giovedì 7 ottobre 2021
Elezioni comunali di Milano
ELEZIONI COMUNALI A MILANO
Un commento a caldo
di Fiorello Cortiana
Con il 57,73% dei voti validi Beppe Sala è stato confermato sindaco al primo turno, una affermazione netta: la prima volta per un sindaco di centrosinistra, l’autorevolezza di tale conferma troverà un riscontro immediato nella formazione della giunta, anche a fronte del 33,86% del PD, l’azionista di maggioranza. Sarebbe miope dedicarsi alle congetture sul ruolo di Sala negli sviluppi dello scenario locale e in quello politico-parlamentare anche in relazione alle scelte di Mario Draghi. A Milano si è manifestata l’affluenza più bassa di sempre, ferma al 47,72%.
Il commento di Sala è stato laconico “Rispetto al primo turno dello scorso mandato del 2016 ho preso un quarto dei voti in più da 224mila a 277mila. Lo dico per orgoglio ma anche perché dato che il tema dell’astensionismo è un tema, però non sta a casa mia”. Può risultare pura archeologia notare che l’altro sindaco-manager per il centro-destra, Gabriele Albertini, al secondo mandato, eletto al primo turno, nel 2001 si era fermato al 57,54%. Il fatto è che nel 2001 votò l’82,29% dei milanesi: quest’anno il 47,72%. Albertini ottenne 499.020 voti, Sala ne ha ricevuti 277.478. Il milanese Gaber cantava ‘La libertà è partecipazione’, Sala dovrebbe considerare che la partecipazione universale alla scelta dei rappresentanti e degli amministratori è parte costitutiva della democrazia e lo riguarda, perché è anche in ‘casa sua’.
Se per l’europarlamentare del Pd Pierfrancesco Majorino la comparazione di risultati non va oltre il 2016 ” La nostra coalizione in voti assoluti è andata meglio di cinque anni fa.” Maran ostenta iattanza: “L’affluenza è bassa in tutta Italia, l’importante è vincere”. Alla elezione di Giuliano Pisapia nel 2011 l’affluenza fu del 67,56 % con un aumento del 0,04% sul 2006. Dieci anni fa non un secolo. Nel 2016 per il Referendum Costituzionale del Governo Renzi la partecipazione in città fu del 71,72%. C’è un 20% abbondante di aventi diritto al voto che sceglie di non esercitarlo e colpisce che rilevare la crisi di legittimità dell’istituto della democrazia tocchi a Giorgia Meloni “Credo che non si possa trattare in modo superficiale il dato sull’astensionismo: quando si vota in città importanti e c’è un astensionismo intorno al 50% non è una crisi della politica ma della democrazia”. Ci sono diverse ragioni per la non partecipazione al voto: certamente è un riflesso del commissariamento della politica dentro l’incertezza data dalla Pandemia Covid19; certamente la disparità competitiva dei candidati sembrava rimandare ad un esito precostituito a garanzia della consociazione degli affari ‘Stadio e quartiere di San Siro e Scali ex FS’.
Certamente l’assenza di ipotesi di visioni alternative per la Città Metropolitana, le sue reti di infrastrutture digitali e di trasporto, il percorso informato e partecipato delle sue comunità alla necessaria conversione ecologica. Chi è stato fuori dalla consociazione ha espresso una sterile affermazione identitaria a-contestuale, come i socialisti con una persona seria come Goggi. O ha proposto come precostituita opposizione una competenza attiva sui progetti alternativi per San Siro ed ex Scali FS, come Mariani. C’è altresì il notevole risultato dei Verdi milanesi, unico in Italia con il 5%. Risultato non prodotto da alcuna campagna o referendum promossi in città negli ultimi cinque anni, dovuto piuttosto alla presenza attiva di Greta Thunberg e di decine di migliaia di giovani, che hanno occupato con le loro sollecitazioni le piazze, le sedi ufficiali e ogni tipo di media nella settimana precedente il voto.
Non ultimo c’è stato l’esaurimento della meteora pentastellata, anche in versione Conte, così come le candidature infruttuose dei protagonisti della sua diaspora. Non c’è soltanto l’afasia ecologista-radicale-riformista: sono in campo la Citizen Initiative Europea, una ‘direttiva europea di iniziativa popolare’ che impegnerà Parlamento e Commissione sulla proposta di una tassazione europea omogenea per i combustibili di origine fossile, i referendum su Fine Vita e Giustizia, il ricorso al Consiglio di Stato sull’Accordo per gli ex scali FS, il ricorso di Besostri e di Viva il Parlamento sulla incostituzionale legge elettorale nazionale. Il tutto coerente con una conversione ecologica che non conosce scorciatoie ma richiede la connessione di competenze ed esperienze e la condivisione di proposte efficaci. C’è filo da tessere, occorrono tessitori, telaio e disegno. Mica poco ma intrigante
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