giovedì 28 luglio 2011
cos'è la Rete?
L'intelligenza è una risorsa diffusa da connettere in modalità che ne permettano la piena e inaspettata espressione. Per questo la Rete è una impresa cognitiva collettiva/connettiva, parte del Bene Comune "conoscenza" e come tale da tutelare nella sua neutralità, accessibilità e disintermediazione.
mercoledì 27 luglio 2011
Domande all'AGCOM
Perché perseguire e custodire l'ignoranza sulla natura costitutiva della rete digitale, che non conosce, per i contenuti che in essa circolano, la condizione di scarsità, anzi, più circolano e sono condivisi più acquistano e generano valore?
L'economia della Conoscenza riconosce la condivisione come condizione per le contaminazioni e quindi per le nuove combinazioni nella produzione di valore cognitivo, un approccio confortato tanto in sede Unesco che nelle risoluzioni del WSIS delle Nazioni Unite, nonché dall'Agenda di Lisbona dell'UE sulla società e sull'economia della conoscenza.
Perché nel rispetto della tutela autoriale non declinare diversamente il concetto di proprietà nel Diritto d'autore?
Perché ignorare che la produzione di valore nell'economia della conoscenza si basa sulla possibilità di disporre liberamente dei linguaggi fondamentali per la conoscenza, di condividere i prodotti cognitivi, di godere di un pluralismo culturale e colturale (coltivato e/o custodito), di essere consapevoli, informati e discrezionali, relativamente alla tracciabilità identitaria, di poter esercitare una partecipazione informata ai processi della politica pubblica, di aderire ad un approccio ecologico, non solo al disastrato andamento del nostro pianeta ma ad un’idea più estesa di ecologia della mente?
Perché non mettere mano ai nodi normativi e alle policies perché siano capaci di permettere lo svolgersi e lo sviluppo evolutivo dei nuovi modelli di produzione cognitiva fondati su pratiche concorsuali e colloborative, cui si legano nuovi modelli delle relazioni sociali e nuovi modelli commerciali per la remunerazione degli autori/lavoratori della conoscenza?
Nella società e nell'economia della conoscenza è la natura della relazione sociale a costituire il valore cruciale, e i modelli produttivi e commerciali di successo sono quelli che producono le condizioni abilitanti affinché questo possa accadere: dall'interoperabilità, alla convergenza dei supporti, alla rete come memoria contenente gli strumenti per produrre e le proprie produzioni, permettendo una ubiquità produttiva asincrona, indipendente dal supporto digitale utilizzato. Perché non considerarli eccentrici?
Perché il Parlamento, in due diverse legislature, ha promosso le commissioni "Corasaniti" e "Gambino" sulla riforma del diritto d'autore e poi non si tengono in alcuna considerazione le loro risoluzioni?
L'economia della Conoscenza riconosce la condivisione come condizione per le contaminazioni e quindi per le nuove combinazioni nella produzione di valore cognitivo, un approccio confortato tanto in sede Unesco che nelle risoluzioni del WSIS delle Nazioni Unite, nonché dall'Agenda di Lisbona dell'UE sulla società e sull'economia della conoscenza.
Perché nel rispetto della tutela autoriale non declinare diversamente il concetto di proprietà nel Diritto d'autore?
Perché ignorare che la produzione di valore nell'economia della conoscenza si basa sulla possibilità di disporre liberamente dei linguaggi fondamentali per la conoscenza, di condividere i prodotti cognitivi, di godere di un pluralismo culturale e colturale (coltivato e/o custodito), di essere consapevoli, informati e discrezionali, relativamente alla tracciabilità identitaria, di poter esercitare una partecipazione informata ai processi della politica pubblica, di aderire ad un approccio ecologico, non solo al disastrato andamento del nostro pianeta ma ad un’idea più estesa di ecologia della mente?
Perché non mettere mano ai nodi normativi e alle policies perché siano capaci di permettere lo svolgersi e lo sviluppo evolutivo dei nuovi modelli di produzione cognitiva fondati su pratiche concorsuali e colloborative, cui si legano nuovi modelli delle relazioni sociali e nuovi modelli commerciali per la remunerazione degli autori/lavoratori della conoscenza?
Nella società e nell'economia della conoscenza è la natura della relazione sociale a costituire il valore cruciale, e i modelli produttivi e commerciali di successo sono quelli che producono le condizioni abilitanti affinché questo possa accadere: dall'interoperabilità, alla convergenza dei supporti, alla rete come memoria contenente gli strumenti per produrre e le proprie produzioni, permettendo una ubiquità produttiva asincrona, indipendente dal supporto digitale utilizzato. Perché non considerarli eccentrici?
Perché il Parlamento, in due diverse legislature, ha promosso le commissioni "Corasaniti" e "Gambino" sulla riforma del diritto d'autore e poi non si tengono in alcuna considerazione le loro risoluzioni?
Come può non rispondere Bersani?
ineludibile ciò che dice Polito, come può non rispondere Bersani?
http://www.corriere.it/editoriali/11_luglio_27/quel-che-bersani-non-ha-scritto-antonio-polito_b13b39f4-b80e-11e0-a142-4db684210d8b.shtml
http://www.corriere.it/editoriali/11_luglio_27/quel-che-bersani-non-ha-scritto-antonio-polito_b13b39f4-b80e-11e0-a142-4db684210d8b.shtml
Dopo la chiusura del Parlamento sull'omofobia
Da una discriminazione specifica si esce superando le discriminazioni in quanto tali e non risolvendo quella, laddove se ne abbia la forza. Altrimenti si sviluppa una contiguità corporativa tra identità di genere, generazione, religione ecc. e non una cultura della cittadinanza condivisa e della reciprocità. A partire da una piena affermazione dei diritti civili.
martedì 26 luglio 2011
L'antipolitica virale della Rete- Europa 26/7/2011
Pensare che il crepuscolo di Silvio Berlusconi sia una faccenda sua e della sua coalizione, i cui esiti sono consegnati al triangolo Alfano-Maroni-Scilopoti, mentre chi è oggi all’opposizione ricaverà una rendita di posizione automatica, da condividere o da contendersi, costituirebbe un’irresponsabile velleità. Berlusconi non è la causa del disastro della politica italiana bensì il suo prodotto più probabile, colui che della reazione politica se ne è avvalso, confermando e formando l’individualismo furbo degli italiani attraverso le sinergie di un sistema mediatico pervasivo.
Il senso comune dell’agire collettivo non cambierà per il solo venir meno della figura simbolica e di potere di riferimento.
Occorre un salto, occorre produrre una discontinuità, un registro mediatico e una architettura istituzionale che rovescino la deriva personalistica e plebiscitaria fondata sul populismo.
In Italia l’afasia autoreferenziale di un premier impegnato nelle sue vicende giudiziarie e sorpreso dalla disobbedienza civile, che ha prodotto il quorum ai referendum, ancora fa velo ad un montante sentimento antipolitico che non si limiterà all’astensione elettorale e ai neotribalismi dei patrioti padani.
Mentre le scelte finanziarie avvengono in chiave extrastatuale: con la soggettività politica del piano Marshall europeo o con il modello globalizzato messo in campo da Marchionne. Insieme all’esilio dei giovani laureati e alla precarietà di chi rimane, l’estraneità alla qualificazione e alla dignità professionali si accompagna ad una estraneità alla politica come espressione di una cultura della cittadinanza condivisa, dell’ascolto, della mediazione, dell’assunzione di responsabilità.
Invece di preoccuparci dell’identità di SpiderTruman e della veridicità del suo video mascherato su You Tube dovremmo guardare le diverse centinaia di migliaia di persone che in pochi giorni hanno affollato la sua pagina su Facebook e vedere i commenti e i giudizi che la Rete raccoglie nei blog e nei siti più diversi. Non si tratta di uno sfogo di tante singolarità nella dimensione virtuale ma della definizione di una indignazione collettiva virale, che va ben oltre la rete digitale e obbliga il resto del sistema mediatico a cavalcare l’onda: de Kerckhove ha parlato di “inconscio connettivo”.
Due cose devono preoccuparci: la natura antipolitica dell’indignazione che mette insieme i privilegi della Casta nominata e gli istituti della politica democratica e l’illusione che la caduta dei dinosauri broadcast come Berlusconi e Murdoch resetterà il sistema e si ripartirà dalla situazione precedente.
Questo disordine disintermediato non avrà un esito antidemocratico se si praticherà un modello fondato sulla partecipazione informata, se procedure di democrazia deliberante consentiranno alla riserva di intelligenza presente in tante esperienze della sussidiarietà, accademica, imprenditoriale e associativa, di condividere responsabilità pubbliche. La Rete racconta anche di queste esperienze, scegliere di connetterle con la dimensione pubblica, fuori da fedeltà e appartenenze che non siano quelle della Costituzione repubblicana, è un atto di discontinuità che consente di risignificare la politica. Nel laboratorio milanese una finestra per la consapevolezza connettiva si è aperta, ogni scorciatoia porterebbe altrove.
Il senso comune dell’agire collettivo non cambierà per il solo venir meno della figura simbolica e di potere di riferimento.
Occorre un salto, occorre produrre una discontinuità, un registro mediatico e una architettura istituzionale che rovescino la deriva personalistica e plebiscitaria fondata sul populismo.
In Italia l’afasia autoreferenziale di un premier impegnato nelle sue vicende giudiziarie e sorpreso dalla disobbedienza civile, che ha prodotto il quorum ai referendum, ancora fa velo ad un montante sentimento antipolitico che non si limiterà all’astensione elettorale e ai neotribalismi dei patrioti padani.
Mentre le scelte finanziarie avvengono in chiave extrastatuale: con la soggettività politica del piano Marshall europeo o con il modello globalizzato messo in campo da Marchionne. Insieme all’esilio dei giovani laureati e alla precarietà di chi rimane, l’estraneità alla qualificazione e alla dignità professionali si accompagna ad una estraneità alla politica come espressione di una cultura della cittadinanza condivisa, dell’ascolto, della mediazione, dell’assunzione di responsabilità.
Invece di preoccuparci dell’identità di SpiderTruman e della veridicità del suo video mascherato su You Tube dovremmo guardare le diverse centinaia di migliaia di persone che in pochi giorni hanno affollato la sua pagina su Facebook e vedere i commenti e i giudizi che la Rete raccoglie nei blog e nei siti più diversi. Non si tratta di uno sfogo di tante singolarità nella dimensione virtuale ma della definizione di una indignazione collettiva virale, che va ben oltre la rete digitale e obbliga il resto del sistema mediatico a cavalcare l’onda: de Kerckhove ha parlato di “inconscio connettivo”.
Due cose devono preoccuparci: la natura antipolitica dell’indignazione che mette insieme i privilegi della Casta nominata e gli istituti della politica democratica e l’illusione che la caduta dei dinosauri broadcast come Berlusconi e Murdoch resetterà il sistema e si ripartirà dalla situazione precedente.
Questo disordine disintermediato non avrà un esito antidemocratico se si praticherà un modello fondato sulla partecipazione informata, se procedure di democrazia deliberante consentiranno alla riserva di intelligenza presente in tante esperienze della sussidiarietà, accademica, imprenditoriale e associativa, di condividere responsabilità pubbliche. La Rete racconta anche di queste esperienze, scegliere di connetterle con la dimensione pubblica, fuori da fedeltà e appartenenze che non siano quelle della Costituzione repubblicana, è un atto di discontinuità che consente di risignificare la politica. Nel laboratorio milanese una finestra per la consapevolezza connettiva si è aperta, ogni scorciatoia porterebbe altrove.
lunedì 25 luglio 2011
Funzioni, Bilanci e costi del Sistema Istituzionale
DOSSIER
LE PROVINCE ALLO SPECCHIO
LE FUNZIONI, I BILANCI, I COSTI.
LE PROPOSTE DELL’UPI
PER RAZIONALIZZARE IL SISTEMA
Roma, 21 luglio 2011
Pagina 2
SPESA PUBBLICA COMPLESSIVA (ANNO 2010):
807 MILIARDI DI EURO
Settore
Spesa
Amministrazione Centrale
182 miliardi di euro
Previdenza
298 miliardi di euro
Interessi sul debito
72 miliardi di euro
Regioni
170 miliardi di euro
(di cui 114 Sanità)
Comuni
73 miliardi di euro
Province
12 miliardi di euro
Fonte: Decisione di Finanza Pubblica 2010 - 2013
LE PROVINCE RAPPRESENTANO
L’1,5%
DELLA SPESA PUBBLICA COMPLESSIVA DEL PAESE
Pagina 3
I costi della Politica
Spese per gli Organi istituzionali – Indennità dei politici
PARLAMENTO
416.320.681
di cui Senato
155.055.000
di cui Camera dei Deputati
306.265.681
Regioni
907.097.922
Comuni
617.070.878
Province
113.635.599
TOTALE
2.054.125.080
Fonti: Bilancio Camera/Senato 2010; Siope Ministero Economia 2010
Nei costi del Senato e della Camera dei Deputati sono compresi: indennità, rimborsi, vitalizi per ex Deputati ed ex Senatori.
Il totale dei costi della politica, riferito esclusivamente agli eletti nazionali e locali, è pari a
2.054.125.080.
Il personale politico del Parlamento rappresenta il 20,3% del costo totale
Il personale politico delle Regioni rappresenta il 44,2% del costo totale
Il personale politico dei Comuni rappresenta il 30% del costo totale
Il personale politico delle Province rappresenta il 5,5% del costo totale
Pagina 4
COSTI DI FUNZIONAMENTO DEGLI ORGANI ISTITUZIONALI
Presidenza Consiglio dei Ministri
628.000.000
Organi a rilevanza costituzionale
546.900.000
Organi Costituzionali
1.986.000.000
Uffici del Governo e dello Stato sul territorio
464.800.000
TOTALE
3.626.300.000
Fonte: Bilancio dello Stato, 2010
Regioni
1.173.000.000
Province
434.000.000
Comuni
1.710.000.000
TOTALE
3.317.000.000
Fonte: Regioni elaborazione su Bilanci 2010. Comuni e Province, Istat 2009
COSTO DI FUNZIONAMENTO DELLA POLITICA
(NAZIONALE E LOCALE)
6,9 miliardi di euro
Il costo di funzionamento degli Organi Istituzionali è pari ad oltre il 55% del totale
Il costo del funzionamento delle Regioni è pari al 16,9% del totale
Il costo del funzionamento dei Comuni è pari al 24,6% del totale
Il costo del funzionamento delle Province è pari al 6,2% del totale
Pagina 5
Spese per Aziende, Società, Enti strumentali
In questo momento esistono oltre 7000 enti strumentali (Consorzi, Aziende, Società) che occupano circa 24 mila persone nei Consigli di Amministrazione.
Il costo dei compensi, le spese di rappresentanza, il funzionamento dei consigli di amministrazione, organi collegiali, delle Società pubbliche o partecipate nel 2010 è pari a 2,5 miliardi.
Pagina 6
Il Costo degli Enti, Aziende e Società pubbliche locali
Regioni
Spesa Enti e Agenzie Regionali € 3.667.554.666,00
Enti di ricerca delle Amministrazioni locali
€ 87.599.561,00 Autorità Portuali € 44.329.500,00
Aziende di promozione turistica
€ 59.817.410,00 ARPA – Agenzie regionale Ambiente € 578.698.053,00 Unioni di Comuni € 239.890.146,00
Comunità Montane
€ 633.122.418,00 TOTALE € 5.311.011.754,00
Fonte: elaborazione Upi su dati Siope Bilanci 2010
BIM – Bacini Imbriferi Montani
€ 157.225.049,00 AATO (ambiti territoriali ottimali acqua/rifiuti) € 246.959.322,00
CONSORZI Enti gestione Parchi
€ 72.196.677,00
CONSORZI Vigilanza Boschiva
€ 4.299.569,00 TOTALE € 480.680.617,00
Pagina 7
Comuni
Spesa Unioni dei comuni € 280.505.389,29
Comunità Montane
€ 109.947.570,11 Aziende speciali € 270.540.204,60
Imprese di servizi
€ 456.354.451,73 Autorità portuali € 1.414.639,34
Aziende promozione turistica
€ 5.556.821,14 Arpa € 474.627,01
Totale
€ 1.124.793.703,22
Fonte: elaborazione Upi su dati Siope Bilanci 2010
Province
Spesa Unioni dei comuni € 10.219.104,59
Comunità Montane
€ 24.890.878,63 Aziende speciali € 36.239.049,19
Imprese di servizi
€ 122.063.454,55 Autorità portuali € 273.585,88
Aziende promozione turistica
€ 16.211.375,27 Arpa € 5.074.853,00
Totale
€ 214.972.301,11
Il totale
delle spese per il funzionamento
di le società, Aziende, consorzi, ed enti regionali, provinciali e comunali
7.131.458.375,33 euro.
Pagina 8
IL RUOLO, LE FUNZIONI E I BILANCI DELLE PROVINCE
Nel 2010 le spese sostenute dalle Province sono state pari a circa 12 miliardi di euro, in marcata flessione rispetto al triennio precedente (- 1 miliardo 360 milioni di euro rispetto al 2008).
Queste le singole voci:
Mobilità, Viabilità, Trasporti: gestione trasporto pubblico extraurbano; gestione di circa 125 mila chilometri di strade nazionali extraurbane. Spesa complessiva 1 miliardo 532 milioni di euro.
Servizi e infrastrutture per la tutela ambientale: difesa del suolo, prevenzione delle calamità, tutela delle risorse idriche ed energetiche; smaltimento dei rifiuti.
Spesa complessiva 827 milioni di euro.
Edilizia scolastica, funzionamento delle scuole e formazione professionale: gestione di oltre 5000 gli edifici, quasi 120 mila classi e oltre 2 milioni e 500 mila allievi.
Spesa complessiva 2 miliardi 306 milioni di euro.
- Sviluppo economico e Servizi per il mercato del lavoro: gestione dei servizi di collocamento attraverso 854 Centri per l’impiego; sostegno all’imprenditoria, all’agricoltura, alla pesca; promozione delle energie alternative e delle fonti rinnovabili. Spesa complessiva 1 miliardo 159 milioni di euro
Promozione della cultura. Spesa complessiva 247 milioni di euro
Promozione del turismo e dello sport. Spesa complessiva 235 milioni di euro
Servizi sociali. Spesa complessiva 325 milioni di euro
Costo del personale. Spesa complessiva 2 miliardi 343 milioni di euro Il personale delle Province ammonta a circa 61.000 unità.
Spese generali dell’amministrazione e spese di manutenzione del patrimonio (informatizzazione, patrimonio immobiliare, cancelleria, costi utenze telefoniche, elettricità, etc..)etc. Spesa complessiva 749 milioni di euro
Indennità degli amministratori. Spesa complessiva 113 milioni di euro lordi
Pagina 9
I bilanci delle Province
Dati Siope: confronto triennale 2008 – 2010
Variazione delle Spese delle Province
2008
2009
2010
VAR 08/10
VAR % 08/10
SPESE CORRENTI
9.032.212.361
8.678.006.562
8.562.810.574
-5,20
SPESE IN C CAPITALE
3.821.419.630
3.552.928.423
2.936.728.318
-23,15
SPESE RIMBORSO PRESTITI
667.025.916
668.988.230
659.245.656
-1,17
TOTALE
13.520.657.907
12.899.923.215
12.158.784.548
- 1.361.873.359
-10,07
Variazione delle Entrate delle Province
2008
2009
2010
VAR 08/10
VAR % 08/10
ENTRATE TRIBUTARIE
4.904.840.790
4.651.588.591
4.689.149.459
-4,40
ENTRATE DA CONTRIBUTI CORRENTI
4.091.627.846
4.390.249.646
4.122.141.770
0,75
ENTRATE EXTRATRIBUTARIE
698.717.671
702.174.347
674.587.744
-3,45
ENTRATE DA ALIENAZIONE E TRASFERIMENTI CAPITALE
2.539.931.391
1.988.609.587
1.958.320.769
-22,90
ENTRATE DA ACCENSIONE PRESTITI
913.397.036
855.890.475
601.913.364
-34,10
TOTALE
13.148.514.734
12.588.512.646
12.046.113.106
- 1.102.401.628
-8,38
Variazioni spese per il Personale delle Province
2008
2009
2010
Var 08/10
var % 08/10
spesa di personale
2.635.855.721
2.568.778.125
2.343.335.170
- 292.520.551
-11,10
Pagina 10
Le Province in Europa: consistenza e sistemi elettorali
In Europa tutti i paesi hanno i comuni; 23 su 25 hanno le province; 17 hanno le regioni; 14 hanno anche i gruppi di regioni.
Sistemi Elettorali delle Province in Europa
FRANCIA
La Francia ha 24 regioni, 100 dipartimenti e 36.772 comuni. I principali organi del dipartimento sono il consiglio generale e il presidente. I membri del consiglio sono eletti a suffragio universale diretto, a scrutinio uninominale, a due turni, e durano in carica 6 anni. L’organo esecutivo è il Presidente, scelto dall’organo collegiale.
GERMANIA
La Germania ha 16 Lander (di cui tre città stato), 301 LandKreise e 12.134comuni. Nelle Province (LandKresie) il Consiglio (kreistag) è eletto direttamente con sistema proporzionale e con un mandato di 5 anni. L’organo monocratico è chiamato Landrat a Landratin e costituisce un anello di congiunzione tra l’amministrazione del Land e quella ei comuni. In alcuni Lander è eletto dal Consiglio, in altri direttamente.
SPAGNA
La Spagna ha 17 Comunità autonome (+ 2 città autonome), 50 province e 8.109 comuni. La Provincia (Deputazione) è un organo rappresentativo dei consigli comunali eletti nel territorio provinciale, quindi le province sono rappresentate da assemblee elettive di secondo grado, i cui deputati sono eletti tra i consiglieri designati da ciascuna delle suddivisioni provinciali (Circoscrizioni elettorali). Il Presidente della Provincia è eletto dal consiglio provinciale.
REGNO UNITO
Il Regno Unito ha 8 Regioni, 82 contee (di cui 34 extraurbane) e 274 distretti.
Gli enti locali in Inghilterra hanno consigli elettivi con personalità giuridica. Il sistema elettorale è maggioritario, i consiglieri di contea sono scelti nell’ambito di collegi uninominali, quelli di distretto in circoscrizioni che eleggono uno o più consiglieri. Ogni consiglio elegge annualmente tra i propri membri un presidente e un vicepresidente.
Pagina 11
PROPOSTA DI LEGGE DELL’UNIONE DELLE PROVINCE D’ITALIA
“Norme sulla razionalizzazione delle Province, sull’istituzione delle Città metropolitane, sull’accorpamento di Comuni e sulla soppressione di enti territoriali intermedi e trasferimento delle relative funzioni”
Pagina 12
RELAZIONE
La difficile condizione della finanza pubblica, determinata soprattutto dalla stagnazione economica, a sua volta causata dalla crisi finanziaria ed economica internazionale, impone scelte rigorose per l’eliminazione delle spese inutili derivanti dalla sovrapposizione di enti e strutture che esercitano le funzioni che possono essere attribuite agli enti territoriali, concentrando le risorse finanziarie pubbliche in modo razionale nei settori più importanti sotto il profilo dello sviluppo economico, sociale e civile del Paese.
L’attuazione della riforma costituzionale del 2001 derivante dall’approvazione della legge delega sul federalismo fiscale impone una coerente individuazione delle funzioni fondamentali dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane e un profondo ripensamento dell’adeguatezza dimensionale di ogni livello di governo affinché le istituzioni territoriali possano esercitare effettivamente le loro funzioni in autonomia e responsabilità. Nella proposta sono pertanto contenute disposizioni puntuali per avviare il processo di accorpamento dei Comuni e delle Province di piccole dimensioni e per favorire l’istituzione delle Città metropolitane.
Allo stesso tempo, la scelta di rafforzare le istituzioni territoriali previste dalla Costituzione impone al legislatore statale e regionale di sopprimere gli enti e le strutture decentrate che non hanno una diretta legittimazione democratica. Queste strutture costituiscono il vero costo nascosto dell’amministrazione e della politica. Le inchieste di stampa e le analisi di diversi organismi di studio hanno posto in evidenza, al di là delle deviazioni e degli sperperi, come in ogni caso tutto ciò costituisca un fattore di aggravio di spesa, confusione nella ripartizione dei ruoli e delle funzioni e di aumento della pressione fiscale complessiva. Analizzando i bilanci di queste strutture è evidente come la gran parte dei fondi sia destinata alle spese di funzionamento e solo una minima parte sia ridistribuita ai cittadini, sotto forma di servizi e di opere pubbliche.
La proposta che sottoponiamo all’attenzione del Parlamento provvede a sfoltire drasticamente un’ampia serie di organismi ed enti funzionali decentrati che esercitano funzioni a livello provinciale o territoriale, affidandone i compiti ai alle Province. Sono così soppressi: i consorzi di bonifica, i consorzi dei bacini imbriferi montani (BIM), gli enti parco regionali, mentre le competenze delle Autorità d’ambito territoriale (ATO) in materia di servizi idrici e di rifiuti e le stazioni uniche appaltanti vengono attribuite in modo coerente alle Province.
La disposizione della presente proposta di legge si pongono come principi di coordinamento della finanza pubblica e come principi fondamentali della legislazione statale in modo che possano valere anche il necessario adeguamento delle normative delle Regioni a statuto speciale.
Pagina 13
“Norme sulla razionalizzazione delle Province, sull’istituzione delle Città metropolitane, sull’accorpamento di Comuni e sulla soppressione di enti territoriali intermedi e trasferimento delle relative funzioni”
CAPO I
Articolo 1
Dimensionamento delle Province, fusione dei Comuni e associazionismo degli enti locali
1. Ciascuna Provincia e ciascun Comune devono avere una dimensione adeguata per l’esercizio delle funzioni fondamentali, di cui all’articolo 21 della legge 5 maggio 2009, n. 42. Ai fini della razionalizzazione delle circoscrizioni territoriali, lo Stato e le Regioni procedono all’accorpamento delle piccole Province e dei piccoli Comuni, nel rispetto delle modalità previste dall’art. 133 della Costituzione. La presente disposizione costituisce principio di coordinamento della finanza pubblica.
2. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro dell’interno, di concerto con i Ministri per i rapporti con le regioni, delle riforme per il federalismo, per la pubblica amministrazione e l’innovazione, dell’economia e delle finanze, uno o più decreti legislativi con l’osservanza dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) revisione delle circoscrizioni provinciali in modo che il territorio di ciascuna Provincia abbia una estensione e comprenda una popolazione tale da consentire l’ottimale esercizio delle funzioni previste per il livello di governo di area vasta, riducendo il numero complessivo delle Province;
b) impossibilità di istituzione di nuove Province, tranne che non derivino dall’accorpamento delle circoscrizioni territoriali di Province preesistenti;
c) conseguente revisione degli ambiti territoriali degli uffici decentrati dello Stato.
3. I decreti legislativi di cui al comma 1, dopo l’acquisizione del parere della Conferenza unificata, sono sottoposti al parere delle competenti Commissioni parlamentari che entro sessanta giorni si esprimono anche in ordine alla sussistenza delle condizioni e dei requisiti della proposta di revisione delle circoscrizioni provinciali.
4. Le Regioni a statuto speciale provvedono, entro lo stesso termine, ad adottare le disposizioni idonee a perseguire le finalità di cui alla presente legge.
5. Le Regioni con proprie leggi provvedono entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge alla fusione dei piccoli Comuni, nel rispetto delle circoscrizioni provinciali, in modo da razionalizzare e armonizzare l’assetto territoriale conseguente alla definizione delle funzioni fondamentali, di cui all’articolo 21 della legge 5 maggio 2009, n. 42. Nel caso in le Regioni non
Pagina 14
provvedano nel termine indicato, il Governo, a norma dell’articolo 120, comma 2, della Costituzione, provvede con propri decreti in via sostitutiva.
6. Le Province possono esercitare in forma associata una o più funzioni di cui all’articolo 21 della legge 5 maggio 2009, n. 42.
7. Fermo l’obbligo delle Regioni, di cui all’articolo 14, comma 30, del Decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito in legge 30 luglio 2010, n. 122, di definire la dimensione territoriale ottimale e omogenea per area geografica per lo svolgimento in forma obbligatoriamente associata da parte dei Comuni con dimensione territoriale inferiore a quella ottimale, delle funzioni fondamentali di cui all'articolo 21, comma 3, della legge 5 maggio 2009, n. 42, ove le Regioni non abbiano ancora provveduto entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, il Governo, a norma dell’articolo 120, comma 2, della Costituzione, provvede con propri decreti in via sostitutiva. Il limite demografico minimo che l'insieme dei Comuni che sono tenuti ad esercitare le funzioni fondamentali in forma associata deve raggiungere non può essere inferiore a tremila abitanti.
8. All’articolo 32 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) i commi 2 e 3 sono sostituiti dai seguenti:
«2. L’atto costitutivo e lo statuto dell’unione sono approvati dai consigli dei Comuni partecipanti con le procedure e con la maggioranza richieste per le modifiche statutarie. Lo statuto individua le funzioni svolte dall’unione e le corrispondenti risorse, nonché la sede presso uno dei Comuni associati.
3. Lo statuto prevede il presidente dell’unione, scelto secondo un sistema di rotazione periodica tra i sindaci dei Comuni associati, e prevede che la giunta sia composta esclusivamente dai sindaci dei Comuni associati e che il consiglio sia composto, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, da un numero di consiglieri, eletti dai singoli consigli dei Comuni associati tra i propri componenti, non superiore alla metà di quello previsto per i comuni di dimensioni pari alla popolazione complessiva dell’ente, garantendo la rappresentanza delle minoranze»;
b) al comma 5, il secondo periodo è soppresso.
Articolo 2
Istituzione delle Città metropolitane
1. Il Governo è delegato ad adottare dei decreti legislativi, entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, per l’istituzione delle Città metropolitane, nell’ambito di una regione, nelle Province di cui alle aree previste dall’art22 del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. La perimetrazione della città metropolitana coincide in prima attuazione con il territorio della provincia. Nell’adozione dei decreti legislativi per l’istituzione delle singole Città metropolitane si osservano i seguenti principi e indirizzi:
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a) il territorio della Città metropolitana coincide con il territorio di una o di più Province; in caso di non coincidenza con il territorio di una Provincia si procede alla nuova delimitazione delle circoscrizioni provinciali interessate ai sensi dell’articolo 133, primo comma, della Costituzione;
b) la Città metropolitana acquisisce tutte le funzioni della preesistente Provincia e le funzioni del comune capoluogo di ambito metropolitano e ad essa sono attribuite le risorse umane, strumentali e finanziarie inerenti alle funzioni trasferite, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica; il decreto legislativo regola la successione della città metropolitana alla provincia in tutti i rapporti già attribuiti alla titolarità di questo ultimo ente;
c) la Città metropolitana prende il posto della Provincia e del Comune capoluogo e si articola al suo interno in Comuni e Municipi; i Municipi sono individuati sulla base degli enti di decentramento comunale istituiti a norma dell’art. 17 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267 nel Comune capoluogo; ai Municipi costituiti nel territorio del comune capoluogo si applica la disciplina dei Comuni, contenuta nel Decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267;
d) il decreto legislativo regola il sistema di determinazione dei collegi elettorali per la elezione del consiglio della Città metropolitana, nonché di attribuzione dei seggi, in modo da garantire una adeguata rappresentanza alle comunità locali insistenti sulla parte del territorio metropolitano esterna a quello del preesistente Comune capoluogo, nonché le modalità ed i termini di indizione delle elezioni per la loro prima costituzione;
e) per ciascuna Città metropolitana, il decreto legislativo stabilisce le modalità organizzative e le funzioni in relazione alle specifiche esigenze del proprio territorio.
2. Gli schemi dei decreti legislativi sono trasmessi alla Conferenza unificata che rendono il parere nel termine di trenta giorni. Successivamente sono trasmessi alle Camere per l’acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari da rendere entro quarantacinque giorni dall’assegnazione.
CAPO II
Art. 3
Esercizio diretto delle funzioni fondamentali
1. Le funzioni fondamentali di cui all’articolo 21 della legge 5 maggio 2009, n. 42 non possono essere:
a) attribuite ad enti o agenzie statali o regionali né ad enti o agenzie di enti locali diversi da quelli cui tali funzioni fondamentali sono attribuite;
b) esercitate da enti o agenzie statali o regionali né da enti o agenzie di enti locali diversi da quelli cui tali funzioni fondamentali sono attribuite.
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3. A decorrere dall’effettivo trasferimento delle risorse umane e strumentali necessarie all’esercizio delle funzioni fondamentali, nonché dall’effettivo finanziamento delle medesime funzioni, in conformità ai princìpi e ai criteri di cui alla legge 5 maggio 2009, n. 42, cessa ogni forma di finanziamento delle funzioni esercitate in contrasto con le disposizioni di cui al comma 1 e sono nulli gli atti adottati nell’esercizio delle suddette funzioni.
Art. 4
Soppressione di enti intermedi e strumentali
1. Anche ai fini del coordinamento della finanza pubblica, in attuazione dell’articolo 118 della Costituzione, lo Stato e le Regioni, nell’ambito della rispettiva competenza legislativa, provvedono all’accorpamento o alla soppressione degli enti, agenzie od organismi, comunque denominati.
2. Lo Stato e le Regioni provvedono altresì ad individuare le funzioni degli enti di cui al comma 1 in tutto o in parte coincidenti con quelle assegnate agli enti territoriali, riallocando contestualmente le stesse agli enti locali, secondo i princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza di cui all’articolo 3 della presente legge.
Articolo 5
Abolizione dei Consorzi di bonifica
1. Sono abrogati gli articoli 862 e 863 del Codice civile e gli articoli da 55 a 71 del regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, e successive modificazioni, e sono di conseguenza soppressi i Consorzi di bonifica e i Consorzi di miglioramento fondiario.
2. Le funzioni dei Consorzi soppressi sono attribuite alle Province che succedono ai Consorzi di bonifica e di miglioramento fondiario in tutti i rapporti giuridici e ad ogni altro effetto, anche processuale. In relazione alle obbligazioni si applicano i princìpi della solidarietà attiva e passiva.
3. I contributi dei proprietari nella spesa di esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere pubbliche di bonifica, di miglioramento fondiario e di difesa del suolo costituiscono oneri reali sui fondi dei contribuenti e sono esigibili con le norme ed i privilegi stabiliti per l'imposta fondiaria. Alla riscossione dei contributi vigenti provvedono gli enti che esercitano le funzioni dei consorzi soppressi con le norme che regolano l'esazione delle imposte dirette e attraverso appositi regolamenti che disciplinano, tra l’altro, le forme di partecipazione dei contribuenti alla definizione degli indirizzi per l’utilizzo dei contributi versati.
4. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, con legge regionale sono riordinati i contributi finora imposti alle proprietà consorziate ed è disciplinato il trasferimento alle Province delle funzioni dei Consorzi di bonifica e di miglioramento fondiario soppressi e la ripartizione delle relative risorse umane, finanziarie e strumentali.
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5. Qualora, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le Regioni non abbiano provveduto a riordinare ai sensi del comma 4 gli enti esistenti, il Governo è delegato ad emanare, entro i 3 mesi successivi, sentite le regioni inadempienti, uno o più decreti legislativi, le cui disposizioni si applicano fino alla data di entrata in vigore della legge regionale.
Articolo 6
Soppressione dei Bacini imbriferi montani
1. Sono soppressi i Consorzi dei bacini imbriferi montani in base alla legge 27 dicembre 1953, n. 939.
2. A decorrere dal trecentosessantacinquesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge le funzioni degli organi dei Consorzi di cui al comma 1 sono trasferite alle Province, secondo quanto previsto dalle leggi regionali.
3. A decorrere da termine di cui al comma 2 il sovracanone annuo previsto dalla legge 27 dicembre 1953, n. 959 è versato alle Province competenti.
4. Qualora, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le Regioni non abbiano provveduto a riordinare ai sensi del comma 1 gli enti esistenti, il Governo è delegato ad emanare, entro i 3 mesi successivi, sentite le regioni inadempienti, uno o più decreti legislativi di ripartizione delle funzioni tra le Province, le cui disposizioni si applicano fino alla data di entrata in vigore della legge regionale.
Articolo 7
Soppressione degli enti parco regionali
1. Gli enti parco previsti dall’art. 23 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, sono soppressi e le loro funzioni sono attribuite alle Province che le esercitano in forma singola o associata.
2. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, con legge regionale è disciplinato il trasferimento alle Province delle funzioni degli enti parco soppressi e la ripartizione delle relative risorse umane, finanziarie e strumentali.
3. Qualora, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le Regioni non abbiano provveduto a riordinare ai sensi del comma 1 gli enti esistenti, il Governo è delegato ad emanare, entro i 3 mesi successivi, sentite le regioni inadempienti, uno o più decreti legislativi di ripartizione delle funzioni tra le province interessate, le cui disposizioni si applicano fino alla data di entrata in vigore della legge regionale di riordino delle funzioni degli enti parco.
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Articolo 8
Attribuzione delle funzioni degli ATO acque e rifiuti alle Province
1. All’art. 2, della legge 23 dicembre 2009 , n. 191, al terzo periodo, dopo le parole “le regioni attribuiscono con legge” sono aggiunte le parole “alle province”.
Articolo 9
Stazione unica appaltante nelle Province
1. All’art. 13 della legge 13 agosto 2010 , n. 136, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente comma: «3. Per le finalità di cui a comma 1, entro il 31 dicembre 2011, le Province istituiscono Stazioni uniche appaltanti per la gestione dei contratti pubblici di loro competenza e di quelli dei Comuni con meno di 5.000 abitanti del loro territorio.»
Articolo 10
Norma di coordinamento
1. Le disposizioni degli articoli precedenti costituiscono principi fondamentali della legislazione statale. Le Regioni a statuto speciale provvedono ad adottare le disposizioni idonee a perseguire le finalità di cui alla presente legge.
LE PROVINCE ALLO SPECCHIO
LE FUNZIONI, I BILANCI, I COSTI.
LE PROPOSTE DELL’UPI
PER RAZIONALIZZARE IL SISTEMA
Roma, 21 luglio 2011
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SPESA PUBBLICA COMPLESSIVA (ANNO 2010):
807 MILIARDI DI EURO
Settore
Spesa
Amministrazione Centrale
182 miliardi di euro
Previdenza
298 miliardi di euro
Interessi sul debito
72 miliardi di euro
Regioni
170 miliardi di euro
(di cui 114 Sanità)
Comuni
73 miliardi di euro
Province
12 miliardi di euro
Fonte: Decisione di Finanza Pubblica 2010 - 2013
LE PROVINCE RAPPRESENTANO
L’1,5%
DELLA SPESA PUBBLICA COMPLESSIVA DEL PAESE
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I costi della Politica
Spese per gli Organi istituzionali – Indennità dei politici
PARLAMENTO
416.320.681
di cui Senato
155.055.000
di cui Camera dei Deputati
306.265.681
Regioni
907.097.922
Comuni
617.070.878
Province
113.635.599
TOTALE
2.054.125.080
Fonti: Bilancio Camera/Senato 2010; Siope Ministero Economia 2010
Nei costi del Senato e della Camera dei Deputati sono compresi: indennità, rimborsi, vitalizi per ex Deputati ed ex Senatori.
Il totale dei costi della politica, riferito esclusivamente agli eletti nazionali e locali, è pari a
2.054.125.080.
Il personale politico del Parlamento rappresenta il 20,3% del costo totale
Il personale politico delle Regioni rappresenta il 44,2% del costo totale
Il personale politico dei Comuni rappresenta il 30% del costo totale
Il personale politico delle Province rappresenta il 5,5% del costo totale
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COSTI DI FUNZIONAMENTO DEGLI ORGANI ISTITUZIONALI
Presidenza Consiglio dei Ministri
628.000.000
Organi a rilevanza costituzionale
546.900.000
Organi Costituzionali
1.986.000.000
Uffici del Governo e dello Stato sul territorio
464.800.000
TOTALE
3.626.300.000
Fonte: Bilancio dello Stato, 2010
Regioni
1.173.000.000
Province
434.000.000
Comuni
1.710.000.000
TOTALE
3.317.000.000
Fonte: Regioni elaborazione su Bilanci 2010. Comuni e Province, Istat 2009
COSTO DI FUNZIONAMENTO DELLA POLITICA
(NAZIONALE E LOCALE)
6,9 miliardi di euro
Il costo di funzionamento degli Organi Istituzionali è pari ad oltre il 55% del totale
Il costo del funzionamento delle Regioni è pari al 16,9% del totale
Il costo del funzionamento dei Comuni è pari al 24,6% del totale
Il costo del funzionamento delle Province è pari al 6,2% del totale
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Spese per Aziende, Società, Enti strumentali
In questo momento esistono oltre 7000 enti strumentali (Consorzi, Aziende, Società) che occupano circa 24 mila persone nei Consigli di Amministrazione.
Il costo dei compensi, le spese di rappresentanza, il funzionamento dei consigli di amministrazione, organi collegiali, delle Società pubbliche o partecipate nel 2010 è pari a 2,5 miliardi.
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Il Costo degli Enti, Aziende e Società pubbliche locali
Regioni
Spesa Enti e Agenzie Regionali € 3.667.554.666,00
Enti di ricerca delle Amministrazioni locali
€ 87.599.561,00 Autorità Portuali € 44.329.500,00
Aziende di promozione turistica
€ 59.817.410,00 ARPA – Agenzie regionale Ambiente € 578.698.053,00 Unioni di Comuni € 239.890.146,00
Comunità Montane
€ 633.122.418,00 TOTALE € 5.311.011.754,00
Fonte: elaborazione Upi su dati Siope Bilanci 2010
BIM – Bacini Imbriferi Montani
€ 157.225.049,00 AATO (ambiti territoriali ottimali acqua/rifiuti) € 246.959.322,00
CONSORZI Enti gestione Parchi
€ 72.196.677,00
CONSORZI Vigilanza Boschiva
€ 4.299.569,00 TOTALE € 480.680.617,00
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Comuni
Spesa Unioni dei comuni € 280.505.389,29
Comunità Montane
€ 109.947.570,11 Aziende speciali € 270.540.204,60
Imprese di servizi
€ 456.354.451,73 Autorità portuali € 1.414.639,34
Aziende promozione turistica
€ 5.556.821,14 Arpa € 474.627,01
Totale
€ 1.124.793.703,22
Fonte: elaborazione Upi su dati Siope Bilanci 2010
Province
Spesa Unioni dei comuni € 10.219.104,59
Comunità Montane
€ 24.890.878,63 Aziende speciali € 36.239.049,19
Imprese di servizi
€ 122.063.454,55 Autorità portuali € 273.585,88
Aziende promozione turistica
€ 16.211.375,27 Arpa € 5.074.853,00
Totale
€ 214.972.301,11
Il totale
delle spese per il funzionamento
di le società, Aziende, consorzi, ed enti regionali, provinciali e comunali
7.131.458.375,33 euro.
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IL RUOLO, LE FUNZIONI E I BILANCI DELLE PROVINCE
Nel 2010 le spese sostenute dalle Province sono state pari a circa 12 miliardi di euro, in marcata flessione rispetto al triennio precedente (- 1 miliardo 360 milioni di euro rispetto al 2008).
Queste le singole voci:
Mobilità, Viabilità, Trasporti: gestione trasporto pubblico extraurbano; gestione di circa 125 mila chilometri di strade nazionali extraurbane. Spesa complessiva 1 miliardo 532 milioni di euro.
Servizi e infrastrutture per la tutela ambientale: difesa del suolo, prevenzione delle calamità, tutela delle risorse idriche ed energetiche; smaltimento dei rifiuti.
Spesa complessiva 827 milioni di euro.
Edilizia scolastica, funzionamento delle scuole e formazione professionale: gestione di oltre 5000 gli edifici, quasi 120 mila classi e oltre 2 milioni e 500 mila allievi.
Spesa complessiva 2 miliardi 306 milioni di euro.
- Sviluppo economico e Servizi per il mercato del lavoro: gestione dei servizi di collocamento attraverso 854 Centri per l’impiego; sostegno all’imprenditoria, all’agricoltura, alla pesca; promozione delle energie alternative e delle fonti rinnovabili. Spesa complessiva 1 miliardo 159 milioni di euro
Promozione della cultura. Spesa complessiva 247 milioni di euro
Promozione del turismo e dello sport. Spesa complessiva 235 milioni di euro
Servizi sociali. Spesa complessiva 325 milioni di euro
Costo del personale. Spesa complessiva 2 miliardi 343 milioni di euro Il personale delle Province ammonta a circa 61.000 unità.
Spese generali dell’amministrazione e spese di manutenzione del patrimonio (informatizzazione, patrimonio immobiliare, cancelleria, costi utenze telefoniche, elettricità, etc..)etc. Spesa complessiva 749 milioni di euro
Indennità degli amministratori. Spesa complessiva 113 milioni di euro lordi
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I bilanci delle Province
Dati Siope: confronto triennale 2008 – 2010
Variazione delle Spese delle Province
2008
2009
2010
VAR 08/10
VAR % 08/10
SPESE CORRENTI
9.032.212.361
8.678.006.562
8.562.810.574
-5,20
SPESE IN C CAPITALE
3.821.419.630
3.552.928.423
2.936.728.318
-23,15
SPESE RIMBORSO PRESTITI
667.025.916
668.988.230
659.245.656
-1,17
TOTALE
13.520.657.907
12.899.923.215
12.158.784.548
- 1.361.873.359
-10,07
Variazione delle Entrate delle Province
2008
2009
2010
VAR 08/10
VAR % 08/10
ENTRATE TRIBUTARIE
4.904.840.790
4.651.588.591
4.689.149.459
-4,40
ENTRATE DA CONTRIBUTI CORRENTI
4.091.627.846
4.390.249.646
4.122.141.770
0,75
ENTRATE EXTRATRIBUTARIE
698.717.671
702.174.347
674.587.744
-3,45
ENTRATE DA ALIENAZIONE E TRASFERIMENTI CAPITALE
2.539.931.391
1.988.609.587
1.958.320.769
-22,90
ENTRATE DA ACCENSIONE PRESTITI
913.397.036
855.890.475
601.913.364
-34,10
TOTALE
13.148.514.734
12.588.512.646
12.046.113.106
- 1.102.401.628
-8,38
Variazioni spese per il Personale delle Province
2008
2009
2010
Var 08/10
var % 08/10
spesa di personale
2.635.855.721
2.568.778.125
2.343.335.170
- 292.520.551
-11,10
Pagina 10
Le Province in Europa: consistenza e sistemi elettorali
In Europa tutti i paesi hanno i comuni; 23 su 25 hanno le province; 17 hanno le regioni; 14 hanno anche i gruppi di regioni.
Sistemi Elettorali delle Province in Europa
FRANCIA
La Francia ha 24 regioni, 100 dipartimenti e 36.772 comuni. I principali organi del dipartimento sono il consiglio generale e il presidente. I membri del consiglio sono eletti a suffragio universale diretto, a scrutinio uninominale, a due turni, e durano in carica 6 anni. L’organo esecutivo è il Presidente, scelto dall’organo collegiale.
GERMANIA
La Germania ha 16 Lander (di cui tre città stato), 301 LandKreise e 12.134comuni. Nelle Province (LandKresie) il Consiglio (kreistag) è eletto direttamente con sistema proporzionale e con un mandato di 5 anni. L’organo monocratico è chiamato Landrat a Landratin e costituisce un anello di congiunzione tra l’amministrazione del Land e quella ei comuni. In alcuni Lander è eletto dal Consiglio, in altri direttamente.
SPAGNA
La Spagna ha 17 Comunità autonome (+ 2 città autonome), 50 province e 8.109 comuni. La Provincia (Deputazione) è un organo rappresentativo dei consigli comunali eletti nel territorio provinciale, quindi le province sono rappresentate da assemblee elettive di secondo grado, i cui deputati sono eletti tra i consiglieri designati da ciascuna delle suddivisioni provinciali (Circoscrizioni elettorali). Il Presidente della Provincia è eletto dal consiglio provinciale.
REGNO UNITO
Il Regno Unito ha 8 Regioni, 82 contee (di cui 34 extraurbane) e 274 distretti.
Gli enti locali in Inghilterra hanno consigli elettivi con personalità giuridica. Il sistema elettorale è maggioritario, i consiglieri di contea sono scelti nell’ambito di collegi uninominali, quelli di distretto in circoscrizioni che eleggono uno o più consiglieri. Ogni consiglio elegge annualmente tra i propri membri un presidente e un vicepresidente.
Pagina 11
PROPOSTA DI LEGGE DELL’UNIONE DELLE PROVINCE D’ITALIA
“Norme sulla razionalizzazione delle Province, sull’istituzione delle Città metropolitane, sull’accorpamento di Comuni e sulla soppressione di enti territoriali intermedi e trasferimento delle relative funzioni”
Pagina 12
RELAZIONE
La difficile condizione della finanza pubblica, determinata soprattutto dalla stagnazione economica, a sua volta causata dalla crisi finanziaria ed economica internazionale, impone scelte rigorose per l’eliminazione delle spese inutili derivanti dalla sovrapposizione di enti e strutture che esercitano le funzioni che possono essere attribuite agli enti territoriali, concentrando le risorse finanziarie pubbliche in modo razionale nei settori più importanti sotto il profilo dello sviluppo economico, sociale e civile del Paese.
L’attuazione della riforma costituzionale del 2001 derivante dall’approvazione della legge delega sul federalismo fiscale impone una coerente individuazione delle funzioni fondamentali dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane e un profondo ripensamento dell’adeguatezza dimensionale di ogni livello di governo affinché le istituzioni territoriali possano esercitare effettivamente le loro funzioni in autonomia e responsabilità. Nella proposta sono pertanto contenute disposizioni puntuali per avviare il processo di accorpamento dei Comuni e delle Province di piccole dimensioni e per favorire l’istituzione delle Città metropolitane.
Allo stesso tempo, la scelta di rafforzare le istituzioni territoriali previste dalla Costituzione impone al legislatore statale e regionale di sopprimere gli enti e le strutture decentrate che non hanno una diretta legittimazione democratica. Queste strutture costituiscono il vero costo nascosto dell’amministrazione e della politica. Le inchieste di stampa e le analisi di diversi organismi di studio hanno posto in evidenza, al di là delle deviazioni e degli sperperi, come in ogni caso tutto ciò costituisca un fattore di aggravio di spesa, confusione nella ripartizione dei ruoli e delle funzioni e di aumento della pressione fiscale complessiva. Analizzando i bilanci di queste strutture è evidente come la gran parte dei fondi sia destinata alle spese di funzionamento e solo una minima parte sia ridistribuita ai cittadini, sotto forma di servizi e di opere pubbliche.
La proposta che sottoponiamo all’attenzione del Parlamento provvede a sfoltire drasticamente un’ampia serie di organismi ed enti funzionali decentrati che esercitano funzioni a livello provinciale o territoriale, affidandone i compiti ai alle Province. Sono così soppressi: i consorzi di bonifica, i consorzi dei bacini imbriferi montani (BIM), gli enti parco regionali, mentre le competenze delle Autorità d’ambito territoriale (ATO) in materia di servizi idrici e di rifiuti e le stazioni uniche appaltanti vengono attribuite in modo coerente alle Province.
La disposizione della presente proposta di legge si pongono come principi di coordinamento della finanza pubblica e come principi fondamentali della legislazione statale in modo che possano valere anche il necessario adeguamento delle normative delle Regioni a statuto speciale.
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“Norme sulla razionalizzazione delle Province, sull’istituzione delle Città metropolitane, sull’accorpamento di Comuni e sulla soppressione di enti territoriali intermedi e trasferimento delle relative funzioni”
CAPO I
Articolo 1
Dimensionamento delle Province, fusione dei Comuni e associazionismo degli enti locali
1. Ciascuna Provincia e ciascun Comune devono avere una dimensione adeguata per l’esercizio delle funzioni fondamentali, di cui all’articolo 21 della legge 5 maggio 2009, n. 42. Ai fini della razionalizzazione delle circoscrizioni territoriali, lo Stato e le Regioni procedono all’accorpamento delle piccole Province e dei piccoli Comuni, nel rispetto delle modalità previste dall’art. 133 della Costituzione. La presente disposizione costituisce principio di coordinamento della finanza pubblica.
2. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro dell’interno, di concerto con i Ministri per i rapporti con le regioni, delle riforme per il federalismo, per la pubblica amministrazione e l’innovazione, dell’economia e delle finanze, uno o più decreti legislativi con l’osservanza dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) revisione delle circoscrizioni provinciali in modo che il territorio di ciascuna Provincia abbia una estensione e comprenda una popolazione tale da consentire l’ottimale esercizio delle funzioni previste per il livello di governo di area vasta, riducendo il numero complessivo delle Province;
b) impossibilità di istituzione di nuove Province, tranne che non derivino dall’accorpamento delle circoscrizioni territoriali di Province preesistenti;
c) conseguente revisione degli ambiti territoriali degli uffici decentrati dello Stato.
3. I decreti legislativi di cui al comma 1, dopo l’acquisizione del parere della Conferenza unificata, sono sottoposti al parere delle competenti Commissioni parlamentari che entro sessanta giorni si esprimono anche in ordine alla sussistenza delle condizioni e dei requisiti della proposta di revisione delle circoscrizioni provinciali.
4. Le Regioni a statuto speciale provvedono, entro lo stesso termine, ad adottare le disposizioni idonee a perseguire le finalità di cui alla presente legge.
5. Le Regioni con proprie leggi provvedono entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge alla fusione dei piccoli Comuni, nel rispetto delle circoscrizioni provinciali, in modo da razionalizzare e armonizzare l’assetto territoriale conseguente alla definizione delle funzioni fondamentali, di cui all’articolo 21 della legge 5 maggio 2009, n. 42. Nel caso in le Regioni non
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provvedano nel termine indicato, il Governo, a norma dell’articolo 120, comma 2, della Costituzione, provvede con propri decreti in via sostitutiva.
6. Le Province possono esercitare in forma associata una o più funzioni di cui all’articolo 21 della legge 5 maggio 2009, n. 42.
7. Fermo l’obbligo delle Regioni, di cui all’articolo 14, comma 30, del Decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito in legge 30 luglio 2010, n. 122, di definire la dimensione territoriale ottimale e omogenea per area geografica per lo svolgimento in forma obbligatoriamente associata da parte dei Comuni con dimensione territoriale inferiore a quella ottimale, delle funzioni fondamentali di cui all'articolo 21, comma 3, della legge 5 maggio 2009, n. 42, ove le Regioni non abbiano ancora provveduto entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, il Governo, a norma dell’articolo 120, comma 2, della Costituzione, provvede con propri decreti in via sostitutiva. Il limite demografico minimo che l'insieme dei Comuni che sono tenuti ad esercitare le funzioni fondamentali in forma associata deve raggiungere non può essere inferiore a tremila abitanti.
8. All’articolo 32 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) i commi 2 e 3 sono sostituiti dai seguenti:
«2. L’atto costitutivo e lo statuto dell’unione sono approvati dai consigli dei Comuni partecipanti con le procedure e con la maggioranza richieste per le modifiche statutarie. Lo statuto individua le funzioni svolte dall’unione e le corrispondenti risorse, nonché la sede presso uno dei Comuni associati.
3. Lo statuto prevede il presidente dell’unione, scelto secondo un sistema di rotazione periodica tra i sindaci dei Comuni associati, e prevede che la giunta sia composta esclusivamente dai sindaci dei Comuni associati e che il consiglio sia composto, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, da un numero di consiglieri, eletti dai singoli consigli dei Comuni associati tra i propri componenti, non superiore alla metà di quello previsto per i comuni di dimensioni pari alla popolazione complessiva dell’ente, garantendo la rappresentanza delle minoranze»;
b) al comma 5, il secondo periodo è soppresso.
Articolo 2
Istituzione delle Città metropolitane
1. Il Governo è delegato ad adottare dei decreti legislativi, entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, per l’istituzione delle Città metropolitane, nell’ambito di una regione, nelle Province di cui alle aree previste dall’art22 del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. La perimetrazione della città metropolitana coincide in prima attuazione con il territorio della provincia. Nell’adozione dei decreti legislativi per l’istituzione delle singole Città metropolitane si osservano i seguenti principi e indirizzi:
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a) il territorio della Città metropolitana coincide con il territorio di una o di più Province; in caso di non coincidenza con il territorio di una Provincia si procede alla nuova delimitazione delle circoscrizioni provinciali interessate ai sensi dell’articolo 133, primo comma, della Costituzione;
b) la Città metropolitana acquisisce tutte le funzioni della preesistente Provincia e le funzioni del comune capoluogo di ambito metropolitano e ad essa sono attribuite le risorse umane, strumentali e finanziarie inerenti alle funzioni trasferite, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica; il decreto legislativo regola la successione della città metropolitana alla provincia in tutti i rapporti già attribuiti alla titolarità di questo ultimo ente;
c) la Città metropolitana prende il posto della Provincia e del Comune capoluogo e si articola al suo interno in Comuni e Municipi; i Municipi sono individuati sulla base degli enti di decentramento comunale istituiti a norma dell’art. 17 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267 nel Comune capoluogo; ai Municipi costituiti nel territorio del comune capoluogo si applica la disciplina dei Comuni, contenuta nel Decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267;
d) il decreto legislativo regola il sistema di determinazione dei collegi elettorali per la elezione del consiglio della Città metropolitana, nonché di attribuzione dei seggi, in modo da garantire una adeguata rappresentanza alle comunità locali insistenti sulla parte del territorio metropolitano esterna a quello del preesistente Comune capoluogo, nonché le modalità ed i termini di indizione delle elezioni per la loro prima costituzione;
e) per ciascuna Città metropolitana, il decreto legislativo stabilisce le modalità organizzative e le funzioni in relazione alle specifiche esigenze del proprio territorio.
2. Gli schemi dei decreti legislativi sono trasmessi alla Conferenza unificata che rendono il parere nel termine di trenta giorni. Successivamente sono trasmessi alle Camere per l’acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari da rendere entro quarantacinque giorni dall’assegnazione.
CAPO II
Art. 3
Esercizio diretto delle funzioni fondamentali
1. Le funzioni fondamentali di cui all’articolo 21 della legge 5 maggio 2009, n. 42 non possono essere:
a) attribuite ad enti o agenzie statali o regionali né ad enti o agenzie di enti locali diversi da quelli cui tali funzioni fondamentali sono attribuite;
b) esercitate da enti o agenzie statali o regionali né da enti o agenzie di enti locali diversi da quelli cui tali funzioni fondamentali sono attribuite.
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3. A decorrere dall’effettivo trasferimento delle risorse umane e strumentali necessarie all’esercizio delle funzioni fondamentali, nonché dall’effettivo finanziamento delle medesime funzioni, in conformità ai princìpi e ai criteri di cui alla legge 5 maggio 2009, n. 42, cessa ogni forma di finanziamento delle funzioni esercitate in contrasto con le disposizioni di cui al comma 1 e sono nulli gli atti adottati nell’esercizio delle suddette funzioni.
Art. 4
Soppressione di enti intermedi e strumentali
1. Anche ai fini del coordinamento della finanza pubblica, in attuazione dell’articolo 118 della Costituzione, lo Stato e le Regioni, nell’ambito della rispettiva competenza legislativa, provvedono all’accorpamento o alla soppressione degli enti, agenzie od organismi, comunque denominati.
2. Lo Stato e le Regioni provvedono altresì ad individuare le funzioni degli enti di cui al comma 1 in tutto o in parte coincidenti con quelle assegnate agli enti territoriali, riallocando contestualmente le stesse agli enti locali, secondo i princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza di cui all’articolo 3 della presente legge.
Articolo 5
Abolizione dei Consorzi di bonifica
1. Sono abrogati gli articoli 862 e 863 del Codice civile e gli articoli da 55 a 71 del regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, e successive modificazioni, e sono di conseguenza soppressi i Consorzi di bonifica e i Consorzi di miglioramento fondiario.
2. Le funzioni dei Consorzi soppressi sono attribuite alle Province che succedono ai Consorzi di bonifica e di miglioramento fondiario in tutti i rapporti giuridici e ad ogni altro effetto, anche processuale. In relazione alle obbligazioni si applicano i princìpi della solidarietà attiva e passiva.
3. I contributi dei proprietari nella spesa di esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere pubbliche di bonifica, di miglioramento fondiario e di difesa del suolo costituiscono oneri reali sui fondi dei contribuenti e sono esigibili con le norme ed i privilegi stabiliti per l'imposta fondiaria. Alla riscossione dei contributi vigenti provvedono gli enti che esercitano le funzioni dei consorzi soppressi con le norme che regolano l'esazione delle imposte dirette e attraverso appositi regolamenti che disciplinano, tra l’altro, le forme di partecipazione dei contribuenti alla definizione degli indirizzi per l’utilizzo dei contributi versati.
4. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, con legge regionale sono riordinati i contributi finora imposti alle proprietà consorziate ed è disciplinato il trasferimento alle Province delle funzioni dei Consorzi di bonifica e di miglioramento fondiario soppressi e la ripartizione delle relative risorse umane, finanziarie e strumentali.
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5. Qualora, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le Regioni non abbiano provveduto a riordinare ai sensi del comma 4 gli enti esistenti, il Governo è delegato ad emanare, entro i 3 mesi successivi, sentite le regioni inadempienti, uno o più decreti legislativi, le cui disposizioni si applicano fino alla data di entrata in vigore della legge regionale.
Articolo 6
Soppressione dei Bacini imbriferi montani
1. Sono soppressi i Consorzi dei bacini imbriferi montani in base alla legge 27 dicembre 1953, n. 939.
2. A decorrere dal trecentosessantacinquesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge le funzioni degli organi dei Consorzi di cui al comma 1 sono trasferite alle Province, secondo quanto previsto dalle leggi regionali.
3. A decorrere da termine di cui al comma 2 il sovracanone annuo previsto dalla legge 27 dicembre 1953, n. 959 è versato alle Province competenti.
4. Qualora, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le Regioni non abbiano provveduto a riordinare ai sensi del comma 1 gli enti esistenti, il Governo è delegato ad emanare, entro i 3 mesi successivi, sentite le regioni inadempienti, uno o più decreti legislativi di ripartizione delle funzioni tra le Province, le cui disposizioni si applicano fino alla data di entrata in vigore della legge regionale.
Articolo 7
Soppressione degli enti parco regionali
1. Gli enti parco previsti dall’art. 23 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, sono soppressi e le loro funzioni sono attribuite alle Province che le esercitano in forma singola o associata.
2. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, con legge regionale è disciplinato il trasferimento alle Province delle funzioni degli enti parco soppressi e la ripartizione delle relative risorse umane, finanziarie e strumentali.
3. Qualora, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le Regioni non abbiano provveduto a riordinare ai sensi del comma 1 gli enti esistenti, il Governo è delegato ad emanare, entro i 3 mesi successivi, sentite le regioni inadempienti, uno o più decreti legislativi di ripartizione delle funzioni tra le province interessate, le cui disposizioni si applicano fino alla data di entrata in vigore della legge regionale di riordino delle funzioni degli enti parco.
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Articolo 8
Attribuzione delle funzioni degli ATO acque e rifiuti alle Province
1. All’art. 2, della legge 23 dicembre 2009 , n. 191, al terzo periodo, dopo le parole “le regioni attribuiscono con legge” sono aggiunte le parole “alle province”.
Articolo 9
Stazione unica appaltante nelle Province
1. All’art. 13 della legge 13 agosto 2010 , n. 136, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente comma: «3. Per le finalità di cui a comma 1, entro il 31 dicembre 2011, le Province istituiscono Stazioni uniche appaltanti per la gestione dei contratti pubblici di loro competenza e di quelli dei Comuni con meno di 5.000 abitanti del loro territorio.»
Articolo 10
Norma di coordinamento
1. Le disposizioni degli articoli precedenti costituiscono principi fondamentali della legislazione statale. Le Regioni a statuto speciale provvedono ad adottare le disposizioni idonee a perseguire le finalità di cui alla presente legge.
Norvegia
Tutte queste armi detenute legalmente, come i Calderini in via Carcano da noi.Non c'è stato verso di fare discutere una proposta di legge che obbligava ad una verifica periodica anche delle condizioni psichiche, anche se avevo ottenuto le firme trasversali di tutti i gruppi del Senato. La lobby armieri/armaioli è terribile.
giovedì 21 luglio 2011
la Lobby di Dio
LA LOBBY DI DIO
Dobbiamo essere grati a Ferruccio Pinotti che con : “La lobby di Dio” ci ha dato la prima inchiesta approfondita sul sistema Comunione e Liberazione e la Compagnia delle Opere (ed. Chiarelettere, 2010, Milano).
E’ una indagine seria, professionale, ben documentata, certo non facile da realizzare, che getta finalmente un fascio di luce su una setta poco conosciuta che, per il peso assunto e per i suoi metodi di lavoro, è diventata uno snodo importante del funzionamento della nostra democrazia e della nostra economia.
Il termine “setta” non viene utilizzato in senso denigratorio ma in senso tecnico. Al tema è dedicato un intero paragrafo dal titolo: Un movimento che si fa setta”, nel quale il Prof. Luigi Cortesi, psicologo, psicoterapeuta, presidente del Movimento della Vita di Bergamo, quindi “supercattolico a pieno titolo” analizza le ragioni per cui il termine “setta” è il più appropriato. Certamente il sistema CL + CdO non è più un movimento religioso, perché il peso degli obiettivi economico-finanziari e di potere son diventati di gran lunga prevalenti su quelli religiosi. E, come dice, con sottile ironia, Martinazzoli: “Gli aderenti di CL fanno ogni minuto la volontà di Dio, che Dio lo voglia o no”. Non è un partito perché un partito serve per agire apertamente nel mondo, perseguendo dichiarati obiettivi politici. CL si muove, invece, con una conclamata opacità come è tipico delle sette; e, come le sette, agisce in senso esclusivo non inclusivo. Solo chi è dentro la setta, solo chi ha completato i passaggi di affiliazione, è dalla stessa protetto: “L’offerta è avvolgente e applicabile a qualsiasi momento e attività umana, dalla relazione di coppia alla carriera professionale: se sei del movimento trovi un lavoro, un partner, ovviamente ciellino, con cui ti sposi e ti moltiplichi possibilmente senza porre barriere alla Provvidenza, educhi i figli dentro CL, li “sistemi” e diventi nonno. Cortesi descrive una realtà claustrofobica, con inquietanti risvolti totalitari… E’ spaventoso (afferma Cortesi) che dei cristiani agiscano in questo modo”.
Ma, all’inizio, la motivazione religiosa, animata dal carisma di don Giussani, è determinante per attrarre e coinvolgere, grazie alla grandezza e bellezza del Cristianesimo, le anime generose dei giovanissimi. Poi i migliori verranno formati, accompagnati, aiutati nella loro crescita, sino a diventare, i più fedeli, monaci, laici, i “Memores Domini” (denominati anche “monaci guerrieri”, 1600 uomini e donne, che vivono in piccole comunità (dal 1988 sono riconosciuti dalla Santa Sede come “associazione ecclesiale privata universale”), hanno l’obbligo di castità, povertà e obbedienza, svolgono un lavoro (Formigoni è un Memores Domini), ed il loro reddito confluisce in una cassa comune che poi viene redistribuita secondo i bisogni. Il tema dell’obbedienza è il più delicato da un punto di vista generale, soprattutto in relazione a persone che svolgono attività di rilievo pubblico. I fondamenti teorici sono rigorosi e totalitari: Cristo è Dio incarnato in terra, Cl è uno strumento di tale incarnazione, CL è rappresentata dai suoi superiori, il superiore che guida la tua comunità va obbedito totalmente perché obbedendo a lui fai la volontà di Cristo, il Dio incarnato in terra. E’ in questo passaggio teologico la radice vera del totalitarismo di CL. In fondo è la stessa teoria su cui si reggevano le monarchie assolutiste, nelle quali il monarca era un rappresentante di Dio in terra. Il libro contiene una lunga analisi di questi aspetti cruciali, condotta con l’aiuto di esperti psicologi e sociologi ma soprattutto con una lunga interessante intervista con Bruno Vergani, che ha vissuto l’intera trafila dei ragazzi affascinati da Don Giussani, fino a diventare Memores Domini. E’ poi uscito da CL, diventando scrittore e regista, un intellettuale capace di riflettere onestamente e criticamente su questa sua importante esperienza. La riflessione di Vergani pone bene in luce il conflitto interiore e pratico che si genera tra il principio assoluto e totalitario dell’obbedienza e lo spirito critico personale:
“ Di fatto l’appartenenza a CL mi portava a una situazione paradossale: stavo con persone che mai avrei frequentato e professavo de facto un credo politico che non condividevo. Eppure facevo tutto questo perché ero affascinato dalle parole di Giussani, che ti ordinava: “Fai così”. Un puro approccio precettistico. In nome di quelle parole mi sono trovato a dare i volantini contro l’aborto, contro il divorzio e ad appoggiare la Democrazia cristiana di Andreotti. Volantinavo, andavo alle assemblee, ero diventato presidente del circolo culturale del paese, eppure mantenevo una posizione di apertura verso chi non condivideva le opinioni del movimento. Ricordo per esempio che ero in contatto con molte persone di sinistra, anche della parte estrema, con le quali ero molto amico. A differenza di altri all’interno del movimento, non mi arroccavo in una posizione ideologica. Ricordo una discrepanza notevole tra il livello intellettuale, da cui ero affascinato e che condividevo, e la vita, soprattutto quella dei Memores, che era triste. Più il cerchio si restringeva, più diventavo consapevole della differenza tra ciò che mi veniva detto e la vita quotidiana. Fino a che la situazione è implosa e sono uscito da CL”. Già allora il collateralismo di CL con la politica era forte. “Con il tempo ho capito che la politica e la Democrazia cristiana di allora non c’entravano niente con il sacro, con la mia dimensione. E oggi, pensando alla contiguità del movimento con l’attuale classe dirigente italiana del centrodestra, assai disgraziata, provo molta tristezza. Nel luglio 2009 ho visto in TV Berlusconi che inaugurava i lavori per l’autostrada Bergamo – Brescia – Milano, poco dopo l’esplosione del caso escort su tutti i giornali. Il premier ha detto pubblicamente: “Io non sono un santo”. Roberto Formigoni, in prima fila, rideva. Avrebbe dovuto alzarsi e andarsene, o quanto meno evitare di ridere. Per me è stato triste, sconvolgente””.
Nel periodo in cui fui assessore all’economia nel Comune di Milano ,avevo difficoltà a capire i comportamenti di certi dirigenti comunali. Solo lentamente compresi che la spiegazione di tali comportamenti era che essi non agivano come titolari di un mandato derivante dal Comune e dai principi della loro professione, ma che avevano un altro mandante, che era il loro vero “dominus” e cioè CL. Erano gli obiettivi e la volontà di CL che stavano per loro sopra ogni altro obiettivo. E qui il tema da privato diventa di rilievo ed interesse pubblico. E’ proprio lo spirito e la cultura liberale che ci fa rispettare anche la libertà di pensiero, formazione, organizzazione, indottrinamento di una setta come CL: in fondo la sua capacità di animare i giovani, di impegnarli in una dimensione che va oltre il puro individualismo, di sollecitare la loro generosità, di inserire nelle loro vite la categoria religiosa, è una cosa positiva. Così come è apprezzabile che, in genere, CL, per ora, faccia avanzare prevalentemente giovani di valore.
Ma vi sono tre nodi centrali sui quali una organizzazione così importante, complessa e articolata (insieme al suo braccio operativo CdO, Compagnia delle Opere) non può eludere un dibattito pubblico. Essi sono: cultura totalitaria; opacità; abuso di posizioni di potere e sfruttamento della finanza pubblica.
Ma prima di affrontare questi nodi, è necessario conoscere qualcosa di più di CdO, componente essenziale del sistema, e per questo il libro di Pinotti è una preziosa miniera. Le cifre di CdO sono impressionanti: 41 sedi in Italia ed in altri 17 paesi, 34.000 imprese associate e 1000 associazioni non profit; fatturato complessivo stimato in 70 miliardi di euro; la sola sezione milanese di CdO conta più di 6000 imprese avendo, dal 2008, superato gli associati di Assolombarda; ben tre componenti del consiglio direttivo della Camera di Commercio di Milano sono rappresentanti di CdO. Ma CdO si sta espandendo anche a livello internazionale: Spagna, Portogallo, Israele, Svizzera, Kenya, territori palestinesi, Est dell’Europa. Uno dei principali sponsor di CdO e CL all’estero è Umberto Vattani, una figura di spicco della diplomazia italiana che, nonostante la sua lunga esperienza diplomatica, sembra non rendersi conto dell’enormità della sua affermazione: “A Gerusalemme abbiamo creato praticamente uno sportello unico tra CdO, ICE e consigliere economico dell’ambasciata”. CdO rappresenta lo sforzo di CL per insediarsi nel mondo dell’impresa. Il progetto CdO non nasce a Milano ma ad Alcamo (provincia di Trapani). E’ da un incontro del 1979 con l’allora giovane viticultore, Sebastiano Benenati, che don Giussani si rende conto della necessità di una penetrazione del movimento nel mondo imprenditoriale ed economico. Nel febbraio 1986 nasce a Milano il primo nucleo di CdO, per esercitare “l’amicizia operativa” tra gli associati, ma l’imprinting siciliano rimane ben presente in molte caratteristiche operative ed anche terminologie dell’organizzazione. Ad esempio i “monaci guerrieri” di CL, che abbiamo già incontrato, evocano i capi segreti dell’organizzazione mafiosa che, alle origini, si chiamavano, appunto, i “fratuzzi” (i fraticelli). Oggi in Sicilia la rete di CdO è composta da un giro di 1100 soggetti tra imprese, professionisti e operatori del terzo settore. Lo scarso spessore imprenditoriale della società siciliana aiuta a percepire prima che in Lombardia il vero segreto ed, insieme, il vero pericolo del sistema CdO + CL, che non può essere esaminato che unitariamente, come unità organica. Così sin dal 17 luglio 2002 l’economista Mario Centorrino auspicava che vengano:
“approfondite le caratteristiche della presenza in Sicilia della CdO, gli intrecci tra politica ed economia che ha innestato, i processi di accumulazione nei quali si è andata a inserire. Quel che vorremmo sapere è se allo stato un piccolo imprenditore in Sicilia ritenga che sia preferibile associarsi alla CdO, poiché se collocato dentro questo sistema di relazioni gli verranno aperti più spazi rispetto a quelli normalmente praticabili. E, per questo inserimento, oltre alla intuibile professione di fede cattolica quali ulteriori impegni di solidarietà debba adempiere. Qualora le risposte fossero positive, in una regione come la Sicilia, debole in termini di capitale sociale, assisteremo al sorgere di un soggetto di potere. Né illecito, né necessariamente pericoloso. Nuovo, però, e al momento unico, con possibili conflitti di interesse non plateali ma decisivi tra politica ed economia. Sui quali, questa è una nostra ipotesi di lavoro, si reggono oggi in Sicilia il cuffarismo e la sacra economia. Altre associazioni di rappresentanza, sindacati, ordini professionali non hanno proprio alcunché da dire al riguardo?”
E in un intervento all’Università di Palermo, dello stesso anno, ammoniva che ci troviamo di fronte alla “sacra economia” ossia allo “sfruttamento del volontariato come affare economico e l’affiancamento alla Compagnia delle Opere, una delle organizzazioni più pericolose che possano esistere”. Anche Giovanni Catalano, direttore di Sicinindustria, intervistato nel 2022 con riferimento a CdO afferma: “Bisogna stare attenti a non ingenerare confusione. A non tradurre un’azione nel sociale, in attività di tutela di interessi non propri alle sfere sociali”. Ed intervistato nel 2010, nell’ambito del libro in esame, afferma: “Naturalmente anche qui la CdO è in crescita perché fa affidamento anche sulle risorse pubbliche”. L’approfondimento delle origini e dell’esperienza siciliana ci facilita la comprensione più generale di CdO. Questa non è un’associazione imprenditoriale né un partito politico ( anche se, come diremo ne ha, in unione con CL, alcune caratteristiche). CdO è esattamente quello che, con sufficiente chiarezza, dichiara l’art. 4 del suo Statuto, un’associazione che ha la finalità di:
“promuovere lo spirito di mutua collaborazione e assistenza per una migliore utilizzazione di risorse ed energie, per assistere l’inserimento di giovani e disoccupati nel mondo del lavoro, in continuità con la presenza sociale dei cattolici e alla luce degli insegnamenti del magistero della Chiesa”.
Dunque una associazione di mutua assistenza, di dichiarata impronta confessionale, rivolta soprattutto ai piccoli operatori dell’economia, imprese, professionisti, terzo settore. La mutua assistenza è cosa buona: da essa nascono oltre un secolo fa le banche popolari, le attuali banche di credito cooperativo e tanti altri organismi benefici. Niente da ridire. Come niente vi è da ridire anche sulle loro concezioni dell’impresa, che non è quella di puro e semplice produttore di profitto, ma di soggetto creatore di sviluppo. E’ una concezione avanzata che insegnano i migliori studiosi di economia aziendale. Personalmente l’ho insegnata per venti anni in Bocconi. Le parole di Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la sussidiarietà (organica al sistema CL + CdO): “Lo scopo di un’impresa eccede dagli scopi dell’impresa stessa” suonano identiche a quelle di Peter Drucker, uno dei maggiori studiosi di economia d’impresa, degli ultimi 60 anni:
“Le imprese sono organi della società, non sono fine a se stesse, ma esistono pere svolgere una determinata funzione sociale, esse sono strumenti per assolvere fini che le trascendono”.
Le cose incominciamo ad andare meno bene quando si entra (come fa Pinotti) nei meccanismi concreti di questa mutua assistenza. Allora si scopre che la mutua assistenza non si basa sui contributi propri degli associati, ma, in gran parte, si appoggia sul denaro pubblico:
“La Compagnia delle Opere è un caso unico nel suo genere, riceve finanziamenti dalle istituzioni e, attraverso i suoi membri dislocati in posti chiave, pone le condizioni per convogliare denaro pubblico verso le “proprie” aziende. Si vengono a creare così conflitti di interesse tra CdO, banche e istituzioni, un intreccio pericoloso che inquina il mercato e stronca la libera concorrenza. La Compagnia inoltre ha un riferimento partitico preciso e dunque partecipa agli appuntamenti elettorali convogliando consensi…. Quando CL assume il potere, come per esempio in Lombardia, i “corpi intermedi” spesso si formano o crescono non per libera iniziativa di individui che si mettono insieme con obiettivi comuni, ma a seguito di provvedimenti di spesa e legislativi della Regione. Parte da lì la costruzione o ristrutturazione di oratori e di scuole private cielline, di consultori privati accreditati, di aziende pubbliche o a partecipazione pubblica, di strutture sanitarie accreditate e così via. Sono queste le “formazioni sociali” pensate dai leader di Comunione e Liberazione. Senza i soldi dei cittadini e le decisioni della politica di marca ciellina, quanto di tutto questo sarebbe nato e cresciuto spontaneamente? L’ex parlamentare e consigliere regionale leghista Alessandro Cè, già assessore regionale alla sanità lombarda, che abbiamo intervistato nel corso di questa inchiesta, ha dichiarato: “Non è parità pubblico-privato, mi spiace, questa è un’altra cosa. Io sono un liberista, un liberale, ma questo è interesse privato in atti pubblici, in programmazione pubblica, in scelte politiche pubbliche”.
CL non è un partito, né si è mai legata a uno schieramento particolare. La forza del sistema CL + CdO è sempre stata quella di essere trasversale. E’ anzi straordinariamente capace di “decifrare gli equilibri politici in formazione, così da collocarsi sullo scacchiere istituzionale nel modo più proficuo, Né destra né sinistra, insomma. Ma un grande opportunismo politico. L’obiettivo per il movimento è stato quello di trovare, di volta in volta, una sponda istituzionale che fosse in grado di garantire la promozione di certi interessi e di certe posizioni strategiche (in cambio, ovviamente, di un solido bacino di voti: una dote che CL sa ancora guidare con sicurezza). E ciò indipendente dai valori di riconoscimento della forza politica prescelta” (Pinotti).
Dunque il sistema CL + CdO non è un partito politico ma controlla pacchetti di voti con i quali fa eleggere i suoi capi in posizioni di grande potere (come Formigoni), dalle quali essi riversano sul sistema benefici di ogni tipo; o fa eleggere alleati organici che poi dovranno pagare un prezzo. Quindi è anche un partito, occulto, senza peraltro soggiacere ad alcuno dei pur tenui obblighi di trasparenza ai quali persino i nostri irresponsabili partiti sono tenuti.
Bene fa Pinotti a dedicare ben 38 pagine del libro all’esempio più eclatante: il business della sanità. E’ questo il più grande business esistente oggi in Italia: oltre 100 miliardi di euro l’anno; dei quali 16 solo in Lombardia. Nessuna meraviglia che se la disputino, con metodi violenti, in Calabria la ‘ndragheta, in Sicilia la mafia, in Campania la camorra, nel Lazio il generone romano, in Lombardia, con metodi perfettamente legittimi, il sistema CL + CdO. In Lombardia, praticamente, la Sanità è diventata un fatto privato di CL +CdO, essendosi realizzata la perfetta identità tra chi comanda, chi nomina i dirigenti, chi controlla e chi opera. Non tento neanche di riassumere i dati ed i fatti che documentano questo impressionante fenomeno. Finirei necessariamente per ridurre il valore dell’indagine ed anche dell’importante testimonianza di Alessandro Cè, ex deputato leghista, già assessore alla Sanità della Regione Lombardia. Medico, esperto amministratore, persona per bene, dotato di senso dello Stato, Cè cerca di mettere un po’ di ordine nel saccheggio della sanità lombarda. Ma viene duramente contestato da Formigoni e rimosso dal duo Formigoni – Berlusconi, consenziente Bossi.
Il sistema CL + CdO lombardo è dunque essenzialmente un’idrovora che dirotta finanza pubblica verso finanza privata e porterà, inevitabilmente, ad una declassamento della sanità lombarda che, per ora, resiste perché ha alle spalle 500 anni di buona sanità. Basti osservare il moltiplicarsi delle lucrose cardiochirurgie accreditate salite, in pochi anni, a 25 in Lombardia contro 23 in tutta la Francia.
Naturalmente vi sono altri business su cui il Sistema CL + CdO è concentrato, come il business dell’istruzione. Ci sono ormai anche tanti, gravi e preoccupanti scandali. Ma ciò è del tutto inevitabile. Bene fa Pinotti ad illustrarli, ma non è questo per me l’aspetto grave. Il caso della sanità lombarda rappresenta una degenerazione di potere così abnorme, da giustificare, anche in eventuale assenza di scandali e di reati, in uno Stato normale, una seria indagine parlamentare che risponda a due domande: come assicurare l’imparzialità e la meritocrazia nella scelta dei dirigenti della Sanità lombarda? A quanto ammontano le risorse pubbliche che vengono ogni anno, direttamente o indirettamente, dirottate al sistema allargato CL + CdO?
Ma questa indagine non ci sarà, neanche se dovesse esserci un cambio di governo, perché il segretario del maggior partito dell’opposizione On. Perluigi Bersani è uno che, come i papi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, stravede per CL, senza, per ora, esserne organico come il prossimo candidato papa, l’arcivescovo di Milano, Scola. Pierluigi Bersani dal 1998 al 2009 (tranne il 2001) non ha mai saltato neanche uno dei Meeting di Rimini di CL. Nel 2003 tenne una relazione importante nella quale disse:
“Se vuol rifondarsi la sinistra deve ripartire dal vostro retroterra. La vera sinistra non nasce dal bolscevismo, ma dalle cooperative bianche dell’Ottocento. Il primo Partito Socialista è venuto dopo le cooperative, il Partito Comunista dopo ancora e i gruppi nati con il Sessantotto sono tutti spariti. Solo l’ideale lanciato da CL negli anni Settanta è rimasto vivo, perché è quello più vicino alla base popolare. E’ lo stesso ideale che era anche delle cooperative: un dare che è anche educare”.
Nel 2006 fu affidato a Bersani niente meno che la presentazione del libro del fondatore Don Giussani, “Dall’Utopia alla Presenza”.
Dunque moriremo tutti, volenti o nolenti, di CL, per poter campare, mentre l’idrovora continuerà a svuotare le casse pubbliche a favore delle private, e mentre i ministri dell’economia si divertiranno ad appiccicare qualche imposta di bollo sui piccoli risparmi?
Tutto sembra indicare di sì.
Ma la storia è sempre imprevedibile ed ama spesso sparigliare le carte, anche in modo imprevedibile.
Nessuna previsione dunque. Ma solo lettura dei fatti attuali. I fatti più evidenti indicano che esiste una alta probabilità che il prossimo presidente del consiglio ed il prossimo pontefice saranno organici di CL.
I fattori che possono sparigliare le carte sono di varia natura:
- la fragilità religiosa e morale di CL, la sua disinvoltura morale, l’affarismo, l’uso cinico della politica, il disinteresse verso l’integrità morale dei suoi associati e alleati, può gradualmente indebolire la forza e la presa dell’organizzazione. Non è la prima volta che un movimento di origine religiosa, grazie ad un lavoro duro e serio, diventa potente e ricco e poi decade travolto da eccesso di potere e di ricchezza. Si veda la vicenda degli Umiliati a Milano. Ma anche il recente commissariamento dei Legionari di Cristo dovrebbe contenere qualche insegnamento. Sulla base di quello che vediamo sino ad oggi, è da escludere l’ipotesi di autocorrezione e di autocritica.
- Non è escluso che dalla Chiesa, intesa non come struttura gerarchica, ma come popolo di Dio, si possano mettere in moto degli anticorpi contro questa religiosità strumentale, fondamentalista, totalitarista, preconciliare, da parte del grande filone del cattolicesimo liberale, democratico, conciliare.
- La finanza pubblica, continuamente stressato da queste poderose idrovore (il sistema CL+ CdO è solo una di queste) dovrà, prima o poi, porre dei limiti al dirottamento di risorse pubbliche verso le casse private.
- Prima o poi potrà andare al governo una sinistra moderna capace di resistere alle astuzie del sistema CL + CdO e di ripristinare un decente funzionamento delle istituzioni. Ma qui siamo nel libro dei soci.
Peraltro su tutti i fronti i possibili indizi di resistenza, sono molto deboli, Per ora il quadro più realistico è quello tracciato da Pilotti:
“ Un movimento senza un pensiero religioso forte, ma governato con mano ferma da un capo molto determinato e operativo: Roberto Formigoni, il Memor Domini ciellino che è anche presidente di una Regione con il bilancio di un piccolo Stato del Nordeuropa, il leader di una lobby che sta estendendo i suoi metodi di potere al resto d’Italia e anche all’estero”.
Marco Vitale
www.marcovitale.it
Scritto per Allarme Milano Speranza Milano www.allarmemilano-speranzamilano.it
Marettimo, 15 luglio 2011
Dobbiamo essere grati a Ferruccio Pinotti che con : “La lobby di Dio” ci ha dato la prima inchiesta approfondita sul sistema Comunione e Liberazione e la Compagnia delle Opere (ed. Chiarelettere, 2010, Milano).
E’ una indagine seria, professionale, ben documentata, certo non facile da realizzare, che getta finalmente un fascio di luce su una setta poco conosciuta che, per il peso assunto e per i suoi metodi di lavoro, è diventata uno snodo importante del funzionamento della nostra democrazia e della nostra economia.
Il termine “setta” non viene utilizzato in senso denigratorio ma in senso tecnico. Al tema è dedicato un intero paragrafo dal titolo: Un movimento che si fa setta”, nel quale il Prof. Luigi Cortesi, psicologo, psicoterapeuta, presidente del Movimento della Vita di Bergamo, quindi “supercattolico a pieno titolo” analizza le ragioni per cui il termine “setta” è il più appropriato. Certamente il sistema CL + CdO non è più un movimento religioso, perché il peso degli obiettivi economico-finanziari e di potere son diventati di gran lunga prevalenti su quelli religiosi. E, come dice, con sottile ironia, Martinazzoli: “Gli aderenti di CL fanno ogni minuto la volontà di Dio, che Dio lo voglia o no”. Non è un partito perché un partito serve per agire apertamente nel mondo, perseguendo dichiarati obiettivi politici. CL si muove, invece, con una conclamata opacità come è tipico delle sette; e, come le sette, agisce in senso esclusivo non inclusivo. Solo chi è dentro la setta, solo chi ha completato i passaggi di affiliazione, è dalla stessa protetto: “L’offerta è avvolgente e applicabile a qualsiasi momento e attività umana, dalla relazione di coppia alla carriera professionale: se sei del movimento trovi un lavoro, un partner, ovviamente ciellino, con cui ti sposi e ti moltiplichi possibilmente senza porre barriere alla Provvidenza, educhi i figli dentro CL, li “sistemi” e diventi nonno. Cortesi descrive una realtà claustrofobica, con inquietanti risvolti totalitari… E’ spaventoso (afferma Cortesi) che dei cristiani agiscano in questo modo”.
Ma, all’inizio, la motivazione religiosa, animata dal carisma di don Giussani, è determinante per attrarre e coinvolgere, grazie alla grandezza e bellezza del Cristianesimo, le anime generose dei giovanissimi. Poi i migliori verranno formati, accompagnati, aiutati nella loro crescita, sino a diventare, i più fedeli, monaci, laici, i “Memores Domini” (denominati anche “monaci guerrieri”, 1600 uomini e donne, che vivono in piccole comunità (dal 1988 sono riconosciuti dalla Santa Sede come “associazione ecclesiale privata universale”), hanno l’obbligo di castità, povertà e obbedienza, svolgono un lavoro (Formigoni è un Memores Domini), ed il loro reddito confluisce in una cassa comune che poi viene redistribuita secondo i bisogni. Il tema dell’obbedienza è il più delicato da un punto di vista generale, soprattutto in relazione a persone che svolgono attività di rilievo pubblico. I fondamenti teorici sono rigorosi e totalitari: Cristo è Dio incarnato in terra, Cl è uno strumento di tale incarnazione, CL è rappresentata dai suoi superiori, il superiore che guida la tua comunità va obbedito totalmente perché obbedendo a lui fai la volontà di Cristo, il Dio incarnato in terra. E’ in questo passaggio teologico la radice vera del totalitarismo di CL. In fondo è la stessa teoria su cui si reggevano le monarchie assolutiste, nelle quali il monarca era un rappresentante di Dio in terra. Il libro contiene una lunga analisi di questi aspetti cruciali, condotta con l’aiuto di esperti psicologi e sociologi ma soprattutto con una lunga interessante intervista con Bruno Vergani, che ha vissuto l’intera trafila dei ragazzi affascinati da Don Giussani, fino a diventare Memores Domini. E’ poi uscito da CL, diventando scrittore e regista, un intellettuale capace di riflettere onestamente e criticamente su questa sua importante esperienza. La riflessione di Vergani pone bene in luce il conflitto interiore e pratico che si genera tra il principio assoluto e totalitario dell’obbedienza e lo spirito critico personale:
“ Di fatto l’appartenenza a CL mi portava a una situazione paradossale: stavo con persone che mai avrei frequentato e professavo de facto un credo politico che non condividevo. Eppure facevo tutto questo perché ero affascinato dalle parole di Giussani, che ti ordinava: “Fai così”. Un puro approccio precettistico. In nome di quelle parole mi sono trovato a dare i volantini contro l’aborto, contro il divorzio e ad appoggiare la Democrazia cristiana di Andreotti. Volantinavo, andavo alle assemblee, ero diventato presidente del circolo culturale del paese, eppure mantenevo una posizione di apertura verso chi non condivideva le opinioni del movimento. Ricordo per esempio che ero in contatto con molte persone di sinistra, anche della parte estrema, con le quali ero molto amico. A differenza di altri all’interno del movimento, non mi arroccavo in una posizione ideologica. Ricordo una discrepanza notevole tra il livello intellettuale, da cui ero affascinato e che condividevo, e la vita, soprattutto quella dei Memores, che era triste. Più il cerchio si restringeva, più diventavo consapevole della differenza tra ciò che mi veniva detto e la vita quotidiana. Fino a che la situazione è implosa e sono uscito da CL”. Già allora il collateralismo di CL con la politica era forte. “Con il tempo ho capito che la politica e la Democrazia cristiana di allora non c’entravano niente con il sacro, con la mia dimensione. E oggi, pensando alla contiguità del movimento con l’attuale classe dirigente italiana del centrodestra, assai disgraziata, provo molta tristezza. Nel luglio 2009 ho visto in TV Berlusconi che inaugurava i lavori per l’autostrada Bergamo – Brescia – Milano, poco dopo l’esplosione del caso escort su tutti i giornali. Il premier ha detto pubblicamente: “Io non sono un santo”. Roberto Formigoni, in prima fila, rideva. Avrebbe dovuto alzarsi e andarsene, o quanto meno evitare di ridere. Per me è stato triste, sconvolgente””.
Nel periodo in cui fui assessore all’economia nel Comune di Milano ,avevo difficoltà a capire i comportamenti di certi dirigenti comunali. Solo lentamente compresi che la spiegazione di tali comportamenti era che essi non agivano come titolari di un mandato derivante dal Comune e dai principi della loro professione, ma che avevano un altro mandante, che era il loro vero “dominus” e cioè CL. Erano gli obiettivi e la volontà di CL che stavano per loro sopra ogni altro obiettivo. E qui il tema da privato diventa di rilievo ed interesse pubblico. E’ proprio lo spirito e la cultura liberale che ci fa rispettare anche la libertà di pensiero, formazione, organizzazione, indottrinamento di una setta come CL: in fondo la sua capacità di animare i giovani, di impegnarli in una dimensione che va oltre il puro individualismo, di sollecitare la loro generosità, di inserire nelle loro vite la categoria religiosa, è una cosa positiva. Così come è apprezzabile che, in genere, CL, per ora, faccia avanzare prevalentemente giovani di valore.
Ma vi sono tre nodi centrali sui quali una organizzazione così importante, complessa e articolata (insieme al suo braccio operativo CdO, Compagnia delle Opere) non può eludere un dibattito pubblico. Essi sono: cultura totalitaria; opacità; abuso di posizioni di potere e sfruttamento della finanza pubblica.
Ma prima di affrontare questi nodi, è necessario conoscere qualcosa di più di CdO, componente essenziale del sistema, e per questo il libro di Pinotti è una preziosa miniera. Le cifre di CdO sono impressionanti: 41 sedi in Italia ed in altri 17 paesi, 34.000 imprese associate e 1000 associazioni non profit; fatturato complessivo stimato in 70 miliardi di euro; la sola sezione milanese di CdO conta più di 6000 imprese avendo, dal 2008, superato gli associati di Assolombarda; ben tre componenti del consiglio direttivo della Camera di Commercio di Milano sono rappresentanti di CdO. Ma CdO si sta espandendo anche a livello internazionale: Spagna, Portogallo, Israele, Svizzera, Kenya, territori palestinesi, Est dell’Europa. Uno dei principali sponsor di CdO e CL all’estero è Umberto Vattani, una figura di spicco della diplomazia italiana che, nonostante la sua lunga esperienza diplomatica, sembra non rendersi conto dell’enormità della sua affermazione: “A Gerusalemme abbiamo creato praticamente uno sportello unico tra CdO, ICE e consigliere economico dell’ambasciata”. CdO rappresenta lo sforzo di CL per insediarsi nel mondo dell’impresa. Il progetto CdO non nasce a Milano ma ad Alcamo (provincia di Trapani). E’ da un incontro del 1979 con l’allora giovane viticultore, Sebastiano Benenati, che don Giussani si rende conto della necessità di una penetrazione del movimento nel mondo imprenditoriale ed economico. Nel febbraio 1986 nasce a Milano il primo nucleo di CdO, per esercitare “l’amicizia operativa” tra gli associati, ma l’imprinting siciliano rimane ben presente in molte caratteristiche operative ed anche terminologie dell’organizzazione. Ad esempio i “monaci guerrieri” di CL, che abbiamo già incontrato, evocano i capi segreti dell’organizzazione mafiosa che, alle origini, si chiamavano, appunto, i “fratuzzi” (i fraticelli). Oggi in Sicilia la rete di CdO è composta da un giro di 1100 soggetti tra imprese, professionisti e operatori del terzo settore. Lo scarso spessore imprenditoriale della società siciliana aiuta a percepire prima che in Lombardia il vero segreto ed, insieme, il vero pericolo del sistema CdO + CL, che non può essere esaminato che unitariamente, come unità organica. Così sin dal 17 luglio 2002 l’economista Mario Centorrino auspicava che vengano:
“approfondite le caratteristiche della presenza in Sicilia della CdO, gli intrecci tra politica ed economia che ha innestato, i processi di accumulazione nei quali si è andata a inserire. Quel che vorremmo sapere è se allo stato un piccolo imprenditore in Sicilia ritenga che sia preferibile associarsi alla CdO, poiché se collocato dentro questo sistema di relazioni gli verranno aperti più spazi rispetto a quelli normalmente praticabili. E, per questo inserimento, oltre alla intuibile professione di fede cattolica quali ulteriori impegni di solidarietà debba adempiere. Qualora le risposte fossero positive, in una regione come la Sicilia, debole in termini di capitale sociale, assisteremo al sorgere di un soggetto di potere. Né illecito, né necessariamente pericoloso. Nuovo, però, e al momento unico, con possibili conflitti di interesse non plateali ma decisivi tra politica ed economia. Sui quali, questa è una nostra ipotesi di lavoro, si reggono oggi in Sicilia il cuffarismo e la sacra economia. Altre associazioni di rappresentanza, sindacati, ordini professionali non hanno proprio alcunché da dire al riguardo?”
E in un intervento all’Università di Palermo, dello stesso anno, ammoniva che ci troviamo di fronte alla “sacra economia” ossia allo “sfruttamento del volontariato come affare economico e l’affiancamento alla Compagnia delle Opere, una delle organizzazioni più pericolose che possano esistere”. Anche Giovanni Catalano, direttore di Sicinindustria, intervistato nel 2022 con riferimento a CdO afferma: “Bisogna stare attenti a non ingenerare confusione. A non tradurre un’azione nel sociale, in attività di tutela di interessi non propri alle sfere sociali”. Ed intervistato nel 2010, nell’ambito del libro in esame, afferma: “Naturalmente anche qui la CdO è in crescita perché fa affidamento anche sulle risorse pubbliche”. L’approfondimento delle origini e dell’esperienza siciliana ci facilita la comprensione più generale di CdO. Questa non è un’associazione imprenditoriale né un partito politico ( anche se, come diremo ne ha, in unione con CL, alcune caratteristiche). CdO è esattamente quello che, con sufficiente chiarezza, dichiara l’art. 4 del suo Statuto, un’associazione che ha la finalità di:
“promuovere lo spirito di mutua collaborazione e assistenza per una migliore utilizzazione di risorse ed energie, per assistere l’inserimento di giovani e disoccupati nel mondo del lavoro, in continuità con la presenza sociale dei cattolici e alla luce degli insegnamenti del magistero della Chiesa”.
Dunque una associazione di mutua assistenza, di dichiarata impronta confessionale, rivolta soprattutto ai piccoli operatori dell’economia, imprese, professionisti, terzo settore. La mutua assistenza è cosa buona: da essa nascono oltre un secolo fa le banche popolari, le attuali banche di credito cooperativo e tanti altri organismi benefici. Niente da ridire. Come niente vi è da ridire anche sulle loro concezioni dell’impresa, che non è quella di puro e semplice produttore di profitto, ma di soggetto creatore di sviluppo. E’ una concezione avanzata che insegnano i migliori studiosi di economia aziendale. Personalmente l’ho insegnata per venti anni in Bocconi. Le parole di Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la sussidiarietà (organica al sistema CL + CdO): “Lo scopo di un’impresa eccede dagli scopi dell’impresa stessa” suonano identiche a quelle di Peter Drucker, uno dei maggiori studiosi di economia d’impresa, degli ultimi 60 anni:
“Le imprese sono organi della società, non sono fine a se stesse, ma esistono pere svolgere una determinata funzione sociale, esse sono strumenti per assolvere fini che le trascendono”.
Le cose incominciamo ad andare meno bene quando si entra (come fa Pinotti) nei meccanismi concreti di questa mutua assistenza. Allora si scopre che la mutua assistenza non si basa sui contributi propri degli associati, ma, in gran parte, si appoggia sul denaro pubblico:
“La Compagnia delle Opere è un caso unico nel suo genere, riceve finanziamenti dalle istituzioni e, attraverso i suoi membri dislocati in posti chiave, pone le condizioni per convogliare denaro pubblico verso le “proprie” aziende. Si vengono a creare così conflitti di interesse tra CdO, banche e istituzioni, un intreccio pericoloso che inquina il mercato e stronca la libera concorrenza. La Compagnia inoltre ha un riferimento partitico preciso e dunque partecipa agli appuntamenti elettorali convogliando consensi…. Quando CL assume il potere, come per esempio in Lombardia, i “corpi intermedi” spesso si formano o crescono non per libera iniziativa di individui che si mettono insieme con obiettivi comuni, ma a seguito di provvedimenti di spesa e legislativi della Regione. Parte da lì la costruzione o ristrutturazione di oratori e di scuole private cielline, di consultori privati accreditati, di aziende pubbliche o a partecipazione pubblica, di strutture sanitarie accreditate e così via. Sono queste le “formazioni sociali” pensate dai leader di Comunione e Liberazione. Senza i soldi dei cittadini e le decisioni della politica di marca ciellina, quanto di tutto questo sarebbe nato e cresciuto spontaneamente? L’ex parlamentare e consigliere regionale leghista Alessandro Cè, già assessore regionale alla sanità lombarda, che abbiamo intervistato nel corso di questa inchiesta, ha dichiarato: “Non è parità pubblico-privato, mi spiace, questa è un’altra cosa. Io sono un liberista, un liberale, ma questo è interesse privato in atti pubblici, in programmazione pubblica, in scelte politiche pubbliche”.
CL non è un partito, né si è mai legata a uno schieramento particolare. La forza del sistema CL + CdO è sempre stata quella di essere trasversale. E’ anzi straordinariamente capace di “decifrare gli equilibri politici in formazione, così da collocarsi sullo scacchiere istituzionale nel modo più proficuo, Né destra né sinistra, insomma. Ma un grande opportunismo politico. L’obiettivo per il movimento è stato quello di trovare, di volta in volta, una sponda istituzionale che fosse in grado di garantire la promozione di certi interessi e di certe posizioni strategiche (in cambio, ovviamente, di un solido bacino di voti: una dote che CL sa ancora guidare con sicurezza). E ciò indipendente dai valori di riconoscimento della forza politica prescelta” (Pinotti).
Dunque il sistema CL + CdO non è un partito politico ma controlla pacchetti di voti con i quali fa eleggere i suoi capi in posizioni di grande potere (come Formigoni), dalle quali essi riversano sul sistema benefici di ogni tipo; o fa eleggere alleati organici che poi dovranno pagare un prezzo. Quindi è anche un partito, occulto, senza peraltro soggiacere ad alcuno dei pur tenui obblighi di trasparenza ai quali persino i nostri irresponsabili partiti sono tenuti.
Bene fa Pinotti a dedicare ben 38 pagine del libro all’esempio più eclatante: il business della sanità. E’ questo il più grande business esistente oggi in Italia: oltre 100 miliardi di euro l’anno; dei quali 16 solo in Lombardia. Nessuna meraviglia che se la disputino, con metodi violenti, in Calabria la ‘ndragheta, in Sicilia la mafia, in Campania la camorra, nel Lazio il generone romano, in Lombardia, con metodi perfettamente legittimi, il sistema CL + CdO. In Lombardia, praticamente, la Sanità è diventata un fatto privato di CL +CdO, essendosi realizzata la perfetta identità tra chi comanda, chi nomina i dirigenti, chi controlla e chi opera. Non tento neanche di riassumere i dati ed i fatti che documentano questo impressionante fenomeno. Finirei necessariamente per ridurre il valore dell’indagine ed anche dell’importante testimonianza di Alessandro Cè, ex deputato leghista, già assessore alla Sanità della Regione Lombardia. Medico, esperto amministratore, persona per bene, dotato di senso dello Stato, Cè cerca di mettere un po’ di ordine nel saccheggio della sanità lombarda. Ma viene duramente contestato da Formigoni e rimosso dal duo Formigoni – Berlusconi, consenziente Bossi.
Il sistema CL + CdO lombardo è dunque essenzialmente un’idrovora che dirotta finanza pubblica verso finanza privata e porterà, inevitabilmente, ad una declassamento della sanità lombarda che, per ora, resiste perché ha alle spalle 500 anni di buona sanità. Basti osservare il moltiplicarsi delle lucrose cardiochirurgie accreditate salite, in pochi anni, a 25 in Lombardia contro 23 in tutta la Francia.
Naturalmente vi sono altri business su cui il Sistema CL + CdO è concentrato, come il business dell’istruzione. Ci sono ormai anche tanti, gravi e preoccupanti scandali. Ma ciò è del tutto inevitabile. Bene fa Pinotti ad illustrarli, ma non è questo per me l’aspetto grave. Il caso della sanità lombarda rappresenta una degenerazione di potere così abnorme, da giustificare, anche in eventuale assenza di scandali e di reati, in uno Stato normale, una seria indagine parlamentare che risponda a due domande: come assicurare l’imparzialità e la meritocrazia nella scelta dei dirigenti della Sanità lombarda? A quanto ammontano le risorse pubbliche che vengono ogni anno, direttamente o indirettamente, dirottate al sistema allargato CL + CdO?
Ma questa indagine non ci sarà, neanche se dovesse esserci un cambio di governo, perché il segretario del maggior partito dell’opposizione On. Perluigi Bersani è uno che, come i papi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, stravede per CL, senza, per ora, esserne organico come il prossimo candidato papa, l’arcivescovo di Milano, Scola. Pierluigi Bersani dal 1998 al 2009 (tranne il 2001) non ha mai saltato neanche uno dei Meeting di Rimini di CL. Nel 2003 tenne una relazione importante nella quale disse:
“Se vuol rifondarsi la sinistra deve ripartire dal vostro retroterra. La vera sinistra non nasce dal bolscevismo, ma dalle cooperative bianche dell’Ottocento. Il primo Partito Socialista è venuto dopo le cooperative, il Partito Comunista dopo ancora e i gruppi nati con il Sessantotto sono tutti spariti. Solo l’ideale lanciato da CL negli anni Settanta è rimasto vivo, perché è quello più vicino alla base popolare. E’ lo stesso ideale che era anche delle cooperative: un dare che è anche educare”.
Nel 2006 fu affidato a Bersani niente meno che la presentazione del libro del fondatore Don Giussani, “Dall’Utopia alla Presenza”.
Dunque moriremo tutti, volenti o nolenti, di CL, per poter campare, mentre l’idrovora continuerà a svuotare le casse pubbliche a favore delle private, e mentre i ministri dell’economia si divertiranno ad appiccicare qualche imposta di bollo sui piccoli risparmi?
Tutto sembra indicare di sì.
Ma la storia è sempre imprevedibile ed ama spesso sparigliare le carte, anche in modo imprevedibile.
Nessuna previsione dunque. Ma solo lettura dei fatti attuali. I fatti più evidenti indicano che esiste una alta probabilità che il prossimo presidente del consiglio ed il prossimo pontefice saranno organici di CL.
I fattori che possono sparigliare le carte sono di varia natura:
- la fragilità religiosa e morale di CL, la sua disinvoltura morale, l’affarismo, l’uso cinico della politica, il disinteresse verso l’integrità morale dei suoi associati e alleati, può gradualmente indebolire la forza e la presa dell’organizzazione. Non è la prima volta che un movimento di origine religiosa, grazie ad un lavoro duro e serio, diventa potente e ricco e poi decade travolto da eccesso di potere e di ricchezza. Si veda la vicenda degli Umiliati a Milano. Ma anche il recente commissariamento dei Legionari di Cristo dovrebbe contenere qualche insegnamento. Sulla base di quello che vediamo sino ad oggi, è da escludere l’ipotesi di autocorrezione e di autocritica.
- Non è escluso che dalla Chiesa, intesa non come struttura gerarchica, ma come popolo di Dio, si possano mettere in moto degli anticorpi contro questa religiosità strumentale, fondamentalista, totalitarista, preconciliare, da parte del grande filone del cattolicesimo liberale, democratico, conciliare.
- La finanza pubblica, continuamente stressato da queste poderose idrovore (il sistema CL+ CdO è solo una di queste) dovrà, prima o poi, porre dei limiti al dirottamento di risorse pubbliche verso le casse private.
- Prima o poi potrà andare al governo una sinistra moderna capace di resistere alle astuzie del sistema CL + CdO e di ripristinare un decente funzionamento delle istituzioni. Ma qui siamo nel libro dei soci.
Peraltro su tutti i fronti i possibili indizi di resistenza, sono molto deboli, Per ora il quadro più realistico è quello tracciato da Pilotti:
“ Un movimento senza un pensiero religioso forte, ma governato con mano ferma da un capo molto determinato e operativo: Roberto Formigoni, il Memor Domini ciellino che è anche presidente di una Regione con il bilancio di un piccolo Stato del Nordeuropa, il leader di una lobby che sta estendendo i suoi metodi di potere al resto d’Italia e anche all’estero”.
Marco Vitale
www.marcovitale.it
Scritto per Allarme Milano Speranza Milano www.allarmemilano-speranzamilano.it
Marettimo, 15 luglio 2011
mercoledì 20 luglio 2011
Genova 2001
Due trappole per il G8
di Fiorello Cortiana - Francesco Martone
A Montecitorio un'insidiosa aria consociativa, in piazza a Genova un'altrettanto insidiosa aria "militare". Dopo le pistolettate di Göteborg l'innocenza del movimento è finita. La globalizzazione economica è il nemico da battere, certo. Ma con la non violenza FIORELLO CORTIANA - FRANCESCO MARTONE*
Oggi siamo parlamentari, ma la nostra esperienza personale e politica ha radice nei movimenti di base. Ciò non ci autorizza a nulla se non a proporre di condividere alcune riflessioni nel cammino che conduce a Genova, al prossimo vertice del G8. Noi non sappiamo a quale associazione del "popolo di Seattle", se a una di quelle pacifiche o di quelle aggressive, appartenesse Tobi, il ragazzo colpito alla schiena da un colpo di pistola della polizia. Soprattutto sappiamo che a Göteborg è finita l'innocenza del movimento contro la globalizzazione e che molti su vari fronti sono responsabili dell'accaduto e in particolare devono sentirsi responsabili delle conseguenze, a partire da Genova e a seguire.
E' assolutamente fondato ma parziale attribuire la responsabilità alle forze dell'ordine e ai servizi. Ci sono infatti gruppi organizzati che deliberatamente e a freddo agiscono per ridurre le manifestazioni ad una questione di ordine pubblico. Non c'è nessuna mistica dell'unità del "movimento" da preservare per indurci allo strabismo: a Praga, e non solo, eravamo in cortei ben separati, non solo dai colori, ma anche dalla pratica.
Il bastone di Fini e la carota di Ruggiero non devono indurci ad un doppio e fatale errore: in Parlamento ad accettare una logica consociativa ed ipocritamente bipartisan che non mette in discussione il liberismo ma chiede che sia caritatevole, in piazza accettando la trappola militare e simbolica della linea rossa da passare con le buone o con le cattive.
Una rete libera e connessa composta da associazioni, parrocchie, sindacati, centri sociali, Ong, esponenti istituzionali, del nord e del sud del mondo, ha messo in discussione l'espropriazione di sovranità dei Parlamenti e dei popoli del pianeta. Ha messo in discussione il liberismo come una logica planetaria cui subordinare la vita del vivente, i suoi alfabeti e i suoi diritti. Queste due questioni sono entrate nelle agende ufficiali e stanno diventando consapevolezza diffusa, sono infatti questioni di democrazia, e così devono essere percepite. E' tempo che i cuori e le menti si aprano e i corpi si mettano in gioco.
La scelta della non violenza è la scelta più radicale che ogni esperienza della rete globale dei diritti può compiere per essere efficace. Non vi è alcuna utilità nel contrapporre a linguaggi militari, linguaggi paramilitari, se non per l'autoreferenzialità compensativa di chi li pratica. Invece l'aumento della partecipazione diretta può produrre sussidiarietà, e la contestazione non della legittimità degli incontri, ma della stessa titolarità a decidere per il mondo, può riportare la politica pubblica nei Parlamenti. All'autorità sulla piazza il movimento dovrà però sostituire l'autorevolezza della proposta politica. Una proposta che si sta sviluppando a tutto campo a partire da Porto Alegre e che deve saper contrapporre al sistema economico neoliberista un paradigma diverso fondato sulla solidarietà, i diritti, la tutela dell'ambiente. Un approccio che tolga centralità al mercato per recuperare i luoghi veri della politica, intesa come perseguimento del bene comune. Insomma, una nuova forma di democrazia globale, nella quale i cittadini, i consumatori, gli "esclusi" possano sentirsi partecipi in prima persona. Un sistema responsabile, equo e sostenibile. E il nostro ruolo come parlamentari deve essere quello di interpretare, recepire e rappresentare queste esigenze diffuse, di creare strumenti di trasparenza, di controllo, di indirizzo ai processi di globalizzazione economica. Varie sono le iniziative che i Verdi hanno lanciato verso il G8, tra cui un Osservatorio Istituzionale sul G8 ed una mozione presentata alla Camera e al Senato che riguarda non solo l'agibilità democratica di Genova, ma che propone una piattaforma per la globalizzazione dei diritti.
Una piattaforma che recepisce le richieste e le proposte delle campagne internazionali per la cancellazione del debito, per la Tobin Tax, per la riforma delle istituzioni finanziarie internazionali e le agenzie di credito all'esportazione, per la radicale riforma dell'Omc.
Forse quello di Genova sarà finalmente l'ultimo G8, l'ultima autocelebrazione della potenza di 8 paesi che da soli consumano la stragrande maggioranza delle risorse naturali, che controllano le istituzioni internazionali e le cui imprese multinazionali controllano la maggior parte dei flussi finanziari e commerciali.
Il giorno dopo Genova però non dovremo abbassare la guardia, perché altre importanti scadenze internazionali ci aspetteranno nei prossimi mesi. Sarà allora necessario vigilare affinché al termine del G8 non segua l'inizio di un processo decisionale ancor meno trasparente e lontano dai riflettori dei media e dall'attenzione e preoccupazione dell'opinione pubblica. Non possiamo permettere che il nostro destino sia affidato a pochi funzionari o tecnici che negoziano in segreto, come successo nel caso dell'Accordo Multilaterale sugli Investimenti, un accordo abortito appena esposto alla luce del sole, tanto grave era l'attentato alla democrazia e tanto forte la protesta popolare che ne seguì.
La vicenda G8, oltre a segnare la "fine dell'innocenza", dimostra come esista un grave deficit di democrazia, chiara espressione e conseguenza della globalizzazione neoliberista.
Ed allora la democrazia va recuperata nei suoi luoghi più consoni, nelle piazze e nelle aule parlamentari, non nei mercati finanziari o nelle stanze dei bottoni. Per questo noi Verdi ci faremo promotori di varie azioni, sulle quali chiederemo la collaborazione e il sostegno dei movimenti della società civile, e dei Parlamentari dell'Ulivo, dall'arbitrato sul debito estero, alla riforma della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, al controllo socio-ambientale dei fondi pensione, a una legge che una volta per tutte dia al Parlamento il potere di controllo e indirizzo politico sulle scelte che l'Italia farà nell'ambito delle grandi istituzioni finanziarie e internazionali.
Nel corso del dibattito sulla fiducia al Senato, il presidente del consiglio Berlusconi ha manifestato disponibilità al dialogo sui temi del G8 e il sostegno al diritto di manifestare.
Il metro della credibilità di questi impegni si misurerà con l'impegno che il governo prenderà sull'accoglienza dei manifestanti, sulla concessione di una "cittadella" al Genoa Social Forum, sulla smilitarizzazione delle forze di polizia, sulla messa a disposizione di piazze, scuole e campi di calcio come richiesto. Eppoi a permettere in tempi strettissimi un dibattito vero, capace di attraversare anche i lavori delle commissioni - diversamente da come sta avvenendo in queste ore - sui temi del G8, sul debito, sul riassetto dei sistemi di governo globali, sull'ambiente e i diritti. Ognuno faccia la parte che ritiene, ma con la consapevolezza che se i governi del G8 tenessero la loro conferenza via video e rete telematica, piuttosto che su una nave spaziale, perché spaventati, non ci sarebbe nulla da festeggiare e i nodi resterebbero comunque, tanto per le reti sociali quanto per i Parlamenti, espropriati entrambi.
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Senatori del Gruppo Verdi-L'Ulivo
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pubblicato su - il Manifesto 05 Luglio 2001
di Fiorello Cortiana - Francesco Martone
A Montecitorio un'insidiosa aria consociativa, in piazza a Genova un'altrettanto insidiosa aria "militare". Dopo le pistolettate di Göteborg l'innocenza del movimento è finita. La globalizzazione economica è il nemico da battere, certo. Ma con la non violenza FIORELLO CORTIANA - FRANCESCO MARTONE*
Oggi siamo parlamentari, ma la nostra esperienza personale e politica ha radice nei movimenti di base. Ciò non ci autorizza a nulla se non a proporre di condividere alcune riflessioni nel cammino che conduce a Genova, al prossimo vertice del G8. Noi non sappiamo a quale associazione del "popolo di Seattle", se a una di quelle pacifiche o di quelle aggressive, appartenesse Tobi, il ragazzo colpito alla schiena da un colpo di pistola della polizia. Soprattutto sappiamo che a Göteborg è finita l'innocenza del movimento contro la globalizzazione e che molti su vari fronti sono responsabili dell'accaduto e in particolare devono sentirsi responsabili delle conseguenze, a partire da Genova e a seguire.
E' assolutamente fondato ma parziale attribuire la responsabilità alle forze dell'ordine e ai servizi. Ci sono infatti gruppi organizzati che deliberatamente e a freddo agiscono per ridurre le manifestazioni ad una questione di ordine pubblico. Non c'è nessuna mistica dell'unità del "movimento" da preservare per indurci allo strabismo: a Praga, e non solo, eravamo in cortei ben separati, non solo dai colori, ma anche dalla pratica.
Il bastone di Fini e la carota di Ruggiero non devono indurci ad un doppio e fatale errore: in Parlamento ad accettare una logica consociativa ed ipocritamente bipartisan che non mette in discussione il liberismo ma chiede che sia caritatevole, in piazza accettando la trappola militare e simbolica della linea rossa da passare con le buone o con le cattive.
Una rete libera e connessa composta da associazioni, parrocchie, sindacati, centri sociali, Ong, esponenti istituzionali, del nord e del sud del mondo, ha messo in discussione l'espropriazione di sovranità dei Parlamenti e dei popoli del pianeta. Ha messo in discussione il liberismo come una logica planetaria cui subordinare la vita del vivente, i suoi alfabeti e i suoi diritti. Queste due questioni sono entrate nelle agende ufficiali e stanno diventando consapevolezza diffusa, sono infatti questioni di democrazia, e così devono essere percepite. E' tempo che i cuori e le menti si aprano e i corpi si mettano in gioco.
La scelta della non violenza è la scelta più radicale che ogni esperienza della rete globale dei diritti può compiere per essere efficace. Non vi è alcuna utilità nel contrapporre a linguaggi militari, linguaggi paramilitari, se non per l'autoreferenzialità compensativa di chi li pratica. Invece l'aumento della partecipazione diretta può produrre sussidiarietà, e la contestazione non della legittimità degli incontri, ma della stessa titolarità a decidere per il mondo, può riportare la politica pubblica nei Parlamenti. All'autorità sulla piazza il movimento dovrà però sostituire l'autorevolezza della proposta politica. Una proposta che si sta sviluppando a tutto campo a partire da Porto Alegre e che deve saper contrapporre al sistema economico neoliberista un paradigma diverso fondato sulla solidarietà, i diritti, la tutela dell'ambiente. Un approccio che tolga centralità al mercato per recuperare i luoghi veri della politica, intesa come perseguimento del bene comune. Insomma, una nuova forma di democrazia globale, nella quale i cittadini, i consumatori, gli "esclusi" possano sentirsi partecipi in prima persona. Un sistema responsabile, equo e sostenibile. E il nostro ruolo come parlamentari deve essere quello di interpretare, recepire e rappresentare queste esigenze diffuse, di creare strumenti di trasparenza, di controllo, di indirizzo ai processi di globalizzazione economica. Varie sono le iniziative che i Verdi hanno lanciato verso il G8, tra cui un Osservatorio Istituzionale sul G8 ed una mozione presentata alla Camera e al Senato che riguarda non solo l'agibilità democratica di Genova, ma che propone una piattaforma per la globalizzazione dei diritti.
Una piattaforma che recepisce le richieste e le proposte delle campagne internazionali per la cancellazione del debito, per la Tobin Tax, per la riforma delle istituzioni finanziarie internazionali e le agenzie di credito all'esportazione, per la radicale riforma dell'Omc.
Forse quello di Genova sarà finalmente l'ultimo G8, l'ultima autocelebrazione della potenza di 8 paesi che da soli consumano la stragrande maggioranza delle risorse naturali, che controllano le istituzioni internazionali e le cui imprese multinazionali controllano la maggior parte dei flussi finanziari e commerciali.
Il giorno dopo Genova però non dovremo abbassare la guardia, perché altre importanti scadenze internazionali ci aspetteranno nei prossimi mesi. Sarà allora necessario vigilare affinché al termine del G8 non segua l'inizio di un processo decisionale ancor meno trasparente e lontano dai riflettori dei media e dall'attenzione e preoccupazione dell'opinione pubblica. Non possiamo permettere che il nostro destino sia affidato a pochi funzionari o tecnici che negoziano in segreto, come successo nel caso dell'Accordo Multilaterale sugli Investimenti, un accordo abortito appena esposto alla luce del sole, tanto grave era l'attentato alla democrazia e tanto forte la protesta popolare che ne seguì.
La vicenda G8, oltre a segnare la "fine dell'innocenza", dimostra come esista un grave deficit di democrazia, chiara espressione e conseguenza della globalizzazione neoliberista.
Ed allora la democrazia va recuperata nei suoi luoghi più consoni, nelle piazze e nelle aule parlamentari, non nei mercati finanziari o nelle stanze dei bottoni. Per questo noi Verdi ci faremo promotori di varie azioni, sulle quali chiederemo la collaborazione e il sostegno dei movimenti della società civile, e dei Parlamentari dell'Ulivo, dall'arbitrato sul debito estero, alla riforma della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, al controllo socio-ambientale dei fondi pensione, a una legge che una volta per tutte dia al Parlamento il potere di controllo e indirizzo politico sulle scelte che l'Italia farà nell'ambito delle grandi istituzioni finanziarie e internazionali.
Nel corso del dibattito sulla fiducia al Senato, il presidente del consiglio Berlusconi ha manifestato disponibilità al dialogo sui temi del G8 e il sostegno al diritto di manifestare.
Il metro della credibilità di questi impegni si misurerà con l'impegno che il governo prenderà sull'accoglienza dei manifestanti, sulla concessione di una "cittadella" al Genoa Social Forum, sulla smilitarizzazione delle forze di polizia, sulla messa a disposizione di piazze, scuole e campi di calcio come richiesto. Eppoi a permettere in tempi strettissimi un dibattito vero, capace di attraversare anche i lavori delle commissioni - diversamente da come sta avvenendo in queste ore - sui temi del G8, sul debito, sul riassetto dei sistemi di governo globali, sull'ambiente e i diritti. Ognuno faccia la parte che ritiene, ma con la consapevolezza che se i governi del G8 tenessero la loro conferenza via video e rete telematica, piuttosto che su una nave spaziale, perché spaventati, non ci sarebbe nulla da festeggiare e i nodi resterebbero comunque, tanto per le reti sociali quanto per i Parlamenti, espropriati entrambi.
*
Senatori del Gruppo Verdi-L'Ulivo
-
pubblicato su - il Manifesto 05 Luglio 2001
Internet Libero una campagna che non è finita
non è finita
http://www.avaaz.org/it/it_internet_bavaglio_2nd_action/?cl=1173219684&v=9635
Il Presidente dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni Corrado Calabrò è stato convocato con urgenza per giovedì 21 luglio, alle ore 8.30, dalle commissioni 7a (Comunicazioni) e 8a (Cultura) del Senato per rispondere dei gravi attacchi alla libertà di informazione e all'accesso alla conoscenza che permangono nel nuovo schema di regolamento sul diritto d'autore (qui il calendario del Senato).
L'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni è stata sì costretta a modificare il suo regolamento, rinunciando di autoattribuirsi il potere di inibire l'accesso ad interi siti web, ma ha deciso di perseverare nel faraonico e inquietante progetto di diventare arbitro unico di tutti i contenuti presenti sulla Rete.
Aver ottenuto questa convocazione è un altro importante successo (dopo l'evento La notte della Rete che ha spinto l'Agcom a modificare parte della delibera) per chi, come l'associazione radicale Agorà Digitale e tutte quelle riunite nell'iniziativa sitononraggiungibile.it (Adiconsum, Altroconsumo, Assoprovider assistiti dagli avvocati Fulvio Sarzana e Marco Scialdone), fin dall'inizio ha preso una posizione chiara e netta, che manterremo fino alla fine: l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni non può intervenire con un regolamento che mette in pericolo principi fondamentali come giusto processo, libertà di espressione, di informazione, diritto di accesso alla conoscenza e la libertà di impresa.
C'e' bisogno innanzitutto di una riforma delle regole che ci permettono di condividere contenuti in rete: è impensabile applicare le norme previste dall'Autorità senza prima riformare la legge sul diritto d'autore, vecchia ormai 70 anni e chiaramente obsoleta rispetto ai cambiamenti a livello informativo e tecnologico dei decenni successivi alla sua promulgazione: deve infatti essere adeguata alle nuove forme della creatività, della circolazione delle informazioni e della possibile remunerazione.
Da una parte il Parlamento non ha strumenti per imporre "formalmente" uno stop al regolamento. Dall'altra però Agcom non potrà ignorare la posizione delle istituzioni, soprattutto se questa posizione si dimosterà forte e motivata. A questo proposito sono stati chiarissimi i senatori Vita e Vimercati, che con urgenza hanno avanzato la richiesta di convocazione sostenendo che a questo punto, sia opportuna una moratoria, in attesa di una procedura istituzionalmente più corretta, non lesiva delle prerogative delle Camere".
Ma sono 23 i senatori che compongono gli uffici di presidenza delle due Commissioni che audiranno Calabrò ed è noto quanto scarsa sia la consapevolezza della classe politica dei rischi insiti nel regolamento Agcom.
È compito anche e soprattutto nostro, di noi che ci siamo mobilitati fin dall'inizio, provare a convincerli dell'assoluta necessità di uno stop al provvedimento. Abbiamo meno di 48 ore.
Volete saperne di più? Trovate i loro nomi e le le loro attività su questa e quest'altra pagina.
E questi sono i loro indirizzi:
possa_g@posta.senato.it, barelli_p@posta.senato.it, vita_v@posta.senato.it, valditara_g@posta.senato.it, marcucci_a@posta.senato.it, asciutti_f@posta.senato.it, giambrone_f@posta.senato.it, rusconi_a@posta.senato.it, pittoni_m@posta.senato.it, musso_e@posta.senato.it, polibortone_a@posta.senato.it, levimontalcini_r@posta.senato.it, grillo_l@posta.senato.it, menardi_g@posta.senato.it, ranucci_r@posta.senato.it, baldini_m@posta.senato.it, vimercati_l@posta.senato.it, cicolani_a@posta.senato.it, filippi_m@posta.senato.it, stiffoni_p@posta.senato.it, oliva_v@posta.senato.it, fistarol_f@posta.senato.it, detoni_g@posta.senato.it
Continuate a mobilitarvi. Scrivete, informate e condividete. Fatelo subito. I motivi di questa nuova mobilitazione sono forti e condivisi non solo tra la società civile ma anche dagli stessi addetti ai lavori. Raccontate a questi politici ormai da troppo tempo distanti dalle nuove forme di diffusione dell'informazione e della conoscenza l'enorme rischi che stiamo correndo!
Per maggiori informazioni potete leggere ed inviare ai senatori la seguente documentazione:
La lettera aperta ai Membri delle Commissioni VII e VIII del Senato della Repubblica di Adiconsum, Agorà Digitale, Altroconsumo, Assoprovider e Studio Legale Sarzana.
L'approfondimento a cura di Agorà Digitale sul nuovo regolamento Agcom.
http://www.avaaz.org/it/it_internet_bavaglio_2nd_action/?cl=1173219684&v=9635
Il Presidente dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni Corrado Calabrò è stato convocato con urgenza per giovedì 21 luglio, alle ore 8.30, dalle commissioni 7a (Comunicazioni) e 8a (Cultura) del Senato per rispondere dei gravi attacchi alla libertà di informazione e all'accesso alla conoscenza che permangono nel nuovo schema di regolamento sul diritto d'autore (qui il calendario del Senato).
L'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni è stata sì costretta a modificare il suo regolamento, rinunciando di autoattribuirsi il potere di inibire l'accesso ad interi siti web, ma ha deciso di perseverare nel faraonico e inquietante progetto di diventare arbitro unico di tutti i contenuti presenti sulla Rete.
Aver ottenuto questa convocazione è un altro importante successo (dopo l'evento La notte della Rete che ha spinto l'Agcom a modificare parte della delibera) per chi, come l'associazione radicale Agorà Digitale e tutte quelle riunite nell'iniziativa sitononraggiungibile.it (Adiconsum, Altroconsumo, Assoprovider assistiti dagli avvocati Fulvio Sarzana e Marco Scialdone), fin dall'inizio ha preso una posizione chiara e netta, che manterremo fino alla fine: l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni non può intervenire con un regolamento che mette in pericolo principi fondamentali come giusto processo, libertà di espressione, di informazione, diritto di accesso alla conoscenza e la libertà di impresa.
C'e' bisogno innanzitutto di una riforma delle regole che ci permettono di condividere contenuti in rete: è impensabile applicare le norme previste dall'Autorità senza prima riformare la legge sul diritto d'autore, vecchia ormai 70 anni e chiaramente obsoleta rispetto ai cambiamenti a livello informativo e tecnologico dei decenni successivi alla sua promulgazione: deve infatti essere adeguata alle nuove forme della creatività, della circolazione delle informazioni e della possibile remunerazione.
Da una parte il Parlamento non ha strumenti per imporre "formalmente" uno stop al regolamento. Dall'altra però Agcom non potrà ignorare la posizione delle istituzioni, soprattutto se questa posizione si dimosterà forte e motivata. A questo proposito sono stati chiarissimi i senatori Vita e Vimercati, che con urgenza hanno avanzato la richiesta di convocazione sostenendo che a questo punto, sia opportuna una moratoria, in attesa di una procedura istituzionalmente più corretta, non lesiva delle prerogative delle Camere".
Ma sono 23 i senatori che compongono gli uffici di presidenza delle due Commissioni che audiranno Calabrò ed è noto quanto scarsa sia la consapevolezza della classe politica dei rischi insiti nel regolamento Agcom.
È compito anche e soprattutto nostro, di noi che ci siamo mobilitati fin dall'inizio, provare a convincerli dell'assoluta necessità di uno stop al provvedimento. Abbiamo meno di 48 ore.
Volete saperne di più? Trovate i loro nomi e le le loro attività su questa e quest'altra pagina.
E questi sono i loro indirizzi:
possa_g@posta.senato.it, barelli_p@posta.senato.it, vita_v@posta.senato.it, valditara_g@posta.senato.it, marcucci_a@posta.senato.it, asciutti_f@posta.senato.it, giambrone_f@posta.senato.it, rusconi_a@posta.senato.it, pittoni_m@posta.senato.it, musso_e@posta.senato.it, polibortone_a@posta.senato.it, levimontalcini_r@posta.senato.it, grillo_l@posta.senato.it, menardi_g@posta.senato.it, ranucci_r@posta.senato.it, baldini_m@posta.senato.it, vimercati_l@posta.senato.it, cicolani_a@posta.senato.it, filippi_m@posta.senato.it, stiffoni_p@posta.senato.it, oliva_v@posta.senato.it, fistarol_f@posta.senato.it, detoni_g@posta.senato.it
Continuate a mobilitarvi. Scrivete, informate e condividete. Fatelo subito. I motivi di questa nuova mobilitazione sono forti e condivisi non solo tra la società civile ma anche dagli stessi addetti ai lavori. Raccontate a questi politici ormai da troppo tempo distanti dalle nuove forme di diffusione dell'informazione e della conoscenza l'enorme rischi che stiamo correndo!
Per maggiori informazioni potete leggere ed inviare ai senatori la seguente documentazione:
La lettera aperta ai Membri delle Commissioni VII e VIII del Senato della Repubblica di Adiconsum, Agorà Digitale, Altroconsumo, Assoprovider e Studio Legale Sarzana.
L'approfondimento a cura di Agorà Digitale sul nuovo regolamento Agcom.
Libertà x Internet
non è finita
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Il Presidente dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni Corrado Calabrò è stato convocato con urgenza per giovedì 21 luglio, alle ore 8.30, dalle commissioni 7a (Comunicazioni) e 8a (Cultura) del Senato per rispondere dei gravi attacchi alla libertà di informazione e all'accesso alla conoscenza che permangono nel nuovo schema di regolamento sul diritto d'autore (qui il calendario del Senato).
L'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni è stata sì costretta a modificare il suo regolamento, rinunciando di autoattribuirsi il potere di inibire l'accesso ad interi siti web, ma ha deciso di perseverare nel faraonico e inquietante progetto di diventare arbitro unico di tutti i contenuti presenti sulla Rete.
Aver ottenuto questa convocazione è un altro importante successo (dopo l'evento La notte della Rete che ha spinto l'Agcom a modificare parte della delibera) per chi, come l'associazione radicale Agorà Digitale e tutte quelle riunite nell'iniziativa sitononraggiungibile.it (Adiconsum, Altroconsumo, Assoprovider assistiti dagli avvocati Fulvio Sarzana e Marco Scialdone), fin dall'inizio ha preso una posizione chiara e netta, che manterremo fino alla fine: l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni non può intervenire con un regolamento che mette in pericolo principi fondamentali come giusto processo, libertà di espressione, di informazione, diritto di accesso alla conoscenza e la libertà di impresa.
C'e' bisogno innanzitutto di una riforma delle regole che ci permettono di condividere contenuti in rete: è impensabile applicare le norme previste dall'Autorità senza prima riformare la legge sul diritto d'autore, vecchia ormai 70 anni e chiaramente obsoleta rispetto ai cambiamenti a livello informativo e tecnologico dei decenni successivi alla sua promulgazione: deve infatti essere adeguata alle nuove forme della creatività, della circolazione delle informazioni e della possibile remunerazione.
Da una parte il Parlamento non ha strumenti per imporre "formalmente" uno stop al regolamento. Dall'altra però Agcom non potrà ignorare la posizione delle istituzioni, soprattutto se questa posizione si dimosterà forte e motivata. A questo proposito sono stati chiarissimi i senatori Vita e Vimercati, che con urgenza hanno avanzato la richiesta di convocazione sostenendo che a questo punto, sia opportuna una moratoria, in attesa di una procedura istituzionalmente più corretta, non lesiva delle prerogative delle Camere".
Ma sono 23 i senatori che compongono gli uffici di presidenza delle due Commissioni che audiranno Calabrò ed è noto quanto scarsa sia la consapevolezza della classe politica dei rischi insiti nel regolamento Agcom.
È compito anche e soprattutto nostro, di noi che ci siamo mobilitati fin dall'inizio, provare a convincerli dell'assoluta necessità di uno stop al provvedimento. Abbiamo meno di 48 ore.
Volete saperne di più? Trovate i loro nomi e le le loro attività su questa e quest'altra pagina.
E questi sono i loro indirizzi:
possa_g@posta.senato.it, barelli_p@posta.senato.it, vita_v@posta.senato.it, valditara_g@posta.senato.it, marcucci_a@posta.senato.it, asciutti_f@posta.senato.it, giambrone_f@posta.senato.it, rusconi_a@posta.senato.it, pittoni_m@posta.senato.it, musso_e@posta.senato.it, polibortone_a@posta.senato.it, levimontalcini_r@posta.senato.it, grillo_l@posta.senato.it, menardi_g@posta.senato.it, ranucci_r@posta.senato.it, baldini_m@posta.senato.it, vimercati_l@posta.senato.it, cicolani_a@posta.senato.it, filippi_m@posta.senato.it, stiffoni_p@posta.senato.it, oliva_v@posta.senato.it, fistarol_f@posta.senato.it, detoni_g@posta.senato.it
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Per maggiori informazioni potete leggere ed inviare ai senatori la seguente documentazione:
La lettera aperta ai Membri delle Commissioni VII e VIII del Senato della Repubblica di Adiconsum, Agorà Digitale, Altroconsumo, Assoprovider e Studio Legale Sarzana.
L'approfondimento a cura di Agorà Digitale sul nuovo regolamento Agcom.
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Il Presidente dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni Corrado Calabrò è stato convocato con urgenza per giovedì 21 luglio, alle ore 8.30, dalle commissioni 7a (Comunicazioni) e 8a (Cultura) del Senato per rispondere dei gravi attacchi alla libertà di informazione e all'accesso alla conoscenza che permangono nel nuovo schema di regolamento sul diritto d'autore (qui il calendario del Senato).
L'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni è stata sì costretta a modificare il suo regolamento, rinunciando di autoattribuirsi il potere di inibire l'accesso ad interi siti web, ma ha deciso di perseverare nel faraonico e inquietante progetto di diventare arbitro unico di tutti i contenuti presenti sulla Rete.
Aver ottenuto questa convocazione è un altro importante successo (dopo l'evento La notte della Rete che ha spinto l'Agcom a modificare parte della delibera) per chi, come l'associazione radicale Agorà Digitale e tutte quelle riunite nell'iniziativa sitononraggiungibile.it (Adiconsum, Altroconsumo, Assoprovider assistiti dagli avvocati Fulvio Sarzana e Marco Scialdone), fin dall'inizio ha preso una posizione chiara e netta, che manterremo fino alla fine: l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni non può intervenire con un regolamento che mette in pericolo principi fondamentali come giusto processo, libertà di espressione, di informazione, diritto di accesso alla conoscenza e la libertà di impresa.
C'e' bisogno innanzitutto di una riforma delle regole che ci permettono di condividere contenuti in rete: è impensabile applicare le norme previste dall'Autorità senza prima riformare la legge sul diritto d'autore, vecchia ormai 70 anni e chiaramente obsoleta rispetto ai cambiamenti a livello informativo e tecnologico dei decenni successivi alla sua promulgazione: deve infatti essere adeguata alle nuove forme della creatività, della circolazione delle informazioni e della possibile remunerazione.
Da una parte il Parlamento non ha strumenti per imporre "formalmente" uno stop al regolamento. Dall'altra però Agcom non potrà ignorare la posizione delle istituzioni, soprattutto se questa posizione si dimosterà forte e motivata. A questo proposito sono stati chiarissimi i senatori Vita e Vimercati, che con urgenza hanno avanzato la richiesta di convocazione sostenendo che a questo punto, sia opportuna una moratoria, in attesa di una procedura istituzionalmente più corretta, non lesiva delle prerogative delle Camere".
Ma sono 23 i senatori che compongono gli uffici di presidenza delle due Commissioni che audiranno Calabrò ed è noto quanto scarsa sia la consapevolezza della classe politica dei rischi insiti nel regolamento Agcom.
È compito anche e soprattutto nostro, di noi che ci siamo mobilitati fin dall'inizio, provare a convincerli dell'assoluta necessità di uno stop al provvedimento. Abbiamo meno di 48 ore.
Volete saperne di più? Trovate i loro nomi e le le loro attività su questa e quest'altra pagina.
E questi sono i loro indirizzi:
possa_g@posta.senato.it, barelli_p@posta.senato.it, vita_v@posta.senato.it, valditara_g@posta.senato.it, marcucci_a@posta.senato.it, asciutti_f@posta.senato.it, giambrone_f@posta.senato.it, rusconi_a@posta.senato.it, pittoni_m@posta.senato.it, musso_e@posta.senato.it, polibortone_a@posta.senato.it, levimontalcini_r@posta.senato.it, grillo_l@posta.senato.it, menardi_g@posta.senato.it, ranucci_r@posta.senato.it, baldini_m@posta.senato.it, vimercati_l@posta.senato.it, cicolani_a@posta.senato.it, filippi_m@posta.senato.it, stiffoni_p@posta.senato.it, oliva_v@posta.senato.it, fistarol_f@posta.senato.it, detoni_g@posta.senato.it
Continuate a mobilitarvi. Scrivete, informate e condividete. Fatelo subito. I motivi di questa nuova mobilitazione sono forti e condivisi non solo tra la società civile ma anche dagli stessi addetti ai lavori. Raccontate a questi politici ormai da troppo tempo distanti dalle nuove forme di diffusione dell'informazione e della conoscenza l'enorme rischi che stiamo correndo!
Per maggiori informazioni potete leggere ed inviare ai senatori la seguente documentazione:
La lettera aperta ai Membri delle Commissioni VII e VIII del Senato della Repubblica di Adiconsum, Agorà Digitale, Altroconsumo, Assoprovider e Studio Legale Sarzana.
L'approfondimento a cura di Agorà Digitale sul nuovo regolamento Agcom.
lunedì 18 luglio 2011
10 domande alla SIAE
SIAE diritto d'autore e accesso alla conoscenza: 10 domande alla SIAE http://wikimedia.it/index.php/Comunicati_stampa/10_domande_alla_SIAE
Comunicati stampa/10 domande alla SIAE - Wikimedia Italia
wikimedia.it
L'Associazione Wikimedia Italia è felice di notare come la SIAE abbia ancora una disponibilità finanziaria sufficiente per acquistare pagine di pubblicità sui quotidiani e porre agli italiani dieci domande. Nella nostra associazione purtroppo non siamo così ricchi; abbiamo però preparato anche noi d
Comunicati stampa/10 domande alla SIAE - Wikimedia Italia
wikimedia.it
L'Associazione Wikimedia Italia è felice di notare come la SIAE abbia ancora una disponibilità finanziaria sufficiente per acquistare pagine di pubblicità sui quotidiani e porre agli italiani dieci domande. Nella nostra associazione purtroppo non siamo così ricchi; abbiamo però preparato anche noi d
SIAE, il WEB non è salvo
'Attenti, il Web non è salvo'
di Alessandro Gilioli, Espresso,Parte terminale dell'intevista al Consigliere AgCom Nicola D'Angelo:
Ma è veramente il diritto d'autore il 'core business' di questa faccenda o è un'operazione per disincentivare la rete, specie quella fatta dai cittadini, dal basso?
«La questione di fondo che anche alcuni autorevoli commentatori hanno mancato di considerare è che in Italia l'intervento a protezione del diritto d'autore sulla rete nasce non da una legge specifica, come è avvenuto negli altri paesi, ma da un provvedimento, il cosiddetto decreto Romani, che riguardava la televisione. E' sotto gli occhi di tutti lo stato di concentrazione della proprietà e del controllo delle reti televisive di cui tanti lamentano l'influenza anche sul piano democratico. E' notizia delle ultime ore di quanto il web sia diventato lo strumento di informazione prevalente soprattutto per i giovani. Se non bastasse, le ultime consultazioni elettorali hanno dimostrato quanto sia importante la rete nel processo di formazione delle opinioni. Perché allora intervenire spostando le regole della televisione al mondo internet? La risposta mi sembra ovvia. Non si mira tanto alla tutela del copyright ma ad una regolamentazione che consenta delle forme di controllo della rete. Il punto è di principio: non è in discussione il diritto alla remunerazione dei contenuti ma la forma e il modo in cui si debbano remunerare. L'innovazione tecnologica sta imponendo nuovi modelli industriali, le catene del valore cambiano e cosa succede? Si risponde con l'applicazione di regole vecchie, mutuate per lo più dal sistema radiotelevisivo. Questo è un paese che proprio non può fare a meno della televisione, con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti».
di Alessandro Gilioli, Espresso,Parte terminale dell'intevista al Consigliere AgCom Nicola D'Angelo:
Ma è veramente il diritto d'autore il 'core business' di questa faccenda o è un'operazione per disincentivare la rete, specie quella fatta dai cittadini, dal basso?
«La questione di fondo che anche alcuni autorevoli commentatori hanno mancato di considerare è che in Italia l'intervento a protezione del diritto d'autore sulla rete nasce non da una legge specifica, come è avvenuto negli altri paesi, ma da un provvedimento, il cosiddetto decreto Romani, che riguardava la televisione. E' sotto gli occhi di tutti lo stato di concentrazione della proprietà e del controllo delle reti televisive di cui tanti lamentano l'influenza anche sul piano democratico. E' notizia delle ultime ore di quanto il web sia diventato lo strumento di informazione prevalente soprattutto per i giovani. Se non bastasse, le ultime consultazioni elettorali hanno dimostrato quanto sia importante la rete nel processo di formazione delle opinioni. Perché allora intervenire spostando le regole della televisione al mondo internet? La risposta mi sembra ovvia. Non si mira tanto alla tutela del copyright ma ad una regolamentazione che consenta delle forme di controllo della rete. Il punto è di principio: non è in discussione il diritto alla remunerazione dei contenuti ma la forma e il modo in cui si debbano remunerare. L'innovazione tecnologica sta imponendo nuovi modelli industriali, le catene del valore cambiano e cosa succede? Si risponde con l'applicazione di regole vecchie, mutuate per lo più dal sistema radiotelevisivo. Questo è un paese che proprio non può fare a meno della televisione, con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti».
sabato 9 luglio 2011
Le donne a Siena a fare la cosa giusta
Meglio la Perina a Siena che Urso da B. DX, SX, alto, basso? Le donne sono a fare la cosa giusta e tanto basta.
venerdì 8 luglio 2011
Dalla parte di Aung San Suu Kyi
Dalla parte di Aung San Suu Kyi http://www.avaaz.org/it/stand_with_aung_san_suu_kyi/?vl
Navigli, cittadini e nuova amministrazione
COMUNICATO
Riteniamo necessario informarvi su quanto è successo nelle ultime settimane sul fronte della “movida”. E’ noto che la precedente Amministrazione aveva sospeso qualsiasi indicazione e decisione sulla manifestazione estiva dell’Isola pedonale sui Navigli. L’apertura e le modalità di svolgimento e di controllo dovevano essere proposte e attuate dalla nuova Giunta e, in primis, dall’Assessore alle Attività Produttive Dott. D’Alfonso. Con una serie d’incontri con le varie parti presenti nel quartiere (Associazioni dei gestori dei locali, Associazione dei Commercianti, Comitati di quartiere) l’Assessore e i funzionari del Settore hanno comunicato una bozza di proposta che è diventata documento di riferimento e che alleghiamo.
Segnaliamo i punti in cui la presente proposta differisce dalle precedenti con osservazioni nel merito.
1. Molti dei compiti di conduzione della manifestazione sono stati delegati ai nuovi Presidenti dei Consigli di Zona 5 e 6 (Pres. Ugliano per la Zona 5 e Pres. Rabaiotti per la Zona 6), che hanno l’incarico di organizzare anche una Commissione di Sorveglianza composta dai due presidenti dei Consigli di zona o loro delegati, Consiglieri di Zona e rappresentanti delle Polizie Locali. Possono essere convocati anche rappresentanti di altre istituzioni e delle associazioni dei gestori e dei Comitati. In pratica non è stata istituita la Commissione Monitoraggio che negli anni precedenti aveva il compito, con sopralluoghi notturni, di verificare la gestione e le eventuali trasgressioni alle normative vigenti e al contratto disciplinare. La Commissione di sorveglianza, per quanto c’è per ora dato di capire, avrebbe come principale compito quello di raccogliere le segnalazioni d’infrazione e di non rispetto delle normative (ad esempio quella di occupazione indebita del suolo pubblico o di fastidiose emissioni rumorose notturne) da parte degli agenti della Polizia Locale e di provvedere alla sanzione; le infrazioni, se ripetute, possono determinare anche la revoca immediata della cessione di suolo pubblico. Ci auguriamo che siano istituiti momenti di presenza sul territorio della Commissione di Sorveglianza con i cittadini e i referenti dei Comitati, il cui lavoro negli scorsi anni è servito a evidenziare carenze, mancato rispetto delle normative e a documentare puntualmente quanto accadeva nelle ore di svolgimento della manifestazione estiva. Chiediamo quindi la vostra collaborazione, rappresentandoci le valutazioni della manifestazione estiva, confrontandola con le precedenti edizioni e puntualizzando le eventuali positività e/o gli aspetti negativi. Ricordiamo ancora una volta che i due referenti della Polizia Locale che possono essere sensibilizzati dai residenti sui disagi e le irregolarità rilevate sono:
Commissario Aggiunto Walter Summo tel. 02-77270359 e-mail: walter.summo@comune.milano.it
Commissario Aggiunto Giuseppe Marano tel. 02-77270360 e-mail: giuseppe.marano@comune.milano.it.
I due Commissari rispondono dalle 9,00 alle 19,00.
2. Non sono state concesse ai locali deroghe all’orario di chiusura (ore 2 del mattino).
3. Il suolo pubblico occupato dagli ambulanti sarà gestito direttamente dall’Amministrazione comunale che ha assegnato o assegnerà gli spazi secondo i criteri di un bando pubblico. In relazione alla cessione delle aree crediamo che con le modalità vigenti possano essere superati i problemi verificatisi nella precedente edizione in cui i gestori dei locali subaffittavano gli spazi pubblici avuti in concessione dall’Amministrazione in evidente contrasto con la normativa vigente.
4. Gli ambulanti sono stati scelti dall’Amministrazione Comunale soprattutto in base alla qualità merceologica del prodotto in vendita (prodotti artigianali o artistici, ecc.).
5. I gestori dovranno pagare all’AMSA le ore straordinarie necessarie per il potenziamento della pulizia delle strade e dei marciapiedi, tenendo presente che devono comunque garantire la pulizia dello spazio antistante al locale. Questo contributo non è stato versato per il 2010 ma, a nostro avviso, è discutibile l’interpretazione data alle norme previste nel Contratto disciplinare 2010 e nell’atto di concessione comunale e che ha comportato l’attribuzione di tale onere a carico della cittadinanza.
6. La sorveglianza attuata dalla Polizia municipale nello svolgimento della manifestazione non sarà pagata dai gestori dei locali, ma l’onere sarà assunto interamente dall’Amministrazione comunale. Nelle precedenti edizioni gli agenti della Polizia Locale addetti alla sorveglianza presso le entrate dell’isola pedonale erano stati pagati direttamente dai gestori dei locali. Questa nuova norma, secondo l’Assessore, non creerebbe un conflitto di interessi tra le due parti in causa (il controllato pagava il controllore).
7. Ai residenti del cosiddetto ambito 19 è concesso di sostare anche negli spazi blu delle zone limitrofe all’area destinata ad isola pedonale (di norma a pagamento), senza dover pagare la tariffa oraria, purché dotati di apposito contrassegno. Abbiamo rivolto all’Assessore la richiesta di aprire ai residenti, e gratuitamente, uno spazio nel parcheggio di Via Valenza; questo potrebbe attenuare i disagi per chi abita nelle vicinanze.
8. Programma culturale: non conosciamo in modo completo e nel dettaglio il programma culturale che anche quest’anno è stato proposto dalla Società dei Navigli Lombardi S.c.a.r.l. (ente pubblico). La spesa delle manifestazioni culturali sarà sostenuta interamente dai gestori dei locali con un costo di 40.000/50.000 €, ad eccezione di due manifestazioni musicali pagate da sponsor. Tale sponsorizzazione darà titolo, anche per il 2011, ad uno sconto del plateatico pari all’80%. Siamo stati interpellati dal Settore Commercio e abbiamo espresso perplessità sulla prima versione del programma che ci era stata proposta e che prevedeva molti spettacoli di tipo musicale. Abbiamo richiesto cambiamenti al fine di introdurre eventi di diverso tipo adatti a varie fasce d’età, teatrali o di musica classica da attuarsi anche in spazi piccoli o chiusi (ex tabaccheria, cortili interni, ecc.). Ci riserviamo un giudizio complessivo nel momento in cui conosceremo la nuova programmazione.
Abbiamo incontrato e discusso le problematiche dell’isola pedonale estiva anche con il Presidente di Zona 6 Rabaiotti e in un secondo incontro con i Presidenti di Zona 5 Ugliano e il Presidente di Zona 1 Arrigoni, che ha cortesemente accettato di partecipare all’incontro per verificare le proposte sulla “movida” in queste zone, poiché anche nella zona di sua competenza esistono, come ben sappiamo, situazioni analoghe anche se con differenze di organizzazione e di disposizione territoriale.
Abbiamo anche discusso in questi incontri con i Presidenti di Zona dell’attuale situazione di stallo in cui versa la Darsena nell’attesa del pronunciamento del T.A.R. al ricorso presentato dalla precedente Amministrazione Comunale contro la Società costruttrice del parcheggio. Ci auguriamo che il progetto di autosilo in darsena sia tolto al più presto dal Piano urbano parcheggi.
Milano, 7 luglio 2011: i referenti dei Comitati dei Navigli
Riteniamo necessario informarvi su quanto è successo nelle ultime settimane sul fronte della “movida”. E’ noto che la precedente Amministrazione aveva sospeso qualsiasi indicazione e decisione sulla manifestazione estiva dell’Isola pedonale sui Navigli. L’apertura e le modalità di svolgimento e di controllo dovevano essere proposte e attuate dalla nuova Giunta e, in primis, dall’Assessore alle Attività Produttive Dott. D’Alfonso. Con una serie d’incontri con le varie parti presenti nel quartiere (Associazioni dei gestori dei locali, Associazione dei Commercianti, Comitati di quartiere) l’Assessore e i funzionari del Settore hanno comunicato una bozza di proposta che è diventata documento di riferimento e che alleghiamo.
Segnaliamo i punti in cui la presente proposta differisce dalle precedenti con osservazioni nel merito.
1. Molti dei compiti di conduzione della manifestazione sono stati delegati ai nuovi Presidenti dei Consigli di Zona 5 e 6 (Pres. Ugliano per la Zona 5 e Pres. Rabaiotti per la Zona 6), che hanno l’incarico di organizzare anche una Commissione di Sorveglianza composta dai due presidenti dei Consigli di zona o loro delegati, Consiglieri di Zona e rappresentanti delle Polizie Locali. Possono essere convocati anche rappresentanti di altre istituzioni e delle associazioni dei gestori e dei Comitati. In pratica non è stata istituita la Commissione Monitoraggio che negli anni precedenti aveva il compito, con sopralluoghi notturni, di verificare la gestione e le eventuali trasgressioni alle normative vigenti e al contratto disciplinare. La Commissione di sorveglianza, per quanto c’è per ora dato di capire, avrebbe come principale compito quello di raccogliere le segnalazioni d’infrazione e di non rispetto delle normative (ad esempio quella di occupazione indebita del suolo pubblico o di fastidiose emissioni rumorose notturne) da parte degli agenti della Polizia Locale e di provvedere alla sanzione; le infrazioni, se ripetute, possono determinare anche la revoca immediata della cessione di suolo pubblico. Ci auguriamo che siano istituiti momenti di presenza sul territorio della Commissione di Sorveglianza con i cittadini e i referenti dei Comitati, il cui lavoro negli scorsi anni è servito a evidenziare carenze, mancato rispetto delle normative e a documentare puntualmente quanto accadeva nelle ore di svolgimento della manifestazione estiva. Chiediamo quindi la vostra collaborazione, rappresentandoci le valutazioni della manifestazione estiva, confrontandola con le precedenti edizioni e puntualizzando le eventuali positività e/o gli aspetti negativi. Ricordiamo ancora una volta che i due referenti della Polizia Locale che possono essere sensibilizzati dai residenti sui disagi e le irregolarità rilevate sono:
Commissario Aggiunto Walter Summo tel. 02-77270359 e-mail: walter.summo@comune.milano.it
Commissario Aggiunto Giuseppe Marano tel. 02-77270360 e-mail: giuseppe.marano@comune.milano.it.
I due Commissari rispondono dalle 9,00 alle 19,00.
2. Non sono state concesse ai locali deroghe all’orario di chiusura (ore 2 del mattino).
3. Il suolo pubblico occupato dagli ambulanti sarà gestito direttamente dall’Amministrazione comunale che ha assegnato o assegnerà gli spazi secondo i criteri di un bando pubblico. In relazione alla cessione delle aree crediamo che con le modalità vigenti possano essere superati i problemi verificatisi nella precedente edizione in cui i gestori dei locali subaffittavano gli spazi pubblici avuti in concessione dall’Amministrazione in evidente contrasto con la normativa vigente.
4. Gli ambulanti sono stati scelti dall’Amministrazione Comunale soprattutto in base alla qualità merceologica del prodotto in vendita (prodotti artigianali o artistici, ecc.).
5. I gestori dovranno pagare all’AMSA le ore straordinarie necessarie per il potenziamento della pulizia delle strade e dei marciapiedi, tenendo presente che devono comunque garantire la pulizia dello spazio antistante al locale. Questo contributo non è stato versato per il 2010 ma, a nostro avviso, è discutibile l’interpretazione data alle norme previste nel Contratto disciplinare 2010 e nell’atto di concessione comunale e che ha comportato l’attribuzione di tale onere a carico della cittadinanza.
6. La sorveglianza attuata dalla Polizia municipale nello svolgimento della manifestazione non sarà pagata dai gestori dei locali, ma l’onere sarà assunto interamente dall’Amministrazione comunale. Nelle precedenti edizioni gli agenti della Polizia Locale addetti alla sorveglianza presso le entrate dell’isola pedonale erano stati pagati direttamente dai gestori dei locali. Questa nuova norma, secondo l’Assessore, non creerebbe un conflitto di interessi tra le due parti in causa (il controllato pagava il controllore).
7. Ai residenti del cosiddetto ambito 19 è concesso di sostare anche negli spazi blu delle zone limitrofe all’area destinata ad isola pedonale (di norma a pagamento), senza dover pagare la tariffa oraria, purché dotati di apposito contrassegno. Abbiamo rivolto all’Assessore la richiesta di aprire ai residenti, e gratuitamente, uno spazio nel parcheggio di Via Valenza; questo potrebbe attenuare i disagi per chi abita nelle vicinanze.
8. Programma culturale: non conosciamo in modo completo e nel dettaglio il programma culturale che anche quest’anno è stato proposto dalla Società dei Navigli Lombardi S.c.a.r.l. (ente pubblico). La spesa delle manifestazioni culturali sarà sostenuta interamente dai gestori dei locali con un costo di 40.000/50.000 €, ad eccezione di due manifestazioni musicali pagate da sponsor. Tale sponsorizzazione darà titolo, anche per il 2011, ad uno sconto del plateatico pari all’80%. Siamo stati interpellati dal Settore Commercio e abbiamo espresso perplessità sulla prima versione del programma che ci era stata proposta e che prevedeva molti spettacoli di tipo musicale. Abbiamo richiesto cambiamenti al fine di introdurre eventi di diverso tipo adatti a varie fasce d’età, teatrali o di musica classica da attuarsi anche in spazi piccoli o chiusi (ex tabaccheria, cortili interni, ecc.). Ci riserviamo un giudizio complessivo nel momento in cui conosceremo la nuova programmazione.
Abbiamo incontrato e discusso le problematiche dell’isola pedonale estiva anche con il Presidente di Zona 6 Rabaiotti e in un secondo incontro con i Presidenti di Zona 5 Ugliano e il Presidente di Zona 1 Arrigoni, che ha cortesemente accettato di partecipare all’incontro per verificare le proposte sulla “movida” in queste zone, poiché anche nella zona di sua competenza esistono, come ben sappiamo, situazioni analoghe anche se con differenze di organizzazione e di disposizione territoriale.
Abbiamo anche discusso in questi incontri con i Presidenti di Zona dell’attuale situazione di stallo in cui versa la Darsena nell’attesa del pronunciamento del T.A.R. al ricorso presentato dalla precedente Amministrazione Comunale contro la Società costruttrice del parcheggio. Ci auguriamo che il progetto di autosilo in darsena sia tolto al più presto dal Piano urbano parcheggi.
Milano, 7 luglio 2011: i referenti dei Comitati dei Navigli
Giù le mani dal referendum elettorale
Il referendum per abolire le liste bloccate e il premio di maggioranza non riguarda le questioni interne al PD ma la qualità della rappresentanza politica nella democrazia repubblicana. Riguarda tutti noi.
giovedì 7 luglio 2011
La pezza dell'AGCOM
AGCOM mette una pezza al regolamento, ma è una foglia di fico che copre la vergogna di ridurre la rete al mondo materiale della scarsità e dello scambio uno a uno. Le Creative Commons mostrano che l'alternativa funziona. Adesso occorre intervenire nella consultazione, tanto sul metodo della costruzione delle proposte, quanto sul merito. Occorrono processi informati e partecipati aperti. Non è possibile ignorare il lavoro delle commissioni Corasaniti e Gambino. Il Parlamento deve essere coinvolto.Non si può continuare a ridurre la questione dell'economia e della società della conoscenza nell'era digitale alla sola questione della salvaguardia del diritto d'autore legato ai supporti materiali.
mercoledì 6 luglio 2011
Svolta PE sugli OGM
Il Parlamento Europeo approva con 548 “sì” una proposta che apre una procedura legislativa che prevede che saranno i singoli stati a decidere se avere o meno coltivazioni Ogm e potranno farlo anche le regioni. Gli stati dovranno impedire che le coltivazioni Ogm contaminino piante convenzionali o biologiche. Il testo, che ora dovrà essere approvato a maggioranza qualificata dai governi, prevede, oltre che per motivi socio-economici, i divieti di coltivazione per motivazioni ambientali, come lo sviluppo di erbe infestanti e la protezione della biodiversità, o per una mancanza di informazioni per un’esauriente valutazione di rischi. Le società biotech, secondo il testo approvato, sono obbligate a rendere pubblici tutti i dati necessari per effettuare valutazioni indipendenti. L’innovazione giuridica che si è già prodotta risiede nel fatto che le nuove norme spostano la base giuridica di questa materia dal mercato interno, dove i vincoli europei sono forti, all’ambiente, dove la libertà degli stati è più ampia. Per l’economia agroalimentare “dal campo al piatto” del Made in Italy aumentano le tutele e le potenzialità di mercato. Ora l’Ue deciderà se un prodotto Ogm potrà essere coltivato, ma ogni stato, o regione, sceglierà se farlo sul suo territorio. Questa decisione del Parlamento Europeo è coerente con il Principio di Precauzione già adottato dall’Europa e avvicina la questione OGM ai cittadini che, a loro insaputa, potevano trovare una coltivazione transgenica proprio nel campo confinante. L’Europa sceglie una partecipazione informata dei cittadini produttori/consumatori alle scelte degli imprenditori agricoli, un diritto da usare perché sia efficace.
Richard Stallman a La notte della Rete
traduzione letterale
dell'intervento in videoconferenza di Richard Stallman a La notte della Rete, che si e' tenuta ieri,
5 luglio 2011 presso la Domus Talenti di Roma.
Come si conviene, la traduzione e' rilasciata su licenza CC-BY-NC-SA 3.0 http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/3.0/it/deed.it
buona lettura,
Francesco
---------------------------------------------------------------------
Sono molto felice che queste persone siano venute a protestare contro questo regolamento ingiusto.
Ciò significa che loro non potranno più imporre l'ingiustizia agli utenti di Internet senza far rumore.
Naturalmente voi siete qui perché avete compreso bene il motivo per cui questa legge è ingiusta.
E’ censura, la censura è sempre male ma, ancora peggio, lo è la censura senza processo.
Quelli che stanno facendo questo sono pronti ad attaccare l'idea di base della giustizia, per perseguire i loro intenti.
Ma perché lo fanno, qual è il loro scopo?
Stanno facendo qualcosa di male perché il loro scopo è il male Vogliono impedire alla gente di condividere.
La ragione è che, loro e lo Stato, non lavorano per il popolo, non lavorano per i cittadini, loro lavorano per le compagnie.
Loro sono i governi di occupazione nell'impero delle grandi multinazionali.
Lo si può vedere in ogni ambito della vita.
In questo settore, le corporazioni che hanno il potere sono le imprese del cinema, le case discografiche, gli editori e queste vogliono impedirvi di condividere.
E’ per questo motivo che usano termini di propaganda come 'pirati'
Cosa significa quando chiamano “pirati” le persone che condividono?
Vuol dire che stanno cercando di equiparare l’aiutare gli altri con l’attaccare le navi.
Questo è assurdo e, moralmente, è tanto sbagliato, quanto nient’altro lo potrebbe essere.
Perché la condivisione è una cosa positiva, mentre attaccare le navi è molto cattivo, quindi non dovremmo riferirci ad esse con la stessa parola.
Quando questi affermano che “qui c’e’il grande problema della pirateria”, noi dovremmo rispondere “Sì, ma è in Somalia!”. Quando le persone mi chiedono, il mio parere sulla pirateria, io dico: “attaccare le navi è molto cattivo.”
Quando mi chiedono cosa penso della pirateria musicale, io dico: “da quello che ho letto, quando i pirati attaccano non lo fanno suonando strumenti musicali a tutto volume e malamente, piuttosto che utilizzare le armi, quindi non è pirateria musicale”
Quindi la loro pirateria non è pirateria musicale, è solo pirateria.
Il punto è questo: quando ci dicono che “esiste un grosso problema di pirateria e, se non lo risolviamo con questa ingiustizia, in quale altro modo lo dovremmo risolvere?”
Noi dobbiamo rispondere “qui non c'è un problema simile, non è un problema, è un bene che le persone condividano!”
Ma io non ho detto contenuti, non l’ho detto (ndr.: rivolgendosi alla
traduttrice) ... noi qui stiamo parlando di lavori, opere, non di contenuti - perché le opere sono cose importanti che noi ammiriamo. non dovremmo far finta che siano lì solo per riempire delle scatole.
Le case editrici non si preoccupano di queste opere, si preoccupano soltanto dei soldi che arriveranno loro dalle opere stesse, per questo le chiamano contenuti. A loro non importa quello che c'è nella scatola, finché la scatola è piena.
Ma, se abbiamo a cuore la musica, se ci teniamo ai libri, se ci stanno
(veramente) a cuore queste opere di autore, allora non dovremmo chiamarli contenuti e dovremmo trovare dei modi per sostenere gli artisti.
Il sistema del copyright esistente svolge molto male il compito di sostenere gli artisti.
Gli editori dicono: “dobbiamo impedire alla gente di condividere, perché stanno prendendo i soldi degli artisti” ma, in realtà, sono gli editori che stanno prendendo i soldi degli artisti.
Il sistema esistente supporta bene le stelle, supporta molto male gli altri artisti, ma è davvero grande nel sostenere gli editori, così ho proposto altri metodi per sostenere meglio gli artisti.
Ad esempio, si potrebbe raccogliere un contributo da ogni abbonamento ad internet e dividere questo denaro tra gli artisti, solo gli artisti, non le case editrici.
e potremmo dividerlo in base alla radice cubica della popolarità di ogni artista.
Perché la radice cubica?
Perché in questo modo spostiamo i soldi dalle stelle ai molti artisti di medio livello di popolarità.
Questo sistema potrebbe sostenere molto meglio gli artisti utilizzando meno soldi ed è compatibile con la condivisione, con questo sistema possiamo legalizzare la condivisione.
Un’altra delle mie proposte è di dotare ogni apparecchio di un pulsante che si possa azionare per inviare 1 euro in forma anonima all’artista.
Uno di questi sistemi avrebbe funzionato meglio per sostenere gli artisti, rispetto al sistema attuale, che sostiene principalmente gli
(stessi) editori, che impongono leggi ingiuste su di noi.
Ora, le stesse compagnie che hanno comandato questa ingiustizia, hanno fatto e faranno altre ingiustizie.
per esempio, loro sviluppano del software per limitare l'utente, cui hanno messo le manette digitali.
Queste sono caratteristiche progettate per limitare l'utente.
Come possono fare questo, è perché il software non è libero.
Con il software, o gli utilizzatori controllano il programma, oppure e’
il programma a controllare gli utenti.
Con il software libero, il software libero, gli utenti controllano il programma.
Con il software proprietario, il software soggiogante, il software controlla gli utenti.
Quindi se non vogliamo che il nostro software si trasformi nel nostro carceriere, noi dobbiamo insistere solo verso il software libero!
Windows ha manette digitali, Macintosh ha manette digitali, l'iPhone e l’iPad hanno manette digitali, Flash Player ha manette digitali, il Kindle di Amazon ha manette digitali Cosi’ voi potete vedere fino a che punto si sia largamente diffusa questa forma di male, noi dobbiamo fuggire dal software non libero!
per ulteriori informazioni consultate gnu.org ed anche Free Software Foundation Europe, che è fsfe.org vi ringrazio tantissimo, Richard Stallman
dell'intervento in videoconferenza di Richard Stallman a La notte della Rete, che si e' tenuta ieri,
5 luglio 2011 presso la Domus Talenti di Roma.
Come si conviene, la traduzione e' rilasciata su licenza CC-BY-NC-SA 3.0 http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/3.0/it/deed.it
buona lettura,
Francesco
---------------------------------------------------------------------
Sono molto felice che queste persone siano venute a protestare contro questo regolamento ingiusto.
Ciò significa che loro non potranno più imporre l'ingiustizia agli utenti di Internet senza far rumore.
Naturalmente voi siete qui perché avete compreso bene il motivo per cui questa legge è ingiusta.
E’ censura, la censura è sempre male ma, ancora peggio, lo è la censura senza processo.
Quelli che stanno facendo questo sono pronti ad attaccare l'idea di base della giustizia, per perseguire i loro intenti.
Ma perché lo fanno, qual è il loro scopo?
Stanno facendo qualcosa di male perché il loro scopo è il male Vogliono impedire alla gente di condividere.
La ragione è che, loro e lo Stato, non lavorano per il popolo, non lavorano per i cittadini, loro lavorano per le compagnie.
Loro sono i governi di occupazione nell'impero delle grandi multinazionali.
Lo si può vedere in ogni ambito della vita.
In questo settore, le corporazioni che hanno il potere sono le imprese del cinema, le case discografiche, gli editori e queste vogliono impedirvi di condividere.
E’ per questo motivo che usano termini di propaganda come 'pirati'
Cosa significa quando chiamano “pirati” le persone che condividono?
Vuol dire che stanno cercando di equiparare l’aiutare gli altri con l’attaccare le navi.
Questo è assurdo e, moralmente, è tanto sbagliato, quanto nient’altro lo potrebbe essere.
Perché la condivisione è una cosa positiva, mentre attaccare le navi è molto cattivo, quindi non dovremmo riferirci ad esse con la stessa parola.
Quando questi affermano che “qui c’e’il grande problema della pirateria”, noi dovremmo rispondere “Sì, ma è in Somalia!”. Quando le persone mi chiedono, il mio parere sulla pirateria, io dico: “attaccare le navi è molto cattivo.”
Quando mi chiedono cosa penso della pirateria musicale, io dico: “da quello che ho letto, quando i pirati attaccano non lo fanno suonando strumenti musicali a tutto volume e malamente, piuttosto che utilizzare le armi, quindi non è pirateria musicale”
Quindi la loro pirateria non è pirateria musicale, è solo pirateria.
Il punto è questo: quando ci dicono che “esiste un grosso problema di pirateria e, se non lo risolviamo con questa ingiustizia, in quale altro modo lo dovremmo risolvere?”
Noi dobbiamo rispondere “qui non c'è un problema simile, non è un problema, è un bene che le persone condividano!”
Ma io non ho detto contenuti, non l’ho detto (ndr.: rivolgendosi alla
traduttrice) ... noi qui stiamo parlando di lavori, opere, non di contenuti - perché le opere sono cose importanti che noi ammiriamo. non dovremmo far finta che siano lì solo per riempire delle scatole.
Le case editrici non si preoccupano di queste opere, si preoccupano soltanto dei soldi che arriveranno loro dalle opere stesse, per questo le chiamano contenuti. A loro non importa quello che c'è nella scatola, finché la scatola è piena.
Ma, se abbiamo a cuore la musica, se ci teniamo ai libri, se ci stanno
(veramente) a cuore queste opere di autore, allora non dovremmo chiamarli contenuti e dovremmo trovare dei modi per sostenere gli artisti.
Il sistema del copyright esistente svolge molto male il compito di sostenere gli artisti.
Gli editori dicono: “dobbiamo impedire alla gente di condividere, perché stanno prendendo i soldi degli artisti” ma, in realtà, sono gli editori che stanno prendendo i soldi degli artisti.
Il sistema esistente supporta bene le stelle, supporta molto male gli altri artisti, ma è davvero grande nel sostenere gli editori, così ho proposto altri metodi per sostenere meglio gli artisti.
Ad esempio, si potrebbe raccogliere un contributo da ogni abbonamento ad internet e dividere questo denaro tra gli artisti, solo gli artisti, non le case editrici.
e potremmo dividerlo in base alla radice cubica della popolarità di ogni artista.
Perché la radice cubica?
Perché in questo modo spostiamo i soldi dalle stelle ai molti artisti di medio livello di popolarità.
Questo sistema potrebbe sostenere molto meglio gli artisti utilizzando meno soldi ed è compatibile con la condivisione, con questo sistema possiamo legalizzare la condivisione.
Un’altra delle mie proposte è di dotare ogni apparecchio di un pulsante che si possa azionare per inviare 1 euro in forma anonima all’artista.
Uno di questi sistemi avrebbe funzionato meglio per sostenere gli artisti, rispetto al sistema attuale, che sostiene principalmente gli
(stessi) editori, che impongono leggi ingiuste su di noi.
Ora, le stesse compagnie che hanno comandato questa ingiustizia, hanno fatto e faranno altre ingiustizie.
per esempio, loro sviluppano del software per limitare l'utente, cui hanno messo le manette digitali.
Queste sono caratteristiche progettate per limitare l'utente.
Come possono fare questo, è perché il software non è libero.
Con il software, o gli utilizzatori controllano il programma, oppure e’
il programma a controllare gli utenti.
Con il software libero, il software libero, gli utenti controllano il programma.
Con il software proprietario, il software soggiogante, il software controlla gli utenti.
Quindi se non vogliamo che il nostro software si trasformi nel nostro carceriere, noi dobbiamo insistere solo verso il software libero!
Windows ha manette digitali, Macintosh ha manette digitali, l'iPhone e l’iPad hanno manette digitali, Flash Player ha manette digitali, il Kindle di Amazon ha manette digitali Cosi’ voi potete vedere fino a che punto si sia largamente diffusa questa forma di male, noi dobbiamo fuggire dal software non libero!
per ulteriori informazioni consultate gnu.org ed anche Free Software Foundation Europe, che è fsfe.org vi ringrazio tantissimo, Richard Stallman
LEGA, PDL, PD, ecco la consociazione
LEGA, PDL e PD contro l'abolizione delle Provincie: questo è un esempio della consociazione omeostatica che impedisce l'innovazione in Italia.
martedì 5 luglio 2011
AGCOM non può regolare Internet
http://www.statigeneralinnovazione.it/online/2011/07/comunicato-stampa-delibera-agcom-e-diritto-dautore/
lunedì 4 luglio 2011
Black block in Val di Susa?
x quelli come i black block la TAV è un pretesto così come Genova 2001 a loro interessa l'esercizio dell'estetica della violenza non i diritti e la qualità sociale/ambientale.
Ho un'idea chiara, visto che a Praga erano già in azione ed io ero sul ponte ad interpormi tra "tute bianche" e polizia. A Genova 2001 ero andato già giorni prima e loro erano nel campeggio, mentre in città con i container era stato preparato un percorso/trappola obbligato per il corteo pacifico. Abbiamo presentato una documentazione filmata in Parlamento dove era evidente che i black block assaltavano indisturbati le vetrine di una banca e la polizia attaccava il corteo dal lato opposto.
In ogni caso occorre impegnare la politica e non la polizia.
Ho un'idea chiara, visto che a Praga erano già in azione ed io ero sul ponte ad interpormi tra "tute bianche" e polizia. A Genova 2001 ero andato già giorni prima e loro erano nel campeggio, mentre in città con i container era stato preparato un percorso/trappola obbligato per il corteo pacifico. Abbiamo presentato una documentazione filmata in Parlamento dove era evidente che i black block assaltavano indisturbati le vetrine di una banca e la polizia attaccava il corteo dal lato opposto.
In ogni caso occorre impegnare la politica e non la polizia.
Un'ombra lunga su Internet
Un'ombra lunga sulla rete
Juan Carlos De Martin
Internet è riuscita a strutturarsi, diffondersi e radicarsi ben prima di apparire sul radar della politica e dei poteri costituiti. Per numerosi anni la sua carica libertaria è stata libera di aumentare, per dirla alla Amartya Sen, le "capabilities" di centinaia di milioni di persone e di incidere su un numero sempre maggiore di aspetti della loro vita. Non che su internet non valessero e non valgano le leggi ordinarie: la rete non è il Far West, a differenza di quanto amano affermare demagogicamente alcuni politici. Ma era, ed in larga parte è ancora, uno spazio la cui architettura era stata decisa dai suoi fondatori e da allora gestita in autonomia – con un livello di sofisticazione e di democrazia sostanziale che pochi tra i non addetti i lavori immaginano – da organi come Ietf per gli standard tecnici di rete, il 3WC per gli standard del web, Internet Society per la governance generale. Ma quando il web è esploso, il potere dirompente della rete divenne chiaro a un numero crescente di decisori. La rete toccava i colossi della telefonia con Skype, del commercio con Amazon, dell'editoria con il self-publishing e gli ebook, della musica con Napster e discendenti, dei media con web-radio e web-tv, persino della politica.
Verso il 2005 i decisori iniziano a premere con decisione alle porte della rete. Non si accontentano del fatto che la legge vale online come ovunque, come è ovvio e giusto; vogliono andare oltre, vogliono poter riscrivere almeno in parte quella Costituzione creata nel corso dei decenni e formata da un intricato insieme di regole tecniche e di norme, scritte da nessuno ma rispettate da tutti, che formano il nerbo della rete. Intanto gli operatori di rete iniziano ad acquisire la capacità prima di osservare e poi di influire su singoli flussi di traffico di rete. Ciò conferisce loro un potere potenzialmente immenso, che presto inizieranno a chiedere di poter usare liberamente. Non è un caso che proprio nel 2005 in occasione del World Summit on Information Society organizzato dall'Onu a Tunisi si inizi a parlare di "Internet governance".
I decisori tradizionali premono alle porte e la risposta migliore che si riesce a dare è l'equivalente di un «sediamoci tutti insieme a un tavolo e parliamo». Così continuerà con gli incontri dell'Internet Governance Forum (Igf), forse solo dei "talking shop", ma almeno aperti a tutti, in un momento in cui diventa chiaro che parlare di internet significa parlare di potere e viceversa.
In queste ultime settimane stiamo forse assistendo a un'ulteriore svolta. Dopo la legge Hadopi in Francia e i colloqui segreti che hanno portato alla stesura del trattato internazionale Acta, qualcuno decide che non è più necessario neanche far finta di credere al multistakeholderismo. Non più premere alle porte, ma installarsi sulle poltrone, allontanare il popolo della rete e parlare solo tra i "big boys" della politica e dell'economia. È il presidente francese Sarkozy, quello di Hadopi, a rompere il ghiaccio col primo "e-G8" tenuto a Parigi a maggio, un incontro dove l'assoluta predominanza dei Ceo nel programma sottolinea il cambio di paradigma. E sempre a Parigi si è tenuto questa settimana un incontro organizzato dall'Ocse sul futuro dell'economia di internet. L'Ocse, che pure punta sul multistakeholderismo, ha prodotto un comunicato ricco di affermazioni condivisibili, ma che su alcuni punti rischia di sostenere attacchi all'architettura della rete: non menziona mai la neutralità della rete e chiede agli Internet Service Provider di agire da poliziotti, soprattutto a difesa del copyright. Per questo la Civil Society Information Society Advisory Council dell'Ocse non ha firmato il comunicato finale.
Anche l'Italia contribuisce al cambio di scenario. Il nostro paese rischia di diventare la prima grande democrazia avanzata a permettere a un ente amministrativo di decidere di diritti fondamentali come la libertà di espressione. L'Agcom da mesi lavora a un provvedimento che introdurrebbe una procedura puramente amministrativa per sanzionare usi ritenuti illeciti di contenuti tutelati dal diritto d'autore. Negli ultimi giorni si è prefigurata un'improvvisa accelerazione del processo, che nei primi mesi di quest'anno era stato trasparente e inclusivo. Le prossime settimane diranno se e in che misura l'Italia contribuirà al tentativo dei decisori tradizionali di prendere il controllo di quella rete ideata, arricchita e popolata da tutti, tranne che da loro e dalle istanze che rappresentano.
Juan Carlos De Martin
Internet è riuscita a strutturarsi, diffondersi e radicarsi ben prima di apparire sul radar della politica e dei poteri costituiti. Per numerosi anni la sua carica libertaria è stata libera di aumentare, per dirla alla Amartya Sen, le "capabilities" di centinaia di milioni di persone e di incidere su un numero sempre maggiore di aspetti della loro vita. Non che su internet non valessero e non valgano le leggi ordinarie: la rete non è il Far West, a differenza di quanto amano affermare demagogicamente alcuni politici. Ma era, ed in larga parte è ancora, uno spazio la cui architettura era stata decisa dai suoi fondatori e da allora gestita in autonomia – con un livello di sofisticazione e di democrazia sostanziale che pochi tra i non addetti i lavori immaginano – da organi come Ietf per gli standard tecnici di rete, il 3WC per gli standard del web, Internet Society per la governance generale. Ma quando il web è esploso, il potere dirompente della rete divenne chiaro a un numero crescente di decisori. La rete toccava i colossi della telefonia con Skype, del commercio con Amazon, dell'editoria con il self-publishing e gli ebook, della musica con Napster e discendenti, dei media con web-radio e web-tv, persino della politica.
Verso il 2005 i decisori iniziano a premere con decisione alle porte della rete. Non si accontentano del fatto che la legge vale online come ovunque, come è ovvio e giusto; vogliono andare oltre, vogliono poter riscrivere almeno in parte quella Costituzione creata nel corso dei decenni e formata da un intricato insieme di regole tecniche e di norme, scritte da nessuno ma rispettate da tutti, che formano il nerbo della rete. Intanto gli operatori di rete iniziano ad acquisire la capacità prima di osservare e poi di influire su singoli flussi di traffico di rete. Ciò conferisce loro un potere potenzialmente immenso, che presto inizieranno a chiedere di poter usare liberamente. Non è un caso che proprio nel 2005 in occasione del World Summit on Information Society organizzato dall'Onu a Tunisi si inizi a parlare di "Internet governance".
I decisori tradizionali premono alle porte e la risposta migliore che si riesce a dare è l'equivalente di un «sediamoci tutti insieme a un tavolo e parliamo». Così continuerà con gli incontri dell'Internet Governance Forum (Igf), forse solo dei "talking shop", ma almeno aperti a tutti, in un momento in cui diventa chiaro che parlare di internet significa parlare di potere e viceversa.
In queste ultime settimane stiamo forse assistendo a un'ulteriore svolta. Dopo la legge Hadopi in Francia e i colloqui segreti che hanno portato alla stesura del trattato internazionale Acta, qualcuno decide che non è più necessario neanche far finta di credere al multistakeholderismo. Non più premere alle porte, ma installarsi sulle poltrone, allontanare il popolo della rete e parlare solo tra i "big boys" della politica e dell'economia. È il presidente francese Sarkozy, quello di Hadopi, a rompere il ghiaccio col primo "e-G8" tenuto a Parigi a maggio, un incontro dove l'assoluta predominanza dei Ceo nel programma sottolinea il cambio di paradigma. E sempre a Parigi si è tenuto questa settimana un incontro organizzato dall'Ocse sul futuro dell'economia di internet. L'Ocse, che pure punta sul multistakeholderismo, ha prodotto un comunicato ricco di affermazioni condivisibili, ma che su alcuni punti rischia di sostenere attacchi all'architettura della rete: non menziona mai la neutralità della rete e chiede agli Internet Service Provider di agire da poliziotti, soprattutto a difesa del copyright. Per questo la Civil Society Information Society Advisory Council dell'Ocse non ha firmato il comunicato finale.
Anche l'Italia contribuisce al cambio di scenario. Il nostro paese rischia di diventare la prima grande democrazia avanzata a permettere a un ente amministrativo di decidere di diritti fondamentali come la libertà di espressione. L'Agcom da mesi lavora a un provvedimento che introdurrebbe una procedura puramente amministrativa per sanzionare usi ritenuti illeciti di contenuti tutelati dal diritto d'autore. Negli ultimi giorni si è prefigurata un'improvvisa accelerazione del processo, che nei primi mesi di quest'anno era stato trasparente e inclusivo. Le prossime settimane diranno se e in che misura l'Italia contribuirà al tentativo dei decisori tradizionali di prendere il controllo di quella rete ideata, arricchita e popolata da tutti, tranne che da loro e dalle istanze che rappresentano.
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