IL
GIOCO DELL’OCA
Tornate
alla casella di partenza. La tentazione di leggere le recenti tormentate
vicende politiche come quel passaggio del gioco dell’oca che ci riporta al
punto di partenza, vanificando tutto il percorso fatto in precedenza è alto. Ma
certamente sbagliato. Una vicenda di questo tipo lascia segni profondi, alcuni
percepibili immediatamente, altri che verranno svelati e capiti con il tempo.
Ad esempio lo svelamento della profonda stupidità politica del gruppo dirigente del PD, (che è
riuscito a far apparire come una congrega di gentiluomini e di statisti il caimano e la sua squadra)
della sua lacerazione interna, della sua inaffidabilità, è un fatto che lascia
segni profondi sia nell’ambito del PD che dei cittadini preoccupati del funzionamento
della democrazia. Né può lasciare indifferenti il fatto che il Movimento Cinque
Stelle sia quello che si è mosso con maggiore chiarezza e coerenza, sostenendo
un candidato ottimale e con un notevole livello di responsabilità. Ma è stato
sconfitto e, quindi ,anche lui dovrà apportare cambiamenti al suo modo di
essere. Dovremo capire qual è il significato per il Paese dell’incapacità di
identificare e nominare un presidente della Repubblica nuovo; qual è il
significato di questa repubblica ormai quasi presidenziale; qual è la ragione
della paura congenita e diffusa di
fronte ad ogni innovazione vera; perché dopo la caduta di Marini, il PD non ha
votato Rodotà con il vantaggio di portare al vertice una persona certamente
adatta ma anche di coinvolgere nel sistema e responsabilizzare il nuovo
rappresentato dal Movimento Cinque Stelle; perché i sindacati sono così irrilevanti
nei passaggi decisivi del Paese.
Al
punto in cui eravamo giunti, cioè alla vigilia di un nuovo 8 settembre, la
nomina di Napolitano era obbligata. Ma, pur tirando un sospiro di sollievo, non
possiamo nasconderci che si tratta di un esito negativo, che prelude ad altri
sviluppi negativi. C’è un antico detto, se ricordo bene tedesco, che dice:
quando soffia il vento c’è chi tira su dei muri e chi costruisce dei mulini a
vento. Il vento soffia e continuerà a soffiare. Anzi soffierà con sempre
maggiore forza. Il fatto che l’unica cosa che siamo riusciti a fare, sia di
tirare su dei muri, non è buona cosa. E se il più solerte a tirare su dei muri
difensivi ed a bloccare chi tentava di costruire dei mulini a vento, è stato il
PD, il principale partito che si autodefinisce, forse ironicamente, di
sinistra, chi costruirà i mulini a vento? Ormai è chiaro che l’iniziativa per
questo non potrà venire dalle forze politiche che hanno vinto questo mano, ma
da forze politiche nuove e profondamente rinnovate, insieme a quelle componenti
della società, forse, anzi certamente, minoritarie, ma non irrilevanti che si
rendono conto della necessità di costruire i mulini a vento, per tentare di
utilizzare il soffio, sempre più minaccioso, del vento. Nel 2003, quando la Germania
veniva definita il malato d’Europa, il cancelliere Schroeder disse: “o ci
modernizziamo o verremo modernizzati”. E, seguito da buona parte ma certamente
non da tutto il Paese ed in primo luogo da molti leader imprenditoriali e
sindacali, realizzò quelle riforme modernizzatrici che gli costarono il posto
ma lanciarono la Germania ai vertici europei.
La relazione del Gruppo di lavoro in materia economico-sociale ed europeo, istituito il 30 marzo 2013 dal Presidente della Repubblica è un discreto e non del tutto inutile lavoro compilatorio di buona parte dei problemi che il Paese deve affrontare. Se fosse una tesi di laurea meriterebbe 110 ma non la lode, per mancanza di sprazzi creativi e innovativi e per mancanza di chiare relazioni tra gli obiettivi ed i mezzi per realizzarli. Ma vi sono, soprattutto nell’Introduzione, dei passaggi importanti. Quello più significativo mi pare il seguente:
La relazione del Gruppo di lavoro in materia economico-sociale ed europeo, istituito il 30 marzo 2013 dal Presidente della Repubblica è un discreto e non del tutto inutile lavoro compilatorio di buona parte dei problemi che il Paese deve affrontare. Se fosse una tesi di laurea meriterebbe 110 ma non la lode, per mancanza di sprazzi creativi e innovativi e per mancanza di chiare relazioni tra gli obiettivi ed i mezzi per realizzarli. Ma vi sono, soprattutto nell’Introduzione, dei passaggi importanti. Quello più significativo mi pare il seguente:
“
Se si rompe la coesione della società è
in pericolo la democrazia, ogni azione pubblica è paralizzata. Il rapporto tra
classe politica, pubblica amministrazione e cittadino è cruciale.
Rappresentanti dei cittadini percepiti come chiusi alle istanze di cambiamento,
un fisco che finisce per esse vessatorio nei confronti del contribuente onesto,
uffici pubblici inefficienti e sordi alle legittime richieste della popolazione
alimentato sfiducia e conflittualità tra le parti sociali, ostacolano le scelte
necessarie per riformare l’economia e migliorare il funzionamento della
società. Per questo tutte le componenti dell’economia e della società italiana
sono chiamate a trovare soluzioni innovative e a condividerle, così da
mobilitare, comunicando fiducia nel futuro, le tante risorse umane di alta
qualità disponibili nel Paese e di attrarre persone di valore che operano
all’estero”.
E’
importante qui la sottolineatura che il ricupero del paese e la sopravvivenza
della democrazia richiede una mobilitazione di tutte le componenti
dell’economia o della società italiana. Non possiamo attribuire solo alle forze
politiche tutte le colpe e tutta la responsabilità., Farò telegraficamente due
esempi, con l’augurio che questo approccio venga approfondito.
E’
chiaro che dobbiamo fare un salto di qualità fondamentale nei rapporti di
lavoro, un vero e proprio salto di civiltà. Dopo la tragica esperienza Monti –
Fornero, dovrebbe essere altrettanto chiaro che non possiamo attenderci
alcunché di buono dal governo e dal parlamento. Devono essere gli imprenditori
ed i sindacati a dar vita ad un’organizzazione del lavoro ed a regole di
lavoro, più produttivi, più competitivi, più equi, più civili. Per quanto è
necessario il legislatore seguirà. Ma per fare questo devono entrambi cambiare
molte idee arcaiche delle quali sono portatori e cercare di diventare
contemporanei.
Il secondo tema è quello
della burocrazia, che è, nel suo insieme e nella mentalità che le domina, “la
più evidente anomalia dell’Italia anche rispetto a Paesi dalla cultura
giuridica simile, come la Francia e la Germania” (Intervista di Salvatore
Rossi, economista vicedirettore generale della Banca d’Italia e uno dei saggi
del Gruppo di lavoro del Presidente della Repubblica). La Relazione del Gruppo
di lavoro riconosce il problema e suggerisce dei rimedi tecnici. Ma nessun
rimedio tecnico potrà mai funzionare se nel Paese non si mette in moto un
movimento politico-culturale, che forzi la burocrazia ad evolvere, anche nel
suo interesse, come quello che, nelle città statunitensi si mise in moto negli
anni ’70 con il titolo: “Reinventing Government”. Il fallimento sistematico
delle tante riforme delle PA tentate da tanti governi è dovuto al fatto che non
sono mai diventate movimenti culturali e politici, sostenuti da tutti i
cittadini che sotto la burocrazia soffocano e vengono umiliati. Anzi con il
governo Monti abbiamo visto i vertici della burocrazia al governo, e ne abbiamo
sofferto i relativi disastri. Anche qui se non si mettono in moto i cittadini,
organizzati da nuove forze e persone
politiche, continueremo ad affondare, ed a sperare non in una lunga ma in una
lunghissima se non eterna vita del
Presidente Napolitano.
Marco Vitale
Brescia, 21
aprile 2013
Scritto per il Fatto
Quotidiano
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