Dopo l’ACTA, non
aspettiamo il prossimo provvedimento regressivo.
Il Parlamento
Europeo ha pronunciato il no definitivo
sull’ACTA, che è un
accordo commerciale internazionale anticontraffazione. Il Parlamento ha così
esercitato, per la prima volta, il potere riconosciutogli dal Trattato di
Lisbona di respingere un accordo commerciale internazionale. Non è la prima
volta che il Parlamento Europeo esprime la consapevolezza della necessità di
dotarsi di strumenti nuovi per la cotta alla contraffazione, strumenti che non
snaturino l’ecosistema cognitivo costituito da internet provando per via
normativa a riproporre le condizioni di scarsità e controllo precedenti gli
scambi di contenuti attraverso la rete digitale. Il PE sta dando corpo ai
fondamenti costitutivi delle libertà digitali attraverso la successione di
pronunciamenti, come è accaduto contro la brevettabilità del software, per la
difesa della privacy, contro la violazione della net neutralità o con
l’approvazione della proposta avanzata dalla Commissione
per le Libertà Civili del Parlamento Europeo
di una risoluzione che invita il Consiglio Europeo a "esortare
tutti gli attori di Internet a impegnarsi nel processo in corso della
"Carta dei diritti di Internet", l’Internet Bill of Rights. Ancora
una volta il PE ha saputo ascoltare e raccogliere l’interlocuzione bottom-up
generata dalla Rete. Il PE ha dato ancora una volta un buon esempio di
consapevolezza nella società della
conoscenza. Non mi stupiscono le reazioni e la natura dei commenti dei latifondisti del copyright. Enzo Mazza, Presidente di Fimi-Confindustria “E’ la dimostrazione dell’isteria
collettiva di una politica che corre dietro alle istanze populistiche del web,
senza ricordarsi nemmeno di ciò che ha votato qualche anno fa e che i giudici
applicano quotidianamente”. Marco
Polillo, presidente di Confindustria
Cultura Italia: "Come troppo
spesso accade quando si trattano i temi della proprietà intellettuale, le
falsità diffuse da chi è interessato a continuare ad approfittare e trarre illeciti
guadagni dal lavoro altrui ed amplificate artatamente in nome di un presunto
“popolo del web” sono state fatte proprie dal decisore politico che continua a
rincorrere istanze populistiche di cui non è in grado di comprendere l’origine,
mostrando una persistente incapacità di capire le dinamiche della comunicazione
in rete”.
Anche loro sanno che
la produzione di valore nell'ecosistema digitale si produce attraverso la
condivisione e la contaminazione ma procedono per adattamenti successivi. Vanno
coinvolti nei processi di definizione e deliberazione normativa di modelli
adeguati. Intanto occorre contrastare le loro azioni e proposte regressive che
non finiranno qui. Le istituzioni d’Europa si configurano come un campo di
contesa aperto per la definizione della matrice normativa, industriale e
sociale dello spazio pubblico digitale. Sarà così finché tutti gli stakeholder
che cercano di cogliere le possibilità della rete interattiva come opportunità
inedita e da scoprire per intero non avranno la consapevolezza di costituire un
blocco sociale dell’innovazione qualitativa. Allora il
confronto/conflitto/competizione tra indirizzi della politica pubblica avrà una
piena dignità politica. Una possibilità è costituita dall’articolo del Trattato
Costituzionale di Lisbona per le Citizen’s Initiative che permette ai cittadini
europei di proporre quella che potremmo chiamare una Proposta di Direttiva
Popolare, sulla quale la Commissione e il Parlamento di devono pronunciare. Io
sto lavorando per questo su tre questioni: effettiva neutralità della rete,
gestione dell’identità digitale, riforma del diritto d’autore e adozione del
software a codice sorgente aperto in tutte le pubbliche amministrazioni.
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