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martedì 27 settembre 2011

Il calendario dell'uomo e quello della Terra

Aspettando le notizie dai TG o cercandole direttamente in rete, ormai viviamo in una condizione di ansia e stordimento permanente, con la speranza che le manovre finanziarie che si susseguono riducano il debito, lo spread, la speculazione internazionale e la minaccia di default. Oggi guardiamo alla Grecia e alla disperazione dei suoi cittadini con un misto di preoccupazione, compassione e premonizione, laddove per noi era una terra di vacanze solari e semplici lungo le sue coste e le infinite isole. Cambiano le nostre mappe mentali, la nostra attenzione per i consumi, la sobrietà laddove non era un valore diventa una necessità. L’umanità ha conosciuto lungo la storia innumerevoli crisi economiche, in gran parte a seguito di eventi bellici, che la nostra memoria ha presto spostato dalla consapevolezza quotidiana alla cronologia dei libri di storia. Anche questa volta, con la fatica e i costi sociali inevitabili, si troverà la strada per uscire da questa crisi di riassetto nel mondo rimpicciolito dalla globalizzazione. Ma c’è un debito, che stiamo accumulando da secoli e che ha conosciuto una eccezionale accelerazione dal secondo dopoguerra, che non avvertiamo. Un debito che presenta i suoi segnali con una continuità preoccupante quanto le devastazioni che produce. Eppure questo debito non ha cambiato le nostre mappe mentali, i nostri consumi, i nostri costumi, la nostra consapevolezza in modo da prefigurare un’uscita dalla crisi. Osserviamo alluvioni, Tsunami e carestie come spettatori distanti e le derubrichiamo come “catastrofi naturali” e non come conseguenze di un modello di sviluppo quantitativo illimitato, energivoro e compromettente per le condizioni della nostra vita sulla Terra. L’ impronta ecologica dell’azione umana sulla Terra non è una proiezione da Cassandre Ecologiste, già gli scienziati, gli economisti, gli imprenditori e gli uomini pubblici riuniti nel Club di Roma nel 1972 con il Rapporto sui Limiti dello Sviluppo mettevano in guardia l’umanità sui rischi conseguenti al consumo delle risorse naturali fino al loro esaurimento. Un autorevole think-tank indipendente britannico, il New Economics Foundation (NEF) ha messo a punto un modello per il calcolo del consumo di risorse naturali in relazione a quanto la Terra è in grado di riprodurle annualmente. Si calcola dividendo la biocapacità mondiale, il numero delle risorse naturali generate dalla terra dello stesso anno, diviso per l'Impronta ecologica mondiale, il consumo dell'umanità delle risorse naturali della Terra per quell'anno, e moltiplicato per 365, il numero di giorni in un anno calendario gregoriano; espresso come: [Worldbiocapacity / worldEcologicalFootprint] x365 = EcologicalDebtDay.
L’ Earth Overshoot Day – Il Giorno del Superamento del Limite è il giorno in cui l’umanità consuma tutte le risorse naturali che il nostro Pianeta ha generato nell’anno solare. Quest’anno abbiamo superato il limite, generando deficit ambientale, il 27 di settembre. Sarebbe una miope consolazione pensare che abbiamo invertito la tendenza perché l’anno scorso il superamento è avvenuto il 21 agosto. Gli scienziati del NEF hanno constatato che dal 1987 il limite non coincideva con la fine dell’anno solare gregoriano, ma venne superato il 19 dicembre. Se consideriamo un po’ di rilevazioni in successione ci possiamo rendere conto che la valutazione dell’impatto ambientale dovrebbe divenire una costante culturale che presiede le nostre scelte e le nostre azioni dai consumi ai rifiuti e non una mitigazione dei grandi progetti ritenuti ineluttabili. 1990: 7 dicembre, 1995: 21 novembre, 2000: 1 novembre, 2005: 20 ottobre, 2007: 26 ottobre, 2008: 23 settembre, 2009: 25 settembre e, come detto, nel 2010 il 21 agosto. Consumiamo il budget, che la Terra ci mette a disposizione annualmente, prima del tempo. Siamo affetti da una irresponsabilità compulsiva. Eppure mai come oggi la connessione interattiva digitale, insieme all’innovazione scientifica e tecnologica, consentono di organizzare diversamente le nostre azioni individuali e collettive. Domotica, infomobilità, rilevazioni pervasive tanto di quello che c’è in magazzino e sugli scaffali, quanto della domanda, della sua provenienza e dei suoi tempi, consentono una ottimizzazione della nostra azione, con una conseguente convenienza economica. Questo vale per la filiera agroalimentare, come per quella energetica e dell’edilizia, piuttosto che per l’accesso ai beni culturali. Si può fare, dipende da noi, occorre scegliere. Non è ineluttabile una produzione energetica fondata su fonti in esaurimento e non sulle rinnovabili, non è ineluttabile l’aumento della congestione da traffico privato a seguito dell’ingombro statico e dinamico generato dalle nostre automobili. Eppure misuriamo la salute dell’industria automobilistica in rapporto all’aumento delle auto vendute rispetto all’anno precedente, e vogliamo forse impedire ai cittadini cinesi di usare il loro aumentato potere economico di acquistare milioni e milioni di nuove auto, con proporzionali consumi di carburante ed emissioni in atmosfera? Rio, Kyoto, Copenaghen, sono le tappe della difficile armonizzazione tra un modello di sviluppo non sostenibile che interessa ormai tutto il Pianeta e i la necessità di limitare ed evitare i suoi effetti devastanti. Ma noi non ci salveremo a seguito di una catastrofe più grossa e diffusa che ci coinvolge direttamente e non come telespettatori: probabilmente sarebbe troppo tardi. Noi si salveremo in virtù di una scelta di valore, con l’esercizio di un’etica della responsabilità verso questo Bene Comune irriproducibile costituito dalla Terra e dalla sua natura. Quando saremo consapevoli che “la Terra ci è data in prestito dai nostri figli “attueremo politiche pubbliche, nell’organizzazione delle città, nella costruzione dei suoi edifici, nella qualificazione di quelli attuali, improntate alla sostenibilità e non alla speculazione finanziaria a scapito delle casse pubbliche, delle risorse naturali e della legalità, con “bolle” pesantissime come l’ipotizzato Ponte sullo Stretto di Messina. Fuori da ogni presuntuosa Hybris rispetteremo i cicli naturali nella relazione tra i tempi storici e i tempi biologici, pensando sempre alle conseguenze di ogni nostra scelta. Così facendo saremo adulti maturi in grado di ben amministrare il budget che ogni anno ci mette a disposizione la nostra “Terra Matria”. Come ha felicemente proposto Edgar Morin di definire quella che dovremmo considerare madre e patria degli animali umani, presenti e futuri.

1 commento:

  1. Fiore, prendi una città come Milano. fatta a torta. Bastava fare 7 o più linee di metropolitana confluenti da grossi centri periferici al centro. E oplà, si riduceva il traffico. Bastava imporre temperature più basse nelle case e oplà, meno smog in Inverno. Bastava imporre i giardini verticali e di mettere più piante sui balconi; nonchè fare più parchi e ....oplà più ossigeno. basta che la gente la smetta di riempirsi il gargarozzo con tutte le schifezze del mondo e..oplà meno maalti, meno cacca, meno CO2. E così dicendo. bastava.................ma non gliene fotte un caspita a nessuno!!!!!!!!!!!!!e basterbbe che noi medici smettessimo di fare della medicina difensiva prescrivendo diagnostiche inutili e costose che mangiano energia e basta. e non salvano nessuno! ma chi sa e vuol fare veramente il medico? Spero davvero che qualcuno lassù aiuti sto povero pianeta che è stato il Suo capolavoro! Dopodomani inizia il nuovo anno ebraico. Il giorno in cui D-io creò la terra; senza sapere che dopo sarebbero arrivati gli inquinatori!

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