Finalmente la dimensione digitale entra nella scuola non in modo surrettizio, come laboratorio di informatica o come modalità per lo svolgimento di una ricerca, bensì come consapevolezza del cambiamento delle modalità della relazione apprendimento/insegnamento. E' significativo che questa consapevolezza prenda corpo in una associazione professionale di insegnanti non attraverso una reazione difensiva, tesa a confermare una funzione ed una condizione dei docenti rispetto alla sollecitazione della rete digitale. Questo è importante se teniamo conto di come è stata mortificata la condizione docente dai diversi governi e dai diversi ministri che si sono succeduti negli ultimi 15 anni. Perché è chiaro che il docente avrà una funzione centrale nella relazione insegnamento/apprendimento dentro la rete digitale laddove saprà svolgere la funzione di guida e di facilitatore dentro il multiverso della convergenza multimediale. E' chiaro che non si tratta solo di usare programmi di scrittura e motori di ricerca, per poi fare il "copia e incolla". Basta pensare all'implicazione della semantica e, ancor prima, alla relazione tra il "surfare" in rete e la riflessione approfondita che richiede l'acquisizione di un bagaglio di strumenti, piuttosto che la gestione del rapporto tra gli acronimi e la sintassi. Costituisce, perciò, una preziosa opportunità il convegno di studio rivolto ai docenti della scuola dell'obbligo, ma aperto a tutti, organizzato dalla GILDA degli Insegnanti di Milano, sul tema:" FARE ESPERIENZA NELLA SCUOLA 2.0: TEORIE E PRATICHE ".
Il convegno, rivolto prioritariamente ai docenti della scuola primaria e secondaria inferiore, vuole costituire un'occasione di formazione, informazione, confronto e dibattito per i docenti, non limitata al tema dell'alfabetizzazione informatica, che nella scuola di solito caratterizza la formazione e l'aggiornamento dei docenti sulla ICT.
La scuola, come agenzia e luogo privilegiato della formazione, si sta irreversibilmente modificando. Lo spazio fisico dell'apprendere e gli oggetti culturali che costituiscono il mix formativo vengono ridefiniti dalle nuove tecnologie, che trasformano le modalità gutenberghiane dell'apprendimento: le lezioni frontali e i libri vengono affiancati da PC, Internet, iPod, lavagne digitali, e-learning. Bambini e studenti apprendono l'uso dei nuovi media nei contesti extrascolastici e queste esperienze modificano profondamente il loro approccio agli strumenti culturali.
Ai docenti è chiesto di ripensare il proprio ruolo e la propria funzione alla luce di questo "cambiamento epocale", che li sfida ad adeguare i propri strumenti educativi e didattici.
In particolare è importante la scelta degli organizzatori di indagare l'attualità e il valore dell' "esperienza" su cui si fondano le didattiche attive e considerare come il "fare esperienza" rappresenti una modalità per connettere apprendimenti formali ed informali. Risulta perciò coerente che il convegno metta gli insegnanti in relazione con le riflessioni teoriche e le ricerche più innovative, proposte da esperti di indubbia fama, che si occupano da sempre di questi temi con contributi originali e che i docenti abbiano l'opportunità di dialogare con gli esperti attraverso osservazioni e domande scaturite anche dalla pratica didattica quotidiana. Le relazioni di Reggio e Rivoltella, dell'Università Cattolica di Milano, Ferri e Garzia, dell'Università Milano-Bicocca, in un contesto interattivo come quello proposto, prefigurano una modalità di alfabetizzazione digitare/reticolare adeguata perché immediatamente inerente con l'esperienza quotidiana degli insegnanti. Costituisce così un buon utilizzo della rete digitale la trasmissione dei lavori in streaming in tempo reale, che permetterà così di seguirli anche ai docenti delle altre province e regioni italiane. Il convegno si terrà giovedì 24 febbraio 2011, dalle ore 9,00 alle ore 13,00, presso la Sala delle Capriate dello Spazio FORMA, Piazza Tito Lucrezio Caro 1, Milano
lunedì 21 febbraio 2011
lunedì 14 febbraio 2011
13 febbraio 2011
Fuori da ogni demagogia insita nella semplificazione dello scontro politico, credo che il senso della partecipazione alla manifestazione promossa da tante donne, almeno il mio, risieda nella reazione all'insopportabile manipolazione del significato delle parole e delle azioni simboliche. Così chi propugna il "family day paga per il sesso" ( così sarebbe comunque libero?) e chi è contro la 194 e la RU 486 organizza una iniziativa a favore del satrapismo senile dove la libertà sessuale è direttamente proporzionale al potere d'acquisto e di scambio, salvo inasprire, in Parlamento, le pene per il reato di prostituzione. C'è la necessità di uscire dalle simulazioni e dalle dissimulazioni, la libertà, il rispetto delle differenze parte dalla verità e dalla non subordinazione, pagata o meno.
venerdì 4 febbraio 2011
pericolo scampato?
E’ notte per la politica parlamentare italiana e così tutte le vacche sono nere, o se preferite “ci stanno a’ provà” a Milano si dice “se la và la gà i gamb”. Così il decreto “Milleproroghe” proposto dal Governo è diventato una manovra in cui la stessa maggioranza ha proposto 1200 emendamenti, di tutto e di più nello scambio della compravendita parlamentare e in quello di possibili elezioni anticipate. Partiamo da una buona notizia, che non significa “scampato pericolo” ma un incombente e pesante rischio per il Belpaese. La Commissione Permanente Affari Costituzionali del Senato ha valutato inammissibili, in quanto estranei al disegno di legge, i due emendamenti al disegno di legge di conversione del decreto “Milleproroghe” con i quali si voleva introdurre, di fatto, un nuovo condono edilizio. C’è da chiedersi cosa sarebbe accaduto se non fossero state estranee alla legge in discussione. Le proposte emendative erano state avanzate, per l’ennesima volta, da diciassette senatori del PdL a prima firma Sarro e Nespoli.
Oltre alla riapertura dei termini per la sanatoria degli immobili abusivi si proponeva lo stop alle demolizioni degli edifici abusivi in Campania. Con la prima parte emendativa sarebbe diventato possibile modificare la Legge 326/2003, ammettendo nel 2011 la sanatoria delle opere edilizie realizzate entro il 31 marzo 2003 in aree tutelate dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, D.lgs. 42/2004. Con una straordinaria piroetta retroattiva il condono avrebbe ammesso anche i soggetti cui era stata precedentemente rigettata l’istanza di regolarizzazione. Si prevedeva quindi la sospensione dei procedimenti sanzionatori di natura penale e amministrativa, anche se già avviati o relativi a sentenze passate in giudicato. In barba alla bandierina federalista della Lega non solo si volevano sospendere tutte le sentenze della magistratura per abbattere case abusive, ma anche le ordinanze comunali, provinciali e regionali. Così si volevano sanare ville e villini che sorgono dentro i parchi lombardi e veneti, le case costruite sui costoni rocciosi di Ischia, a permanente rischio frana, le case costruite nella valle dei templi ad Agrigento, le case costruite a Palermo sul monte Pizzosella, le case di San Fratello, con l’allarme per il rischio frane lanciato dai geologi. Così per le case lungo la costa ligure e lungo la costa amalfitana. Alla faccia degli ecomostri da abbattere.
La seconda parte del testo avrebbe sospeso fino al 31 dicembre 2011 le demolizioni degli immobili realizzati in Campania in violazione dei vincoli paesaggistici se a fini non speculativi e utilizzati come prima abitazione da soggetti sforniti di un altro alloggio.
Da non credere, infatti esponenti di ordini professionali, istituti di ricerca e membri dell’associazionismo ambientalista, avevano chiesto il ritiro della proposta, appellandosi anche ai presidenti delle Commissioni di Palazzo Madama . L’Italia ha già conosciuto una successione di ondate di cemento illegali e deturpanti: nel 1993 furono realizzati 58000 edifici fuorilegge, 59000 nel ’95 e nel 1994, con il condono Berlusconi-Radice ne furono realizzati 83000, mentre la sanatoria del 2003 ha prodotto, secondo i dati forniti da Legambiente, 40 mila nuove case illegali. Quanta identità vogliamo perdere quanti flussi turistici vogliamo vedere andare ancora altrove nella competizione internazionale? Quanto si vuole calpestare della Costituzione? La Repubblica ha il compito di tutelare il paesaggio ai sensi dell’art.9 Costituzione ed oggi anche in virtù della Convenzione europea sul paesaggio siglata a Firenze il 20.10.2000. La Consulta ha affermato una concezione ampia di “paesaggio” anche grazie alla legge n.431/85 ( legge Galasso) che ha individuato intere categorie di beni direttamente assoggettati ope legis a tutela in forza del loro particolare interesse ambientale, si passa così dalle bellezze naturali, intese come dimensione solo estetica del territorio, ai “beni ambientali” come beni culturali che interessano vaste porzioni di territorio nazionale. Con il Codice dei beni cultuali e del paesaggio (D.lgs. 22 gennaio 2004 n.42), si conclude una lunga evoluzione legislativa in materia di tutela e valorizzazione del paesaggio e dell’ambiente. Con la nuova disciplina legislativa il ‘paesaggio’ è “una parte omogenea di territorio i cui caratteri derivano dalla natura, dalla storia umana o dalle reciproche interrelazioni”, è comprensivo di tutti gli aspetti della tutela paesaggistico-ambientale e quindi un bene culturale che, come le opere d’arte e i monumenti, è oggetto di tutela e di riqualificazione. Salvatore Settis con la pubblicazione di “ Paesaggio Costituzione cemento” coglie la contraddizione tra il dettato costituzionale e la pratica e la cultura materiali quotidiane: “E’ oggi più che mai necessario parlare di paesaggio”.
“Il degrado di cui stiamo parlando non riguarda solo la forma del paesaggio e dell'ambiente, e nemmeno solo gli inquinamenti, i veleni, le sofferenze che ne nascono e ci affliggono” è la condivisione del nostro territorio e delle nostre regole di convivenza ad essere a rischio. Così, nella Campania del disastro di Pompei Il sindaco di Monte di Procida Francesco Paolo Iannuzzi , rinnova l’appello ai Sindaci della Campania affinché si mobilitino in favore dell’iniziativa intrapresa dal senatore del Popolo della Libertà Carlo Sarro “Molti colleghi si sono già messi in contatto con me per dare man forte alle proposte di emendamento che saranno discusse domani. Dunque mi sento in dovere, ancora una volta, di chiedere l’appoggio di tutti i miei colleghi Sindaci della Campania alla proposta di legge del Senato in modo che il legislatore provveda, se non altro temporaneamente, alla sospensione delle demolizioni in attesa che la Regione Campania si doti di un Piano Paesistico. Tutto ciò nell’interesse massimo della tutela dei diritti dei cittadini e dell’ambiente. Per questo mi appello ancora una volta anche al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e al presidente del Senato Renato Schifani”. La compulsività sanatoria di Sarro e Nespoli ha un retroterra robusto da non credere, il “fiduciato” ministro Bondi ha niente da dire in proposito?
Oltre alla riapertura dei termini per la sanatoria degli immobili abusivi si proponeva lo stop alle demolizioni degli edifici abusivi in Campania. Con la prima parte emendativa sarebbe diventato possibile modificare la Legge 326/2003, ammettendo nel 2011 la sanatoria delle opere edilizie realizzate entro il 31 marzo 2003 in aree tutelate dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, D.lgs. 42/2004. Con una straordinaria piroetta retroattiva il condono avrebbe ammesso anche i soggetti cui era stata precedentemente rigettata l’istanza di regolarizzazione. Si prevedeva quindi la sospensione dei procedimenti sanzionatori di natura penale e amministrativa, anche se già avviati o relativi a sentenze passate in giudicato. In barba alla bandierina federalista della Lega non solo si volevano sospendere tutte le sentenze della magistratura per abbattere case abusive, ma anche le ordinanze comunali, provinciali e regionali. Così si volevano sanare ville e villini che sorgono dentro i parchi lombardi e veneti, le case costruite sui costoni rocciosi di Ischia, a permanente rischio frana, le case costruite nella valle dei templi ad Agrigento, le case costruite a Palermo sul monte Pizzosella, le case di San Fratello, con l’allarme per il rischio frane lanciato dai geologi. Così per le case lungo la costa ligure e lungo la costa amalfitana. Alla faccia degli ecomostri da abbattere.
La seconda parte del testo avrebbe sospeso fino al 31 dicembre 2011 le demolizioni degli immobili realizzati in Campania in violazione dei vincoli paesaggistici se a fini non speculativi e utilizzati come prima abitazione da soggetti sforniti di un altro alloggio.
Da non credere, infatti esponenti di ordini professionali, istituti di ricerca e membri dell’associazionismo ambientalista, avevano chiesto il ritiro della proposta, appellandosi anche ai presidenti delle Commissioni di Palazzo Madama . L’Italia ha già conosciuto una successione di ondate di cemento illegali e deturpanti: nel 1993 furono realizzati 58000 edifici fuorilegge, 59000 nel ’95 e nel 1994, con il condono Berlusconi-Radice ne furono realizzati 83000, mentre la sanatoria del 2003 ha prodotto, secondo i dati forniti da Legambiente, 40 mila nuove case illegali. Quanta identità vogliamo perdere quanti flussi turistici vogliamo vedere andare ancora altrove nella competizione internazionale? Quanto si vuole calpestare della Costituzione? La Repubblica ha il compito di tutelare il paesaggio ai sensi dell’art.9 Costituzione ed oggi anche in virtù della Convenzione europea sul paesaggio siglata a Firenze il 20.10.2000. La Consulta ha affermato una concezione ampia di “paesaggio” anche grazie alla legge n.431/85 ( legge Galasso) che ha individuato intere categorie di beni direttamente assoggettati ope legis a tutela in forza del loro particolare interesse ambientale, si passa così dalle bellezze naturali, intese come dimensione solo estetica del territorio, ai “beni ambientali” come beni culturali che interessano vaste porzioni di territorio nazionale. Con il Codice dei beni cultuali e del paesaggio (D.lgs. 22 gennaio 2004 n.42), si conclude una lunga evoluzione legislativa in materia di tutela e valorizzazione del paesaggio e dell’ambiente. Con la nuova disciplina legislativa il ‘paesaggio’ è “una parte omogenea di territorio i cui caratteri derivano dalla natura, dalla storia umana o dalle reciproche interrelazioni”, è comprensivo di tutti gli aspetti della tutela paesaggistico-ambientale e quindi un bene culturale che, come le opere d’arte e i monumenti, è oggetto di tutela e di riqualificazione. Salvatore Settis con la pubblicazione di “ Paesaggio Costituzione cemento” coglie la contraddizione tra il dettato costituzionale e la pratica e la cultura materiali quotidiane: “E’ oggi più che mai necessario parlare di paesaggio”.
“Il degrado di cui stiamo parlando non riguarda solo la forma del paesaggio e dell'ambiente, e nemmeno solo gli inquinamenti, i veleni, le sofferenze che ne nascono e ci affliggono” è la condivisione del nostro territorio e delle nostre regole di convivenza ad essere a rischio. Così, nella Campania del disastro di Pompei Il sindaco di Monte di Procida Francesco Paolo Iannuzzi , rinnova l’appello ai Sindaci della Campania affinché si mobilitino in favore dell’iniziativa intrapresa dal senatore del Popolo della Libertà Carlo Sarro “Molti colleghi si sono già messi in contatto con me per dare man forte alle proposte di emendamento che saranno discusse domani. Dunque mi sento in dovere, ancora una volta, di chiedere l’appoggio di tutti i miei colleghi Sindaci della Campania alla proposta di legge del Senato in modo che il legislatore provveda, se non altro temporaneamente, alla sospensione delle demolizioni in attesa che la Regione Campania si doti di un Piano Paesistico. Tutto ciò nell’interesse massimo della tutela dei diritti dei cittadini e dell’ambiente. Per questo mi appello ancora una volta anche al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e al presidente del Senato Renato Schifani”. La compulsività sanatoria di Sarro e Nespoli ha un retroterra robusto da non credere, il “fiduciato” ministro Bondi ha niente da dire in proposito?
mercoledì 2 febbraio 2011
Un grido: Costituente Civica
Un grido.
Se non ora quando? Cos’altro deve accadere alle principali cariche istituzionali, alla libera espressione nella televisione pubblica e privata, alla dignità delle persone perché i gruppi dirigenti dell’opposizione parlamentare condividano un processo costituente nel nome della democrazia repubblicana? I diversivi potranno essere molteplici: dalla proposta alta avanzata sul Corriere della Sera, alla diffamazione sui quotidiani di famiglia, senza tralasciare la campagna acquisti e la ripetizione ossessiva di una verità altra sul reality di Arcore. Intanto l’Italia è sulla soglia della rottura. Per quanto maldestra l’armata Brancaleone della Lega potrebbe trovarsi di fronte ad una rottura di fatto tra il sistema economico-imprenditoriale del Nord e il resto del Paese. Un Paese al quale non viene neanche più riconosciuta la strategicità peninsulare nel Mediterraneo mentre saltano i regimi familistici che garantivano agli stati del Nord Africa di operare come barriera-filtro nei confronti dell’integralismo islamico. Di fronte al federalismo contraffatto in salsa padana come non vedere la necessità di un’Italia federale parte costitutiva di un’Europa federale capace di azione? Come non vedere la necessità di riforme compiute, capaci di sostituire ciò che si ritiene superato senza continuare ad aggiungere, aggiungere, aggiungere: così facendo oltre agli enti inutili, perfettamente in salute, avremo le istituzioni inutili, ma operative, con il loro bilancio, le loro cariche, le loro nomine, i loro consulenti, le loro assunzioni, le loro auto blu ed il loro potere di scambio locale. Non è tanto il quasi 30% di disoccupazione giovanile che ci deve preoccupare, quanto la diffusa rinuncia a pensare e a pretendere un altro futuro diverso dalla scelta tra precarietà e prostituzione dell’identità e dei corpi. Perciò è necessario che le forze politiche attuali vadano oltre sé stesse. In gioco c’è la capacità di culture ed indirizzi adeguati alle sfide di un mercato di dimensioni globali nel quale competono sistemi locali a qualità specifiche, un insieme composto da qualità delle infrastrutture e dei servizi, della sicurezza sul lavoro e della qualità della produzione, dell’amministrazione e della formazione, dell’ambiente e del vivere sociale. Un insieme, appunto, che tocca alla politica fare riconoscere ed agire come tale. In gioco ci sono questioni prodotte dall’innovazione tecnologica e scientifica non riconducibili alle antinomie dello scorso secolo, bioetica e fine vita, ambiente ed energia, costituiscono oggi problemi da affrontare efficacemente e non occasioni per affermare simbolo e collocazione nel mercato elettorale. Ma c’è di più, c’è qualcosa che viene prima delle questioni che sono in gioco: c’è il gioco stesso, le sue regole, l’arbitro, il campo, i giocatori, le società e il pubblico. E’ tutto questo che sta saltando in una sorta di schizofrenia, di rovesciamento del significato delle parole e di delegittimazione del significante. Non importa attraverso quali mezzi l’importante è che vinca la squadra di cui sono sostenitore. Ma questa non è un partita di calcio, non siamo tifosi che gioiscono per la vittoria sull’Inghilterra grazie alla mano di Maradona. Qui si sta pregiudicando una cultura della cittadinanza condivisa, l’idea che diritti e doveri valgono per tutti, che le istituzioni e la costituzione, il paesaggio e i beni culturali, il talento cognitivo dei giovani italiani, costituiscano un Bene Comune rispetto al quale sentirsi responsabilizzati. Di questo si tratta. Allora invece di reagire con disappunto o con compatimento alla indisponibilità alla candidatura a sindaco di Milano, di un giovane professionista di valore, socialmente impegnato, come Umberto Ambrosoli, occorre interrogarsi. Perché le proposte dei partiti politici e dei gruppi dirigenti attuali, risultano strumentali e non hanno la capacità di coinvolgere la ragione e l’emozione delle persone più belle? Perché non riconosce come necessità politica la pratica di forme e modi di partecipazione che non considerino le persone di valore e le loro competenze solo come testimonial, verso il quale avere riconoscenza nelle future nomine. Lo so che questa è l’antropologia vigente e chi la rifiuta risulta presuntuoso e velleitario, ma è questa antropologia che usa le leggi elettorali per nomine feudali (ius primae noctis incluse), il potere economico per la compravendita di parlamentari, l’amicizia in luogo della competenza, la cosa pubblica come risorsa contendibile da cordate. Non c’è da scherzare, quando andiamo all’estero non siamo più chiamati a rispondere alla battuta su Berlusconi ma ci chiedono cosa ci sta succedendo? cosa ci è successo? come cittadini, come italiani. Abbiamo costruito la deriva personalistica e plebiscitaria con l’elezione diretta di sindaci e governatori, che contestualmente svuotava di poteri le assemblee elettive, abbiamo lasciato un conflitto di interessi mediatici in un paese omologato dalla televisione, come denunciava Pasolini, ora temiamo il peggio ma non sappiamo quale possa essere. Il 40% degli elettori non vota e alle primarie del PD votano i cinesi: la maionese è impazzita.
Per questo non trova più alcuna ragione il timore o l’imbarazzo politici a condividere un percorso difficile e duro di risignificazione della politica. Ecco perché la proposta di poli civici alle prossime amministrative deve costituire un momento di verità e non uno strumento testimoniale. Così gli esponenti dei partiti, vecchi e costituendi, si possono trovare insieme a fare e pensare politica con le belle persone come Umberto Ambrosoli, tanto numerose nella sussidiarietà italiana.
Se non ora quando? Cos’altro deve accadere alle principali cariche istituzionali, alla libera espressione nella televisione pubblica e privata, alla dignità delle persone perché i gruppi dirigenti dell’opposizione parlamentare condividano un processo costituente nel nome della democrazia repubblicana? I diversivi potranno essere molteplici: dalla proposta alta avanzata sul Corriere della Sera, alla diffamazione sui quotidiani di famiglia, senza tralasciare la campagna acquisti e la ripetizione ossessiva di una verità altra sul reality di Arcore. Intanto l’Italia è sulla soglia della rottura. Per quanto maldestra l’armata Brancaleone della Lega potrebbe trovarsi di fronte ad una rottura di fatto tra il sistema economico-imprenditoriale del Nord e il resto del Paese. Un Paese al quale non viene neanche più riconosciuta la strategicità peninsulare nel Mediterraneo mentre saltano i regimi familistici che garantivano agli stati del Nord Africa di operare come barriera-filtro nei confronti dell’integralismo islamico. Di fronte al federalismo contraffatto in salsa padana come non vedere la necessità di un’Italia federale parte costitutiva di un’Europa federale capace di azione? Come non vedere la necessità di riforme compiute, capaci di sostituire ciò che si ritiene superato senza continuare ad aggiungere, aggiungere, aggiungere: così facendo oltre agli enti inutili, perfettamente in salute, avremo le istituzioni inutili, ma operative, con il loro bilancio, le loro cariche, le loro nomine, i loro consulenti, le loro assunzioni, le loro auto blu ed il loro potere di scambio locale. Non è tanto il quasi 30% di disoccupazione giovanile che ci deve preoccupare, quanto la diffusa rinuncia a pensare e a pretendere un altro futuro diverso dalla scelta tra precarietà e prostituzione dell’identità e dei corpi. Perciò è necessario che le forze politiche attuali vadano oltre sé stesse. In gioco c’è la capacità di culture ed indirizzi adeguati alle sfide di un mercato di dimensioni globali nel quale competono sistemi locali a qualità specifiche, un insieme composto da qualità delle infrastrutture e dei servizi, della sicurezza sul lavoro e della qualità della produzione, dell’amministrazione e della formazione, dell’ambiente e del vivere sociale. Un insieme, appunto, che tocca alla politica fare riconoscere ed agire come tale. In gioco ci sono questioni prodotte dall’innovazione tecnologica e scientifica non riconducibili alle antinomie dello scorso secolo, bioetica e fine vita, ambiente ed energia, costituiscono oggi problemi da affrontare efficacemente e non occasioni per affermare simbolo e collocazione nel mercato elettorale. Ma c’è di più, c’è qualcosa che viene prima delle questioni che sono in gioco: c’è il gioco stesso, le sue regole, l’arbitro, il campo, i giocatori, le società e il pubblico. E’ tutto questo che sta saltando in una sorta di schizofrenia, di rovesciamento del significato delle parole e di delegittimazione del significante. Non importa attraverso quali mezzi l’importante è che vinca la squadra di cui sono sostenitore. Ma questa non è un partita di calcio, non siamo tifosi che gioiscono per la vittoria sull’Inghilterra grazie alla mano di Maradona. Qui si sta pregiudicando una cultura della cittadinanza condivisa, l’idea che diritti e doveri valgono per tutti, che le istituzioni e la costituzione, il paesaggio e i beni culturali, il talento cognitivo dei giovani italiani, costituiscano un Bene Comune rispetto al quale sentirsi responsabilizzati. Di questo si tratta. Allora invece di reagire con disappunto o con compatimento alla indisponibilità alla candidatura a sindaco di Milano, di un giovane professionista di valore, socialmente impegnato, come Umberto Ambrosoli, occorre interrogarsi. Perché le proposte dei partiti politici e dei gruppi dirigenti attuali, risultano strumentali e non hanno la capacità di coinvolgere la ragione e l’emozione delle persone più belle? Perché non riconosce come necessità politica la pratica di forme e modi di partecipazione che non considerino le persone di valore e le loro competenze solo come testimonial, verso il quale avere riconoscenza nelle future nomine. Lo so che questa è l’antropologia vigente e chi la rifiuta risulta presuntuoso e velleitario, ma è questa antropologia che usa le leggi elettorali per nomine feudali (ius primae noctis incluse), il potere economico per la compravendita di parlamentari, l’amicizia in luogo della competenza, la cosa pubblica come risorsa contendibile da cordate. Non c’è da scherzare, quando andiamo all’estero non siamo più chiamati a rispondere alla battuta su Berlusconi ma ci chiedono cosa ci sta succedendo? cosa ci è successo? come cittadini, come italiani. Abbiamo costruito la deriva personalistica e plebiscitaria con l’elezione diretta di sindaci e governatori, che contestualmente svuotava di poteri le assemblee elettive, abbiamo lasciato un conflitto di interessi mediatici in un paese omologato dalla televisione, come denunciava Pasolini, ora temiamo il peggio ma non sappiamo quale possa essere. Il 40% degli elettori non vota e alle primarie del PD votano i cinesi: la maionese è impazzita.
Per questo non trova più alcuna ragione il timore o l’imbarazzo politici a condividere un percorso difficile e duro di risignificazione della politica. Ecco perché la proposta di poli civici alle prossime amministrative deve costituire un momento di verità e non uno strumento testimoniale. Così gli esponenti dei partiti, vecchi e costituendi, si possono trovare insieme a fare e pensare politica con le belle persone come Umberto Ambrosoli, tanto numerose nella sussidiarietà italiana.
Il viaggiatore leggero parla a tutti noi, ancora
Io abito sui Navigli, a Milano, vicino alla chiesa di san Cristoforo e ogni volta che ci passo davanti mi viene in mente Alex, Alex Langer, perché lui si era rivolto al santo in forma di lettera. La leggenda racconta di Cristoforo, un uomo burbero e robusto, che faceva il traghettatore su un fiume. Una notte gli si presentò un fanciullo per farsi portare al di là del fiume e Cristoforo, seppur grande e robusto, si sarebbe piegato sotto il peso di quell'esile creatura, che aumentava ad ogni passo. Raggiunta l’altra sponda il bambino avrebbe rivelato allo stremato traghettatore di essere Gesù, dicendogli inoltre che aveva portato sulle sue spalle non solo il peso del bambino, ma quello del mondo intero. L’editore Sellerio ha ristampato “Il viaggiatore leggero“. una raccolta di articoli di Alex Langer che era uscita nel 1996, mantenendo in copertina un dipinto raffigurante la storia di san Cristoforo. Nella lettera del 1990, che chiude il libro, diceva Langer a san Cristoforo “Perché mi rivolgo a te, alle soglie dell'anno 2000? Perché penso che oggi in molti siamo in una situazione simile alla tua e che la traversata che ci sta davanti richieda forze impari, non diversamente da come a te doveva sembrare il tuo compito in quella notte, tanto da dubitare di farcela. E che la tua avventura possa essere una parabola di quella che sta dinanzi a noi.” “I veleni della chimica, gettati sulla terra e nelle acque per "migliorare" la natura, ormai ci tornano indietro: i depositi finali sono i nostri corpi. Ogni bene e ogni attività è trasformata in merce, e ha dunque un suo prezzo: si può comperare, vendere, affittare. Persino il sangue (dei vivi), gli organi (dei morti e dei vivi) e l'utero (per una gravidanza in "leasing"). Tutto è diventato fattibile: dal viaggio interplanetario alla perfezione omicida di Auschwitz, dalla neve artificiale alla costruzione e manipolazione arbitraria di vita in laboratorio.” “Che cosa resterebbe da fare a un tuo emulo oggi, caro San Cristoforo? Qual è la Grande Causa per la quale impegnare oggi le migliori forze, anche a costo di perdere gloria e prestigio agli occhi della gente e di acquattarsi in una capanna alla riva di un fiume? Qual è il fiume difficile da attraversare, quale sarà il bambino apparentemente leggero, ma in realtà pesante e decisivo da traghettare?” “La traversata da una civiltà impregnata della gara per superare i limiti a una civiltà dell'autolimitazione, dell'"enoughness", della "Genügsamkeit" o "Selbstbescheidung", della frugalità sembra tanto semplice quanto immane.” “Ecco perché mi sei venuto in mente tu, San Cristoforo: sei uno che ha saputo rinunciare all'esercizio della sua forza fisica e che ha accettato un servizio di poca gloria. Hai messo il tuo enorme patrimonio di convinzione, di forza e di auto-disciplina al servizio di una Grande Causa apparentemente assai umile e modesta” “Non basteranno la paura della catastrofe ecologica o i primi infarti e collassi della nostra civiltà (da Cernobyl alle alghe dell'Adriatico, dal clima impazzito agli spandimenti di petrolio sui mari) a convincerci a cambiare strada. Ci vorrà una spinta positiva, più simile a quella che ti fece cercare una vita e un senso diverso e più alto da quello della tua precedente esistenza di forza e di gloria. La tua rinuncia alla forza e la decisione di metterti al servizio del bambino ci offrono una bella parabola della "conversione ecologica" oggi necessaria.”. Langer sosteneva, quindi, la possibilità di una transizione in virtù di una scelta di valore e non in conseguenza di una catastrofe, che non auspicava. Qui risiede la forza inquieta della sua azione politica, una inquietudine per nulla velleitaria, per nulla ingenua,per nulla testimoniale. Come ha osservato Adriano Sofri nell’introduzione del 1996 al testo oggi rieditato: “ Langer è stato un esempio, un tentativo, unico, di tenere insieme le due aspirazioni, un'intelligenza delle cose che non si lasciasse spaventare dall'enormità; uno stile di vita quotidiana che non contraddicesse, e neanche si discostasse troppo, dalle convinzioni proclamate, e anzi ne offrisse la prima verifica; e poi una dedizione pratica che permettesse di misurarsi con l'efficacia, con la faticosa e mortificante e realistica traduzione delle idee, dei desideri e delle paure, in azioni concrete”. Langer ha vissuto il suo tempo traducendo, tanto nella quotidianità quanto nella attività politica e istituzionale, il detto evangelico “ogni uomo è mio fratello” e ha usato la sua intelligenza e la sua disciplina “asburgica” per dare metodo, continuità ed efficacia alla aspirazione impossibile di farsi carico di chiunque avesse la dignità, l’identità, i diritti minacciati o negati. Questo oltre ogni muro e ogni cortina di ferro che impedivano all’Europa di essere pienamente sé stessa: un dialogo tra differenze nella condivisione di un destino comune, indipendentemente dalle etnie, dalle nazionalità e dalle religioni. Lui, figlio di genitori ebrei e cattolici, che parlava cinque lingue e aveva vissuto il Sud Tirolo non all’insegna dell’”Heimat”, della piccola patria, ma come cerniera e matrice possibile di un’Europa multietnica, ambientalmente equilibrata e capace di azione politica. Se pensiamo a quanto sta accadendo nei paesi a sud del Mediterraneo Langer, nel ’95, con uno sguardo profetico, sosteneva “la necessità di un riequilibrio meridionale di un processo di integrazione europea che negli ultimi anni si era fatto particolarmente nordico e centro-orientale (soprattutto dopo la caduta dei regimi comunisti), ed una certa ossessione riguardante la sicurezza nella regione mediterranea, dove i fattori minacciosi e potenzialmente forieri di instabilità vengono individuati soprattutto nell'"esplosione demografica" e nell'immigrazione verso l'Europa, nella crescita del fondamentalismo islamico e nella possibilità di dover coesistere con regimi (vecchi e nuovi) poco affidabili dal punto di vista delle potenze europee” e proponeva alla UE una “Helsinki del Mediterraneo”. La stessa incoscienza profetica riguarda la politica italiana, se pensiamo all’afasia del PD e ai problemi delle primarie a Napoli. Nella “Lettera aperta: Voglio quel posto a Botteghe Oscure”, del ’94, con la quale si candidava a segretario del partito di Occhetto, D’Alema e Veltroni affermava che “Una riedizione della coalizione progressista o di altri consimili cartelli non riuscirà a convincere la maggioranza degli italiani a conferirle un incarico di governo. Ci vuole una formazione meno partitica, meno ideologica, meno verticistica e meno targata "di sinistra". Ciò non significa che bisogna correre dietro ai valori ed alle finzioni della maggioranza berlusconiana, anzi. Occorre un forte progetto etico, politico e culturale, senza integralismi ed egemonie, con la costruzione di un programma ed una leadership a partire dal territorio e dai cittadini impegnati, non dai salotti televisivi o dalle stanze dei partiti. Bisogna far intravvedere l'alternativa di una società più equa e più sobria, compatibile con i limiti della biosfera e con la giustizia, anche tra i popoli.” Una responsabile provocazione alla politica italiana che non riguardava solo la sinistra, tant’è che, sempre nel ’94, in un pezzo su “ I meriti di Berlusconi” coglieva un compito fondamentale per la politica, proporre una speranza,: “Un merito almeno dovremo riconoscerlo a Berlusconi: il suo successo ha fatto capire che la maggioranza della gente non ama (più?) riconoscersi nei lamenti "ah, quanto si sta male...", "oddio, cosa ci tocca sopportare...", "peggio di me non sta nessuno..." e così via piagnucolando ed incazzandosi, ma preferisce idee come "posso farcela", "sono senz'altro in grado di competere", "ho avuto fortuna e me ne vanto". Un duro colpo per tutte le culture politiche basate sul lamento e la recriminazione, l'invidia e un falso pauperismo, ed una spinta per il "fai da te" o almeno il "provaci ancora". Rischiano di restarne ferite a morte non solo tutte quelle sinistre che tradizionalmente aspettano dalla caduta tendenziale del saggio di profitto o dall'immiserimento progressivo alfine la riscossa rivoluzionaria, ma anche quella nuova cultura politica "verde" che in misura non piccola ha accreditato dell'ecologia una concezione fortemente catastrofista: non l'ineluttabile crollo del capitalismo, ma gli assai più ineluttabili effetto-serra o desertificazione o inquinamento e degrado porteranno all'inversione di rotta ed al riscatto salvifico. Berlusconi invece ha fatto venire allo scoperto una maggioranza che non ne può più di catastrofi avvenute o annunciate, e che vuole - malgrado non esprima una forte e profonda carica di senso, di motivazione, di speranza - almeno un'iniezione di ottimismo per andare avanti.”Goffredo Fofi: nella nota introduttiva per la riedizione del libro, coglie il senso pieno nel quale si sono concretizzate le intense suggestioni di Langer:”Se si dovesse chiudere in una formula ciò che Alex Langer ci ha insegnato, essa non potrebbe che essere: piantare la carità nella politica. Proprio piantare, non inserire, trasferire, insediare. E cioè farle metter radici, farla crescere, difenderne la forza, la possibilità di ridare alla politica il valore della responsabilità di uno e di tutti verso “la cosa pubblica”, il “bene comune”, verso una solidarietà tra gli umani e tra loro e le altre creature secondo il progetto o sogno di chi “tutti in sé confederati estima/ gli uomini, e tutti abbraccia/ con vero amor, porgendo/ valida e pronta ed aspettando aita/ negli ultimi perigli e nelle angosce/ della guerra comun.” La discrezione, la mitezza e la gentilezza di Alex Langer lo hanno caratterizzato come un viaggiatore leggero tra i popoli, le culture, le istituzioni e i territori del suo tempo. Leggero e intenso, per nulla superficiale come il motto con il quale rovesciava De Coubertin "Lentius, profundius, suavius". Infatti dialoga ancora con tutti noi, uomini di ogni fede, così come Francesco.
Calderoli cancella anche la sicurezza alimentare?
L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha sede a Parma e l’Italia ospiterà a Milano l’Expo 2015 dedicato al tema “Nutrire il Pianeta- Energia per la Vita”. Ci troviamo, quindi, nel cuore produttivo agroalimentare della presunta Padania, una filiera che va dal campo all’industria di trasformazione, alla distribuzione, al piatto dei consumatori e prosegue per la Borsa e le imprese di comunicazione del “Made in Italy”. L'ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) nel rapporto su "La competitività dell'agroalimentare italiano Check up 2010" ha mostrato che l'industria alimentare italiana ha retto meglio degli altri settori l'urto della crisi, con una tenuta anche sul piano europeo e la fiducia degli operatori ha ceduto in misura notevolmente più bassa rispetto al resto del manifatturiero. Cala l'export verso i Paesi terzi (-6%) e tra i comparti più penalizzati ci sono: pasta, frutta, succhi di frutta e olio di oliva. Si rileva una quota dell'export agroalimentare mondiale in linea con quella di Cina, Brasile, Argentina e Canada: competitor che evidenziano una maggiore dinamicità nel lungo periodo, con la preoccupazione della nostra Bilancia dei Pagamenti. Nomisma ha comunicato che la spesa degli italiani per alimenti e bevande è di 215,3 miliardi di euro all'anno, il 23,3 per cento sul totale dei consumi. L’intera filiera agroalimentare contribuisce al Pil per l'8,4 per cento e all'occupazione per il 12,6 per cento. Noi sappiamo bene che un altro contributo del mondo dell’agricoltura riguarda l’ambiente, il paesaggio, il presidio e la custodia delle colline e dei monti della dorsale appenninica, dell’arco alpino e la relazione di tutto ciò con il turismo e le sue implicazioni gastronomiche. La sfida della globalizzazione diventa perciò stringente e per noi è legata alla qualità alimentare, alle sue garanzie, alla lotta alla contraffazione. I 37 Nuclei dei Nas sul territorio italiano e le altre Forze dell’Ordine preposte hanno filtrato alla frontiera molta contraffazione proveniente dall’estero. Nel 2009 l’Agenzia delle Dogane ha scoperto oltre 25 mila barattoli di pomodori “San Marzano” falsamente etichettati e oltre 24 mila chili di formaggio a pasta filata dichiarata “MOZZARELLA”, proveniente da una azienda tedesca e destinata alla Libia. Il sistema di allerta comunitario RASFF ha indicato Cina e Turchia come i paesi dai quali provengono gran parte delle irregolarità. I controlli hanno evitato l’arrivo sulle nostre tavole di 41 mila tonnellate di prodotti contraffatti o avariati, non provenienti solo dall’estero. I carabinieri dei Nas hanno scoperto 23.342 infrazioni su 34.675 ispezioni effettuate, sequestrando in 12 mesi ben 39,3 milioni di chili di merce. E’ l’affidabilità e la credibilità del Made in Italy ad essere minacciata. Questo quadro di insieme ha ricevuto una spallata di incuria e trascuratezza normativa dal ministero guidato da Roberto Calderoli che parla di quella padana come di una nazione. La legge sulla Tutela degli alimenti 283 del 30 aprile 1962 è stata in tutti questi hanno lo strumento che ha permesso alle procure, ai carabinieri dei NAS, alle Capitanerie di Porto, al Corpo Forestale ai Carabinieri per le Politiche Agricole, di svolgere una funzione straordinaria di salvaguardia della salute pubblica, oltre ché del Made in Italy. Sì, si tratta anche di questo perché la salute vien mangiando. Ebbene il provvedimento messo a punto da Calderoli, con tanto di rogo delle leggi inutili esibito in piazza, ha cancellato indiscriminatamente le norme risalenti a prima del 1970. Per evitare che finissero al macero delle leggi di cui si riteneva "indispensabile la permanenza in vigore" il decreto 179/2009 prevedeva che entro un anno venissero corretti "eventuali errori e omissioni", individuando un elenco di leggi da salvare: per oscuri motivi la 263/62 non vi compare e quindi deve essere considerata abrogata a partire dall’11 dicembre 2010. Un pubblico ministero tra i più attivi sul fronte della sicurezza alimentare quale è Raffaele Guariniello, a Torino, è stato costretto a bloccare alcune sue inchieste su casi di adulterazione come quella sulle "mozzarelle blu" e così hanno fatto altri Magistrati in tutta Italia impegnati in inchieste simili. Un’abrogazione di fatto. E’ da arrampicamento sui vetri la precisazione del governo per cui il decreto di Calderoli fa salvi proprio codici e testi unici e dunque la norma 263/62 “ recando in epigrafe la denominazione "testo unico", non deve ritenersi cancellata". Proprio Guariniello ha fatto alcune osservazioni che rimandano ad un chiarimento normativo più che interpretativo:"C'è una sentenza della Corte di Cassazione (la 12572 del 31 marzo 2010) che conferma l'effetto abrogativo del "Taglia leggi" sulla 283/62. E come si sa il Parlamento fa le leggi, ma la Cassazione le interpreta.” Il magistrato chiama in causa il legislatore:"L'articolo 6 della legge 283/62, quello che prevede le sanzioni, è stato interamente sostituito dalla legge 441/1963 e in quest'ultima la parola 'Testo unico' non compare mai, per cui è sicuramente stata abrogata dal 'Taglia leggi'. Cosa succede dunque delle sanzioni penali? E' evidente che è necessaria una norma di interpretazione autentica". Questo brutto pasticcio non viene da via Merulana ma dalle valli bergamasche e dovrebbe costituire una buona lezione sulla non dipendenza della competenza politica e amministrativa da una base etnico/territoriale. Sarà per questo che il Ddl 2260, che prevede l’obbligo di indicare sull'etichetta la provenienza degli alimenti lungo tutta la filiera e l'eventuale presenza di OGM, anche per i singoli ingredienti, è divenuto legge con voto unanime in Commissione agricoltura della Camera in sede deliberante. Il Disegno di Legge "Disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari" è una concreta tutela dei prodotti Made in Italy di qualità: prevede l'obbligo di indicare la provenienza dei cibi per i prodotti trasformati e non, lungo tutta la filiera e quindi in ogni fase della produzione, dai campi agli scaffali. Fino ad oggi, le etichette d'origine in Italia era obbligatorie solo per uova, latte fresco, carne bovina, carne di pollo, passata di pomodoro, olio extra vergine di oliva e miele. Lo saranno per tutti gli alimenti appena saranno approvati i decreti attuativi: finirà la pubblicità con le immagini della Sicilia per il succo d'arancia se la materia prima arriva dal Brasile, così come per le mozzarelle associate al Golfo di Napoli, se arrivano dalla Germania. Si tratta di un provvedimento d’avanguardia che ora necessita di un impegno sul piano europeo affinché l’Europa imponga a tutti gli stati membri l’obbligo di etichettatura dei prodotti. E’ chiaro quale è il paradosso di questa schizofrenia normativa? L'Italia supera del 30% la media europea nelle frodi comunitarie, ma è/era l'unico Paese a essersi dotato di strumenti di controllo da parte di polizia specializzata. L’allora ministro Zaia ebbe a commentare "L'aumento dei sequestri indica principalmente il fatto che ci sono sempre più controlli la cui efficacia mi pare fuori discussione". Ecco, ora i controlli non ci sono più e anche l’etichetta più dettagliata e rassicurante non garantisce della qualità del prodotto cui si riferisce. Zaia lo spiega a Calderoli?
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