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martedì 2 dicembre 2025

ABITARE LA CITTÀ, BUONE PRATICHE

ArcipelagoMilano 25 Novembre 2025 ABITARE LA CITTÀ, BUONE PRATICHE Gli incidenti di percorso della pubblica amministrazione sono troppi In tre regioni popolose, Campania, Puglia, Veneto, alle elezioni regionali, si sono presentati alle urne una media del 43% degli aventi diritto. È evidente che, insieme alla crisi dell’istituto della democrazia, favorito da sciagurati modelli amministrativi personalistici e da leggi elettorali per la nomenclatura di partito, è diffusa una condizione di spaesamento politico. Le guerre e il protagonismo neo imperiale, insieme alla crisi climatica ed energetica e alla deriva tecnofinanziaria dell’economia, producono un’alterazione e una insicurezza nei mercati e nella società tutta. Rassegnarsi ad un ruolo di spettatori disadattati non contribuisce a farci vivere meglio il nostro tempo atomizzato. È tempo di prendere la parola collettivamente, confrontando le esperienze dei settori diversificati che concorrono a dare ruolo, funzione e identità alla città. Quindi i saperi e le sapienze diffusi. Un punto di partenza per la generazione di una cultura della cittadinanza condivisa è la città. La città è un organismo in relazione tra artificio e natura che evolve e si sviluppa. Certamente l’evoluzione della natura delle città, in una Europa che si deve definire e compiere, non può prescindere dalla peculiarità storica dell’urbanesimo europeo. A partire dalla CIVITAS: pari diritto di cittadinanza, inclusione, opportunità di partecipazione ed emancipazione per tutti. Una convivenza in comunità per una ecologia delle differenze. Il contesto nel quale si definisce la visione di città proposta è altamente sollecitato. Per la Divisione Popolazione delle Nazioni Unite, nel 1950 ogni 100 abitanti del pianeta solo 29 vivevano in aree urbane. Oggi vivono in aree urbane circa tre miliardi e mezzo di persone. Intorno al 2030, quando la popolazione mondiale dovrebbe raggiungere gli otto miliardi, si calcola che cinque miliardi risiederanno in città. A metà del secolo si prevede che il 70% della popolazione mondiale sarà inurbata. L’alternativa è chiara: o un centro di dissipazione sociale ed energetica o un sistema territoriale di riferimento per l’innovazione qualitativa. La dimensione reticolare metropolitana del risiedere non costituisce solo un fatalistico destino, quale città in rete metropolitana regionale deve essere affinché il suo ruolo, la sua funzione, la sua identità, la confermino come nodo cruciale della produzione di valore globale. Un centro nevralgico di attrazione per gli investimenti e la creazione di impresa, ma, allo stesso tempo, un luogo che offre possibilità di emancipazione a tutti, una città inclusiva. La Città Metropolitana si presenta come una straordinaria opportunità per contribuire alla definizione di un Sistema Territoriale Qualitativo: qualità dei servizi-qualità delle infrastrutture-qualità ambientale- qualità sociale- qualità della ricerca- qualità nella partecipazione informata alla cosa pubblica. È possibile cogliere questa opportunità se ciò che è esplicitato nel Titolo V° della Carta Costituzionale viene tradotto in norma per una articolazione piena della sovranità politica territoriale È possibile cogliere questa opportunità se sarà disponibile e diffusa la possibilità per tutti i cittadini e residenti di partecipare alla sua definizione attraverso procedure e piattaforme interattive. La pratica di un modello reticolare è propria di un sistema territoriale qualitativo dove l’opinione pubblica avvertita è costituita dalla condivisione di responsabilità attraverso la cittadinanza attiva. Un processo per produrre soluzioni informate alla sostenibilità, alla consapevolezza, alla bellezza e alla qualità del vivere sociale. ‘Libertà è partecipazione’ cantava Giorgio Gaber. Per questo il lavoro politico non può essere funzionale solo all’interesse dei fondi di investimento, un interesse speculativo legittimo. Si può fare profitto in uno scenario giusto, senza perdere la capacità di attrarre capitali se la politica detta un indirizzo di trasformazione che assicuri il giusto valore all’interesse pubblico. Se la politica ha una visione. Per questo l’interesse pubblico richiede una organizzazione e delle regole per una amministrazione efficiente ed efficace. L’interesse pubblico e quello privato possono e devono convivere. Il tema è l’equilibrio. Qui è chiaro che l’Interesse Pubblico non è un’evocazione astratta. Negoziare con i grandi investitori vuol dire praticare il riformismo. Oggi è necessario un passo in avanti della politica pubblica con una collaborazione pubblico/privato per gli investimenti che interessano parti di territorio urbano di proprietà pubblica o aree dismesse di dimensione e collocazione cruciali per la città. Ciò prendendo a riferimento le migliori esperienze europee. Fuori da ogni demagogia populista si rende necessaria una riforma della normativa nazionale sull’urbanistica, così come una organizzazione del relativo settore comunale e metropolitano e delle commissioni consiliari e paesaggistiche relative. È comprensibile che un imprenditore, interessato a investire il proprio denaro o quello dei fondi finanziari che intermedia, voglia avere relazioni informative con l’amministrazione. Certamente occorre snellire le procedure autorizzative perciò occorre arricchire il settore di personale e di competenze senza saltare tutte le caselle di verifica della compatibilità di contesto e di coerenza di indirizzo dello sviluppo urbano. Inclusione non esclusività escludente a scapito delle commissioni consiliari referenti e della trasparenza partecipata da/per tutti gli operatori. Garantire trasparenza e definire le prerogative degli organi interessati, consente di coniugare pari opportunità di relazione con l’amministrazione da parte degli imprenditori e diritto di conoscenza da parte dei cittadini: efficienza con tempi certi insieme all’efficacia dell’interesse pubblico. La valorizzazione di un territorio va fatta nell’interesse pubblico, l’interesse generale di queste e delle future generazioni: nello specifico metropolitano va intesa non soltanto come valorizzazione nel Risiko internazionale del mercato immobiliare. La qualificazione che deve corrispondere all’interesse pubblico riguarda una coerenza armonica nello sviluppo evolutivo di un sistema territoriale urbano: qualità architettonica certamente, nel rispetto della prossemica, qualità ambientale, qualità dei servizi e delle infrastrutture, qualità sociale. Non possiamo accorgerci della metastasi della suburbia marginale quando un ragazzo in fuga sbatte con il motorino o accoltella un coetaneo, o scippa un/a coetanea accompagnando il tutto con una buona dose di calci e pugni. Non possiamo accorgerci del mancato adeguamento della regimazione delle acque, dentro l’alterazione climatica, quando esondano i fiumi o nei periodi siccitosi. Occorrono un progetto e una programmazione definita con il mondo multifunzionale dell’agricoltura, che interessa gran parte del territorio metropolitano. Occorre la consapevolezza che la sicurezza è un prodotto sociale, non di ordine pubblico o terapeutico. Una politica capace di visione è una politica che ha sempre presente l’importanza della compassione sociale. Spetta alla politica pubblica la definizione e le realizzazioni per le quali chiede il sostegno popolare alle elezioni e verso le quali dovrebbe essere tenuta a rendicontare quanto fatto e non. Spetta alla politica pubblica il coinvolgimento di tutti gli attori sociali. Tra questi enti pubblici e società partecipate devono essere coinvolti per le loro specifiche competenze dentro le scelte di pianificazione urbana con allocazione di specifiche funzioni. Così come devono essere coinvolte e responsabilizzate nella qualificazione ambientale ed energetica della città. Dalla realizzazione di comunità energetiche che interessino condomini e relativi isolati, alla car sharing condominiale con accumulatori e ricariche in loco, all’uso dei tetti, anche degli edifici e dei capannoni pubblici, per i pannelli fotovoltaici, all’uso delle acque di falda per le pompe di calore. Milano metropolitana deve definire un proprio Piano Energetico. A Milano, ora, occorre porre la questione della partecipazione informata al processo deliberativo con modalità cogenti, fuori da ogni assemblearismo ma con la certezza che gli organi di rappresentanza oltre a quelli di Governo comunale abbiano quote di sovranità certe da esercitare. Senza una volontà costituente non è possibile, a partire dalla Città Metropolitana per arrivare ai Municipi. È l’esercizio della cittadinanza che permette di abitare invece che di risiedere, la responsabilità e la possibilità della partecipazione quindi. Null’altro può costituire un’alternativa all’antinomia bipolare populismo/sovranismo. Lo spazio agibile, individualmente e come comunità di pratiche, nella/della città diviene un bene comune: la partecipazione alla definizione delle sue forme, dei suoi tempi, dei modi d’uso, fa degli abitanti dello spazio urbano dei cittadini indifferenziati. La questione centrale diviene il comune riconoscimento culturale della necessità del cambiamento. Ci sono condizioni urbanistiche, architettoniche e di design, che permettono protagonismo, relazioni e contaminazioni. Ci sono condizioni che creano ambienti fecondi e fertili per la produzione di valore sociale/culturale/economico/estetico/politico. È il prosumer, sono i prosumers in connessione a ridefinire la relazione domanda/offerta, sono loro i protagonisti della rivoluzione gentile che parte dal cambiamento dei consumi e dei costumi e risignifica gli oggetti come gli spazi. Sono loro che abitano il loro territorio e la Terra in una affermazione glocale. Che utilizzano la propria competenza disciplinare per il dialogo curioso con le altre, così da definire la propria identità attraverso un processo evolutivo e non per alterità omeostatica e per contrapposizione. Dal dialogo tra le diverse declinazioni dei linguaggi espressivi e scientifici si definiscono con chiarezza i caratteri delle condizioni degli ambienti perché essi siano fertili e abilitanti. Ciò significa: riuso degli edifici dismessi, forme relazionali dell’abitare, piano energetico urbano, comunità energetiche, uso dei tetti pubblici; regimazione delle acque, Piano di Coordinamento dell’Agricoltura partecipato dagli agricoltori; riuso dei terreni/spazi marginali e dismessi; coordinamento di Enti e Società Partecipate. Discutere della politica per la città, della sua partecipazione, della sua organizzazione, delle regole per l’azione dei diversi attori sociali, diventa cruciale per abitarla e non solo per risiedere. Fiorello Cortiana