- nella democrazia parlamentare italiana il Parlamento non viene sciolto né da una dichiarazione del Presidente del Consiglio, né da un Ministro dell'Interno, né da un leader di opposizione
- la deriva personalistica e plebiscitaria, che prefigura il presidenzialismo con la riduzione delle assemblee rappresentative elettive, non trova sostegno elettorale
- il pluralismo coalizionale comporta la fatica del confronto e della mediazione ma non è riducibile
- non c'è da tempo la presenza significativa di un voto di appartenenza ideologico, non ci sono automatismi, insieme alla contendibilità elettorale c'è la necessità dell'impegno diretto nella definizione e poi nella proposizione, comunicazione, confronto, di una proposta: il digitale è propedeutico all'incontro e non sostitutivo
- non bastano gli slogan che rimandano alle semplificazioni amico-nemico, i cittadini elettori giudicano in base a ciò che si è seminato e fatto, insieme alla specificità e credibilità delle proposte, che non possono essere ridotte a solo slogan/promessa elettorale
- puntare su ambiente/istruzione/economia sostenibile/ digitale/infrastrutture, richiede di andare effettivamente oltre la parabola dell'ILVA, la Buona Scuola, il Ponte sullo Stretto bufala e i ponti veri senza controlli
- non si può prescindere dalle specificità di un territorio, del popolo che lo ha definito e che lo vive, non si può insultare la sua dignità riducendola a caricature strumentali
- la crisi dell'istituto della democrazia nel mondo, da Trump a Bolsonaro, da Orban a Salvini, non è ineluttabile ma richiede partecipazione e responsabilità diffuse, insieme a trasparenza e rendicontazione sull'operato amministrativo
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