L’antipolitica o l’altrapolitica? (Stefano Rodotà).
01/03/2012 di triskel182
Con gli ultimi provvedimenti, il profilo del governo “tecnico” si è ormai chiaramente definito e le caratteristiche dei suoi interventi rappresentano anche una messa in mora (una sfida?) per un mondo “politico” che non riesce a trovare una sua misura di fronte ad una novità che si conferma sempre più profonda. E i partiti devono fronteggiare anche una ineludibile questione: antipolitica o altrapolitica? Infatti, la lunga ondata antipolitica, alimentata ogni giorno da scandali e debolezze del sistema dei partiti, non può occultare il fatto che l`Italia sia pure un Paese pieno di politica, reattivo in forme né populiste né qualunquiste. Ma quest` altra politicaviene temuta dai partiti, che magari ne parlano e poi la tengono lontana, la trascurano, continuano ad abbandonarsi all`esorcismo del “non cedere ai movimenti”, formula divenuta ormai l`emblema dell`immobilismo e dell` autoreferenzialità. Così stando le cose, potranno i partiti realizzare quel mutamento che tanti invocano come indispensabile? Nella sua lezione all`università di Bologna, il presidente della Repubblica ha associato la fiducia nel governo Monti ad un invito ai partiti ad “autorinnovarsi”, a realizzare una “riqualificazione culturale e programmatica”. E il presidente del Consiglio ha parlato di un compimento del suo mandato che restituirà l`iniziativa appunto ai partiti. Ma quali dovrebbero essere le condizioni perché, rigenerati, i partiti possano di nuovo guadagnare quella fiducia dell`opinione pubblica che oggi appare perduta? E quali i temi con i quali cimentarsi per l` auspicato ritorno aduna seria elaborazione culturale, per mettere a punto programmi non raffazzonati? Comincio con l`indicarne tre: i diritti fondamentali; i servizi pubblici; i limiti alla libertà d`iniziativa economica privata. Non li scelgo a caso. Dietro ciascuno di questi temi si trovano soggetti reali, iniziative concrete. Molti comuni e gruppi si adoperano ogni giorno perché trovino effettivo riconoscimento i diritti degli immigrati, delle coppie di fatto, di quanti vogliono liberamente decidere sulla fine della loro vita.Laquestione dei servizi è simboleggiata dal servizio idrico, dall`acqua come bene comune: l`Italia è l`epicentro di un largo movimento, che ha visto ventisette milioni di elettori votare contro la privatizzazione dell`acqua, che produce analisi sempre più accurate, che ha visto convenire a Napoli e Roma rappresentanti da molti Paesi, che è all`origine di una rete di comuni europei e di iniziative popolari rivolte alla Commissione di Bruxelles. Altrettanto intensa è la discussione intorno ai limiti del mercato, accesissima intorno ai temi del lavoro e che vede l`inquietante tentativo di cancellare l`articolo 41 della Costituzione che congiunge il decreto berlusconiano di luglio e il decreto “Cresci Italia”, ponendo il problema se sia ancora possibile in economia una politica “costituzionale”. Questa è l`altra politica. E ciascuno di questi temi pone la questione di quale idea di società debba oggi sostenere l`azione politica. Ei partiti? Silenziosi o diffidenti, timorosi dellaloro ombra. Si pensi a quel che è avvenuto a Milano, dove una meritoria iniziativa del sindaco riguardante le coppie di persone dello stesso sesso ha pro- vocato sconcertanti reazioni di rigetto all`interno dello stesso Pd, dove evidentemente si ignora che una sentenza della Corte costituzionale ha affermato che queste persone hanno un diritto fondamentale aveder riconosciuta la loro condizione. La questione non può essere considerata minore o locale, poiché rivela come all`interno di quel partito non vi sia una elaborazione programmatica riconoscibile, si è paralizzati dall`irrisolto rapporto tra le diverse forze che hanno dato origine al Pd e che troppe volte fanno emergere tentazioni integraliste e incapacità di altri settori del partito di definire una posizione netta proprio sui diritti fondamentali delle persone. Non diversa è la condizione del Pdl, prigioniero di fondamentalismi figli soprattutto d`una stagione d`un collateralismo strumentale, quando il partito si presentava come il portavoce della gerarchia vaticana. Stanno così nascendo due circuiti: quello, talora discutibile ma dinamico, dell`altra politica e quello congelato del sistema dei partiti. Quest`ultimo si chiude sempre più in se stesso, rifiutail dialogo, e ne paga i prezzi. Quando le condizioni istituzionali rendono inevitabile il contatto tra i due circuiti, infatti, è quasi sempre quello dell`altra politica a prevalere. Lo dimostra, per il Pd, l`esperienza negativa di primarie e elezioni, da Milano a Cagliari, da Napoli all`ultimo episodio di Genova. Davvero si può credere che da questa difficoltà politica si possa uscire con espedienti procedurali o accentuando il controllo partitico sulle candidature alle primarie? Il nodo è altrove, e riguarda la necessità di prendere atto non solo dell`esistenza di nuovi attori politici, ma delle realtà che sono capaci di rappresentare. Proprio qui, nella perdita di capacità rappresentativa, ha una sua radice profonda la crisi dei partiti. L`esistenza di circuiti politici diversi, che s`intersecano e configgono, non è esperienza soltanto italiana. Ricordo solo il rapporto tra sfera politica e blogsfera, che ha conosciuto momenti di tensione negli StatiUniti. L`intelligenzap olitica ha consentito ad Obama di rendersi conto che la novità di Intemet non era tecnologica, ma incideva sulla qualità della politica. E così, attraverso una accorta connessione dei due circuiti, hapure costruito il suo successo elettorale. Ma i partiti italiani rimangono arretrati, le ricerche serie mostrano la povertà del loro uso delle risorse della Rete. Qui si riflette una più generale debolezza: l`incapacità di confrontarsi con il cambiamento radicale imposto dalla rivoluzione scientifica e tecnologica, che giunge a configurare nuove antropologie, individua dinamiche e spazi inediti. Anche, per certi versi soprattutto, su questo terreno si deve compiere la “riqualificazione” dei partiti. Ma chi dev`essere protagonista di questo processo? Possono farcela le attuali oligarchie, logorate in mille modi, responsabili del loro discredito per non aver voluto comprendere che l`abbandono d`una rigorosa etica pubblica avrebbe fatto dilagare la corruzione, che ci assedia e che ha già destrutturato la società italiana? La costituzione di un governo tecnico si rivela anche come un diverso modo di selezione del ceto politico. È rivelatrice la mossa di indicare in Corrado Passera un possibile leader del centrodestra. È questa la strada o la riqualificazione deve riguardare non solo cultura e programmi, ma pure la capacità dei partiti di modificare i criteri di selezione e legittimazione democratica al loro interno, in un contesto di rinnovata moralità civile?
Da La Repubblica del 01/03/2012.
venerdì 2 marzo 2012
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