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martedì 22 giugno 2021

Le derive del ddl Zan segnalate da una suora

Suor Anna Alfier sostiene che il testo del ddl zan deve essere rivisto e coglie la deriva antropologica della discriminazione positiva per categorie protette. Logicamente e laicamente ineccepibile. È importante l'invito ai ragazzi, 'conoscete per non essere influenzati neanche da me' ROMA, 22 GIU - "Oggetto di grandi discussioni e dibattiti in questi giorni è il DDL Zan, il cui contenuto, in tutta onestà, andando a fondo, non mi convince affatto". A dirlo è suor Anna Monia Alfieri, esperta in politiche scolastiche e referente scuola per Usmi, l'Unione superiore maggiori d'Italia. "Certamente - spiega - è doveroso contrastare qualsiasi forma di discriminazione, nel rispetto della dignità umana e del principio di uguaglianza; credo, tuttavia, che questo DDL vada nella direzione opposta. Se, nell'intendimento del legislatore, ci fosse solo la tutela della persona, sarebbe sufficiente applicare la normativa esistente. Dalla Costituzione al Codice penale. Non esiste, pertanto, una lacuna normativa da colmare, in quanto il nostro ordinamento tutela già la vita, l'onore, l'incolumità delle persone, senza distinzione di sesso, religione, lingua, razza. Non ultimo, è prevista l'aggravante per aver agito per motivi abietti e futili. Evidentemente è nelle pieghe del dettaglio che si insinua la discriminazione. Infatti, quando la legge precisa con eccesso di tutela, in realtà essa discrimina, introducendo categorie. Io stessa avverto un certo disagio di fronte ad una legge che mi tutela per via dell'abito che indosso: chiunque discrimina una religiosa, in quanto tale, viene punito con un'aggravante. Mi chiedo: a motivo della mia scelta di vita, debbo essere inserita in una sorta di "categoria protetta"?" "Ecco, in sintesi, le prime due ragioni che mi vedono contraria. Vengo alla terza motivazione che svela il vero intendimento della legge. La legge crea una "categoria protetta", apre la strada ad una nuova visione antropologica di persona issata ad anonimo sistema. La confusione viene coperta con la legge e il pensiero dominante viene diffuso a tappeto dalle scuole: qualsiasi rigurgito di buon senso viene trasformato in reato. L'identità di genere, ben lungi dalla condanna di omofobia, è tutt'altro capitolo che non fa rima con garanzia, tutela, bensì con indottrinamento, pensiero unico, per assicurare guadagni certi e diffusi. Allora io parlo ai ragazzi: abbiate il coraggio di conoscere, di approfondire, per non essere influenzabili neanche da me, da nessun burattinaio. Sappiate orientarvi: quindi, se davvero al legislatore, come a tutti coloro che si sono riscoperti paladini dell'Art. 3 della Costituzione, interessa realmente la difesa di un diritto, lo facciano e lo facciano gratis, non si prestino ad un'operazione di marketing. Allora, per orientarci, la domanda da porsi è la seguente: quali interessi vengono soprattutto tutelati? Soprattutto: chi ci guadagna?", conclude. (ANSA).

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