Si tratta di un provvedimento d’avanguardia che ora necessita di un impegno sul piano europeo affinché l’Europa imponga a tutti gli stati membri l’obbligo di etichettatura dei prodotti. E’ chiaro quale è il paradosso di questa schizofrenia normativa? L'Italia supera del 30% la media europea nelle frodi comunitarie, ma è/era l'unico Paese a essersi dotato di strumenti di controllo da parte di polizia specializzata. L’allora ministro Zaia ebbe a commentare "L'aumento dei sequestri indica principalmente il fatto che ci sono sempre più controlli la cui efficacia mi pare fuori discussione". Ecco, ora i controlli non ci sono più e anche l’etichetta più dettagliata e rassicurante non garantisce della qualità del prodotto cui si riferisce. Zaia lo spiega a Calderoli?
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento