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domenica 10 maggio 2020

Ecomafie e rifiuti sanitari al tempo del Coronavirus

Questo è il mio contributo al libro curato da Eugenio Costa "Coronavirus Stile di vita e dispositivi di sicurezza ai tempi della pandemia"

Tra i prodotti che a fine ciclo diventano scarto o materia seconda da trattare, i rifiuti speciali, di origine sanitaria e industriale, hanno particolari implicazioni di carattere ambientale. Nella quotidianità non emergenziale, in Italia si producono, giornalmente, circa 1.000 tonnellate di rifiuti sanitari pericolosi, gestiti e smaltiti non sempre in modo adeguato. Nelle strutture di 24 paesi verificate nel 2015 dall'Oms e dall'Unicef, ciò si è verificato nel 58% dei casi. Parliamo di circa 200 mila tonnellate prodotte ogni anno. Per buona parte di queste Asl e Aziende Ospedaliere, tramite gare pubbliche, affidano la raccolta, il trasporto, lo stoccaggio e lo smaltimento dei rifiuti presso impianti di proprietà degli affidatari o convenzionati con essi. Dentro l'emergenza coronavirus, i rifiuti ospedalieri sono aumentati del 20% e gli operatori del settore sono sotto pressione. Percentuale in aumento se solo pensiamo ai presidi sanitari dei quali tutti devono disporre e alle opere di sanificazione legati alla Fase 2  alla nuova normalità che seguirà.
I Dispositivi di sicurezza individuale-DPI: mascherine, camici, guanti e occhiali sono monouso e dopo il loro utilizzo devono essere gettati, le strutture sanitarie, i luoghi di lavoro, i mezzi pubblici, devono essere costantemente sanificate e igienizzate e i prodotti e gli stracci utilizzati devono poi essere smaltiti. Il COVID-19, permane, con tempi differenti, su oggetti e superfici con cui viene a contatto è quindi fondamentale procedere a una loro corretta gestione, se si vuole evitare il contagio.
La gestione e lo smaltimento dei rifiuti sanitari in Italia è stato regolamentato dal DPR 254/03. I rifiuti prodotti dalle strutture sanitarie sono classificati in:
1) rifiuti assimilati agli urbani;
2) rifiuti sanitari non pericolosi;
3) rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo;
4) rifiuti sanitari pericolosi a rischio chimico;
5) rifiuti sanitari che richiedono particolari modalità di smaltimento;
6) rifiuti da esumazione e estumulazioni e da altre attività cimiteriali.
Non sono considerati qui i rifiuti radioattivi e gli scarichi fognari in quanto disciplinati da altre normative. Si tratta quindi di una delicata gestione dei prodotti che diventano rifiuti da separare, raccogliere e conferire con attenzione. Per questo sono previsti dei corsi di formazione per il personale addetto alla gestione dei rifiuti prodotti da strutture sanitarie pubbliche e private, come ospedali, case di cura, laboratori, banche del sangue, unità riabilitative, ambulatori veterinari, studi medici. Tutta la gerarchia della struttura sanitaria è interessata, a partire dal direttore generale, come rappresentante legale della struttura, responsabile degli atti amministrativi per la gestione dei rifiuti sanitari. Suo è il compito di emanare le direttive relative alla corretta gestione dei rifiuti, così come la stipula di convenzioni o di contratti di servizio con ditte autorizzate alle attività di smaltimento. Il direttore generale si avvale di un direttore sanitario cui competono la sorveglianza ed il rispetto delle normative sul deposito temporaneo dei rifiuti sanitari pericolosi. Funzioni di responsabilità che terminano con il conferimento dei rifiuti all’operatore autorizzato al trasporto verso l’impianto di smaltimento.  I direttori si devono assicurare che chi effettua l’attività di raccolta e trasporto sia iscritto all’Albo e devono ricevere copia del formulario di identificazione datata e firmata che certifichi l’arrivo e/o l’avvenuto smaltimento del rifiuto. Le strutture che producono rifiuti pericolosi sono obbligate alla comunicazione al catasto dei rifiuti e soggette all’obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico. In Italia sono presenti qualificate esperienze industriali per la raccolta, il trasporto, il trattamento e la successiva valorizzazione energetica dei rifiuti speciali ospedalieri.  Il problema ambientale, industriale, e di salute pubblica, deriva dalla presenza di un sistema parallelo, con operatori legati alla malavita organizzata, che agisce e smaltisce fuori dalla legalità e dalla sostenibilità ambientale del processo di gestione, con intrecci tra Nord e Sud del Paese. In relazione al territorio di Lamezia Terme è chiara la descrizione del capo della direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, Nicola Gratteri"Nel Lametino sono stati sversati prodotti ospedalieri. Questo ci preoccupa molto perché i rifiuti sono stati interrati in aree prossime ad abitazioni e colture». Medicinali scaduti provenienti da ospedali campani, ma i rifiuti interrati in due distinti siti di Lamezia Terme provenivano da tutta Italia attraverso un sistema ben oleato gestito da due società, la Eco.Loda con sede a Gizzeria e la Crm con sede a Dozza nella provincia di Bologna, attraverso un intermediario, vero punto di raccordo tra le imprese che avevano necessità di smaltire rifiuti e chi nei fatti svolgeva il servizio ma in maniera illecita interrandoli in cave o in buche scavate di notte con l'ausilio di mezzi meccanici." Si tratta del sistema delle ecomafie che la politica pubblica ha faticato a definire e a contrastare, sia sul piano normativo preventivo, sia sul piano del controllo e sanzione delle trasgressioni. Le dimensioni di questo sistema, le conseguenti alterazioni ambientali e dentro l'articolazione amministrativa istituzionale, nonché nella qualità e nelle condizioni di mercato per gli imprenditori, richiedono una sua piena comprensione al fine di proseguire la messa a punto di adeguate politiche pubbliche.
Le denunce delle associazioni ambientaliste, le indagini della magistratura, le relazioni delle commissioni parlamentari e i rapporti dei carabinieri, fanno partire la sistematicità del malaffare del ciclo dei rifiuti dal 1975.  È del 5 Febbraio 1997, il  Decreto Legislativo n° 22,  “Decreto Ronchi”, emanato per rendere efficaci le direttive europee sui rifiuti urbani, sui rifiuti pericolosi e sugli imballaggi. Nella 'Relazione finale della Commissione parlamentare bicamerale d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse' dell'Aprile 2001, ha constatato che è 'mutato l’approccio dei gruppi criminali rispetto ai tradizionali metodi violenti.' ora 'l’organizzazione criminale offre un efficiente servizio alternativo che abbatte i costi e garantisce la continuita` nello smaltimento dei rifiuti, poiche ́ assicura il superamento di qualunque ostacolo di tipo burocratico e consente l’immediato deflusso degli scarti di produzione, senza andare troppo per il sottile nel rispetto della normativa vigente.'  e ha messo in luce l'estensione diversificata che definisce il sistema parallelo di smaltimento 'La Commissione ritiene di dover sottolineare come tali traffici illegali di rifiuti siano significativi non solo — o non tanto — dal punto di vista della gestione illecita dei rifiuti, ma soprattutto per ciò che rappresentano in termini di infiltrazioni mafiose nelle aree «non tradizionali ». Infatti l’ingresso delle societa` mafiose nell’affare, o comunque l’utilizzo di metodiche e strumenti tipici della cultura mafiosa, ingenera inevitabilmente la nascita di gruppi criminali organizzati satelliti che operano nel nord Italia, magari non ancora classificabili come veri e propri sodalizi delinquenziali di stampo mafioso, ma che possono avviarsi a diventarlo, e le vicende piemontesi piu` recenti, di cui diremo appresso, ne sono un segnale evidente.' così è evidente una relazione di modificazione del territorio  'l’utilizzo delle cave come discariche e` un fenomeno comune'. Lo svolgimento della relazione disegna il sistema come un puzzle, un pezzo dopo l'altro il sistema illecito comprende l'intera filiera 'Gli smaltimenti illeciti, poi, avrebbero avuto la regia di un solo personaggio del milanese, che gestirebbe l’intero mercato parallelo ed illegale di rifiuti pericolosi nel nord Italia, avendo sotto il proprio controllo sia le imprese dedite alla produzione e stoccaggio dei rifiuti, che i siti destinati allo smaltimento illecito. Tale personaggio — secondo quanto sin qui emerso — « reclutava » fra gli stessi imprenditori in difficolta`, commissionando trasporti e stoccaggi di rifiuti pericolosi, naturalmente illeciti, ed indicando altresì le località in cui i rifiuti dovevano essere prelevati e successivamente occultati ed abbandonati; in cambio dell’attività d’intermediazione svolta, il predetto riceveva consistenti somme di danaro « in nero » sia dallo smaltitore dei rifiuti che dal produttore degli stessi.'. Al contempo si affina la pratica di falsificazione dei documenti relativi ai rifiuti trattati 'l’attività illecita consisteva nella sistematica falsificazione di documenti di accompagnamento (tesi a consentire l’ingresso in discarica di materiali non autorizzati) e nella falsificazione di dichiarazioni di avvenuto smaltimento di rifiuti; nella commissione di truffe a danno di enti pubblici e privati, ai quali venivano fatturati costi di smaltimento non affrontati; infine, nel sistematico illecito smaltimento di rifiuti tossico-nocivi provenienti dal territorio nazionale e dall’estero.'. Ecco il tassello che completa il sistema 'tali condotte illecite (...) erano agevolate dalla notevole capacità penetrativa dei soggetti coinvolti (...) negli enti pubblici di varia natura preposti al controllo.'  'l’attività crescente delle organizzazioni criminali anche di stampo mafioso sembra potersi individuare nella gestione del sistema amministrativo locale che, dovendo funzionare come controllo autorizzatorio, in realta` sembra non svolgere con la dovuta intensita` tale compito.'   Per questo 'la Commissione ha dovuto più volte registrare nel corso della sua attività condotte gravi tenute da amministratori locali, esemplificative di detto coinvolgimento, a vario titolo, di funzionari del settore, in particolare nelle aree del Mezzogiorno e del sud, ma da cui non sono risultate affatto immuni regioni del centro e del nord del Paese'. Il sistema illecito ha altresì trovato una facilitazione quando la gestione dei rifiuti da parte delle amministrazioni locali avveniva 'in economia' e non attraverso la pubblicazione di bandi pubblici.Tra le ragioni più rilevanti che hanno portato a questa situazione quella che 'sembra essere la più rilevante e pregna di significato, e` relativa al controllo degli appalti della pubblica amministrazione. Proprio l’assenza dei dovuti, necessari controlli delle amministrazioni pubbliche favorisce e rafforza l’intro-missione delle organizzazioni criminali, aprendo il campo alla possibile attività di imprese prive di specifica organizzazione ed esperienza nel settore dei rifiuti e magari costituite artatamente, per lucrare gli enormi guadagni connessi agli smaltimenti illeciti. Si assiste perciò, sovente, alla presentazione di offerte anomale o comunque non fondate su una reale analisi del rapporto costi-profitti, ovvero alla partecipazione alle gare di una pluralità di ditte che sono, tra loro,direttamente collegate, al di la` della titolarità  formale, in quanto fanno capo alla medesima compagine, che e` solita operare con modalità  illecite; in alcuni casi, addirittura, le imprese aggiudicatarie dell’appalto si servono, per l’intero svolgimento del servizio, di altri soggetti, che operano in modo illecito, dando luogo a smaltimenti incontrollati, con gravissime ripercussioni sulla situazione ambientale e danno per la salute pubblica.'.  Un ulteriore limite nell'azione della Pubblica Amministrazione è dovuto 'al mancato o scarso controllo che gli enti locali — produttori dei rifiuti — effettuano sulla destinazione dei rifiuti prodotti. Da un’indagine svolta dalla Commissione su tutti i comuni italiani e` infatti risultato che questi, nel 47,2 per cento dei casi, richiedono il certificato di avvenuto smaltimento, mentre alcuni comuni si accontentano del duplicato del documento di trasporto.'. La malavita organizzata si muove al meglio nelle situazioni di chiaroscuro dove 'il panorama delle società che operano in questo settore presenta elementi di distorsione (compartecipazioni tra grandi gruppi, potenziali partners in realtà alleati) e di scarsa trasparenza (società con 20 milioni di capitale sociale che controllano aziende con miliardi di capitale sociale, giochi di « scatole cinesi » che riconducono a società con sede in Svizzera o Liechtenstein).'.
Un mondo criminale speculativo e approfittatore 'La debolezza del sistema contribuisce di fatto a che mafia, ’ndrangheta, camorra e le altre organizzazioni similari occupino — anche in questo settore — tutti gli spazi da cui e` possibile trarre una utilita`, ponendosi come forza mediatrice fra autorita` locali e societa`, tra mercato e Stato. Questa    « vocazione imprenditoriale » delle organizzazioni mafiose spiega perché esse orientino il loro campo di azione sulle opportunità che, nel tempo, i vari mercati offrono. Così la mafia approda ai rifiuti non appena si manifesta una crescita economica del settore, impadronendosi di alcuni snodi fondamentali ed impedendo che tale crescita si trasformi in sviluppo vero e proprio, poiché va a stravolgere le regole del mercato legale.'
Il sistema delle ecomafie  configurava nel 2001 un mercato parallelo per '15 mila miliardi di lire l’anno, provocando danni all’erario per circa 2 mila miliardi di lire l’anno.'.
Questa situazione mette in luce un vulnus normativo 'le difficolta` che angustiano l’operato degli organi investigativi impegnati nella lotta ai crimini contro l’ambiente, difficolta` che la Commissione intende continuamente ricordare. Anzitutto, l incompatibilità strutturale tra la fattispecie associativa ed i reati in materia ambientale, che sono prevalentemente di natura contravvenzionale, tranne i casi in cui ricorrono altre ipotesi delittuose, come la truffa, le false fatturazioni, il disastro ambientale o l’avvelenamento delle acque; il fatto che tali indagini richiedono tempi lunghi e l’utilizzo di una serie di strumenti investigativi non conciliabili con la natura contravvenzionale delle fattispecie sanzionate, caratterizzate dalla brevità del termine di prescrizione e dall’impossibilita`, appunto, di accedere a strumenti investigativi particolarmente utili, come le intercettazioni telefoniche ed ambientali; la necessita` di cogliere, al di la` della singola vicenda di questa o quella discarica abusiva, aspetti di connessione e collegamenti con società e/o persone che spesso travalicano la competenza territoriale di un singolo ufficio giudiziario e, quindi, richiedono forme stabili di collegamento tra uffici giudiziari, nonché delle forze dell’ordine; l’assoluta inidoneità sotto il profilo sanzionatorio delle condotte incriminate in materia, perché le pene, davvero assai blande a fronte, poi, di profitti considerevoli e del breve termine di prescrizione, da un lato non fungono da deterrente ai comportamenti illeciti e, dall’altra, non sembrano giustificare l’impiego di mezzi e risorse investigative così consistenti e costose.'.     Questo vulnus è stato colmato nel 2015 con l'approvazione della legge relativa al reato ambientale.
Una crescita che non conosce crisi, nel Rapporto 2018 sulle ecomafie Legambiente ha registrato una impennata dei reati nel ciclo del cemento, nell’agroalimentare e contro gli animali. In aumento anche quelli nel settore dei rifiuti: il business dell’ecomafia raggiunge quota 16,6 miliardi di euro. 368 il numero dei clan censiti. Trova intanto conferma la validità della legge sugli ecoreati. Nel 2018 usata per 1.108 volte e applicata in 88 casi di disastro ambientale.
Tra gli illeciti ambientali, nel 2018 quelli legati al ciclo illegale dei rifiuti si avvicinano alla soglia degli 8mila ,quasi 22 al giorno.
Per altro la competenza in ordine al controllo di tutte le attività di gestione dei rifiuti e l’accertamento delle violazioni, spetta alle Province e alle Città Metropolitane e qui c'è un paradosso invalidante la stessa legge sul reato ambientale. La cosiddetta 'Legge Del Rio', approvata prefigurando una modifica della Costituzione poi non approvata dai cittadini, ha ridotto le Province e le Città Metropolitane a un residuo istituzionale, senza organi eletti dai cittadini, differentemente da ciò che vorrebbe la Carta, senza poteri e senza finanziamenti. Di più, a fronte della approvazione della legge sul reato penale, la Polizia Provinciale che rilevava il 60/70% degli illeciti ambientali è stata smobilitata. In questa situazione di diminuzione di funzioni amministrative, di riduzione significativa di personale, di neutralizzazione operativa dell'organismo di accertamento e sanzione, il sistema di autorizzazione/controllo degli impianti di raccolta e stoccaggio risulta quantomeno inadeguato.                                                                                                             In questo quadro amministrativo e funzionale, le prescrizioni normative sulla sterilizzazione dei rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 254/2003, indicano come opzione la sterilizzazione in situ. Questa a cura dal produttore dei rifiuti sanitari pericolosi a solo rischio infettivo, così da semplificare le fasi di gestione precedenti lo smaltimento, riducendo quindi i rischi per gli operatori e per l’ambiente durante le fasi di trasporto, stoccaggio e manipolazione, riducendo altresì i costi di gestione. Però in Calabria solo a Lamezia Terme e Crotone sono presenti impianti di termodistruzione autorizzati a smaltire rifiuti sanitari infetti. Inoltre ai rifiuti sanitari, che sono classificati come rifiuti speciali, non viene applicato il divieto di smaltimento fuori regione. In una situazione così determinata c'è il rischio, già rilevato da indagini giudiziarie, di un traffico di rifiuti ospedalieri e sanitari infetti, con problemi per la salute degli operatori addetti alla raccolta, al trasporto e allo smaltimento, come della salute pubblica.
• L'operazione "Crimine/Infinito", condotta nel luglio 2010 dalla magistratura di Milano e Reggio Calabria, ha evidenziato  che la 'ndrangheta aveva già da tempo 'colonizzato' molte zone del Nord. Indagini e processi hanno confermato, nei dieci anni a seguire, che nelle regioni del Centro-nord c'è la presenza delle mafie tradizionali, la 'ndrangheta in primo luogo, dedite al traffico di stupefacenti, estorsioni, usura, recupero crediti. Nelle operazioni di movimento terra, legate alla estensione della urbanizzazione, così come per il fondo degli assi stradali nelle infrastrutture per la mobilità nel territorio, la distribuzione, miscelazione e interramento,  di rifiuti tossici e speciali, ha connotato l'Italia come Paese dei fuochi. Parallelamente al dibattito sull’autonomia differenziata regionale, emerge con evidenza il tratto unificante dell’Italia come il Paese dei fuochi. Con l’incendio di un capannone per stoccaggio, distrutto dal rogo appiccato il 14 ottobre 2018 si sollevò una colonna di fumo nera visibile da chilometri, e l’aria nella zona fu irrespirabile per giorni. Così lo smaltimento illecito di rifiuti è entrato nella cinta daziaria di Milano dopo averne definito in modo puntuale, incendio dopo incendio, la cintura, nera, della Città Metropolitana. I quindici arresti, a seguito dell’indagine che ha toccato anche Verona e i capannoni affittati al quartiere San Massimo, rispondono alle accuse di traffico illecito di rifiuti, attività di gestione non autorizzata e intestazione fittizia di beni. Calchi Taeggi, Bisceglie, Santa Giulia, le sentenze “Cerberus” e “Parco Sud”, avevano già messo in luce l’attenzione della malavita organizzata, in particolare della ‘Ndrangheta, per lo smaltimento illecito di rifiuti attraverso il movimento terra. Ora è chiaro che anche la rete dello stoccaggio dei rifiuti e delle società che se ne occupano, è parte dell’articolazione dell’economia criminale e della sua presenza reticolare nel territorio. Nella Milano che si vuole guida di un processo politico democratico non è più eludibile la questione della responsabilità amministrativa delle pubbliche amministrazioni nel rilascio delle autorizzazioni ambientali, dai rifiuti alle acque, dalle autorizzazioni uniche alla bonifica dei siti contaminati, e nei controlli relativi. La Città Metropolitana, nella sua XII newsletter del 2016, vantava una riorganizzazione improntata alla semplificazione, trasparenza, efficienza, capace di una riduzione, in un anno, dell’85% dell’arretrato di 2498 pratiche relative ai precedenti 14 anni 2001-2014. Alla luce degli incendi succedutisi in questi anni ci si deve chiedere quale coerenza c’è stata tra i provvedimenti per l’efficienza di procedure e organizzazione e la loro l’efficacia nella tutela della salute e del territorio nel rispetto della legge. Le imprese della green economy, che coniugano innovazione e rispetto dell’ambiente, i cittadini e i sindaci dei suoi 134 comuni, possono contare su un sistema di autorizzazioni e di controlli che garantiscano condizioni di mercato e di concorrenza comuni a tutte le imprese, esistenti e possibili? Ad esempio, nella semplificazione delle procedure la Città Metropolitana si è deciso di ‘mantenere valida l’eventuale comunicazione di cessazione dell’attività inviata dall’azienda e non procedere a ulteriori verifiche’. Così si sono ignorate le conseguenze di lasciare senza controllo attività potenzialmente problematiche per l’ambiente e la legalità, anche alla luce dell’azione della criminalità organizzata nel territorio milanese che le sentenze Cerberus e Parco Sud hanno ben chiarito. Quale modalità organizzativa è stata messa in atto per i controlli degli impianti di trattamento dei rifiuti? Quale criterio d’individuazione degli impianti da controllare è stato adottato? Quali i criteri per le procedure autorizzative della VIA? Qual è il numero di sopralluoghi effettuato annualmente? Nel 2016 i dipendenti della Città metropolitana di Milano che si occupavano di impianti di trattamento rifiuti erano 30. La Polizia Locale dell’ex Provincia rilevava tra il 60 e il 70% degli illeciti ambientali ora che la Legge 68/2015 ha definito i reati ambientali è stata pressoché smantellata. Il Corpo di Polizia Locale della Città metropolitana di Milano, a seguito dell’evoluzione normativa (legge 56/2014, legge 190/2014, legge 125/2015, Circolare Madia), ha subito un drastico ridimensionamento: dagli oltre 80 operativi, fra ufficiali e agenti, coadiuvati da oltre dieci amministrativi, suddivisi in cinque Comandi territoriali, si è passati a un organico di soli 16 operatori, 5 amministrativi, cui va aggiunto un nucleo ittico venatorio, destinato in via esclusiva alle funzioni di vigilanza delegate dalla Regione Lombardia. Il ruolo principale della Centrale operativa si è trasformato dalla gestione delle pattuglie di Polizia locale e dei collegamenti con i vari comandi territoriali, al coordinamento delle comunicazioni con GEV (Guardie ecologiche volontarie, che la Città Metropolitana ha privato della figura di coordinamento esercitata da una Posizione Organizzativa) e GVV (Guardie ittico venatorie volontarie), alla risposta costante al pubblico e, in caso di emergenze di Protezione Civile, alla gestione dei contatti tra Comando e funzionari o volontari dislocati sul territorio. 50 sindaci dell’Alto Milanese, appartenenti a tutti gli schieramenti, hanno condiviso un pronunciamento negativo nei confronti della VIA concessa dalla Città Metropolitana per la discarica della società SOLTER che interessa il comune di Casorezzo e quelli confinanti. Nella VIA sono indicate 37 condizioni obbligatorie per ripensare il progetto è una condizione, in particolare, è ostativa alla concessione della VIA: la mancanza della distanza di 50 metri tra la discarica già esistente e quella in progetto. Ciò si aggiunge alla clausola ostativa del mancato rispetto delle convenzioni precedenti. La Regione ha indicato le modalità di misurazione dei 50 metri di distanza, tutte le forze presenti nel Consiglio Regionale hanno votato contro la localizzazione di una nuova discarica a Casorezzo, eppure l’efficienza semplificante della Città Metropolitana ha concesso la VIA. All’orizzonte nessun raccordo tra la Polizia Locale Metropolitana e la Polizia Locale dei 134 comuni organizzati in zone omogenee. Di quale “modello Milano” stiamo parlando? Qui si butta il pattume sotto il tappeto e quando scotta prende fuoco.
Così per il Centro-Nord, nel 2018 a partire dalla Valle d'Aosta, la Presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi, ha dato una descrizione calzante della situazione che si era venuta a definire negli anni: un equilibrio pluridecennale fondato "sulla compiacenza di operatori economici, classe dirigente e mafiosi". Dal rapporto 2019 di Legambiente sulle ecomafie, con dati raccolti, come sempre, in collaborazione con forze dell'ordine, capitanerie di porto e tutti i corpi con funzioni di rilevazione delle attività illecite, si delinea una classifica significativa. 12.597 infrazioni, pari al 45% nazionale, sono state compiute nelle regioni a tradizionale insediamento mafioso:Campania, Calabria, Puglia e Sicilia. La Campania conduce la classifica regionale delle illegalità ambientali con 3.862 illeciti, il 14,4% del totale nazionale , segue la Calabria con 3.240, che registra il numero più alto di arresti, 35 , poi la Puglia con 2.854 e quindi la Sicilia 2.641. Quinta il Lazio con più di 2.000 reati, poi, seconda regione del Centro Italia, la Toscana  con 1.836, seguita dalla Lombardia, al settimo posto nazionale e al primo nel Nord.
Negli anni le cosche hanno occupato molti settori dell'economia legale con le imprese acquisite, di forma o di fatto, inquinando il mercato e la libera concorrenza per la enorme disponibilità di capitali combinata ai metodi illegali: violazione delle leggi fiscali, della sicurezza sul lavoro, dei meccanismi di attribuzione degli appalti, alle intimidazioni e attentati. Le mafie occupano settori a bassa intensità di tecnologia come l'edilizia,con movimento terra, cave, cemento, i rifiuti, la contraffazione. A seguito dell'emergenza Covid 19 le cosche certamente si interesseranno allo smaltimento dei rifiuti ospedalieri, aumentati in modo significativo, all'aumento del trasporto su gomma, alla ripresa di produzioni dismesse in Italia. Grazie alla enorme liquidità, le cosche approfitteranno della crisi economica per esercitare usura, quindi ingresso societario per impadronirsi, di nome o di fatto, di molte imprese nei settori tradizionali e, come hanno messo in luce le indagini della magistratura in Lombardia,  nella sanità. Saranno cruciali i provvedimenti di controllo e deterrenza annunciati dalle autorità italiane e internazionali. Un esempio efficace, in questo senso, è stato l'Expo a Milano, sotto il monitoraggio dell'ANAC, così sembra la ricostruzione del ponte di Genova, grazie ad una legge speciale in cui, insieme alla semplificazione delle procedure sono stati mantenuti i controlli antimafia.
Sul piano nazionale la Legge 68/2015 sugli ecoreati ha un ruolo chiave nella lotta alla criminalità ambientale sul fronte repressivo, così come su quello della prevenzione. Nel 2018 la legge è stata applicata 1.108 volte, più di tre al giorno, una crescita pari a +129%. Sono state 86 le contestazioni per il reato di traffico organizzato di rifiuti, 15 i casi di traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, 6 i delitti colposi contro l’ambiente, 6 quelli di impedimento al controllo e i 2 di omessa bonifica. Nel 2019 90 procure che si sono messe sulle tracce dei trafficanti, con la denuncia di 9.027 persone e l’arresto di 2.023, 54 milioni di tonnellate di rifiuti sequestrati. 1.195 aziende coinvolte in 46 stati esteri, per questo Legambiente auspica che il Parlamento istituisca al più presto la Commissione d’inchiesta sulla vicenda dell’uccisione della giornalista Ilaria Alpi e dell’operatore Miran Hrovatin.
Le sentenze hanno dimostrato l'influenza delle cosche con la classe dirigente della Pubblica Amministrazione, locale e regionale, amministratori e funzionari. Coloro che decidono su indirizzi politici, procedure e capitoli di bilancio della spesa pubblica. Uno scambio di favori: incarichi professionali con aiuti elettorali, tangenti con assunzioni e promozioni. Così facendo non si ha solo una alterazione della legalità, quindi della concorrenza, della qualità delle infrastrutture, dello smaltimento dei rifiuti, della qualità delle acque di falda, dei terreni, dell'aria, della sicurezza e dei diritti dei lavoratori. Nel tempo si alterano la qualità e i profili della stessa classe dirigente della PA, delle politiche adottate e degli interlocutori cui questa deve rispondere e rendicontare: non più gli elettori ma i padrini. La corruzione si conferma lo strumento più efficace, per aggirare ed eludere le regole per la tutela dell’ambiente e generare profitti illeciti. Dal Tra il 1 giugno 2018 e il 31 maggio 2019 sono ben 100 le inchieste censite da Legambiente ha censito 100 inchieste svolte da  36 procure: 597 persone denunciate, 395 arrestate, 143 sequestri. La classifica della corruzione 2019 vede in testa le quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso con 43 inchieste, il 43%, ma è il Lazio la regione con il numero più alto di inchieste, 23, segue la Sicilia con 21, terza la  Lombardia con 12 , che precede la Campania con 9, chiude la Calabria con 8.
Certamente è necessaria una cultura condivisa della legalità come fondamento del patto sociale, con la consapevolezza diffusa del danno arrecato alla società, alla democrazia, all'economia, dalla presenza delle mafie con la loro attività di contagio mortale. Trasparenza e rendicontazione della Pubblica Amministrazione, effettiva partecipazione informata dei cittadini, esercizio diffuso ed effettivamente abilitato dagli strumenti di partecipazione della cittadinanza attiva, per cui l’accesso alla giustizia da parte delle associazioni dovrebbe essere gratuito ed effettivamente accessibile. Queste sono le condizioni per produrre una cultura condivisa della legalità. In questo senso c'è una concreta prova della relazione tra amministrazioni locali e senso civico diffuso. Per quanto riguarda i rifiuti sanitari, le fasi di riduzione del contagio, con adozione di pratiche di sanificazione degli ambienti di relazione collettiva e distanziamento individuale, con l'uso necessario di dispositivi sanitari a cadenza limitata necessitano di strumentazione/raccoglitori e pratiche diffuse per la raccolta di quelli che, come mascherine e guanti, diventano rifiuti sanitari. Per essere efficace ciò  interessa la relazione tra l'organizzazione amministrativa, gli spazi urbani, gli ambienti collettivi, i costumi sociali.
Ma, combinato con questi aspetti di comunità territoriale fondata sulla responsabilizzazione diffusa, occorre mettere mano all'elemento cruciale che consente di alimentare questo anti stato, parassitario e parallelo: quello costituito dalla struttura normativa, procedurale, regolativa, organizzativa, di controllo e sanzione, della articolazione istituzionale ed amministrativa.
In questo senso è stata importante l'esempio di una amministrazione locale, della prima cintura di Milano, con l'approvazione di una serie di modifiche a Statuto, regolamenti e procedure al fine di contrastare efficacemente la corruzione amministrativa. Significativa l'approvazione unanime, di ciò che ho proposto come Presidente della Commissione di Indagine Consiliare in relazione agli aspetti di criticità amministrativa messi in luce dalle sentenze Cerberus e Parco Sud, da parte del Consiglio Comunale di Buccinasco, che era stata definita dal capo cosca Barbaro 'la Platì del Nord'.
Così per lo Statuto 'Il Sindaco non può nominare componenti della Giunta comunale o rappresentanti del Comune presso Enti, Aziende ed Istituzioni i soggetti che abbiano rivestito la carica di amministratore del Comune e che, nel periodo di svolgimento della carica o nel biennio successivo, abbiano stipulato contratti di compravendita di beni immobili, di lavoro, di servizio o di consulenza con i soggetti destinatari dell’attività amministrativa svolta.       Il suddetto divieto si applica anche nel caso in cui i contratti sopra citati siano stati stipulati dal coniuge o da parenti fino al primo grado.'
Per il Controllo degli atti  'Nella fase successiva all’adozione degli atti amministrativi, il controllo di regolarità amministrativa è svolto dalla struttura preposta ai controlli interni, coordinata dal Segretario Generale. Esso viene esercitato sulle deliberazioni e sulle determinazioni, nonché sui relativi allegati, ed ha gli stessi contenuti previsti del controllo di regolarità amministrativa nella fase preventiva a cui si aggiunge il rispetto dei termini per la conclusione dei procedimenti amministrativi. Con particolare riferimento agli atti di affidamento di appalti di lavori, servizi e forniture, nonché agli atti di erogazione di contributi economici a favore di soggetti terzi, il controllo prevede la verifica della correttezza e legittimità dell’intero procedimento cui l’atto stesso si riferisce.'  Per limitare possibile discrezionalità nei controlli, fino al 30% degli atti vengono selezionati per sorteggio e il controllo ha cadenza semestrale con verbale relativo.
Un Protocollo per il Patto di Integrità con obblighi per l'Amministrazione appaltante e i suoi dipendenti e per gli operatori economici, per il quale 'È, dunque, legittima la previsione del bando che richiede l’accettazione dei protocolli di legalità e dei patti di integrità quale possibile causa di esclusione “in quanto tali mezzi sono posti a tutela di interessi di rango sovraordinato e gli obblighi in tal modo assunti discendono dall’applicazione di norme imperative di ordine pubblico, con particolare riguardo alla legislazione in materia di prevenzione e contrasto della criminalità organizzata nel settore degli appalti” '
Nel Codice di Comportamento  'I dipendenti assegnati ai Settori Lavori pubblici e Manutenzioni, Urbanistica ed Edilizia privata ed Ambiente e controllo del territorio, forniscono annualmente, con riferimento al quinquennio precedente, per iscritto al proprio Responsabile di Posizione Organizzativa apposita  comunicazione riguardante le attività professionali o economiche svolte dalle persone con loro conviventi, dagli ascendenti e discendenti e dai parenti e affini entro il secondo grado'
Oltre  a stringenti obblighi per urbanizzazione primaria e secondaria, qualità equiparata agli obblighi di urbanizzazione, acquisizione e cessione, di aree, fideiussioni per inadempimento obbligatorie, 

 ART. 16 – ALTA VIGILANZA
1. Il Comune, in ragione delle proprie competenze istituzionali, esercita l’alta vigilanza su tutte le fasi di progettazione, affidamento e realizzazione delle opere di urbanizzazione.
2. In particolare, il Comune rimane titolare del potere di impartire direttive circa gli atti e le procedure da compiere, di sostituire l’operatore in caso di inerzia, di annullare in sede di autotutela di atti illegittimamente posti in essere, ex articolo 21-nonies, e revocare nei casi previsti dall’articolo 21-quinquies della legge n. 241 del 1990 e, più in generale, del potere di revocare l’esercizio dei poteri attribuiti all’operatore mediante la presente convenzione .
3. Il Comune si riserva il diritto di effettuare controlli sul cantiere, anche senza preavviso, al fine di valutare l’andamento dei lavori ed il rispetto dei termini previsti per la realizzazione delle opere di urbanizzazione.
4. Ai fini dell’esercizio delle funzioni di cui ai precedenti commi, il Comune nomina ai sensi della l. n. 241 del 1990 s.m. il responsabile del procedimento per la realizzazione delle opere di urbanizzazione14, il quale esercita, fra l’altro, i seguenti compiti: 
Istituzione del Nucleo Operativo Controllo Cantieri. Che comprende i Settori: Polizia Locale, Protezione Civile, Lavori Pubblici e Manutenzione, Urbanistica ed Edilizia Privata.  Gli obiettivi sono 'Assicurare che la realizzazione dei lavori pubblici comunali sia effettivamente eseguita dai soggetti debitamente autorizzati dal comune.Assicurare che il personale e i mezzi impiegati dalle imprese non siano riferibili  in alcun modo a soggetti non autorizzati. Assicurare che le opere di urbanizzazione realizzate dai privati siano effettivamente eseguite dai soggetti preventivamente comunicati al comune. Assicurare la conformità alla normativa urbanistico – edilizia dei opere private anche in corso d’opera.'. Alla Polizia Locale è affidato il compito della rendicontazione periodica sull'operato del NOCC.

ART. 17 – NORMA ANTI MAFIA
1 Le parti si impegnano ad assumere ogni utile iniziativa affinché sia assicurato, all’affidamento dei lavori pubblici e delle forniture di beni e servizi, lo scrupoloso rispetto delle prescrizioni di cautela dettate dalla normativa antimafia, di cui al D.L.vo n. 159/2011.
2 Il Soggetto Attuatore si impegna ad inserire nei bandi per l' affidamento di appalti di opere e lavori pubblici da cui possono derivare le seguenti attività imprenditoriali:
• TRASPORTO DI MATERIALI A DISCARICA • TRASPORTO E SMALTIMENTO DI RIFIUTI;

• FORNITURA E TRASPORTO DI TERRA E MATERIALI INERTI;
• FORNITURA E TRASPORTO DI CALCESTRUZZO FORNITURA E TRASPORTO DI BITUME; AUTOTRASPORTI; GUARDIANIA AI CANTIERI.

. 

Tra le clausole previste clausole:
. a)  obbligo per la stazione appaltante di comunicare al Prefetto le imprese aggiudicatarie di appalti, subappalti e altri subcontratti derivanti dall'appalto, relativi all’attività sopraindicate; b)  tutti gli affidamenti a valle dell'aggiudicazione principale devono essere subordinati all'acquisizione delle informazioni antimafia di cui all'articolo 91 del decreto legislativo n. 159/2011;c)  le verifiche e l'acquisizione delle informazioni antimafia devono essere estese anche alle tipologie di prestazioni non inquadrabili nel subappalto sempre in riferimento alle attività sopraindicate; 
Per il soggetto Attuatore:

. a)  previsione dell'obbligo a carico dell'appaltatore, di comunicare alla stazione appaltante l' elencodelle imprese coinvolte nel piano di affidamento con riguardo alle forniture e ai servizi di cui al comma precedente nonché ogni eventuale variazione dello stesso elenco, successivamente intervenuta per qualsiasi motivo; b)  previsione dell'obbligo, a carico della stazione appaltante, di comunicare al Prefetto l’elenco delle imprese di cui al punto precedente, al fine di consentire le necessarie verifiche antimafia da espletarsi anche attraverso il ricorso al potere di accesso ai cantieri;  c)  previsione della clausola risolutiva espressa - da attivare in caso di informazioni positive al fine di procedere automaticamente alla revoca dell'autorizzazione del sub-contratto e alla automatica risoluzione del vincolo; d)  in caso di automatica risoluzione del vincolo, previsione di una penale, pari al 10% del valore del sub-contratto, a titolo di liquidazione forfetaria dei danni, salvo il maggior danno. 

Il Protocollo con la Prefettura  prevede:

- “Il contraente appaltatore si impegna a dare comunicazione tempestiva alla Prefettura ed all’Autorità giudiziaria di tentativi di concussione che si siano, in qualsiasi modo, manifestati nei confronti dell’imprenditore, degli organi sociali o dei dirigenti di impresa. Il predetto adempimento ha natura essenziale ai fini della esecuzione del contratto e il relativo inadempimento darà luogo alla risoluzione espressa del contratto stesso, ai sensi dell’art. 1456 del c.c., ogni qualvolta nei confronti di pubblici amministratori che abbiano esercitato funzioni relative alla stipula ed esecuzione del contratto, sia stata disposta misura cautelare o sia intervenuto rinvio a giudizio per il delitto previsto dall’art 317 del codice penale” ; 
-"La Stazione appaltante si impegna ad avvalersi della clausola risolutiva espressa, di cui all’art. 1456 del codice civile ogni qualvolta nei confronti dell’imprenditore o dei componenti la compagine sociale, o dei dirigenti dell’impresa, sia stata disposta misura cautelare o sia intervenuto rinvio a giudizio per taluno dei delitti di cui agli artt. 317,318, 3l9,3l9-bis, 3l9-ter,3l9-quater,320,322 , 322-bis, 346 bis ,353 e 353 bis del codice penale"

Queste misure, basate sulle criticità rilevate dai magistrati, sono finalizzate sia alla creazione di un ambiente chiaro di informazioni, procedure e regole, sia nel coinvolgimento e nella responsabilizzazione di più figure e funzioni pubbliche, creando così una comunità amministrativa con un indirizzo inequivocabile. Un deterrente ma altresì una funzione di prevenzione e contrasto del l'operato delle ecomafie sul territorio: quello figurato e quello sostanziale, delle escavazioni, del movimento terra, degli interramenti e degli sversamenti dei rifiuti speciali, tra questi quelli sanitari.
Spetta quindi alla politica, sul piano Nazionale come su quello Delle Amministrazione Locali, evitare che leggi, regolamenti e procedure amministrative, consentano la pratica della corruzione, che apre spazi di azione per le mafie. Così come sarà indispensabile un modello di  concertazione con il mondo del lavoro perché la crisi economica e il conseguente disagio sociale non diventino una questione di ordine pubblico bensì di un cambio di modello basato sulla innovazione per la sostenibilità ambientale e un welfare sociosanitario che non scarichi negli ospedali il disagio sociale come questione di ordine terapeutico. Solo così l'azione della magistratura e delle forze dell'ordine, già gravate di nuovi compiti post pandemia, potrà dedicarsi principalmente a debellare il cancro mafioso che inficia la qualità del vivere sociale.

 
 

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