venerdì 27 giugno 2014
mercoledì 25 giugno 2014
Renzi e i 5 Stelle non così distanti
Ho seguito il dibattito tra Renzi e i 5 Stelle sulla legge elettorale. Devo purtroppo constatare che su un punto sono d'accordo entrambi e pure Berlusconi: vogliono il bipartitismo. Entrambi presentano proposte macchinose. Mi chiedo perché non si voglia tornare ai collegi uninominali di coalizione. Le coalizioni e la scelta tra i candidati non possono essere sostituite dalle primarie di partito fatte online o nei gazebo o nelle sedi di partito. Quella che viene proposta come democrazia diretta in realtà è controllata dall'alto e guidata da cordate e reti organizzate, altrimenti un candidato non riesce ad avere l'esposizione mediatica e le preferenze nelle primarie. Vale sia per i 5S che per il PD.
Cattaneo-Cortiana, Cattaneo-Cortiana: OGM, Ricerca, Politica Pubblica. Non è una questione privata, non è una questione personale.
«Non trovo prove che gli Ogm siano più dannosi o rischiosi per l’ambiente delle coltivazioni tradizionali o di quelle biologiche»
di Elena Cattaneo Università degli studi di Milano senatrice a vita
Caro
direttore,
da mesi studio la vicenda italiana degli Ogm. Non è il mio campo specifico, ma uso altre specie transgeniche (pesci, topi o tessuti di animali di grossa taglia) per ricerche che mirano a possibili terapie per una malattia devastante come la Corea di Huntington. Sugli Ogm consulto la letteratura specialistica e colleghi tra i massimi esperti, per capire basi scientifiche, metodi di lavoro e dinamiche economico-industriali del settore. Non trovo prove che gli Ogm siano più dannosi o rischiosi per l’ambiente delle coltivazioni tradizionali o di quelle biologiche. Di certo, hanno già molto ridotto l’uso di insetticidi e l’impatto ambientale dell’agricoltura globale e, come ricordavano anche l’arcivescovo di Milano Angelo Scola e l’Accademia Pontificia, sono una risposta concreta all’esigenza di sfamare la popolazione mondiale. Penso che, in Italia, la discussione si sia impantanata, in quanto condizionata da pregiudizi ideologici e interessi di nicchia rispetto ai quali anche la più corretta informazione non riesce a incidere. Mi si dice che ci sono lobby e multinazionali interessate a spingere gli Ogm. Però a chiedermi di far sentire la loro voce favorevole sono colleghi scienziati. Vorrebbero studiarli (in campo aperto), anche per capirne meglio il potenziale e i limiti. Mi si dice che gli agricoltori italiani non li vogliono. Eppure ho ricevuto una lettera di oltre 700 di loro (firme a mano) che chiedono di seminare con piante ogm circa 30 mila ettari di terreni (più di 50 mila campi da calcio) che sono di loro proprietà. A guidarli Franco Nulli e Deborah Piovan. Espongono, con modi civili, argomenti che trovo ineccepibili sia sul piano dei fatti che su quello dei diritti. Mi spiegano poi che il 62% di tutto il mais italiano - rigorosamente non ogm - dello scorso anno è vietato al consumo umano per i livelli delle tossine fumonisine (che agli animali comunque non fanno bene). E che molti dei nostri migliori prodotti tipici sono quindi fatti usando mangimi ogm importati. Mi chiedo se non vi siano lobby e interessi commerciali «anche» tra coloro che non vogliono gli Ogm. Se qualcosa cambierà (in tempi utili perché una sfida come Expo 2015 - centrato sulla nutrizione - possa giovare al Paese) sarà attraverso un’azione che parta direttamente dall’imprenditoria agricola. La scienza ha fatto la sua parte. Una pubblicazione del 2013, firmata anche da Fabio Veronesi che è presidente della Società italiana di genetica agraria, aggiorna le prove sperimentali ottenute in laboratori pubblici, giungendo alle stesse conclusioni di un eccellente documento sottoscritto già dieci anni fa dalle principali accademie scientifiche italiane. In sintesi: gli Ogm sono sicuri e vantaggiosi per la salute e l’ambiente. Si rimane in attesa di prove che mostrino l’eventuale dannosità. Ovviamente, devono essere pubblicate su riviste peer review (sottoposte a un processo di revisione paritaria, ndr). Giudico poco interessanti le opinioni personali. Viceversa, la competizione tra scienziati e tra riviste garantisce un’incontestabile trasparenza. Dati edulcorati o falsati non sopravvivono alla prova della valutazione mondiale. Dimostrazione ne è il caso del ricercatore francese che aveva diffuso dati falsi sulla pericolosità degli Ogm e che ha dovuto poi ritirare quel lavoro. Ecco perché non trovo razionale invocare il «principio di precauzione» per vietare la coltivazione di Ogm. Non innovare, quando farlo significa miglior sicurezza, qualità e raccolto (con prove verificabili) significa paralizzare ogni attività di ricerca in qualsiasi campo. Come senatrice, ma come cittadina ancora di più, vorrei vedere coinvolte le istituzioni in un’ampia discussione «sui fatti» che possono giustificare il divieto o meno di fare ricerca e coltivare Ogm. Al di là di brevetti e multinazionali. Nella loro lettera gli agricoltori chiedono «solo» di concorrere, con l’aiuto degli scienziati italiani, a rilanciare il proprio settore e di conseguenza l’economia e l’occupazione di un comparto che rappresenta il futuro della ricerca mondiale. Spero che in primis il ministro delle Politiche agricole, ma anche tutto il governo li ascoltino.
da mesi studio la vicenda italiana degli Ogm. Non è il mio campo specifico, ma uso altre specie transgeniche (pesci, topi o tessuti di animali di grossa taglia) per ricerche che mirano a possibili terapie per una malattia devastante come la Corea di Huntington. Sugli Ogm consulto la letteratura specialistica e colleghi tra i massimi esperti, per capire basi scientifiche, metodi di lavoro e dinamiche economico-industriali del settore. Non trovo prove che gli Ogm siano più dannosi o rischiosi per l’ambiente delle coltivazioni tradizionali o di quelle biologiche. Di certo, hanno già molto ridotto l’uso di insetticidi e l’impatto ambientale dell’agricoltura globale e, come ricordavano anche l’arcivescovo di Milano Angelo Scola e l’Accademia Pontificia, sono una risposta concreta all’esigenza di sfamare la popolazione mondiale. Penso che, in Italia, la discussione si sia impantanata, in quanto condizionata da pregiudizi ideologici e interessi di nicchia rispetto ai quali anche la più corretta informazione non riesce a incidere. Mi si dice che ci sono lobby e multinazionali interessate a spingere gli Ogm. Però a chiedermi di far sentire la loro voce favorevole sono colleghi scienziati. Vorrebbero studiarli (in campo aperto), anche per capirne meglio il potenziale e i limiti. Mi si dice che gli agricoltori italiani non li vogliono. Eppure ho ricevuto una lettera di oltre 700 di loro (firme a mano) che chiedono di seminare con piante ogm circa 30 mila ettari di terreni (più di 50 mila campi da calcio) che sono di loro proprietà. A guidarli Franco Nulli e Deborah Piovan. Espongono, con modi civili, argomenti che trovo ineccepibili sia sul piano dei fatti che su quello dei diritti. Mi spiegano poi che il 62% di tutto il mais italiano - rigorosamente non ogm - dello scorso anno è vietato al consumo umano per i livelli delle tossine fumonisine (che agli animali comunque non fanno bene). E che molti dei nostri migliori prodotti tipici sono quindi fatti usando mangimi ogm importati. Mi chiedo se non vi siano lobby e interessi commerciali «anche» tra coloro che non vogliono gli Ogm. Se qualcosa cambierà (in tempi utili perché una sfida come Expo 2015 - centrato sulla nutrizione - possa giovare al Paese) sarà attraverso un’azione che parta direttamente dall’imprenditoria agricola. La scienza ha fatto la sua parte. Una pubblicazione del 2013, firmata anche da Fabio Veronesi che è presidente della Società italiana di genetica agraria, aggiorna le prove sperimentali ottenute in laboratori pubblici, giungendo alle stesse conclusioni di un eccellente documento sottoscritto già dieci anni fa dalle principali accademie scientifiche italiane. In sintesi: gli Ogm sono sicuri e vantaggiosi per la salute e l’ambiente. Si rimane in attesa di prove che mostrino l’eventuale dannosità. Ovviamente, devono essere pubblicate su riviste peer review (sottoposte a un processo di revisione paritaria, ndr). Giudico poco interessanti le opinioni personali. Viceversa, la competizione tra scienziati e tra riviste garantisce un’incontestabile trasparenza. Dati edulcorati o falsati non sopravvivono alla prova della valutazione mondiale. Dimostrazione ne è il caso del ricercatore francese che aveva diffuso dati falsi sulla pericolosità degli Ogm e che ha dovuto poi ritirare quel lavoro. Ecco perché non trovo razionale invocare il «principio di precauzione» per vietare la coltivazione di Ogm. Non innovare, quando farlo significa miglior sicurezza, qualità e raccolto (con prove verificabili) significa paralizzare ogni attività di ricerca in qualsiasi campo. Come senatrice, ma come cittadina ancora di più, vorrei vedere coinvolte le istituzioni in un’ampia discussione «sui fatti» che possono giustificare il divieto o meno di fare ricerca e coltivare Ogm. Al di là di brevetti e multinazionali. Nella loro lettera gli agricoltori chiedono «solo» di concorrere, con l’aiuto degli scienziati italiani, a rilanciare il proprio settore e di conseguenza l’economia e l’occupazione di un comparto che rappresenta il futuro della ricerca mondiale. Spero che in primis il ministro delle Politiche agricole, ma anche tutto il governo li ascoltino.
Ogm, così rispondo a Elena Cattaneo
Lettera
aperta alla senatrice sulla risoluzione approvata al senato
nella sua lettera al direttore del Corriere della Sera lei esprime l’esigenza che vengano «coinvolte le istituzioni in un’ampia discussione «sui fatti» che possono giustificare il divieto o meno di fare ricerca e coltivare Ogm», raccogliendo la sollecitazione di 700 agricoltori e molti scienziati. Vorrei informarla del fatto che proprio la camera alta nella quale lei siede, ha promosso, nella XIII legislatura a cura della commissione agricoltura, una ampia e plurale indagine conoscitiva sugli Organismi geneticamente modificati. La relazione finale all’assemblea è stata approvata all’unanimità con un astenuto.
Lei sostiene che gli Ogm «sono una risposta concreta all’esigenza di sfamare la popolazione mondiale». Il senato allora non ritenne che quella fosse l’esigenza dell’industria transgenica in quanto «un altro aspetto dell’attività delle aziende dell’industria delle biotecnologie riguarda la definizione di invenzione di geni e principi attivi, presenti negli organismi viventi animali e vegetali, riprodotti industrialmente o comunque modificati, con conseguente brevettazione e sottrazione alla libera disponibilità. Si configura così un monopolio e una privatizzazione delle conoscenze e un rapporto di dipendenza univoca da parte degli agricoltori; ne deriva inoltre che le popolazioni che, con la loro presenza e attività, hanno preservato patrimoni naturali contenenti geni e principi attivi brevettati, non ne dispongono più liberamente. Il fine delle multinazionali monopolistiche della biotecnologia è quindi strettamente imprenditoriale, mentre compete a strutture pubbliche verificare la sostenibilità ambientale, sociale, e le implicazioni sulla salute dei consumatori. Infatti, non è detto che un fine imprenditorialmente legittimo, a parte l’aspetto monopolistico, corrisponda agli interessi generali, al bene comune».
Lei si chiede «se non vi siano lobby e interessi commerciali “anche” tra coloro che non vogliono gli Ogm». Certamente sono decine e decine di migliaia le aziende che puntano su un’agricoltura di qualità legata alle varietà dei cultivar, ai presidi delle biodiversità e dei territori. È un problema o è la specifica ricchezza competitiva italiana anche per l’Expo 2015? Lei afferma che «In sintesi: gli Ogm sono sicuri e vantaggiosi per la salute e l’ambiente» mentre l’indagine del senato ha rilevato che «È stata poi segnalata l’insufficiente chiarezza circa gli obbiettivi della valutazione del rischio. Si è riscontrata l’assenza di studi preventivi dell’impatto sugli ecosistemi dei fenomeni di ibridazione tra piante transgeniche e non. È stata confermata la debolezza italiana nella ricerca, messa ancora più a rischio dalla natura monopolistica delle imprese del settore che detengono i brevetti. Si è configurata la sostanziale assenza di una azione concertata tra politiche economiche, sanitarie, agro-alimentari, ambientali, della ricerca scientifica e tecnologica». Lei non trova razionale «invocare il “principio di precauzione” per vietare la coltivazione di Ogm».
Il senato invece lo ha proposto anche su scala europea perché «se si parla della natura costitutiva della vita, la cautela metodologica e una decisione consapevole non possono che essere le conseguenze logiche di una etica della responsabilità verso il vivente attuale e futuro: la politica pubblica è tale solo se risponde a interessi generali, ai quali gli interessi particolari ancorché legittimi si devono adeguare. La ricerca sugli Ogm apre prospettive di notevoli potenzialità nel campo medico ed alimentare, dai farmaci ai trapianti. Essa presuppone che al suo governo concorrano sia i momenti della produzione, sia le istituzioni pubbliche a garanzia degli interessi generali».
Lei propone di coltivare Ogm «Al di là di brevetti e multinazionali». La questione invece va affrontata perché il vivente e la conoscenza sono dei beni comuni e come tali devono essere preservati senza alcuna brevettazione. Nessuno mette in discussione la sua libertà di ricerca come scienziata, ma tocca alla politica pubblica decidere quali risultati siano utili. Lei è stata nominata senatrice a vita dal presidente della repubblica e i suoi colleghi per una legislatura dalle segreterie di partito. Ognuno di voi deve avere la consapevolezza che la politica pubblica è tale quando risponde agli interessi generali di queste e delle future generazioni.
Le allego la risoluzione approvata dal Senato da cui ho tratto le controdeduzioni ai suoi argomenti.
Caro Cortiana, basta allarmi sugli Ogm
Fare
una battaglia affinché tutti i derivati da Ogm abbiano con una
specifica etichetta che informi il consumatore è giusto
Gentile
onorevole Cortiana, trovo sempre interessante e utile leggere cosa
pensavamo nel secolo scorso della tematica degli Ogm, a ridosso degli
eventi di maggior tensione internazionale su tale tematica come le
manifestazioni di Seattle del 1998. È utile anche rileggere dagli
archivi lo studio di quella Commissione del 1999 che, di tutta
evidenza, non è esattamente un testo sacro. Oltre ai passaggi che
lei cita nell'articolo su Europa
io
vi leggo anche altri concetti cari a molti.«Per prodotti che si preoccupano di curare la terra e l’uomo, è indispensabile utilizzare le metodologie condivise della medicina moderna relative all’efficacia dei farmaci. È noto, infatti che da tempo si è passati dall’osservazione empirica ai metodi della ricerca sperimentale, che prevedono quattro fasi di valutazione per accertare la qualità, l’affidabilità, la sicurezza e l’etica del trattamento: quindi conoscenza del composto prescelto, controllo su eventuali effetti dannosi, quali tossicità, mutagenesi (modificazioni del patrimonio genetico), conoscenza della dose massima tollerata, degli effetti indesiderabili, del metabolismo, della eliminazione, verifica dei risultati clinici, cioè dell’efficacia clinica, consenso informato delle persone sottoposte allo studio».
A me pare che su questo punto le competenze scientifiche mie e di altri colleghi potrebbero essere una risorsa utile da applicare nel campo dell’alimentazione e delle coltivazioni.
Su questo aspetto, nelle conclusioni del documento il governo (era quello di Giuliano Amato) si impegnava a definire delle trasparenti etichettature dei prodotti Ogm che raggiungono i consumatori (punto 8) oltre ad adottare (punto 9) le stesse pratiche adottate dai farmaci in modo che il consumatore possa assumere «decisioni consapevoli».
Ecco, me pare che in questi 15 anni (dei venti complessivi dalla commercializzazione del primo derivato di alimento Ogm, un pomodoro) a fronte di nessun danno alla salute del consumatore, accertato, documentato o pubblicato da serie riviste scientifiche o da autorità scientifiche internazionali, lo stesso consumatore non è stato in alcun modo avvisato di cosa stava effettivamente consumando. Vorrei fare alcuni esempi di tale disinformazione.
I colleghi che lavorano sull’argomento specifico mi informano che il 70% del cotone mondiale deriva da Ogm e che non esiste – per quanto di loro conoscenza – un cotone non-Ogm negli ospedali o negli ambulatori italiani e nemmeno nei cerotti che acquistiamo. Quindi un cotone, mediamente per 70% Ogm entra da decenni in contatto col sistema immunitario di quasi tutti i cittadini del pianeta senza che – per quanto noto – ci sia mai stata una singola reazione allergica ad un tale tipo di Ogm. Il consumatore palesemente non è stato informato, gli organi sanitari hanno scelto, valutato e deciso e la loro decisione si è palesemente dimostrata corretta.
Lo stesso dicasi per le decine di derivati da Ogm autorizzati per il consumo, anche umano oltre che zootecnico, che è possibile commercializzare in Europa e in Italia. Uno di questi erano degli olii di colza Ogm, autorizzati al consumo anche umano nell’estate del 2000 dallo stesso governo Amato. Inoltre un derivato di un animale nutrito con Ogm non riporta alcuna etichetta che ne informi il consumatore e qui stiamo parlando non di prodotti nascosti tra gli scaffali dei discount, ma dei prodotti Dop ed Igp di maggior qualità commercializzati in Italia ed esportati in tutto il mondo per il (giusto) vanto del paese.
Anche per quanto riguarda la soia è opportuno ricordare che l’Italia produce meno del 10% della soia che utilizza. Significa che il 90% è d’importazione e, mediamente, nel mondo l’85% della soia è Ogm. Noi quotidianamente mangiamo Ogm, lo facciamo consumando i prodotti a noi più cari (formaggi, prosciutti etc.), che sono frutto di allevamenti di animali i cui mangimi sembrano tutto fuorché non Ogm. Allora come possono essere pericolosi questi prodotti? Allora forse non lo sono. E se non ci fidiamo ancora, perché non studiarli come chiedono gli agricoltori e gli scienziati?
A me quindi pare che tutta l’opposizione agli Ogm si restringe ad una sola caratteristica degli Ogm ossia la loro coltivazione (e alla possibilità della sperimentazione in pieno campo per la ricerca scientifica pubblica).
Il cittadino resta ignaro di cosa mangi e di come sia esposto (per suo beneficio) a Ogm, e gli steccati e i fili spinati vengono eretti come se la coltivazione fosse un problema sanitario ed identitario delle produzioni tipiche italiane. Eppure la moda del made in Italy esporta capi fatti anche in cotone Ogm e così anche l’alimentare italiano non si qualifica per essere Ogm-free, ma per essere buono, anzi buonissimo. A mia conoscenza non esiste un prosciutto di Parma o di san Daniele, un Grana Padano o un Parmigiano reggiano che si vendano in Italia o nel mondo come Ogm-free (ma se mi sbaglio chiedo che i consorzi che attuano politiche diverse e con quali elementi migliorativi informino del contrario). Eppure io continuo a pensare (e non sono sola) questi siano fondamentali pezzi di identità e di vanto nazionale di cui andare orgogliosi.
Caro Cortiana, se lei vuol fare una battaglia affinché tutti i derivati da Ogm abbiano con una specifica etichetta che informi il consumatore io sono dalla sua parte, ma non mi troverà con lei se si volesse continuare a spaventare i consumatori con allusioni, dubbi, paure o angosce come se la comunità scientifica fosse divisa a metà sul tema degli Ogm. Gli scienziati italiani hanno studiato, valutato e deciso: gli Ogm anche sperimentati in pieno campo sono un elemento indispensabile per il progresso del paese ed anche per aumentare la qualità dei nostri prodotti tipici.
25 GIUGNO 2014
Fiorello CortianaOgm, niente terrorismo ma decidere spetta alla politica
Il
tema pone un insieme di implicazioni che vanno oltre la ricerca
scientifica e chiamano in causa la politica e le sue istituzioni
Gentile
senatrice a vita Cattaneo, la ringrazio per la risposta
alla
mia lettera aperta sugli Ogm, ma alcune sue affermazioni lì
contenute meritano un chiarimento per continuare il dialogo in modo
produttivo.
Io
non ho mai spaventato i consumatori «con allusioni, dubbi, paure o
angosce» e non ho proposto letture per ricordare «cosa pensavamo
nel secolo scorso della tematica degli Ogm». In realtà si tratta di
una questione non conclusa, neanche nel mondo scientifico.
È
vero, alcuni scienziati italiani, non “gli scienziati italiani”,
«hanno studiato, valutato e deciso: gli Ogm anche sperimentati in
pieno campo sono un elemento indispensabile per il progresso del
paese e anche per aumentare la qualità dei notri prodotti tipici»,
alcuni, e lei tra questi, hanno promosso un appello pro-Ogm alla
vigilia della sentenza del Tar sulla coltivazione del mais
geneticamente modificato nel Friuli.
Gli
scienziati del rapporto pubblicato dall’Unctad, la Conferenza Onu
sul commercio e lo sviluppo, hanno comparato la sicurezza alimentare
in 5 paesi Sud americani non-Ogm (Cile, Columbia, Venezuela, Perù,
Bolivia) con quella in 4 paesi Ogm (Argentina, Brasile, Paraguay,
Uruguay). Nei non-Ogm i miglioramenti sono molto simili mentre in
quelli Ogm si rileva una maggiore inclinazione alla insicurezza
alimentare. Era il 2013, non il secolo scorso. Sempre nel 2013
Science ha pubblicato i dati sull’aumento delle vendite di
pesticidi e l’aumento dell’uso dei diserbanti proprio in
relazione alle piante nei campi transgenici. Questo mentre aumenta la
tolleranza delle erbe infestanti agli erbicidi, l’insorgenza di
insetti resistenti alle tossine prodotte dalle piante geneticamente
modificate e il rischio di contaminazione genetica di varietà
locali. La comunità scientifica è divisa sul tema Ogm.
Questo
insieme di implicazioni, senza l’intenzione di spaventare
chicchessia, ha portato l’Ue, nel Trattato sul Funzionamento
dell’Unione Europea-Tfue, ad adottare il Principio di precauzione
in materia ambientale per una tutela «fondata sui principi della
precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della
correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati
all’ambiente e sul principio di “chi inquina paga”». Proprio
con riferimento alle fonti primarie dell’Ue il Tar del Lazio con la
sentenza del 23 aprile 2014 ha respinto il ricorso di coloro che
volevano coltivare mais geneticamente modificato in Friuli, motivando
che «quando sussistono incertezze riguardo all’esistenza o alla
portata di rischi per la salute delle persone, possono essere
adottate misure protettive senza dover attendere che siano
esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi».
Lo scorso 12 giugno il Consiglio dei ministri europei dell’ambiente
ha concordato il nuovo testo di Direttiva europea prevedendo che ogni
Stato membro sia autorizzato ad assumere un proprio provvedimento di
divieto o limitazione di Ogm nel proprio territorio. Come aveva fatto
il governo italiano per il mais transgenico in Friuli e come il
governo Renzi ha confermato di voler continuare a fare.
Credo
che dobbiamo andare oltre la giustapposizione dei nostri punti di
vista sulla questione affinché sia possibile un confronto
positivo.
Per questo mi interessa che lei si esprima sulle questioni sostanziali che ho sollevato. Partiamo dalla relazione tra Ogm e la fame nel mondo dato che ogni anno muoiono di fame e malnutrizione milioni di persone nel mondo e 850 milioni soffrono la fame. Dalla facoltà di Agraria dell’università di Milano hanno rilevato che solo in Italia ogni giorno finiscono nelle discariche 4 mila tonnellate di alimenti acquistati e non consumati. Il 15% del pane e della pasta, il 18% della carne e il 12% della verdura e della frutta. Ognuno in un anno butta circa 27 chili di cibo commestibile, più di 500 euro di spesa. I supermercati eliminano circa 170 tonnellate all’anno di cibo perfettamente consumabile: alimenti ancora sigillati che sono stati ritirati dagli espositori perché dopo due giorni scadono, o perché la confezione ha dei difetti nel marchio o nell’etichetta, perché non è più di moda, o ancora perché l’alimento è esteticamente troppo maturo, come le banane con la buccia a macchie marrone. Il cibo di scarto nasce già mentre viene prodotto, poiché il margine di guadagno sarebbe troppo basso così non viene raccolto. Circa il 15% dell’intero raccolto di zucchine diventa rifiuto. Un altro 10-15% viene scartato per questioni estetiche: arriviamo così al 30% del cibo prodotto che diventa scarto. Con ciò che scartano la grande distribuzione e i consumatori finali si raggiungono 6 milioni di tonnellate di alimenti scartati ogni anno in Italia. Basterebbero a sfamare tre milioni di persone. Guardiamo ancora più in là, ai circa 80mila pasti quotidiani che Milano Ristorazione cucina per 450 istituti scolastici milanesi: circa 8 tonnellate di cibo scartato al giorno sulle 32 tonnellate complessive di cibo preparato al giorno, il 25%. C’è un margine amplissimo di lotta allo spreco.
Per questo mi interessa che lei si esprima sulle questioni sostanziali che ho sollevato. Partiamo dalla relazione tra Ogm e la fame nel mondo dato che ogni anno muoiono di fame e malnutrizione milioni di persone nel mondo e 850 milioni soffrono la fame. Dalla facoltà di Agraria dell’università di Milano hanno rilevato che solo in Italia ogni giorno finiscono nelle discariche 4 mila tonnellate di alimenti acquistati e non consumati. Il 15% del pane e della pasta, il 18% della carne e il 12% della verdura e della frutta. Ognuno in un anno butta circa 27 chili di cibo commestibile, più di 500 euro di spesa. I supermercati eliminano circa 170 tonnellate all’anno di cibo perfettamente consumabile: alimenti ancora sigillati che sono stati ritirati dagli espositori perché dopo due giorni scadono, o perché la confezione ha dei difetti nel marchio o nell’etichetta, perché non è più di moda, o ancora perché l’alimento è esteticamente troppo maturo, come le banane con la buccia a macchie marrone. Il cibo di scarto nasce già mentre viene prodotto, poiché il margine di guadagno sarebbe troppo basso così non viene raccolto. Circa il 15% dell’intero raccolto di zucchine diventa rifiuto. Un altro 10-15% viene scartato per questioni estetiche: arriviamo così al 30% del cibo prodotto che diventa scarto. Con ciò che scartano la grande distribuzione e i consumatori finali si raggiungono 6 milioni di tonnellate di alimenti scartati ogni anno in Italia. Basterebbero a sfamare tre milioni di persone. Guardiamo ancora più in là, ai circa 80mila pasti quotidiani che Milano Ristorazione cucina per 450 istituti scolastici milanesi: circa 8 tonnellate di cibo scartato al giorno sulle 32 tonnellate complessive di cibo preparato al giorno, il 25%. C’è un margine amplissimo di lotta allo spreco.
Il
modello di sviluppo agricolo della filiera agro-alimentare fondato
sugli Ogm si fonda sulla brevettazione delle sequenze geniche degli
organismi modificati, quindi sulla privatizzazione della conoscenza.
Il fine non è quello di nutrire il Pianeta ma proporre un modello
commerciale per il controllo delle sementi e la dipendenza degli
agricoltori, pesticidi ed erbicidi inclusi, con la conseguente
distruzione delle reti di agricoltura locali. è proprio quella
tipicità locale che caratterizza l’Italian Food e ci rende
competitivi e attraenti nei mercati del mondo.
Concordo
con lei sulla utilità che tutti i derivati da Ogm abbiano «una
specifica etichetta che informi il consumatore». Sono interessato
agli sviluppi del biotech sia per i test sugli alimenti sia per il
sequenziamento delle piante al fine di vedere l’efficacia degli
incroci vegetali, come è stato fatto per la vite senza Ogm. Ma
converrà con me sulla evidenza dell’ampiezza delle implicazioni
legate all’introduzione degli Ogm: spreco e sicurezza alimentari,
impatto ambientale, la disponibilità della conoscenza come bene
comune, apertura dei mercati e giustizia sociale. Insomma la
questione della sostenibilità.
Come
può vedere sono un insieme di implicazioni che vanno oltre la
ricerca scientifica e chiamano in causa la politica pubblica e le sue
istituzioni. Il parlamento non è una camera delle corporazioni e le
sue prerogative e responsabilità di valutazione e di scelta non
possono essere sostituite dalle decisioni di alcuni scienziati per
quanto prestigiosi essi siano.
http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/83359.pdf
venerdì 20 giugno 2014
Curare con la medicina e non con le medicine
il mio pezzo su Eurosalus
Curare con la medicina e non con le medicine
http://www.eurosalus.com/blog/angolo-fiorello-cortiana/benessere-con-medicina-e-non-medicine/
Curare con la medicina e non con le medicine
http://www.eurosalus.com/blog/angolo-fiorello-cortiana/benessere-con-medicina-e-non-medicine/
giovedì 19 giugno 2014
Maschi, gli adolescenti irrisolti.
Sento l'urgenza di condividere una costatazione alla luce del ripetersi di violenze e omicidi sulle donne e anche sui bambini/figli da parte di uomini.
Siamo di fronte ad una diffusa crisi di senso e di identità nei maschi, che si manifestano come adolescenti irrisolti anche quando sono genitori. Come in un video game resettano il gioco eliminando ciò che vivono come impedimento o, se volete, come Pinocchio eliminano il Grillo Parlante/coscienza. C'è il rifiuto e l'incapacità di vivere l'età adulta, cioè ad assumersi responsabilità, ad avere reciprocità, ad accettare le difficoltà, la competizione tra le reciproche prepotenze e le contraddizioni delle relazioni nelle quali sono implicati. Non parlo solo di relazioni affettive, possono essere professionali, di insegnamento ecc. Una incapacità a vivere progetti relazionali perché vissuti come gabbie e impedimenti per un possibile che ha le forme e le suggestioni dell'apparire e del consumismo facile da raggiungere con tutte le scorciatoie utili allo scopo: siano coca o tangenti o botte e soppressione. Abbiamo bisogno di buoni esempi e ci dobbiamo proporre di esserlo, nella quotidianità e nella dimensione pubblica per quel che ci riguarda.
Siamo di fronte ad una diffusa crisi di senso e di identità nei maschi, che si manifestano come adolescenti irrisolti anche quando sono genitori. Come in un video game resettano il gioco eliminando ciò che vivono come impedimento o, se volete, come Pinocchio eliminano il Grillo Parlante/coscienza. C'è il rifiuto e l'incapacità di vivere l'età adulta, cioè ad assumersi responsabilità, ad avere reciprocità, ad accettare le difficoltà, la competizione tra le reciproche prepotenze e le contraddizioni delle relazioni nelle quali sono implicati. Non parlo solo di relazioni affettive, possono essere professionali, di insegnamento ecc. Una incapacità a vivere progetti relazionali perché vissuti come gabbie e impedimenti per un possibile che ha le forme e le suggestioni dell'apparire e del consumismo facile da raggiungere con tutte le scorciatoie utili allo scopo: siano coca o tangenti o botte e soppressione. Abbiamo bisogno di buoni esempi e ci dobbiamo proporre di esserlo, nella quotidianità e nella dimensione pubblica per quel che ci riguarda.
lunedì 16 giugno 2014
sabato 14 giugno 2014
Dedicato a Pasolini
Anche quest'anno le lucciole tantissime, ovunque nella passeggiata all'imbrunire. Un'emozione che si ripete la memoria che richiama l'infanzia in campagna dagli zii. Il piacere di averle viste insieme a mio figlio, che insieme a tutti i figli ci ha dato in prestito la Terra.
venerdì 13 giugno 2014
Il crash di Wind
Grazie al crash di Wind ho provato la concretezza di quanto sostengo da anni: è marginale chi viene escluso dalle reti di comunicazione. Essere connessi o no per libera scelta, questa è la condizione di cittadinanza nella società della conoscenza.
giovedì 12 giugno 2014
Grillo non fa paura, ha paura?
Grillo toglie i Verdi Europei dalle opzioni del referendum M5S, che libertà è?
Ha paura degli ecologisti?
Lettera aperta alla senatrice a vita Elena Cattaneo sugli OGM
Gentile senatrice a vita Elena Cattaneo,
nella sua lettera al direttore del Corriere della Sera lei esprime
l'esigenza che vengano “coinvolte le istituzioni in
un’ampia discussione «sui fatti» che possono giustificare il divieto o meno di
fare ricerca e coltivare Ogm.”, raccogliendo la sollecitazione di 700
agricoltori e molti scienziati. Vorrei informarla del fatto che proprio la
camera alta nella quale lei siede, ha promosso, nella XIII Legislatura a cura della
Commissione Agricoltura, una ampia e plurale indagine conoscitiva sugli
Organismi Geneticamente Modificati. La relazione finale all'Assemblea è stata approvata
all'unanimità con un astenuto. Lei sostiene che gli OGM “sono una risposta concreta
all’esigenza di sfamare la popolazione mondiale”. Il Senato allora non ritenne
che quella fosse l'esigenza dell'industria transgenica in quanto
“Un altro aspetto dell'attività
delle aziende dell'industria delle biotecnologie riguarda la definizione di
invenzione di geni e principi attivi, presenti negli organismi viventi animali e
vegetali, riprodotti industrialmente o comunque modificati, con conseguente
brevettazione e sottrazione alla libera disponibilità. Si configura così un
monopolio e una privatizzazione delle conoscenze ed un rapporto di dipendenza
univoca da parte degli agricoltori; ne deriva inoltre che le popolazioni che,
con la loro presenza ed attività, hanno preservato patrimoni naturali contenenti
geni e principi attivi brevettati, non ne dispongono più
liberamente.
Il fine delle multinazionali
monopolistiche della biotecnologia è quindi strettamente imprenditoriale, mentre
compete a strutture pubbliche verificare la sostenibilità ambientale, sociale, e
le implicazioni sulla salute dei consumatori. Infatti, non è detto che un fine
imprenditorialmente legittimo, a parte l'aspetto monopolistico, corrisponda agli
interessi generali, al bene comune.”. Lei si chiede “se non vi siano lobby e interessi
commerciali «anche» tra coloro che non vogliono gli Ogm.” Certamente sono decine
e decine di migliaia le aziende che puntano su un'agricoltura di qualità legata
alle varietà dei cultivar, ai presidi delle biodiversità e dei territori. E'
un problema o è la specifica ricchezza competitiva italiana
anche per l'Expo
2015? Lei afferma che “In sintesi: gli Ogm sono sicuri e
vantaggiosi per la salute e l’ambiente.” mentre l'indagine del Senato ha rilevato che
“E' stata poi segnalata l'insufficiente chiarezza
circa gli obbiettivi della valutazione del rischio. Si è riscontrata l'assenza
di studi preventivi dell'impatto sugli ecosistemi dei fenomeni di ibridazione
tra piante transgeniche e non. E' stata confermata la debolezza italiana nella
ricerca, messa ancora più a rischio dalla natura monopolistica delle imprese del
settore che detengono i brevetti. Si è configurata la sostanziale assenza di una
azione concertata tra politiche economiche, sanitarie, agro-alimentari,
ambientali, della ricerca scientifica e tecnologica.”. Lei non trova razionale “ invocare il «principio di
precauzione» per vietare la coltivazione di Ogm”. Il Senati invece lo ha
proposto anche su scala europea perché “Se si parla della
natura costitutiva della vita, la cautela metodologica ed una decisione
consapevole non possono che essere le conseguenze logiche di una etica della
responsabilità verso il vivente attuale e futuro: la politica pubblica è tale
solo se risponde ad interessi generali, ai quali gli interessi particolari
ancorché legittimi si devono adeguare. La ricerca sugli OGM apre prospettive di
notevoli potenzialità nel campo medico ed alimentare, dai farmaci ai trapianti.
Essa presuppone che al suo governo concorrano sia i momenti della produzione,
sia le istituzioni pubbliche a garanzia degli interessi
generali.”.
Lei propone di coltivare OGM “Al di là di brevetti e multinazionali.”. La questione
invece va affrontata perché il vivente e la conoscenza sono dei beni comuni e
come tali devono essere preservati senza alcuna brevettazione. Nessuno mette in discussione la sua libertà di
ricerca come scienziata, ma tocca alla politica pubblica decidere quali
risultati siano utili. Lei è stata nominata senatrice a vita dal
Presidente della Repubblica e i suoi colleghi per una legislatura dalle
segreterie di partito. Ognuno di voi deve avere la consapevolezza che la
politica pubblica è tale quando risponde agli interessi generali
di queste e
delle future
generazioni.
Le allego la risoluzione
approvata dal Senato da cui ho tratto le controdeduzioni ai suoi
argomenti.
Buon
lavoro.
Fiorello
Cortiana
Green Italia-Verdi
Europei
già vicepresidente della
Commissione Agricoltura del Senato
mercoledì 11 giugno 2014
RIFIUTI MILANESI. ABBIAMO RACCOLTO PERCHÉ SI È SEMINATO
ARCIPELAGO
MILANO
RIFIUTI MILANESI. ABBIAMO RACCOLTO PERCHÉ SI È SEMINATO
10 GIUGNO 2014 DA FIORELLO CORTIANA
Una buona notizia, Milano primeggia in Europa nella raccolta differenziata. A Milano nel 2013 sono stati 149 i Kg per abitante di raccolta differenziata, 123 a Vienna, 117 a Monaco, 105 a Berlino e 76 a Parigi. In particolare è significativa la tendenza incrementale: nel 2012 la percentuale di rifiuti differenziati era del 36,7%, nel 2013 ha raggiunto il 42,5% e nel mese di gennaio 2014 il 48,3%, più 7% rispetto al gennaio 2013. L’estensione della raccolta dell’umido nelle diverse zone della città ha dato un contributo significativo alla quantità di raccolta differenziata e l’estensione della raccolta a tutta la città entro l’anno prefigura il superamento del 50%.
La ricerca 2013 condotta da Unioncamere e Symbola ha messo in luce la leadership italiana nell’industria del riciclo europea, oltre metà delle tonnellate di rifiuti riciclabili raccolti in Italia è costituita dalla differenziazione di rifiuti solidi urbani, quelli che fino a metà degli anni ’90 andavano in discarica o negli inceneritori. Un saldo doppiamente positivo per la disponibilità al riutilizzo di materie prime seconde e per il risparmio energetico primario che nel 2013 è stato di 15 Mln di TEP: meno emissioni di CO2 nell’aria, 55 Mln di Tonnellate, e minori costi. Anche questa è Green Economy, che prende corpo in filiere nuove a partire dalla ricerca dedicata. Per l’Expo del 2015 Milano si candida a diventare la ‘capitale della differenziata’, una ambizione importante che richiede un allargamento ulteriore dello sguardo coerente con “Nutrire il Pianeta-Energia per la vita”. Sarà necessario fare tesoro del principio delle 4 R -riduzione, recupero, riuso, riciclo – introdotto in Italia dagli ecologisti al governo, prima in Lombardia nel 1993 e poi a livello nazionale con il Ddl 22/97 (“Decreto Ronchi”).
La distribuzione di sacchetti di compost, prodotto dalla raccolta dell’organico, da parte dell’AMSA alla Fabbrica del Vapore nella giornata Milano Recycle City è importante perché consente a molti cittadini di avere una percezione più ampia e concreta del ciclo dei rifiuti secondo il principio delle 4 R e apprezzare così la necessità di conferire il rifiuto organico negli appositi bidoni solo utilizzando esclusivamente sacchetti biodegradabili e compostabili. Se si vuole compost di qualità, occorre produrlo con materiale coerente e di qualità. Guardare alla realtà quotidiana e al ciclo delle materie secondo il principio delle 4 R richiede un cambiamento significativo.
Innanzi tutto occorre avere una visione ampia quanto la costituente Città Metropolitana, quindi pretendere che la sua organizzazione sia funzionale al cambiamento. Il territorio della attuale Provincia di Milano rappresenta il 31,8% della popolazione della Regione Lombardia, l’11,4% della popolazione del Nord Italia e il 5,2% della popolazione nazionale. Secondo il Rapporto Rifiuti 2012 dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) il valore medio provinciale di produzione pro-capite è inferiore di 50 kg/abxa rispetto al Nord Italia e al dato nazionale. Sotto l’effetto della recessione strutturale, l’elevata densità insediativa di attività commerciali, di servizio e produttive caratteristica del territorio milanese non determina, rispetto agli altri contesti, livelli di produzione pro-capite di rifiuti urbani particolarmente elevati e nel 2011 c’è una contrazione della produzione di rifiuti sia in Provincia sia in Regione.
Guardiamo ancora più in là: ogni giorno finiscono nelle discariche italiane 4 mila tonnellate di alimenti acquistati e non consumati. Il 15% del pane e della pasta, il 18% della carne e il 12% della verdura e della frutta. Ognuno in un anno butta circa 27 Kg di cibo commestibile, più di 500 euro di spesa. I supermercati eliminano circa 170 tonnellate all’anno di cibo perfettamente consumabile: alimenti ancora sigillati che sono stati ritirati dagli espositori perché dopo due giorni scadono, o perché la confezione ha dei difetti nel marchio o nell’etichetta, perché non è più di moda, o ancora perché l’alimento è esteticamente troppo maturo, come le banane con la buccia a macchie marrone.
Il cibo ancora buono da mangiare che diventa rifiuto per i supermercati e per noi consumatori è, però, solo l’ultimo dei passaggi: il cibo di scarto nasce già mentre viene prodotto, poiché il margine di guadagno sarebbe troppo basso così non viene raccolto. Circa il 15% dell’intero raccolto di zucchine diventa rifiuto. Un altro 10-15% viene scartato per questioni estetiche: arriviamo così al 30% del cibo prodotto che diventa scarto. Con ciò che scartano la grande distribuzione e i consumatori finali si raggiungono 6 milioni di tonnellate di alimenti scartati ogni anno in Italia. Basterebbero a sfamare tre milioni di persone. Guardiamo ancora più in là, ai circa 80.000 pasti quotidiani che Milano Ristorazione cucina per 450 istituti scolastici milanesi: circa 8 tonnellate di cibo scartato al giorno sulle 32 tonnellate complessive di cibo preparato al giorno, il 25%.
Quali considerazioni possiamo trarre dai dati considerati e dagli sguardi proposti? C’è un margine amplissimo di lotta allo spreco, sia puntando su una cultura della sobrietà che privilegia la qualità e la consapevolezza alimentare in luogo del consumismo bulimico, sia organizzando a sistema le filiere della materia e dell’energia dentro alla rete metropolitana. Ognuno dei 134 comuni dell’attuale Provincia di Milano sceglie come raccogliere e a chi conferire i rifiuti prodotti sul suo territorio, salta all’occhio immediatamente un’economia di scala possibile, evidenziata già oggi dalla rete provinciale degli impianti di trattamento della materia seconda raccolta in modo differenziato. In luogo di più assessorati nella città metropolitana sarebbero utili agenzie di scopo a responsabilità politica pubblica. Perché l’AMSA non raccoglie anche il prodotto delle potature urbane? Perché non esiste un impianto di biogas metropolitano dell’AMSA?
Perché non fare cucine locali che producono per la ristorazione collettiva di scuole, mense pubbliche, centri per gli anziani ecc.? Lavorerebbero a tempo pieno con distribuzione personalizzata, cibo non freddo e non scotto. Perché non fare accordi con i produttori della cintura verde metropolitana, in una delle pianure più fertili d’Europa? Perché non aiutare logisticamente i GAS-Gruppi di Acquisto Solidale, esempio straordinario di cittadinanza attiva? Perché non incentivare chi riduce, riusa, raccoglie e ricicla, a partire dai condomini? Perché non pensare anche al compost da conferire a Km zero alle migliaia di orti urbani e alle aziende della cintura verde? Perché non mettere ovunque impianti di distribuzione diretta dell’acqua minerale così da ridurre seccamente il consumo di bottiglie di plastica, il costo energetico per la loro produzione e le emissioni relative alla loro distribuzione?
Perché l’AMSA in luogo delle strategie finanziarie non torna a essere un’impresa di utilità sociale, capace di chiudere in pareggio ma organizzata in funzione delle 4 R e magari con un azionariato metropolitano diffuso, a partire dai 134 comuni: le città nella Città Metropolitana? Perché non estendere in modo sostanziale il Credito d’Imposta per gli investimenti nella ricerca interni agli obiettivi europei 20+20+20 di riduzione, risparmio e produzione di energia in modo rinnovabile? “Nutrire il Pianeta – Energia per la vita”, questo tema ha già allargato lo sguardo in una chiave sistemica, se la Grande Milano, città metropolitana, vuole divenire la capitale della differenziata deve alzare lo sguardo dal proprio ombelico. Perché una corretta gestione dei rifiuti conviene sia all’ambiente, alla salute, che all’economia.
Fiorello Cortiana
mercoledì 4 giugno 2014
Parlamento Europeo e 5Stelle: ovvero fare i conti con il contesto politico.
Verdi e M5S nel gioco delle alleanze europee
Gli ecologisti europei vogliono attivare politiche pubbliche per la conversione ecologica, la cittadinanza attiva, la neutralità della rete. Qui ed ora, con chi è disposto a farlo
Nella questione Movimento cinque stelle-Verdi europei è necessario andare oltre le asserzioni sbrigative di Beppe Grillo e le imbarazzate motivazioni proposte dai suoi ideologi una tantum.
È necessario farlo perché il 43 per cento di non votanti costituisce un monito non trascurabile per la legittimità politica che in democrazia ha una diretta relazione con la partecipazione popolare al processo elettorale e deliberativo.
La dissociazione di milioni di italiani dalle tradizionali rappresentanze legate all’antinomia destra-sinistra e la diretta espressione di migliaia di cittadini nelle assemblee istituzionali costituisce qualcosa di inedito per le proporzioni confermate anche dai risultati delle europee e delle amministrative. Per questo è importante il dibattito relativo alla scelta delle alleanze nel Parlamento europeo che attraversa i Cinque stelle. La critica e l’alterità assolute nei confronti delle culture e delle pratiche politiche in campo si trova nella necessità di misurarsi con il contesto politico dei raggruppamenti presenti nel Parlamento europeo e con il senso della loro azione.
Per il Movimento 5Stelle fare i conti con un contesto politico istituzionale e non limitarsi ad usarlo/contestarlo è già capitato con la candidatura di Stefano Rodotà alla presidenza della Repubblica e con l’esperienza di governo in un capoluogo come Parma, ma si è accuratamente evitato di trarne le indicazioni sul senso della propria partecipazione alla vita pubblica. Alterità assoluta e autoreferenzialità come cifra politica o relazione non episodica con le altre forze in campo, con la verifica dell’efficacia con la quale queste forze misurano le proprie ragioni?
L’Ukip di Nigel Farage, il Partito per l’indipendenza del Regno Unito, si definisce euroscettico e ha la sua ragione costitutiva nel ritiro del Regno Unito dall’Ue. Il Partito verde europeo, che abbiamo fondato nel 2004 a Roma in mille delegati provenienti da 32 paesi, vuole invece una completa integrazione europea per una Europa politica federata. Per realizzare politiche di sostenibilità ecologica, giustizia sociale, democrazia partecipativa, pace e convivenza, ha imparato a mettersi in relazione con altre esperienze con le quali costituisce il gruppo al Parlamento europeo, come quelle regionaliste dell’Ale-Alleanza libera europea o quelle dei Partito dei pirati per le libertà digitali.
Per gli ecologisti europei lo Stato-Nazione sta rivelando tutta la sua obsolescenza e in luogo della irrilevanza politica ed economica dei suoi cittadini, nel contesto globale, è l’Europa il soggetto politico che può avviare la conversione ecologica del pianeta, risolvendo con la green economy i problemi economici ed ambientali che lo attraversano. Per questo Ska Keller è la candidata verde per la presidenza della Commissione Ue. Per questo piazze come Taksim, Tahrir o la Puerta del Sol a Madrid, la loro indignazione, sono vissute come una domanda di una piena soggettività politica europea.
Per gli ecologisti l’efficacia dell’azione sta nell’attivazione, qui ed ora, di politiche pubbliche per la conversione ecologica, per la cittadinanza attiva, per la condivisione della conoscenza, per la neutralità della rete. Qui ed ora, con chi è disposto a farlo, senza aspettare di avere un mandato assoluto ed esclusivo. Senza logiche autocratiche.
Non so cosa decideranno e come gli aderenti 5 Stelle, quello che mi sembra chiaro è che stanno facendo i conti con questioni come l’efficacia dell’azione politica, le alleanze, l’ascolto e la reciprocità tra differenze, il senso della propria proposta politica. Questo è in gioco, Verdi e Ukip non sono i nomi di due alberghi a ore di Bruxelles.
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