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in questo blog metto un po di tutto se cerchi qualcosa che non trovi chiedimelo

giovedì 25 settembre 2025

San Siro Meazza: un voto meditato

Siamo a pochi giorni dal voto in Consiglio Comunale sulla delibera per la vendita e l'abbattimento di San Siro per l'edificazione di un nuovo stadio con molte volumetrie attorno. Il Presidente dell'Inter Marotta ( chi è invece il proprietario?) ha fatto le sue considerazioni per influenzare i consiglieri: "Non abbiamo i criteri per organizzare la finale di Champions" "Possiamo anche andarcene" "I politici non capiscono". Una balla la prima, una balla la seconda e un disperato disprezzo la terza. Con rispetto e aspettativa che i consiglieri rispondano agli interessi generali e all'interesse pubblico ex amministratori e consiglieri hanno inviato loro questo appello di buon senso su San Siro: Ripartire diversamente " Alcuni di noi hanno ruoli di impegno politico culturale associativo, altri li hanno avuti, ma oggi insieme scriviamo come semplici cittadini che chiedono al consiglio comunale di affrontare con saggezza e lungimiranza il destino delle aree di San Siro e dello Stadio. C'è ancora domani. L' unica fretta che c' è è quella di evitare di adottare soluzioni avventurose irreversibili. Lo Stadio è funzionante e già impegnato per anni. Se è legittimo che scatti un vincolo monumentale sulle sue eventuali trasformazioni lo si affronterà lealmente, non correndo contro il tempo illudendosi di eludere una scadenza. Nessuno, neanche le amate squadre Milan e Inter, può imporre unilateralmente interessi economici di parte in un quadro in cui ci sono, oltre al valore storico e affettivo dello Stadio Meazza, gli interessi dei cittadini del quartiere e quello generale di riportare l' urbanistica alla massima trasparenza ed efficacia ambientale e sociale. Il Comune può opportunamente formare società miste per la valorizzazione di quelle aree : non c' è solo l'alternativa secca tra una privatizzazione sostanzialmente al buio e il mantenimento dello status quo, appunto. Ma occorre ripartire da un metodo convincente e partecipato. Michela Cella Ezio Chiodini Fiorello Cortiana Michele Crosti Franco D'Alfonso Mattia Granata Maria Grazia Guida Paolo Hutter Milly Moratti Luca Paladini Stefano Pillitteri Stefano Rolandouesta petizione? Onorio Rosati Bruno Rota Laura Specchio Luca Stanzione Elisabetta Strada Bruno Tabacci Fabio Terragni Enrico Vizza". Ai consiglieri è rivolto anche questo appello documentato che ognuno può firmare https://chng.it/7jTHW9Q9pd

venerdì 5 settembre 2025

IL FUTURO DI MILANO. METROPOLI EUROPEA

ArcipelagoMilano 2 settembre 2025 IL FUTURO DI MILANO. METROPOLI EUROPEA Con il consenso democratico dal basso di Fiorello Cortiana Non distraiamoci: quale città in rete metropolitana regionale deve essere Milano, affinché il suo ruolo, la sua funzione, la sua identità, la confermino come nodo cruciale della produzione di valore globale? Ciò in un contesto che, per la Divisione Popolazione delle Nazioni Unite, nel 1950 ogni 100 abitanti del pianeta solo 29 vivevano in aree urbane. Oggi vivono in aree urbane circa tre miliardi e mezzo di persone. Intorno al 2030, quando la popolazione mondiale dovrebbe raggiungere gli otto miliardi, si calcola che cinque miliardi risiederanno in città. A metà del secolo si prevede che il 70% della popolazione mondiale sarà inurbata. Gli scambi milanesi su WhatsApp tra immobiliarista, architetto, funzionari comunali, assessore, sindaco, possono essere considerati simpatici scambi tra amiconi o l’evidenza mortificante della dignità della politica pubblica. Poco importa, così come la trattazione giornalistica dell’azione degli inquirenti. L’occupazione del dibattito pubblico con la questione giudiziaria è un diversivo che elude la questione politica, favorendo la semplificazione populista. Ciò impedisce un confronto sulla natura di uno dei più importanti nodi metropolitani della rete europea e globale. La città, come organismo in relazione tra artificio e natura, o evolve o non è che un reperto museale o un sito archeologico. Questo è chiaro, come è chiaro che gli architetti svolgono un ruolo cruciale dentro a questa relazione, progettando il quanto, il come, il dove del costruito. Certamente l’evoluzione della natura delle città, in una Europa che si deve definire e compiere, non può prescindere dalla peculiarità storica dell’urbanesimo europeo. Non è retorico ricordare la differenza fondativa richiamata da Massimo Cacciari: “Nella civiltà greca la città è fondamentalmente l’unità di persone dello stesso genere, e quindi si può capire come pólis, idea che rimanda a un tutto organico, preceda l’idea di cittadino. A Roma invece fin dalle origini – e questo dice lo stesso mito fondativo romano – la città è il confluire insieme, il convenire di persone diversissime per religione, per etnie, ecc., che concordano soltanto in forza della legge”. “La differenza è radicale, perché nel latino civitas, se si riflette bene, si manifesta la provenienza della città dal civis. I cives formano un insieme di persone che si sono raccolte per dar vita alla città.’ Detto terra-terra al sindaco Sala che ambiva ad aumentare la popolazione milanese di 400.000 unità, da far risiedere nelle nuove ipotesi edificatorie: non possiamo rinunciare a una politica con l’ambizione che la città cresca e rimanga un’opportunità di emancipazione sociale e di intrapresa per tutti. Il lavoro politico non può essere funzionale solo all’interesse dei fondi di investimento. L’eugenetica sociale della gentrificazione, con l’impossibilità abitativa per ceti popolari, è il contrario della pluralità sociale della "civitas”. Milano è un centro nevralgico di attrazione per gli investimenti e la creazione di impresa, ma, allo stesso tempo, deve essere una città che offre possibilità di emancipazione a tutti. Questa è la funzione storica di Milano, è ciò che l’ha resa una metropoli avanzata, globale, europea. Oggi la distanza economica e sociale tra centro e periferia si allarga, siamo oltre i campanelli d’allarme. Non possiamo rinunciare a una politica con l’ambizione che la città cresca e rimanga un’opportunità per tutti. Il lavoro politico non può essere funzionale solo all’interesse dei fondi di investimento. Da quindici anni viene consegnato l’indirizzo di trasformazione della città a chi ha un interesse legittimo ma speculativo. Un esempio alternativo: Garibaldi-Repubblica. Esperienza di rigenerazione urbana riuscita. Un secondo esempio, in scala metropolitana: il Polo esterno della Fiera. Gli attori fondiari e immobiliari importanti di allora lo volevano a Lacchiarella, in pieno Parco Agricolo Sud Milano, con servizi e infrastrutture inesistenti, come Regione Lombardia lo pianificammo sul sedime di una raffineria dismessa a Rho-Pero, con 1 km in superficie portammo la metro da Molino Dorino, anticipammo la stazione di porta dell’Alta Velocità da Torino e lo svincolo della Tangenziale consentì la relazione con le autostrade. L’obiettivo dev’essere l’intero sistema territoriale: puntando alla qualità urbana, architettonica, sociale, ambientale. Questo genera valore. Si può fare profitto in uno scenario giusto, senza perdere la capacità di attrarre capitali se la politica detta un indirizzo di trasformazione che assicuri il giusto valore all’interesse pubblico. Se la politica ha una visione. Vanno benissimo i grattacieli, se edificati in una relazione qualificante del contesto urbano, ma gli oneri di urbanizzazione non vanno elusi perché servono proprio a qualificare il sistema territoriale, con infrastrutture, servizi e qualità ambientale. L’interesse pubblico e quello privato possono e devono convivere. Il tema è l’equilibrio. Oggi a Milano gli oneri di urbanizzazione hanno una riduzione compresa tra l’80% e il 90% se il servizio è riconosciuto di interesse pubblico. Chi valuta, chi verifica la coerenza politica della trasformazione urbanistica generata? Qui è chiaro che l’Interesse Pubblico non è un’evocazione astratta. Negoziare con i grandi investitori vuol dire praticare il riformismo. A Milano abbiamo eccezionali esempi di edilizia pubblica in cui i privati hanno guadagnato e le famiglie hanno trovato una possibilità di crescita ed emancipazione sociale. È la storia e l’identità di Milano. È una strada win-win: gli investitori guadagnano, la città e il suo territorio anche. A seguito degli indirizzi del diritto dell’Unione Europea la concezione dello Stato-comunità postula che i soggetti di diritto sono le “comunità”, cioè i cittadini, come singoli che nelle formazioni sociali, cui spetta la sovranità ai sensi dell’art. 1 della Costituzione. Il soggetto giuridico non è l’ente pubblico ma la comunità. I cd. “diritti di terza generazione” sono identificati nelle nuove posizioni soggettive che conformano l’attività della p.a. a tutti i livelli e in tutti i settori: questi hanno natura di «interessi collettivi», e sono posti in funzione di limitazione dei poteri della p.a., come ad es. il diritto all’ambiente, la tutela degli utenti e dei consumatori, il diritto di accesso, la privacy e tutti gli altri “diritti sociali” previsti dalla Carta sociale europea –firmata a Strasburgo il 3 maggio 1996 dai Paesi dell’Unione europea e ratificata dall’Italia con legge n. 30 del 1999. La valorizzazione di un territorio va fatta nell’interesse pubblico, l’interesse generale di queste e delle future generazioni: nello specifico milanese i milioni di metri quadri di aree industriali dismesse va intesa non soltanto come valorizzazione nel risiko internazionale del mercato immobiliare. La qualificazione che deve corrispondere all’interesse pubblico riguarda una coerenza armonica nello sviluppo evolutivo di un sistema territoriale urbano: qualità architettonica certamente, nel rispetto della prossemica, qualità ambientale, qualità dei servizi e delle infrastrutture, qualità sociale. Non possiamo accorgerci della metastasi della suburbia marginale quando un ragazzo in fuga sbatte con il motorino o accoltella un coetaneo, o scippa un/a coetanea accompagnando il tutto con una buona dose di calci e pugni. Chiedete ai parroci dei quartieri a mono-composizione sociale e abusivismo cosa vedono e cosa provano quando vanno a fare la benedizione annuale delle case: scale occupate per etnia e il controllo sovraordinante della malavita italiana. Di quale inclusione vogliamo parlare? Gli affittuari normali si consegnano alle semplificazioni reazionarie di Salvini e Meloni, cos’altro? Occorre la consapevolezza che la sicurezza è un prodotto sociale, non di ordine pubblico o terapeutico. Una politica capace di visione è una politica che ha sempre presente l’importanza della compassione sociale. Del resto Milano, la capitale dell’associazionismo e del volontariato vede l’attribuzione di spazi per le attività sociali secondo logiche discrezionali di prossimità relazionale di partito. La stessa vicinanza e consuetudine da piccolo salotto esclusivo che traspare dalle chat dell’urbanistica milanese. Sia chiaro: è normale che un imprenditore voglia investire il proprio denaro, o quello dei fondi finanziari che intermedia, senza giocarli al lotto. Per cui è comprensibile che voglia avere relazioni informative con l’amministrazione. Il problema sta nella esclusività escludente a scapito delle commissioni consiliari referenti e della trasparenza partecipata da/per tutti gli operatori. Certamente occorre snellire le procedure autorizzative perciò occorre arricchire il settore di personale e di competenze senza saltare tutte le caselle di verifica della compatibilità di contesto e di coerenza di indirizzo dello sviluppo urbano. Indirizzo che spetta alla politica pubblica nella definizione e realizzazioni per le quali chiede il sostegno popolare alle elezioni e verso le quali dovrebbe essere tenuta a rendicontare quanto fatto e non. Ad es. le scelte di sostanziale subordinazione esecutiva di indirizzi particolari sui 2.500.000 mq di ex scali FS non erano nel programma di questa amministrazione e non era neppure menzionato l’abbattimento del San Siro-Meazza e la cessione dei 29 ettari circostanti, entrambi di proprietà pubblica. In compenso non si è consentito ai cittadini di esprimersi con il referendum consultivo regolarmente richiesto. A Milano, in questo tempo, non si tratta di omaggiare o di affidarsi alla Procura né si tratta di non disturbare la compagnia esclusiva del quartierino del mercato immobiliare, qui, ora, occorre porre la questione della partecipazione con modalità cogenti, fuori da ogni assemblearismo ma con la certezza che gli organi di rappresentanza oltre a quelli di Governo comunale abbiano quote di sovranità certe da esercitare. Senza una volontà costituente non è possibile. Il sindaco Sala chiede aiuto ai funzionari della Città Metropolitana per gli arretrati dell’urbanistica. Una Città Metropolitana della quale è sindaco di default, nonostante i richiami della Corte Costituzionale a renderla compiuta eleggendo sindaco metropolitano e consiglio attraverso la partecipazione alle urne di tutti i cittadini metropolitani. I Municipi Milanesi per ora restano delle palestre per la scalata in cordate elettorali, quando ad es. decidono di opporsi alla sostituzione del Pavé con l’asfalto vengono asfaltati dall’amministrazione centrale. Comprese le schede bianche e le nulle, il 48% dei cittadini milanesi ha partecipato all’elezione del sindaco: il problema sarebbe di dividere chi è pro, innovatori, e chi è contro, passatisti, i grattacieli? Ma dai! Il problema è l’uomo solo al comando, con tecnici cortigiani introdotti, corrotti o meno che siano. O la democrazia è una tensione per un adeguamento costante per una effettiva partecipazione informata al processo deliberativo o non è. Una politica capace di visione è una politica che ha sempre presente l’importanza della compassione sociale. Non distraiamoci, Milano futura è oggi. Ammoniva Carl Schmitt “Sovrano è colui che decide sullo stato di eccezione“. Bene, la Magistratura, nelle sue articolazioni funzionali, fa il suo mestiere è la politica che non c’è: il ‘Salva Milano’, peraltro disconosciuto dal sindaco Sala, non è stato bloccato in Parlamento dalla Procura di Milano. Dov’è il Sovrano? Ha abdicato e i fondi giocano le loro fiches.