domenica 18 luglio 2021
G8 di Genova, per una memoria condivisa
Viviamo una democrazia incapace di fare i conti con sé stessa: da piazza Fontana a Moro per arrivare a Genova. Sul G8 voglio dare il mio contributo alla costruzione di una memoria condivisa.In quei giorni ero lì e, per esperienza milanese anni '70 e dopo l'appuntamento globale a Praga cui avevo partecipato qualche mese prima, era evidente che si voleva dare 'una lezione' a quel movimento ispirato da Seattle. Un mese prima del G8 si tenne un incontro in Senato, su proposta di Berlusconi alla luce del mio intervento, per il Gruppo dei Verdi nel dibattito sulla fiducia al suo Governo. Nella sua replica il Presidente del Consiglio manifestò la disponibilità al dialogo sui temi del G8 e il sostegno al diritto di manifestare.
Aderii alla proposta di incontro a nome di tutti i gruppi parlamentari dell'Unione. Quando andammo nella Sala del Governo,Berlusconi non c'era, l'incontro si tenne con Scaiola/Fini/Letta. Io dissi che occorreva agevolare il diritto a manifestare pacificamente attraverso la distribuzione di servizi e generi primari, l'acqua, lungo il percorso del corteo. Scaiola era stato esplicito 'Non se ne parla': né acqua né bagni mobili lungo il percorso in un clima rovente. Queso l'articolo per il Manifesto fatto dopo quella riunione
https://fiorellocortiana.blogspot.com/2021/06/genova-2001-avere-memoria.html?m=1j
Memore dell'esperienza in Lotta Continua negli anni '70 a Milano, andai a Genova tre giorni prima del G8, girai nei campeggi circostanti, immagino che come me lo facessero anche agenti della Polizia in borghese. La presenza di gruppi di Black Bloc era riconoscibile. Nulla fu fatto, così come poi furono lasciati liberi di devastare, così da poter coltivare pretesti. Dove non c'erano, come al centro della stampa alla scuola Diaz i pretesti si creavano portandoci le molotov. Insieme ad altri esponenti del Gruppo di Coordinamento Nazionale dei Verdi incontrai Casarini ed Agnoletto, quest'ultimo faceva il portavoce del movimento e ci teneva a restarlo: punto. Proposi a Casarini di irridere la Zona Rossa attraverso l'iniziativa dei parlamentari verdi di tutta Europa: ci saremmo messi in mutande e mutande e reggiseno, mano nella mano, davanti all'ingresso proibito. Dissi loro che le decine di migliaia di persone al concerto di Manu Chao costituivano già una espressione importante del 99% contro l'1% dei potenti della finanza globale. Mi risposero che anche di un metro dovevano superare la linea della Zona Rossa. Risposi che non sarebbero arrivati neanche a 100 metri perché il morto sarebbe arrivato ben prima. Qui a Genova c'era una differenza rispetto alle manifestazioni dell'appuntamento internazionale di Praga. Là poche decine degli allora Autonomen, poi Black Bloc, a distanza assoluta dai tre cortei pacifici rovesciarono 4, quattro, cassonetti e lanciarono 2, due, molotov ben distanti dall'ingresso dell'incontro ufficiale. Il montaggio delle immagini nei Tg illustrava Praga in preda ai disordini, come assolutamente mon era. Qui nella maggioranza di governo bruciava ancora la manifestazione al Circo Massimo con Cofferati e un milione di partecipanti.
Di più, una delle forze principali della maggioranza era composta da persone che per decenni non avevano avuto alcuna agibilità politica, nel senso più materiale e fisico dei termini. Insomma la logica vendicativa era più che una tentazione.
Non c'era più spazio per l'idea di protrarre una rappresentazione del conflitto attraverso la messa in atto di un confronto fisico tra gli scudi delle Tute Bianche e quelli della Polizia, con noi parlamentari a negoziare per quanto e come, così come avvenuto a Milano per il centro di detenzione per immigrati di via Corelli o a Praga sul ponte attraversato nel 1968 dai carrarmati sovietici. La cultura dell'antagonismo 'ho un nemico quindi so chi sono', quella della alterità assoluta comunque ipocritamente articolata, ora si traduceva nell'esercizio di una estetica della violenza messo in atto sistematicamente in un cortocircuito da gruppi organizzati, che usavano i cortei pacifici per coprirsi.
Quale miglior scenario, quali migliori complicità per una vendetta in nome della difesa dello Stato? La trasformazione del conflitto politico in una questione di ordine pubblico costituiva l'incasso politico utile a tutto il Governo. Una sospensione della democrazia nel silenzio imbarazzante delle forze maggiori dell'opposizione. Solo il sindacato e il ministro Pisanu, anni dopo a Firenze, si fecero garanti del diritto di manifestare pacificamente. Per essere chiari: a Genova Carlo Giuliani non era uscito di casa con un estintore sotto braccio in attesa di trovare una camionetta dei Carabinieri incastrata contro cui tirarlo. Seguendo gli ordini i Carabinieri ignorarono i Black Bloc in azione, per dedicarsi con metodo al massacro dei manifestanti pacifici, in tuta bianca o no, giovani e meno giovani che fossero.
Il tutto è ben documentato nella mostra fotografica alla Galleria Still di Milano.
Dopo il G8 la mia denuncia/domanda, ripresa in pagina nazionale dal Corriere, su cosa ci facessero, a che titolo, il ministro degli esteri Fini e il senatore di AN Ascerto, ex carabiniere, in quei giorni nella caserma dei carabinieri di Genova, non ebbe alcuna risposta. È importante oggi ricordare ma per capire le logiche in gioco:
20G8 – FERITE, MEMORIA, FUTURO dal 19 al 24 luglio 2021, fotografie in mostra alla galleria Still in via Zamenhof 11 a Milano. Lì si terranno anche due incontri interessanti:
- lunedì 19 luglio alle 18, condotto da Denis Curti, sul tema de ‘L’ESTETICA DELLA VIOLENZA’ con Fiorello Cortiana, tra i fondatori dei Verdi in Italia e già senatore della Repubblica Italiana e al regista Davide Ferrario, autore di Le strade di Genova, straordinario documentario girato al di fuori della “zona rossa” genovese, nei giorni della manifestazione.
Questo è il documentario di Davide Ferrario, che fece riprese molto evidenti, che proiettammo alla Commissione di Indagine Parlamentare, ora su
https://lestradedigenova.wordpress.com/
- mercoledì 21 alle 18, condotto da Claudia Rotondi, ‘QUESTO MONDO E’ POSSIBILE?’ assieme a Orsola Costantini, allora giovanissima manifestante e ora economista all’Unctad e Andrea Goldstein, economista dell’Oecd, che ha lavorato in diverse organizzazioni internazionali occupandosi di globalizzazione e sviluppo.
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