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mercoledì 24 gennaio 2024

FAUSTO TINELLI E LORENZO “IAIO” IANNUCCI: RIPARTONO LE INDAGINI

ArcipelagoMilano 23 gennaio 2024 Ricordare i fatti e il clima politico. Una lezione per l'oggi
Dopo 24 anni dalla archiviazione la Procura di Milano ha aperto un ulteriore fascicolo d’indagine sull’omicidio Di Fausto Tinelli e Lorenzo “Iaio” Iannucci. Nel 2000 l’archiviazione venne chiesta dal PM Stefano Dambruoso e fu approvata dalla GIP Clementina Forleo perché gli elementi a carico della destra eversiva e degli indagati furono ritenuti soltanto indiziari. Il sindaco Beppe Sala aveva inviato una lettera al capo della procura, Marcello Viola, chiedendo formalmente la riapertura delle indagini. Per il momento, il fascicolo aperto dalla Procura è conoscitivo, per ora non ci sono indagati né ipotesi di reato. La cosa ci riguarda, non per aver condiviso quegli anni, né per indulgenza, né per nostalgia generazionale. La verità sull’omicidio di Fausto e Iaio è parte della composizione di una memoria condivisa, ma c’è un altro significato che è cruciale per uscire dal lungo limbo succeduto alla Prima Repubblica. Erano i giorni successivi allo spettacolare sequestro di Aldo Moro nella Capitale con il massacro della sua scorta. Aldo Moro, che già dieci anni prima, al Consiglio nazionale della Democrazia Cristiana, così rifletteva sul movimento studentesco che attraversava le città europee: “Tempi nuovi si annunciano ed avanzano in fretta come non mai. Il vorticoso succedersi delle rivendicazioni, la sensazione che storture, ingiustizie, zone d’ombra, condizioni d’insufficiente dignità e d’insufficiente potere non siano oltre tollerabili, l’ampliarsi del quadro delle attese e delle speranze (…), sono tutti segni di grandi cambiamenti e del travaglio doloroso nel quale nasce una nuova umanità. (…) Nel profondo, è una nuova umanità che vuole farsi, è il moto irresistibile della storia”. I tempi che seguirono furono quelli delle bombe alla Banca dell’Agricoltura, sui treni, in Piazza della Loggia, con la sordità politica trasversale verso quelle ‘rivendicazioni’, quelle ‘speranze’, quei ‘travagli’. La proposta di un Compromesso Storico tra tutte le forze popolari che avevano condiviso la Costituzione, aveva la consapevole incoscienza di uno sguardo lungo che sfidava le geografie obbligate del Patto di Yalta. Non ha quindi costituito un azzardo giornalistico il parallelo tra il tentativo promosso da Aldo Moro, in Europa, e quello avviato da Salvador Allende in Sud America. Aldo Moro, uno dei pochi esponenti della classe dirigente che interpretava la propria funzione con la volontà di inverare la democrazia repubblicana nella sua pienezza. L’assassinio dei due ragazzi 18enni, militanti del Centro Sociale Leoncavallo, si inscrive nel contesto di quei giorni e nelle azioni messe in atto per fare precipitare il Paese nella deriva terrorista affinché un colpo di stato per ripristinare ‘l’ordine’ pre-stabilito fosse ritenuto necessario. La dissoluzione di qualsivoglia blocco sociale capace di esprimere domande di senso e di avanzare risposte è il riflesso dell’atomizzazione sociale e della deriva finanziaria dell’economia costituisce la cifra del tempo che stiamo vivendo. La crisi dell’istituto della democrazia interessa tutti i paesi che l’hanno adottato, è perciò importante coltivare la memoria di quei giorni per coglierne l’indicazione tutt’ora valida. In quei giorni di militarizzazione del Paese, giorni nei quali gli Autonomi facevano da cassa di risonanza sulle magnifiche sorti e progressive della ineluttabilità rivoluzionaria della lotta armata, Milano reagì all’assassinio di Fausto e Iaio con l’espressione di una intelligenza collettiva condivisa. Non c’erano reti digitali, c’erano radio libere, una stampa quotidiana avvertita, non solo quella politicamente più radicale come Lotta Continua, c’erano molti collettivi e centri sociali nei quartieri e le sedi dei partiti popolari, c’erano molti bar, dai Navigli a Brera che ne costituivano una estensione. Avvenne qualcosa di importante, a differenza di altre situazioni analoghe nessuno pensò di ripetere il rituale classico: bruciato qualche locale frequentato da militanti di destra e quindi in massa verso la sede dell’MSI in via Mancini, con decine di blindati e camionette della Polizia a fare da scudo è le prime file dei servizi d’ordine a infrangersi tirando molotov, bulloni, sampietrini, per poi scappare sotto i colpi ad altezza d’uomo, come si diceva. In quei giorni di marzo del 1978 ci fu una consapevolezza diffusa del gioco pesante che era in atto sulla testa di tutti. Noi dei collettivi giovanili milanesi condividemmo migliaia di manifesti e centinaia di migliaia di volantini. Dalle scuole andammo nei quartieri e davanti alle fabbriche, ce ne erano ancora tante, anche piccole, nella transizione post-industriale in atto, i sindacati indissero due ore di sciopero per i funerali e la cosa non fu semplice, né scontata. C’era una distanza ampia tra i movimenti del decennio e le rappresentanze della sinistra storica. Si arrivò al giorno dei funerali con una manifestazione di 100.000 persone, senza servizi d’ordine, con l’affermazione di una volontà di sottrarsi a una parte in commedia e alla commedia stessa. Quel corteo intenso e pacifico passò davanti alla Camera del Lavoro chiusa, ma al suo interno c’erano moltissimi lavoratori: la distanza formale colmata da una sapienza saggia. Milano si era espressa come una comunità, capace di prendere la parola senza parlare. Oggi viviamo legislature che propongono leggi elettorali su misura di chi le approva, riforme della Costituzione disegnate sulla presunzione dell’eternità di chi governa al momento, con una partecipazione al voto che supera di poco il 40%. Nessuna nostalgia ma memoria sì, cambiano le modalità di produzione del valore, di comunicazione, di composizione e organizzazione sociale, ma resta valida l’indicazione di quei giorni, felicemente espressa dalle parole di Giorgio Gaber ‘La Libertà è partecipazione’. Oggi possiamo declinarla come partecipazione informata al processo deliberativo: dagli Ex Scali FS a San Siro non è stato così. Ora la Procura di Milano ha aperto un nuovo fascicolo e l’antiterrorismo torna a indagare sull’omicidio dei due giovani militanti uccisi nel 1978. Aspettiamo dei risultati tangibili.

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