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venerdì 6 luglio 2012

dopo l'ACTA


Dopo l’ACTA, non aspettiamo il prossimo provvedimento regressivo.
Il Parlamento Europeo ha pronunciato   il no definitivo sull’ACTA, che è un accordo commerciale internazionale anticontraffazione. Il Parlamento ha così esercitato, per la prima volta, il potere riconosciutogli dal Trattato di Lisbona di respingere un accordo commerciale internazionale. Non è la prima volta che il Parlamento Europeo esprime la consapevolezza della necessità di dotarsi di strumenti nuovi per la cotta alla contraffazione, strumenti che non snaturino l’ecosistema cognitivo costituito da internet provando per via normativa a riproporre le condizioni di scarsità e controllo precedenti gli scambi di contenuti attraverso la rete digitale. Il PE sta dando corpo ai fondamenti costitutivi delle libertà digitali attraverso la successione di pronunciamenti, come è accaduto contro la brevettabilità del software, per la difesa della privacy, contro la violazione della net neutralità o con l’approvazione della proposta avanzata dalla Commissione per le Libertà Civili del Parlamento Europeo  di una risoluzione che invita il Consiglio Europeo a "esortare tutti gli attori di Internet a impegnarsi nel processo in corso della "Carta dei diritti di Internet", l’Internet Bill of Rights. Ancora una volta il PE ha saputo ascoltare e raccogliere l’interlocuzione bottom-up generata dalla Rete. Il PE ha dato ancora una volta un buon esempio di consapevolezza  nella società della conoscenza. Non mi stupiscono le reazioni e la natura dei commenti  dei latifondisti del copyright. Enzo Mazza, Presidente di Fimi-Confindustria  “E’ la dimostrazione dell’isteria collettiva di una politica che corre dietro alle istanze populistiche del web, senza ricordarsi nemmeno di ciò che ha votato qualche anno fa e che i giudici applicano quotidianamente”. Marco Polillo, presidente di Confindustria Cultura Italia: "Come troppo spesso accade quando si trattano i temi della proprietà intellettuale, le falsità diffuse da chi è interessato a continuare ad approfittare e trarre illeciti guadagni dal lavoro altrui ed amplificate artatamente in nome di un presunto “popolo del web” sono state fatte proprie dal decisore politico che continua a rincorrere istanze populistiche di cui non è in grado di comprendere l’origine, mostrando una persistente incapacità di capire le dinamiche della comunicazione in rete”.
 Anche loro sanno che la produzione di valore nell'ecosistema digitale si produce attraverso la condivisione e la contaminazione ma procedono per adattamenti successivi. Vanno coinvolti nei processi di definizione e deliberazione normativa di modelli adeguati. Intanto occorre contrastare le loro azioni e proposte regressive che non finiranno qui. Le istituzioni d’Europa si configurano come un campo di contesa aperto per la definizione della matrice normativa, industriale e sociale dello spazio pubblico digitale. Sarà così finché tutti gli stakeholder che cercano di cogliere le possibilità della rete interattiva come opportunità inedita e da scoprire per intero non avranno la consapevolezza di costituire un blocco sociale dell’innovazione qualitativa. Allora il confronto/conflitto/competizione tra indirizzi della politica pubblica avrà una piena dignità politica. Una possibilità è costituita dall’articolo del Trattato Costituzionale di Lisbona per le Citizen’s Initiative che permette ai cittadini europei di proporre quella che potremmo chiamare una Proposta di Direttiva Popolare, sulla quale la Commissione e il Parlamento di devono pronunciare. Io sto lavorando per questo su tre questioni: effettiva neutralità della rete, gestione dell’identità digitale, riforma del diritto d’autore e adozione del software a codice sorgente aperto in tutte le pubbliche amministrazioni.

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