Luci e ombre delle liberalizzazioni di Monti
di Stefano Rodotà • 28-Gen-12
Nel decreto si reinterpreta l'articolo 41 della Costituzione in modo da negare gli equilibri costituzionali lì nitidamente definiti.
Vi sono due punti nel decreto sulle liberalizzazioni che meritano d'essere sottolineati per il loro notevole significato di principio.
Il primo riguarda l'eliminazione della norma che, vietando ai Comuni di costituire aziende speciali per la gestione del servizio idrico, contrastava visibilmente con il risultato del referendum sull'acqua come bene comune. Abbandonando questa via pericolosa e illegittima, il governo non ha ceduto ad alcuna pressione corporativa ma ha fatto il suo dovere, rispettando la volontà di 27 milioni di cittadini. Certo, la costruzione degli strumenti istituzionali necessari per dare concretezza alla categoria dei beni comuni incontrerà altri ostacoli nel modo in cui lo stesso decreto disciplina nel loro insieme i servizi pubblici. Ma il disconoscimento di una volontà formalmente manifestata con un voto avrebbe gravemente pregiudicato il già precario rapporto tra cittadini e istituzioni, inducendo ancor di più le persone a dubitare dell'utilità di impegnarsi nella politica usando tutti i mezzi costituzionalmente legittimi.
Vale la pena di aggiungere che questa scelta può essere valutata considerando anche l'annuncio del ministro Passera relativo all'assegnazione delle frequenze, da lui definite nella conferenza stampa come “beni pubblici” di cui, dunque, non si può disporre nell'interesse esclusivo di ben individuati interessi privati. Senza voler sopravvalutare segnali ancora deboli, si può dire che il ricco, variegato e combattivo movimento per i beni comuni non solo ha riportato una piccola, importante vittoria, ma ha trovato una legittimazione ulteriore per proseguire nella sua azione.
Questa associazione tra acqua e frequenze non è arbitraria, poiché la ritroviamo nelle proposte della Commissione ministeriale sulla riforma dei beni pubblici. Si dovrebbe sperare che i partiti non continuino soltanto a fare da spettatori alle gesta del governo, ma comincino a rendersi conto delle loro specifiche responsabilità. Tra queste, oggi, vi è proprio quella che riguarda una nuova disciplina dei beni, per la quale già sono state presentate proposte in Parlamento, e che è indispensabile perché le categorie dei beni corrispondano a una realtà economica e sociale lontanissima da quella che, sessant'anni fa, costituiva il riferimento del codice civile. Se questa riforma fosse stata già realizzata, non sarebbe stata possibile la vergogna del “beauty contest” sulle frequenze. E ci risparmieremmo molte delle approssimazioni su una via italiana al risanamento che contempli massicce dismissioni di beni pubblici, quasi che la loro vocazione sia solo quella di far cassa e non la realizzazione di specifiche finalità che le istituzioni pubbliche non possono abbandonare.
Tutt'altra aria si respira quando si considera l'articolo 1 del decreto. Qui non si trova uno dei soliti inutili e fumosi prologhi in cielo che caratterizzano molte leggi. Si fanno, invece, tre inquietanti operazioni: si prevede l'abrogazione di una serie indeterminata di norme, affidandosi a indicazioni assai generiche, che attribuiscono al governo una ampiezza di poteri tale da poter sconfinare quasi nell'arbitrio; si impongono criteri interpretativi altrettanto indeterminati e arbitrari; soprattutto si reinterpreta l'articolo 41 della Costituzione in modo da negare gli equilibri costituzionali lì nitidamente definiti. L'obiettivo dichiarato è quello di liberalizzare le attività economiche e ridurre gli oneri amministrativi sulle imprese. Ma la via imboccata è quella di una strisciante revisione costituzionale, secondo una logica assai vicina a quella di tremontiana memoria, poi affidata a uno sciagurato disegno di legge costituzionale sulla modifica dell'articolo 41, ora fortunatamente fermo in Parlamento.
Indico sinteticamente le ragioni del mio giudizio critico. Le norme da abrogare vengono individuate parlando di limiti all'attività economica “non giustificati da un interesse generale, costituzionalmente rilevante e compatibile con l'ordinamento comunitario nel rispetto del principio di proporzionalità”; e di divieti che, tra l'altro, “pongono limiti, programmi e controlli non ragionevoli ovvero non adeguati ovvero non proporzionati rispetto alle finalità pubbliche dichiarate”. Tutte le altre norme devono essere “interpretate e applicate in senso tassativo, restrittivo e ragionevolmente proporzionato rispetto alle perseguite finalità di interesse pubblico generale”. Non v'è bisogno d'essere giurista per rendersi conto di quanti siano i problemi legati a questo modo di scrivere le norme. Non è ammissibile che l'”interesse pubblico generale” sia identificato con il solo principio di concorrenza, in palese contrasto con quanto è scritto nell'articolo 41.
Il sovrapporsi di diversi soggetti nella definizione complessiva delle nuove regole può creare situazioni di incertezza e di conflitto. Il bisogno di semplificazione e di cancellazione di inutili appesantimenti burocratici non può giustificare il riduzionismo economico, che rischia di sacrificare diritti fondamentali considerati dalla Costituzione irriducibili alla logica di mercato. Si pretende di imporre i criteri da seguire nell'interpretazione di tutte le norme in materia: ma le leggi si interpretano per quello che sono, per il modo in cui si collocano in un complessivo sistema giuridico, che non può essere destabilizzato da mosse autoritarie, dall'inammissibile pretesa di un governo di obbligare gli interpreti a conformarsi alle sue valutazioni o preferenze. In anni recenti, si è dovuta respingere più d'una volta questa pretesa, che altera gli equilibri tra i poteri dello Stato.
L'operazione, di chiara impronta ideologica, è dunque tecnicamente mal costruita dal governo dei tecnici. Ma, soprattutto, deve essere rifiutata perché vuole imporre una modifica dell'articolo 41 della Costituzione, attribuendo valore assolutamente preminente all'iniziativa economica privata e degradando a meri criteri interpretativi i riferimenti costituzionali alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana. Questo capovolgimento della scala dei valori è inammissibile. Un mutamento così radicale non è nella disponibilità del legislatore ordinario, e dubito che possa essere oggetto della stessa revisione costituzionale. Quando sono implicate libertà e dignità, siamo di fronte a quei “principi supremi” dell'ordinamento che, fin dal 1988, la Corte costituzionale ha detto che non possono “essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale”. Certo, invocando una qualsiasi emergenza, questo può concretamente avvenire. Allora, però, si è di fronte ad un mutamento di regime. Se ancora sopravvive un po' di spirito costituzionale, su questo inizio del decreto, e non nella difesa di questa o quella corporazione, dovrebbe esercitarsi il potere emendativo del Parlamento.
Repubblica, 24 gennaio 2012
lunedì 30 gennaio 2012
venerdì 27 gennaio 2012
Salviamo i Parchi Nazionali
AMBIENTALISTI: APPELLO PER FERMARE UNA RIFORMA INUTILE E DANNOSA
Con il pretesto della riforma della Legge n.394 del 1991 si stravolgono i Parchi Nazionali
Fondo Ambiente Italiano, Italia Nostra, Mountain Wilderness, Lega Italiana Protezione Uccelli e WWF Italia lanciano insieme un appello per fermare la riforma della legge 394 sulle aree protette che rischia di stravolgere i parchi Nazionali.
Gli aspetti più pericolosi della riforma avviata dalla Commissione Ambiente del Senato interessano essenzialmente tre aspetti della gestione delle nostre aree protette che per i loro contenuti rischiano di stravolgere alcuni dei principi fondamentali che hanno motivato la creazione dei Parchi e delle Riserve naturali non solo in Italia ma in tutto il mondo.
Nei prossimi mesi per fermare questa riforma inutile e dannosa della Legge quadro sulle aree naturali protette le nostre Associazioni lavoreranno insieme, cercando il supporto del mondo scientifico, degli intellettuali, dei rappresentanti della cultura e dell'ampia maggioranza dell'opinione pubblica che ha a cuore la sorte dei nostri Parchi Nazionali e della natura che devono proteggere.
E' solo rispettando le finalità di tutela che i parchi possono rappresentare un forte richiamo per il turismo nazionale e internazionale con ricadute positive sull'occupazione.
La riforma contestata vuole mettere in discussione il delicato equilibrio raggiunto nella gestione dei parchi tra rappresentanti del Ministeri dell'Ambiente e dell'Agricoltura, del mondo scientifico, delle Associazioni ambientaliste e dei rappresentanti degli Enti Locali, nel rispetto della Costituzione che attribuisce allo Stato la competenza esclusiva in materia di tutela degli ecosistemi proprio per ribadire l'interesse nazionale della conservazione della natura. Le proposte di modifica intendono spostare questo delicato equilibrio a vantaggio di coloro che rappresentano interessi locali e di settore con una maggioranza dei rappresentanti degli Enti Locali e l'introduzione di un rappresentante delle Associazioni agricole nel Consiglio direttivo degli Enti Parco. Allo stesso tempo verrebbero eliminati i rappresentanti del mondo scientifico e ridotta la presenza delle Associazioni ambientaliste. Queste modifiche, insieme alle nuove procedure previste per la nomina dei direttori dei parchi, non farebbero che aumentare la politicizzazione degli Enti Parco.Una maggiore efficienza nella gestione degli Enti Parco, in particolare per la valorizzazione delle identità locali dei territori e lo sviluppo della “green economy”, sarebbe la motivazione principale dei sostenitori della riforma, ma questo può essere perseguito da diversi Enti pubblici nell'ambito delle loro ordinarie funzioni. Le aree naturali protette nascono per la conservazione della natura, se gli Enti Parco si trasformano in grandi Pro loco o agenzie di sviluppo locale finiscono per diventare inutili doppioni di Enti che oggi in molti vorrebbero tra l'altro cancellare.
Come secondo punto critico si aprirebbe la possibilità di cacciare nelle aree protette con la scusa del controllo delle specie aliene, quando soluzioni efficaci sono possibili anche con l'attuale normativa ed organizzazione dei Parchi.
Terzo aspetto è il meccanismo di finanziamento degli Enti Parco con l'introduzione della riscossione di una royalty o di canoni su alcune attività ad elevato impatto ambientale (la coltivazione di idrocarburi, gli impianti idroelettrici, impianti a biomasse, oleodotti ed elettrodotti fuori terra, le attività estrattive, posti barca ecc) che determinerebbero un pesante condizionamento delle decisioni di un Ente Parco che in prospettiva sarebbe a larga maggioranza controllato dai rappresentanti dei Comuni.
Firma:
Giulia Maria Mozzoni Crespi (Presidente onorario FAI)
Alessandra Mottola Molfino (Presidente nazionale Italia Nostra)
Danilo Mainardi (Presidente onorario LIPU – Birdlife Italia)
Fausto De Stefani (Presidente onorario Mountain Wilderness)
Fulco Pratesi (Presidente onorario WWF Italia)
Con il pretesto della riforma della Legge n.394 del 1991 si stravolgono i Parchi Nazionali
Fondo Ambiente Italiano, Italia Nostra, Mountain Wilderness, Lega Italiana Protezione Uccelli e WWF Italia lanciano insieme un appello per fermare la riforma della legge 394 sulle aree protette che rischia di stravolgere i parchi Nazionali.
Gli aspetti più pericolosi della riforma avviata dalla Commissione Ambiente del Senato interessano essenzialmente tre aspetti della gestione delle nostre aree protette che per i loro contenuti rischiano di stravolgere alcuni dei principi fondamentali che hanno motivato la creazione dei Parchi e delle Riserve naturali non solo in Italia ma in tutto il mondo.
Nei prossimi mesi per fermare questa riforma inutile e dannosa della Legge quadro sulle aree naturali protette le nostre Associazioni lavoreranno insieme, cercando il supporto del mondo scientifico, degli intellettuali, dei rappresentanti della cultura e dell'ampia maggioranza dell'opinione pubblica che ha a cuore la sorte dei nostri Parchi Nazionali e della natura che devono proteggere.
E' solo rispettando le finalità di tutela che i parchi possono rappresentare un forte richiamo per il turismo nazionale e internazionale con ricadute positive sull'occupazione.
La riforma contestata vuole mettere in discussione il delicato equilibrio raggiunto nella gestione dei parchi tra rappresentanti del Ministeri dell'Ambiente e dell'Agricoltura, del mondo scientifico, delle Associazioni ambientaliste e dei rappresentanti degli Enti Locali, nel rispetto della Costituzione che attribuisce allo Stato la competenza esclusiva in materia di tutela degli ecosistemi proprio per ribadire l'interesse nazionale della conservazione della natura. Le proposte di modifica intendono spostare questo delicato equilibrio a vantaggio di coloro che rappresentano interessi locali e di settore con una maggioranza dei rappresentanti degli Enti Locali e l'introduzione di un rappresentante delle Associazioni agricole nel Consiglio direttivo degli Enti Parco. Allo stesso tempo verrebbero eliminati i rappresentanti del mondo scientifico e ridotta la presenza delle Associazioni ambientaliste. Queste modifiche, insieme alle nuove procedure previste per la nomina dei direttori dei parchi, non farebbero che aumentare la politicizzazione degli Enti Parco.Una maggiore efficienza nella gestione degli Enti Parco, in particolare per la valorizzazione delle identità locali dei territori e lo sviluppo della “green economy”, sarebbe la motivazione principale dei sostenitori della riforma, ma questo può essere perseguito da diversi Enti pubblici nell'ambito delle loro ordinarie funzioni. Le aree naturali protette nascono per la conservazione della natura, se gli Enti Parco si trasformano in grandi Pro loco o agenzie di sviluppo locale finiscono per diventare inutili doppioni di Enti che oggi in molti vorrebbero tra l'altro cancellare.
Come secondo punto critico si aprirebbe la possibilità di cacciare nelle aree protette con la scusa del controllo delle specie aliene, quando soluzioni efficaci sono possibili anche con l'attuale normativa ed organizzazione dei Parchi.
Terzo aspetto è il meccanismo di finanziamento degli Enti Parco con l'introduzione della riscossione di una royalty o di canoni su alcune attività ad elevato impatto ambientale (la coltivazione di idrocarburi, gli impianti idroelettrici, impianti a biomasse, oleodotti ed elettrodotti fuori terra, le attività estrattive, posti barca ecc) che determinerebbero un pesante condizionamento delle decisioni di un Ente Parco che in prospettiva sarebbe a larga maggioranza controllato dai rappresentanti dei Comuni.
Firma:
Giulia Maria Mozzoni Crespi (Presidente onorario FAI)
Alessandra Mottola Molfino (Presidente nazionale Italia Nostra)
Danilo Mainardi (Presidente onorario LIPU – Birdlife Italia)
Fausto De Stefani (Presidente onorario Mountain Wilderness)
Fulco Pratesi (Presidente onorario WWF Italia)
lunedì 23 gennaio 2012
Cervelli a perdere
L’Istat ha fotografato il fenomeno della fuga di cervellI dall'Italia. Su 18mila dottori di ricerca presi in esame, che hanno conseguito il titolo tra il 2004 e il 2006, quasi 1.300 (il 7%) sono andati all’estero tra il 2009 e il 2010, soprattutto studenti del Nord che hanno conseguito il dottorato in giovane età (meno di 32 anni).
I ricercatori che hanno scelto o hanno potuto scegliere di andare via dall'Italia sono per il 41,2 % del Nord, per il 23,3 % del Centro e per il 24,2% del Sud. Spesso per i giovani ricercatori meridionali lo spostamento è verso il Nord Italia. Possiamo pensare che nell'era della blobalizzazione e dei programmi di scambio come l'Erasmus l'Istat fotografi un movimento naturale, ma altri dati ci dicono che non e così. I dottori di ricerca italiani che hanno un’intenzione non definita di rimanere negli Usa passa dal 48,6% tra il 1990-1993 al 62,2% nel 1998-2001; quelli che hanno fatto piani definitivi salgono dal 36,5% al 49,8%. Metà dei giovani italiani che hanno conseguito il dottorato di ricerca negli Stati Uniti, non ha intenzione di rientrare. Ciò che sorprende è che metà dei giovani ricercatori tornerebbe volentieri.
Va inoltre notato che il saldo tra laureti che emigrano e altri che vengono da noi è negativo. Secondo i dati dell’Eurostat Force Labor Survey, nel 1999 il totale dei laureati italiani che lavorava all'estero rispetto al totale dei laureati in Italia era del 2,3%, mentre quello dei laureati stranieri che lavorava in Italia (sempre rispetto al totale laureati) era lo 0,3%. La percentuale di laureati emigrati è sette volte maggiore di quella di laureati stranieri presenti nel nostro Paese. Nei grandi Paesi dell'Unione Europea (Germania, Francia, Regno Unito, Spagna), questo squilibrio c’è solo in Spagna, dove però i due valori sono simili: 0,8% di laureati emigrati contro lo 0,5 di laureati stranieri immigrati.
Tutti questi dati ci dicono che la sconfitta del sistema Italia è evidente e che altri godono della preparazione e del lavoro dei nostri professionisti, senza reciprocità e scambio di conoscenze. Le ragioni di questa dissipazione cognitiva sono chiaramente mostrate dal confronto tra le cifre. Nel 2011 l'Italia ha investito l'1,1% del Pil alle spese destinate alla ricerca e allo sviluppo. La Germania il 2,3%,la Danimarca il 2,4%, la Svezia il 3,3%, la Finlandia il 3,1% e Israele il 4,4%. Fuori dall'Europa il Giappone ha investito il 3,3%, la Corea del Sud il 3% e gli Usa il 2,7%. Chi il doppio, chi il triplo, chi il quadruplo di noi! Un Paese ha un futuro di libertà e di dignità solo se investe in ricerca e innovazione.
Il problema non è tanto frenare l'emigrazione di cervelli, quanto creare un ambiente in grado di consentirne e motivarne il ritorno, nonché l'arrivo di laureati e ricercatori da altri Paesi. Si tratta di investire di più, di coordinare gli investimenti pubblici con quelli privati, di offrire servizi e un ambiente adeguati. Dopo i pesanti provvedimenti "Salva Italia" il Governo, nel quale ci sono competenze riconosciute nel mondo, finalmente deve riconoscere la spesa per l'apprendimento, la ricerca e l'innovazione come un investimento necessario e fecondo, non più una spesa quasi inutile. Allora la rete di scambi e di collaborazioni reciproche nella ricerca aiuterà il passaggio a "Cresci Italia".
I ricercatori che hanno scelto o hanno potuto scegliere di andare via dall'Italia sono per il 41,2 % del Nord, per il 23,3 % del Centro e per il 24,2% del Sud. Spesso per i giovani ricercatori meridionali lo spostamento è verso il Nord Italia. Possiamo pensare che nell'era della blobalizzazione e dei programmi di scambio come l'Erasmus l'Istat fotografi un movimento naturale, ma altri dati ci dicono che non e così. I dottori di ricerca italiani che hanno un’intenzione non definita di rimanere negli Usa passa dal 48,6% tra il 1990-1993 al 62,2% nel 1998-2001; quelli che hanno fatto piani definitivi salgono dal 36,5% al 49,8%. Metà dei giovani italiani che hanno conseguito il dottorato di ricerca negli Stati Uniti, non ha intenzione di rientrare. Ciò che sorprende è che metà dei giovani ricercatori tornerebbe volentieri.
Va inoltre notato che il saldo tra laureti che emigrano e altri che vengono da noi è negativo. Secondo i dati dell’Eurostat Force Labor Survey, nel 1999 il totale dei laureati italiani che lavorava all'estero rispetto al totale dei laureati in Italia era del 2,3%, mentre quello dei laureati stranieri che lavorava in Italia (sempre rispetto al totale laureati) era lo 0,3%. La percentuale di laureati emigrati è sette volte maggiore di quella di laureati stranieri presenti nel nostro Paese. Nei grandi Paesi dell'Unione Europea (Germania, Francia, Regno Unito, Spagna), questo squilibrio c’è solo in Spagna, dove però i due valori sono simili: 0,8% di laureati emigrati contro lo 0,5 di laureati stranieri immigrati.
Tutti questi dati ci dicono che la sconfitta del sistema Italia è evidente e che altri godono della preparazione e del lavoro dei nostri professionisti, senza reciprocità e scambio di conoscenze. Le ragioni di questa dissipazione cognitiva sono chiaramente mostrate dal confronto tra le cifre. Nel 2011 l'Italia ha investito l'1,1% del Pil alle spese destinate alla ricerca e allo sviluppo. La Germania il 2,3%,la Danimarca il 2,4%, la Svezia il 3,3%, la Finlandia il 3,1% e Israele il 4,4%. Fuori dall'Europa il Giappone ha investito il 3,3%, la Corea del Sud il 3% e gli Usa il 2,7%. Chi il doppio, chi il triplo, chi il quadruplo di noi! Un Paese ha un futuro di libertà e di dignità solo se investe in ricerca e innovazione.
Il problema non è tanto frenare l'emigrazione di cervelli, quanto creare un ambiente in grado di consentirne e motivarne il ritorno, nonché l'arrivo di laureati e ricercatori da altri Paesi. Si tratta di investire di più, di coordinare gli investimenti pubblici con quelli privati, di offrire servizi e un ambiente adeguati. Dopo i pesanti provvedimenti "Salva Italia" il Governo, nel quale ci sono competenze riconosciute nel mondo, finalmente deve riconoscere la spesa per l'apprendimento, la ricerca e l'innovazione come un investimento necessario e fecondo, non più una spesa quasi inutile. Allora la rete di scambi e di collaborazioni reciproche nella ricerca aiuterà il passaggio a "Cresci Italia".
mercoledì 18 gennaio 2012
No alla censura in rete
Gli States introducono la censura web attraverso il SOPA. La cosa ci riguarda, la rete non ha confini. Un confronto a più voci.
http://www.datamanager.it/news/sopa/sopa-il-web-si-censura-protesta
http://www.datamanager.it/news/sopa/sopa-il-web-si-censura-protesta
martedì 17 gennaio 2012
Workshop sui Bilanci partecipativi
La partecipazione informata, grazie alla condivisione in rete e al confronto e all'elaborazione collettiva costruisce una cultura della cittadinanza e della responsabilità condivisa. Chiaramente implica delle effettive giustificazioni per le scelte pubbliche proposte/effettuate dalle amministrazioni.
Workshop sui Bilanci partecipativi
Quando Il 25 Gennaio dalle 14:00 alle 18:00
Luogo Sala Conferenze di Palazzo Reale
Indirizzo Piazza del Duomo, 10-12, 20122 Milano, Italia
Il vento del cambiamento ha soffiato nel 2011 in molti Paesi: in Nord Africa, in vari Paesi Arabi, in Grecia, Spagna, negli Stati Uniti d'America e recentemente in Russia. Decine, centinaia di migliaia di persone, soprattutto giovani, sono scese in piazza, a volte a rischio della vita, per liberare i propri Paesi da regimi non democratici, per protestare contro il modo con cui i governi affrontano la crisi economico-finanziaria globale, per pretendere di essere coinvolti in un cambiamento radicale di cui si avverte crescente il bisogno. In Italia, questo vento del cambiamento si è manifestato tanto in occasione delle elezioni amministrative di maggio 2011 che dei referendum di giugno: in molti hanno deciso di tornare protagonisti e scommettere sul cambiamento della politica a partire dalle città.
Le tecnologie della comunicazione - cellulari e email, Facebook e Twitter - forse non hanno innescato la mobilitazione, l'auto-organizzazione e la partecipazione, ma di certo l'hanno favorita ed estesa in un modo che altrimenti non sarebbe stato possibile.
Dove il cambiamento di governo c'è stato, si apre ora la sfida di dare seguito alle speranze di cambiamento e alla domanda di maggior coinvolgimento che viene dai cittadini, pur nel pesante scenario di crisi economica.
La "nuova frontiera" della cittadinanza attiva e della partecipazione produttiva e informata deve sapersi articolare riconoscendo che esiste un continuum tra online e offline, tra ciò che accade in un spazio fisico e prosegue in rete, o viceversa: l'uno ha bisogno dell'altro. Gli spazi online devono essere progettati consapevolmente, ispirandosi ai processi partecipativi offline - e tra questi in modo particolare dalle esperienze di bilanci partecipativi - per imparare da questi cosa ostacola e cosa favorisce la partecipazione dei cittadini e l'impatto sulle scelte dell'amministrazione. Devono favorire l'osmosi con i social network, ma utilizzare strumenti software adatti a ospitare dialogo informato e produttivo, a favorire il confronto serrato ma corretto tra opinioni anche diverse, possibilmente a far maturare consenso su opzioni sostenibili.
Questi sono i temi che verranno affrontati nel terzo workshop della serie “New Directions for Active Citizen Involvement in the Network Society” che mantiene la tradizione di affiancare un ricercatore senior a giovani ricercatori e viene organizzato con la collaborazione della Delegata del Sindaco di Milano al Progetto della Rete degli Sportelli Territoriali di Partecipazione Civica e dell’Associazione Centro Studi Democrazia partecipativa.
Bilanci partecipativi: uno strumento di democrazia deliberativa in tempi di crisi:
le esperienze offline per progettare gli strumenti online
14.00 - 14.15 Apertura
Fiorella De Cindio
Dipartimento di Informatica e Comunicazione e Presidente Fondazione RCM
Milly Moratti
Delegata del Sindaco di Milano al Progetto della Rete degli Sportelli Territoriali di Partecipazione Civica
14.15 - 15.00
Leonardo Avritzer (Universidade Federal de Minas Gerais, Belo Horizonte)
The different designs of public participation in Brazil. Deliberation, power sharing and public ratification.
15.00 - 15.30
Discussione con il relatore coordinata da
Andrea Trentini (Dipartimento di Informatica e Comunicazione, Università di Milano)
15.30 - 16.00 Break
16.00 - 16.30
Stefano Stortone (Università Cattolica di Milano)
Il bilancio partecipativo: un contributo alla e-participation
16.30 - 17.00
Ewa Krzatala-Jaworska (Università Sorbona, Parigi)
Problemi&Proposte: un software open-source per raccogliere idee e proposte dai cittadini
17.00 - 18.00
Discussione sull'insieme delle relazioni coordinata da
Stefano Rolando (Università IULM, Milano)
hanno confermato la loro presenza:
Daniela Benelli (Assessore all’Area metropolitana, Decentramento e municipalità, Servizi civici)
Marco Cappato (Presidente della Commissione Referendum approvati, Iniziativa Popolare, Digitalizzazione, Trasparenza, Agenda digitale)
Lucia Castellano (Assessore alla Casa, Demanio, Lavori pubblici)
Fiorello Cortiana (Innovazione, Provincia di Milano)
Yuri Guaiana (Vice Presidente del Consiglio di Zona 2)
Patrizia Quartieri (capogruppo del Gruppo Consiliare Sinistra Ecologia Libertà)
Anna Scavuzzo (capogruppo del Gruppo Consiliare Milano Civica per Pisapia sindaco)
Fabrizio Tellini (Presidente del Consiglio di Zona 7)
profilo dei relatori
Leonardo Avritzer, dopo due post-dottorati all’MIT è ora docente al Dipartimento di Scienza politica dell’ Universidade Federal de Minas Gerais di Belo Horizonte (Brazil) dove coordina il Projeto Democracia Participativa. Tra i suoi volumi più importanti, Democracy and the Public Space in Latin America e Participatory Institutions in Democratic Brazil pubblicati rispettivamente nel 2002 e 2009.
Stefano Stortone, dottorato all’Università Cattolica di Milano, ha seguito dal 2008 al 2010 l’esperienza di bilancio partecipativo a Canegrate ed ora ne coordina uno a Cascina (PI) co-finanziato dalla Regione Toscana.
Ewa Krzatala-Jaworska, dottoranda presso l’Università Sorbona di Parigi, ha studiato l’utilizzo degli strumenti deliberativi predisposti nel sito ComunaliMilano2011.
Il workshop è rivolto a studenti, studenti di dottorato, ricercatori, amministratori e funzionari pubblici e cittadini.
La presentazione di Leonardo Avritzer sarà in inglese. Le altre relazioni e la discussione in italiano.
Chi è interessato a partecipare è invitato a mandare una email a workshop25gennaio@rcm.inet.it con il proprio nome nel subject del messaggio.
Chi organizza Dipartimento di Informatica e Comunicazione (nell'ambito del corso di Cittadinanza Digitale e Tecnocivismo) in collaborazione con la Delegata del Sindaco di Milano al Progetto della Rete degli Sportelli Territoriali di Partecipazione Civica e dell’Associazione Centro Studi Democrazia partecipativa.
Workshop sui Bilanci partecipativi
Quando Il 25 Gennaio dalle 14:00 alle 18:00
Luogo Sala Conferenze di Palazzo Reale
Indirizzo Piazza del Duomo, 10-12, 20122 Milano, Italia
Il vento del cambiamento ha soffiato nel 2011 in molti Paesi: in Nord Africa, in vari Paesi Arabi, in Grecia, Spagna, negli Stati Uniti d'America e recentemente in Russia. Decine, centinaia di migliaia di persone, soprattutto giovani, sono scese in piazza, a volte a rischio della vita, per liberare i propri Paesi da regimi non democratici, per protestare contro il modo con cui i governi affrontano la crisi economico-finanziaria globale, per pretendere di essere coinvolti in un cambiamento radicale di cui si avverte crescente il bisogno. In Italia, questo vento del cambiamento si è manifestato tanto in occasione delle elezioni amministrative di maggio 2011 che dei referendum di giugno: in molti hanno deciso di tornare protagonisti e scommettere sul cambiamento della politica a partire dalle città.
Le tecnologie della comunicazione - cellulari e email, Facebook e Twitter - forse non hanno innescato la mobilitazione, l'auto-organizzazione e la partecipazione, ma di certo l'hanno favorita ed estesa in un modo che altrimenti non sarebbe stato possibile.
Dove il cambiamento di governo c'è stato, si apre ora la sfida di dare seguito alle speranze di cambiamento e alla domanda di maggior coinvolgimento che viene dai cittadini, pur nel pesante scenario di crisi economica.
La "nuova frontiera" della cittadinanza attiva e della partecipazione produttiva e informata deve sapersi articolare riconoscendo che esiste un continuum tra online e offline, tra ciò che accade in un spazio fisico e prosegue in rete, o viceversa: l'uno ha bisogno dell'altro. Gli spazi online devono essere progettati consapevolmente, ispirandosi ai processi partecipativi offline - e tra questi in modo particolare dalle esperienze di bilanci partecipativi - per imparare da questi cosa ostacola e cosa favorisce la partecipazione dei cittadini e l'impatto sulle scelte dell'amministrazione. Devono favorire l'osmosi con i social network, ma utilizzare strumenti software adatti a ospitare dialogo informato e produttivo, a favorire il confronto serrato ma corretto tra opinioni anche diverse, possibilmente a far maturare consenso su opzioni sostenibili.
Questi sono i temi che verranno affrontati nel terzo workshop della serie “New Directions for Active Citizen Involvement in the Network Society” che mantiene la tradizione di affiancare un ricercatore senior a giovani ricercatori e viene organizzato con la collaborazione della Delegata del Sindaco di Milano al Progetto della Rete degli Sportelli Territoriali di Partecipazione Civica e dell’Associazione Centro Studi Democrazia partecipativa.
Bilanci partecipativi: uno strumento di democrazia deliberativa in tempi di crisi:
le esperienze offline per progettare gli strumenti online
14.00 - 14.15 Apertura
Fiorella De Cindio
Dipartimento di Informatica e Comunicazione e Presidente Fondazione RCM
Milly Moratti
Delegata del Sindaco di Milano al Progetto della Rete degli Sportelli Territoriali di Partecipazione Civica
14.15 - 15.00
Leonardo Avritzer (Universidade Federal de Minas Gerais, Belo Horizonte)
The different designs of public participation in Brazil. Deliberation, power sharing and public ratification.
15.00 - 15.30
Discussione con il relatore coordinata da
Andrea Trentini (Dipartimento di Informatica e Comunicazione, Università di Milano)
15.30 - 16.00 Break
16.00 - 16.30
Stefano Stortone (Università Cattolica di Milano)
Il bilancio partecipativo: un contributo alla e-participation
16.30 - 17.00
Ewa Krzatala-Jaworska (Università Sorbona, Parigi)
Problemi&Proposte: un software open-source per raccogliere idee e proposte dai cittadini
17.00 - 18.00
Discussione sull'insieme delle relazioni coordinata da
Stefano Rolando (Università IULM, Milano)
hanno confermato la loro presenza:
Daniela Benelli (Assessore all’Area metropolitana, Decentramento e municipalità, Servizi civici)
Marco Cappato (Presidente della Commissione Referendum approvati, Iniziativa Popolare, Digitalizzazione, Trasparenza, Agenda digitale)
Lucia Castellano (Assessore alla Casa, Demanio, Lavori pubblici)
Fiorello Cortiana (Innovazione, Provincia di Milano)
Yuri Guaiana (Vice Presidente del Consiglio di Zona 2)
Patrizia Quartieri (capogruppo del Gruppo Consiliare Sinistra Ecologia Libertà)
Anna Scavuzzo (capogruppo del Gruppo Consiliare Milano Civica per Pisapia sindaco)
Fabrizio Tellini (Presidente del Consiglio di Zona 7)
profilo dei relatori
Leonardo Avritzer, dopo due post-dottorati all’MIT è ora docente al Dipartimento di Scienza politica dell’ Universidade Federal de Minas Gerais di Belo Horizonte (Brazil) dove coordina il Projeto Democracia Participativa. Tra i suoi volumi più importanti, Democracy and the Public Space in Latin America e Participatory Institutions in Democratic Brazil pubblicati rispettivamente nel 2002 e 2009.
Stefano Stortone, dottorato all’Università Cattolica di Milano, ha seguito dal 2008 al 2010 l’esperienza di bilancio partecipativo a Canegrate ed ora ne coordina uno a Cascina (PI) co-finanziato dalla Regione Toscana.
Ewa Krzatala-Jaworska, dottoranda presso l’Università Sorbona di Parigi, ha studiato l’utilizzo degli strumenti deliberativi predisposti nel sito ComunaliMilano2011.
Il workshop è rivolto a studenti, studenti di dottorato, ricercatori, amministratori e funzionari pubblici e cittadini.
La presentazione di Leonardo Avritzer sarà in inglese. Le altre relazioni e la discussione in italiano.
Chi è interessato a partecipare è invitato a mandare una email a workshop25gennaio@rcm.inet.it con il proprio nome nel subject del messaggio.
Chi organizza Dipartimento di Informatica e Comunicazione (nell'ambito del corso di Cittadinanza Digitale e Tecnocivismo) in collaborazione con la Delegata del Sindaco di Milano al Progetto della Rete degli Sportelli Territoriali di Partecipazione Civica e dell’Associazione Centro Studi Democrazia partecipativa.
venerdì 13 gennaio 2012
Cosentino nipote di Mubarak?
Gira voce che i parlamentari della Lega abbiano votato contro l'arresto di Cosentino perché B. avrebbe detto loro che e' il nipote di Mubarak, qualcuno ne sa qualcosa?
Acqua Bene Comune
I Beni Comuni non servono a fare cassa, ma devono essere custoditi e garantiti in modo sostenibile e con criteri e tariffe efficaci e non speculativi.
APPELLO - Firma l'appello "Giù le mani dall'Acqua"
www.acquabenecomune.org
Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua - Referendum Acqua Pubblica
APPELLO - Firma l'appello "Giù le mani dall'Acqua"
www.acquabenecomune.org
Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua - Referendum Acqua Pubblica
Boni o le distrazioni della Lega
caro Presidente del Consiglio Regionale della Lombardia Boni (Lega) e' giusto che Saviano sia cittadino onorario di Milano, visto che e' impegnato a combattere mafia e 'ndrangheta che qui sono ben presenti. Vi impegnaste voi come lui la cittadinanza sarebbe retorica, così evidenzia un impegno comune. Grazie Saviano, sono contento che diventiamo concittadini.
martedì 10 gennaio 2012
Il Parco Sud non è per sempre se non lo salviamo dalle speculazioni!
Difendere il Parco Sud, farlo vivere!
MANIFESTAZIONE A SOSTEGNO DEL PARCO AGRICOLO SUD MILANO
LUNEDI' 16 GENNAIO 2012 - ORE 9.30 - DAVANTI A PALAZZO ISIMBARDI -VIA VIVAIO 1 - MILANO
Il DESR Parco Agricolo Sud Milano, il Tavolo Finanza Etica e MAG2 - GASPESCHIERA - Slow Food Melegnano - aderiscono all'iniziativa promossa dall'Associazione per il Parco Sud Milano, in occasione dell'Assemblea dei Sindaci del Parco Sud convocata per il 16 gennaio 2012. Scopo della manifestazione è sensibilizzare gli Amministratori locali a salvaguardare l'integrità territoriale del Parco e le attività agricole in esso presenti. L'appuntamento è fissato per lunedì 16 gennaio 2012, alle 9,30, davanti a Palazzo Isimbardi (via Vivaio 1 - Milano) dove si terrà l'Assemblea dei Sindaci. Pertanto invitiamo tutti coloro che ne avranno la possibilità a partecipare all’iniziativa per renderla più incisiva presso gli Amministratori che saranno presenti. Chi intende partecipare può raccordarsi con Renata Lovati ( info@isolamaria.com ) per essere informato sull’organizzazione. In allegato il documento prodotto dall’Associazione per il Parco Sud Milano.
Valorizzare o svilire il Parco Sud ?
L’Associazione per il Parco Sud è seriamente preoccupata per l’avvio della procedura di modifica del PTC (Piano Territoriale di Coordinamento) del Parco Agricolo Sud Milano. Abbiamo letto con attenzione le motivazioni addotte nel documento votato il 30 settembre scorso all’unanimità (con qualche lodevole astensione).
Ebbene, non ci convincono per niente.
Gli intenti sono evidenziati molto più chiaramente dalle varie dichiarazioni pubbliche del Presidente Guido Podestà: “Il Parco Sud non è un totem. Gli atteggiamenti ideologici impediscono i necessari adeguamenti quali la prosecuzione della tangenziale esterna Est con il completamento dell’anello esterno”. Sono messaggi che sembrano rassicurare i costruttori, non certo i cittadini che vivono il Parco.
Ci si dimentica che il Parco Sud è nato dalla volontà popolare, dai tanti cittadini che hanno firmato la proposta di legge per la sua istituzione. Ci si dimentica altresì che non si tratta di un’area naturalistica qualsiasi, ma è un Parco agricolo e di cintura verde urbana, che circonda in gran parte Milano, dando respiro alla metropoli congestionata: un’idea innovativa e apprezzata da molte nazioni europee, che ne hanno replicato il modello.
Questa Amministrazione sembra avere un concezione di sviluppo che privilegia il consumo di suolo pregiato per favorire insediamenti abitativi, industriali e commerciali, operando quindi in antitesi alle politiche lungimiranti di valorizzazione del territorio.
Si ripetono così gli errori del passato: anche la precedente Giunta provinciale aveva avviato la proposta di modifica del Piano Territoriale, poi abbandonata con l'avvicinarsi della campagna elettorale della primavera 2009.
La memoria corta dei nostri amministratori dimentica inoltre che sono passati appena 10 anni (e non 17 come citato nella Delibera Provinciale) da quando nel precedente PTC ampie aree non urbanizzate furono escluse dal Parco, per permettere ai Comuni una crescita controllata: queste aree di sviluppo si sono dimostrate sovradimensionate, considerato che molte di queste sono ancora oggi non edificate.
Perché questa Amministrazione non punta invece a dare concretezza al Parco? Infatti, a tutt’oggi non sono ancorai stati predisposti ed attuati i Piani di settore, quali il “sistema dei percorsi del parco”, di “salvaguardia e valorizzazione del patrimonio storico monumentale”, quello fondamentale della “fruizione” e dei “navigli e canali”, tutti espressamente previsti dalla legge istitutiva del Parco.
Per non essere considerati “i soliti del NO”, vogliamo aprire un dialogo franco e costruttivo con questa Amministrazione, esplicitando le nostre linee guida per la concreta attuazione di questo Parco. Una sorta di decalogo semplice e diretto, con i punti elencati qui a lato.
Siamo certi che questi indirizzi sono largamente condivisi dai cittadini. Cerchiamo il colloquio con amministratori lungimiranti e capaci di operare nell’interesse della collettività, senza sacrificare questo patrimonio irriproducibile, per svenderlo in nome di un progresso miope e non sostenibile.
I 10 punti per far vivere il Parco Sud
1. Non è accettabile una contrazione dell’area del Parco: ogni cancellazione di area, ancorché considerata non strategica, deve prevedere una sua compensazione almeno equivalente.
2. Il consumo di suolo non urbanizzato va limitato ai soli casi di effettiva necessità. Bisogna assolutamente contrastare la crescita per metastasi di costruzioni, quando è sotto gli occhi di tutti la frequente sottoutilizzazione di zone artigianali-industriali, di quartieri uffici e residenziali.
3. Va messo in pratica il concetto di Parco Sud quale polmone verde della Metropoli. La cronica insalubrità dell’aria milanese può essere efficacemente contrastata anche con “corridoi verdi” che, se adeguatamente realizzati, favorirebbero la ventilazione e il ricambio dell’aria.
4. Deve essere salvaguardato il ruolo strategico dell’agricoltura, inclusa quella di vicinato, di servizio al territorio e attenta ai nuovi indirizzi dei consumatori. Sarebbe un’inaccettabile beffa la contrazione delle attività agricole a ridosso dell’Expo 2015, basato sul concetto di “Nutrire il pianeta, energia per la vita”.
5. Va contrastata la tendenza allo sviluppo ipertrofico di nuova viabilità, che non solo distrugge l’unitarietà delle attività agricole, creando gravi difficoltà gestionali, ma soprattutto pone le basi per ulteriori sviluppi urbanistici. Si a riqualificazioni non invasive dell’attuale viabilità.
6. Deve essere rafforzato e ampliato il ruolo delle aree di pregio naturalistico e del reticolo dei corridoi ecologici, anche al fine di preservare ed espandere la biodiversità.
7. Occorre investire sullo sviluppo della fruizione del territorio del Parco, realizzando infrastrutture sostenibili (piste ciclabili, agriturismi, ecc.) e migliorando la comunicazione al cittadino sui vantaggi di un “parco sotto casa”.
8. Si deve porre particolare attenzione alle aree di confine tra urbanizzato e campagna, dove sono maggiormente evidenti i rischi del degrado (tipico è il caso di discariche abusive). Va favorita, quando possibile, la creazione di strutture sportive e di svago, replicando esempi di “successo” come ad esempio Bosco in città.
9. Vanno valorizzate le diffuse testimonianze architettoniche e artistiche: un territorio senza storia è la premessa a ogni snaturamento e deturpazione.
10. Occorre infine valorizzare le bellezze naturali che permeano il Parco, salvaguardando i le oasi naturali ricche di biodiversità.
MANIFESTAZIONE A SOSTEGNO DEL PARCO AGRICOLO SUD MILANO
LUNEDI' 16 GENNAIO 2012 - ORE 9.30 - DAVANTI A PALAZZO ISIMBARDI -VIA VIVAIO 1 - MILANO
Il DESR Parco Agricolo Sud Milano, il Tavolo Finanza Etica e MAG2 - GASPESCHIERA - Slow Food Melegnano - aderiscono all'iniziativa promossa dall'Associazione per il Parco Sud Milano, in occasione dell'Assemblea dei Sindaci del Parco Sud convocata per il 16 gennaio 2012. Scopo della manifestazione è sensibilizzare gli Amministratori locali a salvaguardare l'integrità territoriale del Parco e le attività agricole in esso presenti. L'appuntamento è fissato per lunedì 16 gennaio 2012, alle 9,30, davanti a Palazzo Isimbardi (via Vivaio 1 - Milano) dove si terrà l'Assemblea dei Sindaci. Pertanto invitiamo tutti coloro che ne avranno la possibilità a partecipare all’iniziativa per renderla più incisiva presso gli Amministratori che saranno presenti. Chi intende partecipare può raccordarsi con Renata Lovati ( info@isolamaria.com ) per essere informato sull’organizzazione. In allegato il documento prodotto dall’Associazione per il Parco Sud Milano.
Valorizzare o svilire il Parco Sud ?
L’Associazione per il Parco Sud è seriamente preoccupata per l’avvio della procedura di modifica del PTC (Piano Territoriale di Coordinamento) del Parco Agricolo Sud Milano. Abbiamo letto con attenzione le motivazioni addotte nel documento votato il 30 settembre scorso all’unanimità (con qualche lodevole astensione).
Ebbene, non ci convincono per niente.
Gli intenti sono evidenziati molto più chiaramente dalle varie dichiarazioni pubbliche del Presidente Guido Podestà: “Il Parco Sud non è un totem. Gli atteggiamenti ideologici impediscono i necessari adeguamenti quali la prosecuzione della tangenziale esterna Est con il completamento dell’anello esterno”. Sono messaggi che sembrano rassicurare i costruttori, non certo i cittadini che vivono il Parco.
Ci si dimentica che il Parco Sud è nato dalla volontà popolare, dai tanti cittadini che hanno firmato la proposta di legge per la sua istituzione. Ci si dimentica altresì che non si tratta di un’area naturalistica qualsiasi, ma è un Parco agricolo e di cintura verde urbana, che circonda in gran parte Milano, dando respiro alla metropoli congestionata: un’idea innovativa e apprezzata da molte nazioni europee, che ne hanno replicato il modello.
Questa Amministrazione sembra avere un concezione di sviluppo che privilegia il consumo di suolo pregiato per favorire insediamenti abitativi, industriali e commerciali, operando quindi in antitesi alle politiche lungimiranti di valorizzazione del territorio.
Si ripetono così gli errori del passato: anche la precedente Giunta provinciale aveva avviato la proposta di modifica del Piano Territoriale, poi abbandonata con l'avvicinarsi della campagna elettorale della primavera 2009.
La memoria corta dei nostri amministratori dimentica inoltre che sono passati appena 10 anni (e non 17 come citato nella Delibera Provinciale) da quando nel precedente PTC ampie aree non urbanizzate furono escluse dal Parco, per permettere ai Comuni una crescita controllata: queste aree di sviluppo si sono dimostrate sovradimensionate, considerato che molte di queste sono ancora oggi non edificate.
Perché questa Amministrazione non punta invece a dare concretezza al Parco? Infatti, a tutt’oggi non sono ancorai stati predisposti ed attuati i Piani di settore, quali il “sistema dei percorsi del parco”, di “salvaguardia e valorizzazione del patrimonio storico monumentale”, quello fondamentale della “fruizione” e dei “navigli e canali”, tutti espressamente previsti dalla legge istitutiva del Parco.
Per non essere considerati “i soliti del NO”, vogliamo aprire un dialogo franco e costruttivo con questa Amministrazione, esplicitando le nostre linee guida per la concreta attuazione di questo Parco. Una sorta di decalogo semplice e diretto, con i punti elencati qui a lato.
Siamo certi che questi indirizzi sono largamente condivisi dai cittadini. Cerchiamo il colloquio con amministratori lungimiranti e capaci di operare nell’interesse della collettività, senza sacrificare questo patrimonio irriproducibile, per svenderlo in nome di un progresso miope e non sostenibile.
I 10 punti per far vivere il Parco Sud
1. Non è accettabile una contrazione dell’area del Parco: ogni cancellazione di area, ancorché considerata non strategica, deve prevedere una sua compensazione almeno equivalente.
2. Il consumo di suolo non urbanizzato va limitato ai soli casi di effettiva necessità. Bisogna assolutamente contrastare la crescita per metastasi di costruzioni, quando è sotto gli occhi di tutti la frequente sottoutilizzazione di zone artigianali-industriali, di quartieri uffici e residenziali.
3. Va messo in pratica il concetto di Parco Sud quale polmone verde della Metropoli. La cronica insalubrità dell’aria milanese può essere efficacemente contrastata anche con “corridoi verdi” che, se adeguatamente realizzati, favorirebbero la ventilazione e il ricambio dell’aria.
4. Deve essere salvaguardato il ruolo strategico dell’agricoltura, inclusa quella di vicinato, di servizio al territorio e attenta ai nuovi indirizzi dei consumatori. Sarebbe un’inaccettabile beffa la contrazione delle attività agricole a ridosso dell’Expo 2015, basato sul concetto di “Nutrire il pianeta, energia per la vita”.
5. Va contrastata la tendenza allo sviluppo ipertrofico di nuova viabilità, che non solo distrugge l’unitarietà delle attività agricole, creando gravi difficoltà gestionali, ma soprattutto pone le basi per ulteriori sviluppi urbanistici. Si a riqualificazioni non invasive dell’attuale viabilità.
6. Deve essere rafforzato e ampliato il ruolo delle aree di pregio naturalistico e del reticolo dei corridoi ecologici, anche al fine di preservare ed espandere la biodiversità.
7. Occorre investire sullo sviluppo della fruizione del territorio del Parco, realizzando infrastrutture sostenibili (piste ciclabili, agriturismi, ecc.) e migliorando la comunicazione al cittadino sui vantaggi di un “parco sotto casa”.
8. Si deve porre particolare attenzione alle aree di confine tra urbanizzato e campagna, dove sono maggiormente evidenti i rischi del degrado (tipico è il caso di discariche abusive). Va favorita, quando possibile, la creazione di strutture sportive e di svago, replicando esempi di “successo” come ad esempio Bosco in città.
9. Vanno valorizzate le diffuse testimonianze architettoniche e artistiche: un territorio senza storia è la premessa a ogni snaturamento e deturpazione.
10. Occorre infine valorizzare le bellezze naturali che permeano il Parco, salvaguardando i le oasi naturali ricche di biodiversità.
Per la libertà di stampa in Ungheria
Per la libertà di stampa in Ungheria
L’associazione AnnaViva, che si batte per la democrazia, per i diritti umani e per la libertà di stampa nel mondo ex-sovietico, si schiera contro il bavaglio imposto all’informazione dal governo ungherese e vi invita, mercoledì 11 gennaio alle ore 17, a manifestare davanti al consolato d’Ungheria a Milano.
Il primo gennaio, nel Paese guidato dal premier Viktor Orban, è entrata in vigore la nuova Costituzione che prevede, tra l’altro, la possibilità di imporre pesanti multe ai media e ai giornalisti che pubblicheranno notizie “non equilibrate”. Il primo effetto di questa stretta autoritaria è stato l’arresto di due giornalisti colpevoli, secondo il governo di Budapest, di aver espresso opinioni politiche e personali. A breve, inoltre, chiuderà i battenti una nota radio nazionale da sempre non allineata ai dettami del regime. Ed è solo l’inizio.
In pieno appoggio al sit-in di protesta organizzato l’11 gennaio a Roma dalla FNSI, Federazione nazionale della stampa italiana, AnnaViva intende manifestare a sostegno del popolo ungherese e in difesa del diritto ad avere un’informazione libera e indipendente.
Mercoledì 11 gennaio 2012 ore 17
Piazza Missori, Milano
A pochi metri dal
Consolato Generale dell’Ungheria
VI ASPETTIAMO!!
L’associazione AnnaViva, che si batte per la democrazia, per i diritti umani e per la libertà di stampa nel mondo ex-sovietico, si schiera contro il bavaglio imposto all’informazione dal governo ungherese e vi invita, mercoledì 11 gennaio alle ore 17, a manifestare davanti al consolato d’Ungheria a Milano.
Il primo gennaio, nel Paese guidato dal premier Viktor Orban, è entrata in vigore la nuova Costituzione che prevede, tra l’altro, la possibilità di imporre pesanti multe ai media e ai giornalisti che pubblicheranno notizie “non equilibrate”. Il primo effetto di questa stretta autoritaria è stato l’arresto di due giornalisti colpevoli, secondo il governo di Budapest, di aver espresso opinioni politiche e personali. A breve, inoltre, chiuderà i battenti una nota radio nazionale da sempre non allineata ai dettami del regime. Ed è solo l’inizio.
In pieno appoggio al sit-in di protesta organizzato l’11 gennaio a Roma dalla FNSI, Federazione nazionale della stampa italiana, AnnaViva intende manifestare a sostegno del popolo ungherese e in difesa del diritto ad avere un’informazione libera e indipendente.
Mercoledì 11 gennaio 2012 ore 17
Piazza Missori, Milano
A pochi metri dal
Consolato Generale dell’Ungheria
VI ASPETTIAMO!!
Diamoci da fare! Everyone has to shoulder the responsibility for a neutral web
InfoWorld "Early this year, the U.S. Congress appears likely to move forward with two controversial copyright enforcement bills, even with vocal and widespread opposition to the Stop Online Piracy Act and the Protect IP Act in the Internet community.
The two bills, SOPA and PIPA for short, appear headed toward approval this year, unless opponents can change the minds of many lawmakers. Dozens of lawmakers have voiced support for the bills, despite reports from digital rights group Fight for the Future that more than 1 million people have sent email messages to Congress in opposition.
[ Get your websites up to speed with HTML5 today using the techniques in InfoWorld's HTML5 Deep Dive PDF how-to report. | Learn how to secure your Web browsers in InfoWorld's "Web Browser Security Deep Dive" PDF guide. ]
The U.S. Senate is expected to begin floor debate on PIPA shortly after senators return to Washington, D.C., on Jan. 23, and supporters appear to have the votes to override a threatened filibuster by Senator Ron Wyden, an Oregon Democrat, and a handful of other lawmakers."
The two bills, SOPA and PIPA for short, appear headed toward approval this year, unless opponents can change the minds of many lawmakers. Dozens of lawmakers have voiced support for the bills, despite reports from digital rights group Fight for the Future that more than 1 million people have sent email messages to Congress in opposition.
[ Get your websites up to speed with HTML5 today using the techniques in InfoWorld's HTML5 Deep Dive PDF how-to report. | Learn how to secure your Web browsers in InfoWorld's "Web Browser Security Deep Dive" PDF guide. ]
The U.S. Senate is expected to begin floor debate on PIPA shortly after senators return to Washington, D.C., on Jan. 23, and supporters appear to have the votes to override a threatened filibuster by Senator Ron Wyden, an Oregon Democrat, and a handful of other lawmakers."
giovedì 5 gennaio 2012
Rinascimentali
A volte ci sono persone che con le loro pratiche e i loro linguaggi espressivi offrono una sintesi anticipatori di riflessioni e approdi successivi e ancora non pienamente condivisi. Gaudi' e' una di queste persone perché ha saputo fondere la sapienza artigiana appresa dalla pratica e il sapere interdisciplinare degli studi. Di più: ha avuto uno sguardo nuovo e armonico che ha saputo coniugare l'artefatto architettonico dentro il grande discorso naturale, nel rispetto dei suoi limiti. Così hanno preso forma edifici fantastici con innovazioni strutturali inedite e ardite, piuttosto che giardini altrettanto sorprendenti, dove la sua mano di architetto e' in armonia con la dimensione biologica come la mano dell'uomo nel disegnare le colline toscane. Egli usava materiali di recupero come ceramiche in pezzi o pezzi di vetro e costruiva edifici sostenibili, sia per la distribuzione della luce, che dell'aria e della prossemica degli spazi. La sua ispirazione era la natura. Egli disse"Tutto proviene dal grande librondella Natura, questa Natura che e' sempre stata la mia maestra". Nessuna hybris antropocentrica ma un dialogo creativo capace di inserirsi con equilibrio nei cicli naturali sviluppando una narrazione architettonica capace di stimolare i sensi dell'uomo coniugando lo stupore surrealista all'efficacia della qualità dell'abitare la casa e gli spazi. Questo dialogo e questa narrazione non aveva nessuna pretesa esclusività per Gaudi', infatti per l'opera della sua vita con la sua tensione spirituale, la Sagrada Familia, egli non aveva definito un progetto ultimativo, piuttosto una matrice aperta al contributo di chi avrebbe sviluppato il progetto ( per terminare il quale pensava occorressero 200 anni ) e aperta alle nuove sensibilità popolari. Una modalita' Wiki pensata e attuata un secolo prima dell'interattivita collaborativa della rete digitale. Ho sempre apprezzato l'opera di Gaudi', colpito e stupito dalla concretezza surreale che esprimeva, questa volta sono voluto andare più a fondo e ne ho apprezzato l'approccio rinascimentale a tutto tondo. Uno stimolo utile per ognuno di noi per usare più linguaggi espressivi in un rapporto pieno mente-corpo-natura.
mercoledì 4 gennaio 2012
I Caucus dei Repubblicani e le analogie
Romney ha vinto i primi Caucus dei Repubblicani nello Iowa per 8 voti contro lo sfidante, il creazionista Santorum, aggiudicandosi il 25% dei voti e spendendo milioni di dollari. E' uno scontro tra reazionari contrari a ogni politica pubblica per il welfare e contrari all'affermazioni dei diritti civili. Le difficoltà' del mormone Romney risiedono nelle evidenti mutazioni di punti di vista secondo la convenienza del momento. Così e' divenuto uno strenuo antiabortista e un oppositore delle unioni gay, nonché un oppositore al Senato della legge di Obama sull'estensione della copertura sanitaria mentre come Governatore del Massachusetts ne aveva approvata una simile con il voto bipartisan. Romney sara' interessante da seguire per capire se la politica come espressione del marketing di comunicazione e' la cifra del senso comune dell'agire collettivo negli States. In Romney sono evidenti le analogie con B. E il suo "Sono come tu mi vuoi" operaio o imprenditore, familista o puttaniere...
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