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giovedì 4 ottobre 2012

11 ottobre 1962, oggi

E’ quanto mai attuale e carica di significato la ricorrenza dei 50 anni trascorsi dall’11 ottobre 1962 quando il pontefice alla sera si affacciò alla finestra per salutare i fedeli che riempivano piazza S. Pietro. Le telecamere della Rai trasmisero al mondo il celebre Discorso della Luna. Erano passati pochi mesi dal lancio del satellite Telstar nel luglio del 1962 e insieme al Concilio Vaticano II°, con quel discorso e quella trasmissione, il mondo diventava più piccolo.
La mondovisione venne ufficialmente inaugurata con la trasmissione della giornata di apertura del Vaticano II. Già alle 13,50 il pontefice si affacciò alla finestra per salutare i fedeli e la RAI riprese il saluto. Ma il saluto della sera, ripreso ancora dalle telecamere della Rai, si configura come un passaggio cruciale nella comunicazione. Mondovisione, 66 reti radiotelevisive collegate, il pontefice che trascura il messaggio scritto preparatogli e parla a braccio con un carico di autenticità e semplicità umana che annulla la distanza tra la sua finestra e la piazza proponendosi come pastore.
 La piazza dei fedeli che manifesta simpatia ed empatia verso Giovanni XXIII° e ne sottolinea i passaggi con il riferimento alla luna e poi ai bambini .
 Il cameramen della RAI che, a sua volta, trascura le prescrizioni e, invece di tenere la telecamera fissa sul pontefice incorniciato dalla finestra, volge la telecamera verso la luna come/quando i fedeli volgono il loro sguardo, nonché inquadra le persone protagoniste di quell’emozione condivisa, che illuminano la piazza con migliaia di candele, così come loro si guardano consapevoli di partecipare a qualcosa di unico.
Tante novità insieme, segnate dalla trasgressione dei protocolli e significate da una immediatezza che è arrivata nelle case di milioni di persone al di qua e al di là dell’atlantico.
Una immediatezza con la quale oggi ci sentiamo in consuetudine ma che da allora operò come un seme fecondo.
Già nel Decreto del Concilio Ecumenico Vaticano II Inter mirifica, promulgato da Paolo VI, il 4 dicembre 1963 si afferma: «Tra le meravigliose invenzioni tecniche che, soprattutto ai nostri giorni, l'ingegno umano, con l'aiuto di Dio, ha tratto dal creato, la Madre Chiesa accoglie e segue con speciale cura quelle che più direttamente riguardano lo spirito dell'uomo e che hanno aperto nuove vie per comunicare, con massima facilità, notizie, idee e insegnamenti d'ogni genere» e molti anni dopo, il 24 gennaio 2005, “Giovanni Paolo II concludeva la sua Lettera Apostolica “Il Rapido Sviluppo”con questa esortazione: “Non abbiate paura! Non abbiate paura delle nuove tecnologie! … Non abbiate paura dell’opposizione del mondo! … Non abbiate paura nemmeno della vostra debolezza e della vostra inadeguatezza! … Comunicate il messaggio di speranza, di grazia e di amore di Cristo, mantenendo sempre viva, in questo mondo che passa, l’eterna prospettiva del Cielo, prospettiva che nessun mezzo di comunicazione potrà mai direttamente  raggiungere.”
 Oggi viviamo nel secolo della Rete nell’epoca di internet caratterizzato dalla disintermediazione della comunicazione e dalla piena interazione tra tutti coloro che comunicano. Il succedersi delle innovazioni tecnologiche e delle applicazioni digitali hanno esteso lo spazio pubblico nel quale ci relazioniamo ma non sostituiranno mai il senso della comunicazione che è legato alla natura della relazione chiamandola ad essere libera e per questo responsabile. Il cardinale John P. Foley, allora monsignore e presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, raccogliendo il mio invito quando ero delegato al WSIS-World Summit on Information Society dell’ONU per presentare in Parlamento la Lettera Apostolica fece queste considerazioni:“Questa meravigliosa conquista del progresso umano pone la comunità di fronte a nuove sfide in questo mondo che è sempre più un villaggio globale, ricco di potenzialità comunicative, in cui i processi mediatici segnano tanti momenti dell’esistenza umana, condizionando usi e costumi, modi di pensare e stili di vita” e ancora “La centralità dell’uomo in questo universo pieno di potenzialità che impone che venga rispettata la dignità umana e venga preservato il bene comune” ”Il criterio guida nell’utilizzo dei media deve dunque fondarsi su saldi principi etici, chiamando tutti, responsabili e fruitori dei mezzi, all’esercizio della responsabilità personale, verso il singolo e verso la società medesima.”
Quella combinazione carica di poesia e profezia che si era creata quella sera del 1962 grazie al Discorso alla Luna di Papa Roncalli metteva in gioco tutti coloro che prendevano parte a quella relazione, in piazza o a casa che fossero, come persone attive non come spettatori o telespettatori “…Tornando a casa, troverete i bambini. Date loro una carezza e dite: “Questa è la carezza del Papa”. Troverete forse qualche lacrima da asciugare. Abbiate per chi soffre una parola di conforto…”.
Credo che sia bello e utile ricordare quella serata riflettendo sull’oggi e sul futuro che si definisce nelle nostre azioni e nei nostri sguardi, che spesso non si alzano alla luna come quello del pontefice.



“Cari figlioli, sento le vostre voci. La mia è una sola, ma riassume tutte le voci del mondo; e qui di fatto il mondo è rappresentato. Si direbbe che persino la luna si è affrettata stasera… Osservatela in alto, a guardare questo spettacolo… Noi chiudiamo una grande giornata di pace… Sì, di pace: ‘Gloria a Dio, e pace agli uomini di buona volontà’.
Se domandassi, se potessi chiedere ora a ciascuno: voi da che parte venite? I figli di Roma, che sono qui specialmente rappresentati, risponderebbero: ah, noi siamo i figli più vicini, e voi siete il nostro vescovo. Ebbene, figlioli di Roma, voi sentite veramente di rappresentare la ‘Roma caput mundi’, la capitale del mondo, così come per disegno della Provvidenza è stata chiamata ad essere attraverso i secoli.
La mia persona conta niente: è un fratello che parla a voi, un fratello divenuto padre per volontà di Nostro Signore… Continuiamo dunque a volerci bene, a volerci bene così; guardandoci così nell’incontro: cogliere quello che ci unisce, lasciar da parte, se c’è, qualche cosa che ci può tenere un po’ in difficoltà… Tornando a casa, troverete i bambini. Date loro una carezza e dite: “Questa è la carezza del Papa”. Troverete forse qualche lacrima da asciugare. Abbiate per chi soffre una parola di conforto. Sappiano gli afflitti che il Papa è con i suoi figli specie nelle ore della mestizia e dell’amarezza… E poi tutti insieme ci animiamo: cantando, sospirando, piangendo, ma sempre pieni di fiducia nel Cristo che ci aiuta e che ci ascolta, continuiamo a riprendere il nostro cammino. Addio, figlioli. Alla benedizione aggiungo l’augurio della buona notte”.

La diretta RAI:   


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